Riportiamo
la testimonianza di un lavoratore marittimo di una compagnia famosa di navi da
crociera. Una testimonianza fondamentale, al giorno d'oggi, per la comprensione
delle differenti condizioni della classe lavoratrice nei diversi settori del
lavoro. Comprensione che sta alla base della possibilità di elaborare strategie
di difesa, organizzazione e mobilitazione, al passo con i tempi e con l'attuale
condizione di sfruttamento e divisione del lavoro, con lo scopo di individuare
piattaforme rivendicative capaci di unificare l'ampio e diversificato fronte
del lavoro.
Proprio come
fu fondamentale per i fondatori del marxismo scientifico – Marx e Engels –
l'analisi delle condizioni reali della classe per comprendere i meccanismi e le
tendenze del capitalismo per elaborare teorie, programmi e prassi per la
prospettiva della rivoluzione comunista, così fu per ogni fase storica di
importanti cambiamenti, rimodulamenti e rivoluzioni del capitalismo stesso.
Consapevoli che una analisi sbagliata o deformata, così come un approccio
astratto o dottrinario alle condizioni di lavoro, di vita e di sfruttamento
della classe possano portare a non comprendere le questioni centrali e
strategiche di fase e quindi il programma politico transitorio con cui porre
nell'immediato le prospettive per una rivoluzione che conferisca nelle mani dei
lavoratori e delle lavoratrici le leve della società, pensiamo che
testimonianze come queste debbano fornire le coordinate per far tornare in
pista il marxismo rivoluzionario nell'agone politico e della lotta di classe.
La nave da
crociera può rappresentare una fotografia degli effetti della globalizzazione,
e delle sue illusioni, sia sul piano dell'immaginario che su quello delle
condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici.
La nave da crociera
esprime la totale libertà di movimento (per chi paga) che copre l’intero
pianeta, la possibilità di vivere una realtà accelerata, in cui lo spettacolo
della nave si alterna con quello di luoghi meravigliosi, raggiungibili magari
nell’arco di pochi giorni, l’illusione dell’abbondanza e del consumo
illimitato, dello spreco delle risorse e dell’inquinamento dell’ambiente.
Ma dietro
l’immacolata verniciatura dello scafo, tra i corridoi di questi templi
dell’industria capitalistica, vivono delle tribù di persone, altrimenti dette
Crew, che si muovono operose nei meandri del leviatano, tra l’indifferenza dei
croceristi e del mondo esterno, sempre più distratto e distante. Sono i
lavoratori marittimi, inesauribili motori di questa industria pesante del divertimento
e parte integrante, ma meno nota, dei meccanismi totalizzanti di un mondo
lavorativo sconosciuto quanto vorace.
Queste
persone vivono sulla propria pelle le sofferenze di un lavoro affetto da una
precarietà endemica, sfruttamento sfrenato da parte dei padroni, vuoti di
sicurezza e di protezione sindacale.
Mi riferisco
in particolare al personale staff, ovvero a quella parte di equipaggio che non
ha funzioni di macchina o coperta, ma che invece è dedita ai servizi della
nave, intrattenimento, tecnici.
Queste
persone non sono contemplate come veri e propri marittimi, in quanto imbarcano
a passaporto e non attraverso il libretto di navigazione; grazie a questo
stratagemma, deciso senza colpo ferire insieme ai sindacati, le aziende e la
cosa pubblica, si sono liberate di numerosi oneri, come le visite mediche, i
vari certificati di abilitazione alla navigazione e alla sicurezza, le uniformi
e la cassa marittima, che sono ora a carico del navigante. Sono perduti così,
molti dei “privilegi” che rendevano vantaggiosa la carriera marittima, a
partire da un diverso inquadramento contrattuale che avviene tramite agenzia
esterna, con una forte compressione dei salari accompagnata da una maggiore
lunghezza del contratto. Infatti se per i marittimi a libretto persistono
contratti di 4 mesi alternati da due mesi a casa, per coloro che sono a
passaporto la formula è quella di 5 mesi a bordo, con variazioni di più o meno
un mese, e in seguito la disoccupazione fino alla successiva chiamata. Il
momento del ritorno a bordo è sempre incerto e condizionato dalle valutazioni
del proprio lavoro, effettuate dai superiori gerarchici del dipartimento. Il
meccanismo è spietato, nessuno è indispensabile, e chi sgarra le severe regole
comportamentali presenti a bordo, rischia di vedere macchiata una sorta di
fedina penale aziendale o essere licenziato. Il licenziamento è il
provvedimento preso nei casi più gravi, ma più facilmente i lavoratori scomodi
vengono lasciati a casa a fine contratto e mai più richiamati, dopo lo sbarco
infatti non esiste alcun vincolo tra azienda e lavoratore.
