Il nuovo
capo di Confindustria e il parassitismo della borghesia
«Bisogna
avere ben presente che quella che sta iniziando è la stagione dei doveri e dei
sacrifici, per tutti. Quando sento chiedere aumenti contrattuali, per esempio
nell'alimentare, significa che a molti la situazione non è chiara.»
La
situazione in realtà è chiarissima. Carlo Bonomi ha scelto il Corriere della
Sera, quotidiano di Banca Intesa, per rilanciare un messaggio inequivoco: gli
industriali non solo si sottraggono ad ogni responsabilità sul crimine compiuto
in Val Seriana (l'accusa «mi indigna», recita Bonomi) ma vogliono accollare
agli operai il costo della pandemia per tutti gli anni a venire.
«Credo che i
problemi vadano messi sul tavolo e su questo vada impostato un discorso serio
con i sindacati che il governo dovrebbe agevolare», «C'è un punto invece che
non è stato ben compreso: le imprese oggi stanno riaprendo con costi maggiori e
con una produttività più bassa perché bisognerà attuare il distanziamento.»
Come
soccorrere dunque i poveri capitalisti “incompresi”? Semplice:
«Abbiamo reddito
emergenza, reddito di cittadinanza, cassa ordinaria, straordinaria, in deroga,
Naspi, Discoll... Potrei continuare. La risposta del governo alla crisi si
esaurisce in una distribuzione di danaro a pioggia. Danaro che non avevamo, si
badi bene, si tratta di soldi presi a prestito.»
Ecco, si
tratterebbe di spostare questi danari dal portafoglio sdrucito di lavoratori,
cassaintegrati, precari, disoccupati – cui queste elemosine spesso neppure
arrivano – alla cassaforte dorata dei padroni. Quelli che nel solo 2019 hanno
fatto in Borsa 23 miliardi di profitti netti, portano nei paradisi fiscali le
proprie ricchezze, hanno beneficiato per vent'anni di riduzioni di tasse e
privatizzazioni, intascano oggi la copertura statale dei crediti bancari con
garanzie pubbliche pagate da tutti... Non è forse questa la vera «distribuzione
di danaro a pioggia»? Se lo Stato prende danaro “a prestito” in misura sempre
maggiore ingrassando banche e compagnie di assicurazione non è forse anche
perché ha detassato profitti e rendite al fine ingrassare gli industriali? E
ora questi vorrebbero allungare le mani persino sulle residue protezioni
sociali di coloro che hanno gettato su una strada o condannato a una precarietà
senza fine?! E pretendono la rinuncia ad aumenti salariali da operai che
nell'alimentare pagano quando va bene 8 euro lordi all'ora?!
Nel
denunciare il parassitismo dell'aristocrazia del suo tempo, Parini parlava del
“giovin signore”, come “colui che da tutti è servito e a nulla serve”. Così è
oggi in forme diverse il grande azionista moderno, un Bonomi qualunque:
espressione di una classe che vive del lavoro altrui, ma pretende che il mondo
si prostri ai suoi piedi e per questo gli ricorda “doveri e sacrifici”. Ed anzi
“si indigna”, come la vecchia aristocrazia se si mette in discussione il suo
privilegio, che considera naturale ed eterno.
Solo la
classe operaia può liberare la società da questa classe parassitaria e
riorganizzare il mondo su basi nuove. E per questo non c'è altra via che una
prospettiva di rivoluzione.
Partito
Comunista dei Lavoratori
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