Di certo
queste compagnie multinazionali non hanno problemi di scarsità di personale e
possono contare su un immenso esercito industriale di riserva, soprattutto
attingendo dai paesi asiatici da cui i tre quarti dei Crew Members provengono.
La
manodopera asiatica è infatti sempre più utilizzata, soprattutto perché i
contratti sono meno onerosi per l’azienda e consentono il loro arruolamento per
un minimo di 7 mesi effettivi, secondo la legislazione del paese di
provenienza, indipendentemente dalla bandiera dell’imbarcazione. Ciò significa
un passo in avanti nello sfruttamento di massa, un enorme numero di personale
che lavora minimo 11 ore al giorno con salari bassissimi, anche fino a 9 mesi senza
nessun giorno festivo. Oltre al già pesante carico di lavoro quotidiano, si è
aggiunta anche una pratica diffusa in certi dipartimenti a forte presenza
straniera: timbrare l’uscita dal turno e continuare a lavorare, facendo
straordinari non riconosciuti. Questa abitudine scorretta e adottata in casi
eccezionali, è presto diventata la norma per sfruttare al meglio i lavoratori,
soprattutto quelli meno consapevoli dei propri diritti e non abituati a
protestare.
Le
condizioni di vita sono quindi di per sé difficoltose: la lontananza dai propri
affetti e dalla propria casa, la scomodità degli alloggi, la scarsa qualità del
cibo, dell’aria e dell’acqua, ma questo fa parte della scelta di prendere il
mare.
Di questa
vita fa parte anche l’irregimentazione quasi militare dei lavoratori che si
basa sulla classica gerarchia marittima piramidale: dal Comandante in giù,
continua una catena di comando composta da capi e capetti, spinti ad
incrementare sempre di più i ritmi lavorativi a spese dei sottoposti. La competizione
tra lavoratori si fa sentire e, la pressione lavorativa, l’assenza di svago e
la solitudine, portano a gravi situazioni di disagio, che a volte possono
sfociare nel suicidio, come la cronaca ha già riportato diverse volte.
Le esistenze
dei Crew Members sono pressapoco segregate, limitate al lavoro e alle anguste
cabine che occupano nei ponti inferiori, con un accesso ridotto alle aree
aperte e pubbliche della nave.
Le aziende
croceristiche, per sopperire a questi problemi, hanno adottato una convenzione
internazionale ILO MLC 2006 che sancisce una normativa con gli standard di base
per garantire una vita dignitosa ai lavoratori, come, per esempio la grandezza
delle cabine (ridotte al minimo spazio consentito per ottimizzare gli spazi) e
la presenza di luoghi di socialità. Inoltre esiste un dipartimento apposito
delle risorse umane, con alcuni funzionari presenti a bordo, in carica di
gestire i rapporti e la comunicazione aziendale con i dipendenti. Purtroppo,
nonostante gli sforzi, la comunicazione è un grosso deficit di queste aziende,
essa è spesso confusa con una sorta di propaganda aziendale, volta a trattare i
marittimi come consumatori che possono creare ulteriori incrementi di profitto
e bonus per i dirigenti. I lavoratori, costretti a bordo per contratto, vengono
sottoposti alle stesse spinte di consumo utilizzate per i passeggeri, in quanto
tutti a bordo sono “potenziali clienti”.
Ed il conto
è sempre salato da pagare per i lavoratori, che spesso non sanno a chi
rivolgersi, in un mondo dove la gerarchia e i ruoli sono tutto, compreso per il
sindacato nelle navi battenti bandiera italiana. La classe sindacale dei
marittimi ha personale su ogni nave, che vengono eletti ogni volta che il
precedente rappresentante conclude il contratto. Ma la rappresentatività dei
sindacalisti a bordo si limita alla carta, oppure a quella di loro stessi. Essi
nella quasi totalità dei casi occupano posizioni manageriali e, spesso, sono i
responsabili e supervisori di un gran numero di sottoposti, che difficilmente
si sentono liberi di discutere con il proprio capo, ne consegue un evidente
conflitto di interessi. La delazione e l’organicità assoluta con l’azienda sono
altre due caratteristiche presenti. Durante l’emergenza Covid19 è stato stilato
un nuovo contratto di solidarietà che prevede tagli lacrime e sangue sulla
busta paga dell’equipaggio, ma ovviamente non per le figure considerate nel
minimo fondamentale per la nave, di cui i sindacalisti e manager fanno parte.
Questo accordo è stato raggiunto in tempo record tra azienda e sindacati senza
esitazioni e alcuna discussione interna.
Nel recente
passato il mercato croceristico ha conosciuto un continuo cambiamento,
l’industria si è rivolta ad un numero sempre maggiore di persone, abbandonando
le élite turistiche che caratterizzavano le vecchie crociere. Le crociere pop,
che quasi si possono definire in certi casi “Low Cost”, hanno allargato sempre
di più il loro mercato verso l’Asia, dove nuove masse di consumatori si
affacciano a questo tipo di turismo. Questo ha portato tutte le compagnie a
mettere in mare tonnellate di acciaio con rotta ad oriente, costruendo navi
sempre più grandi e capienti in modo da lavorare sui grandi numeri previsti. Ma
tutti questi scenari sono crollati sotto i colpi del piccolo e invisibile
Coronavirus e, tra varie vicissitudini, le crociere in tutto il mondo hanno
subito una brusca interruzione fino a data da destinarsi. Ancora una volta a
pagare sono e saranno i lavoratori, che in un primo tempo sono stati esposti
fortemente al contagio del virus, con diversi morti sul campo e,
successivamente, lasciati a casa senza nessuna tutela. Soprattutto per quanto
riguarda i Crew Members asiatici e i marittimi su navi battenti bandiera
straniera, che non possono godere di indennità di disoccupazione e nemmeno
avere garanzie sul loro futuro lavorativo. Infatti questo rimane un grande
interrogativo per tutti i marittimi, quando e dove, le crociere torneranno a
navigare e a quali condizioni, tenendo conto della necessaria ristrutturazione
del modo di navigare turistico ai tempi del Coronavirus. Le navi sono come dei
palazzi ad alta densità abitativa in spazi limitati, il rischio di
contaminazione è altissimo, sia per la concentrazione di persone, che per la
difficoltà nel mantenere le distanze di sicurezza e la proliferazione dei
batteri. Probabilmente si dimezzerà il numero dei passeggeri e di conseguenza
anche quello dell’equipaggio, con la paura di contratti fortemente
ridimensionati. Si preannunciano tempi duri per una classe lavoratrice che, negli
anni, ha già subito tante angherie, ma che rarissimamente si è aggregata per
dare voce alle proprie istanze di protesta. Ogni marittimo è isolato e
frammentato nella propria storia lavorativa, con i suoi contratti e le sue
sofferenze, e questo è il capolavoro di un’industria e di un sistema globale
che mai, prima d’ora, si è fermata nella sua corsa alla massimizzazione del
profitto e dello sfruttamento.
Lo scenario
descritto dal compagno marittimo è, come evidente, devastante e traumatizzante.
Mette in mostra, tra le altre cose, le connivenze delle burocrazie sindacali e
di un sindacalismo particolarmente organico ai meccanismi di comando e
controllo sul lavoro padronale.
Una piaga
che disarma ulteriormente i lavoratori e le lavoratrici profondamente
ricattabili, contribuendo al peggioramento delle loro condizioni contrattuali,
salariali e inficiando la garanzia di continuità lavorativa per aumentare il
potere di ricatto padronale sul lavoro. Piaga che si somma alla strategia
concertativa categoriale e confederale, da sempre foriera di cogestione, da
parte delle burocrazie, dei processi di attacco al mondo del lavoro e di
smantellamento dei diritti dei lavoratori.
Questo settore,
peraltro, mette in chiara evidenza la necessità e la centralità di una lotta
economica e sindacale che abbia una capacità di coordinarsi su scala
internazionale, su basi conflittuali e classiste, per impedire la piaga della
concorrenza al ribasso tra lavoratori fondata sulle diverse provenienze
nazionali.
A questo si
aggiungono poi le endemiche condizioni di precariato e ricattabilità, fondate
sulla discontinuità contrattuale, come la forte irregimentazione gerarchica con
catene di comando stringenti e profondamente verticalizzate che portano ad una
conflittualità interna ai lavoratori per la difesa dei piccoli riconoscimenti e
“privilegi” rispetto a chi si trova nel gradino immediatamente inferiore,
cooptando il lavoratore nella gestione e applicazione degli interessi padronali
sul luogo di lavoro.
In un quadro
del genere torna a mostrarsi come fondamentale l'autorganizzazione dei
lavoratori e delle lavoratrici, con la costituzione di comitati di lotta e
mutuo soccorso capaci di organizzare i diversi tipi di lavoratori e lavoratrici
del settore, aggirando e facendo pressione sulle burocrazie sindacali a partire
da rivendicazioni come quelle di: garanzie di continuità occupazionale tra un
imbarco e l'altro a pieno salario; condizioni di lavoro e di vita a bordo più
dignitose partendo dalla riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e
da spazi di vita e riposo qualitativamente e quantitativamente maggiori;
istituzione di un salario minimo per tutti i marittimi di qualsiasi tipologia e
provenienza; pretesa di un controllo dei lavoratori e delle lavoratrici sulle
condizioni di vita, salute e sicurezza attraverso questi organismi di
autorganizzazione e lotta.
La
particolarità di questo settore, quello marittimo, mette in mostra come sia
necessario superare la forma di gestione della società fondata su stati
capitalistici nazionali e sulla concorrenza tra capitalisti a livello globale –
consumata proprio sulla capacità di sfruttare di più e meglio i propri
dipendenti e di garantire la gestione di crociere sempre più grandi con sempre
meno dipendenti -. Sempre di più si mostra come necessario un cambiamento
sociale, economico e politico rivoluzionario su scala globale in cui siano i
lavoratori e le lavoratrici a controllare e decidere sull'economia, sull'organizzazione
del lavoro e della società. La classe lavoratrice ha, in tutto il mondo,
necessità e bisogni oggettivi uguali che porterebbero ad un miglioramento della
vita, delle condizioni di lavoro, della gestione anche di questi colossi del
mare per i clienti e i croceristi nel rispetto dell'ambiente e della salute
collettiva. La classe padronale, invece, garantisce i propri interessi e
profitti proprio sui meccanismi opposti, sull'aumento dello sfruttamento, sul
peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei propri dipendenti, sul
risparmio sui costi e sulla sicurezza, sullo scaricamento sulla collettività e
sull'ambiente dei costi connessi alla riduzione dell'inquinamento, sulla
speculazione sfrenata su servizi e prezzi per i clienti e sullo sviluppo di un
turismo predatorio, vorace, non sostenibile e omologante per le stesse
destinazioni.
Partito
Comunista dei Lavoratori - sezione di Genova
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