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sabato 31 ottobre 2020

INTERVENTO DI MARCO FERRANDO

INTERVENTO DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI ALL'ASSEMBLEA OPERAIA ALLA WHIRLPOOL DI NAPOLI. IL PCL HA SOSTENUTO, SOSTIENE E SOSTERRÀ OGNI INIZIATIVA DI LOTTA CHE LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DELLA WHIRLPOOL METTERANNO IN CAMPO 

 

 

lunedì 26 ottobre 2020

“DA SOLI NON SI VA DA NESSUNA PARTE!!”

Intervento di Donatella Ascoli [AG CGIL Veneto, Musei Civici Veneziani], Mercoledì 21 ottobre 2020 al presidio organizzato dalla FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL e UILTRASPORTI di fronte alla sede di Legacoop a Venezia Marghera, per la vertenza del rinnovo del CCNL Multiservizi 

 

 

domenica 25 ottobre 2020

WHIRLPOOL, TUTTI I NODI SONO GIUNTI AL PETTINE

 

L'unica soluzione è la nazionalizzazione

 


 

I nodi sono giunti al pettine nella vicenda Whirlpool.

Sullo sfondo della drammatica pandemia in pieno corso, i vertici dell'azienda americana hanno confermato la chiusura dello stabilimento campano. Quasi 400 operai licenziati, più 500 lavoratori dell'indotto. Una soluzione inaccettabile, tanto più a Napoli.

 

La conferma della chiusura non è una sorpresa. Gli azionisti Whirlpool hanno pianto miseria per un anno intero nonostante i bilanci dell'azienda siano tutti in attivo. Lo scopo era incassare centinaia di milioni di ulteriori regalie pubbliche da parte sia del governo che della regione. Cui si aggiungono, come per tutti i capitalisti, il taglio dell'IRAP a danno della sanità pubblica e le garanzie pubbliche sui crediti bancari. Tutti soldi pagati con la fiscalità generale, quindi dalle tasche dei lavoratori. Ora gli azionisti Whirlpool, incassato il malloppo, hanno dato agli operai il ben servito.

 

Questo epilogo prevedibile chiama in causa le responsabilità di tutti gli attori pubblici di questa vicenda. Per un anno tutti i partiti di governo, in compagnia degli amministratori regionali, hanno raccontato agli operai che sarebbe stata trovata una soluzione, o che addirittura il problema era già risolto. Si doveva solamente attendere, nutrire fiducia, e soprattutto votarli. In questo ha primeggiato su tutti Luigi Di Maio, che ha costruito su Whirlpool un pezzo delle proprie campagne elettorali in Campania, sino a recitare la parte in commedia delle parole "dure" contro la proprietà, ad uso delle telecamere.

 

Ora la commedia è finita, perché purtroppo parlano i fatti. E i fatti, a essere onesti, chiamano in causa anche la politica dei vertici sindacali. A cosa è servito alimentare illusioni su un possibile accordo con l'azienda, quando era chiaro che la decisione di chiudere era presa da tempo? A cosa è servito appoggiare le regalie finanziarie del governo agli azionisti Whirlpool in cambio di promesse finte? A nulla.

 

Ora è necessaria una svolta. Non c'è più nulla da negoziare con la Whirlpool. L'azienda va occupata e presidiata a oltranza dagli operai per impedirle di portar via i macchinari. Dalla fabbrica non deve uscire un bullone. La proprietà Whirlpool va nazionalizzata, senza un euro di indennizzo agli azionisti, e sotto il controllo degli operai. La produzione deve continuare in tutti gli stabilimenti, a salvaguardia dei posti di lavoro e degli stipendi. Questa è l'unica possibile soluzione della vicenda che non sia penalizzante per gli operai. Altre soluzioni, rispettose della produzione e del lavoro, non ne esistono. E infatti oggi nessuno sa indicarle.

 

Chiediamo a tutte le organizzazioni di fabbrica che fanno riferimento alle ragioni del lavoro di unire la propria azione a sostegno della nazionalizzazione della Whirlpool. Gli operai e le operaie hanno dato prova di una combattività e generosità straordinaria in tutta questa vicenda. Meritano una prova di unità, ma anche di determinazione. L'unica possibilità concreta di salvare il posto di lavoro passa per una svolta radicale dell'azione di lotta. Va costituita una cassa nazionale di resistenza a sostegno di una lotta prolungata e dell'occupazione della fabbrica.

 

Il governo ha fatto capire che l'unica cosa che teme è la turbativa dell'ordine sociale a Napoli. È la prova che solo un'azione di massa radicale degli operai può scuotere la controparte e strappare risultati. Le direzioni sindacali hanno annunciato formalmente lo «scontro sociale»? Chiediamo che prendano sul serio le proprie parole. Ma soprattutto che le prendano sul serio gli operai attraverso la propria azione.

 

Partito Comunista dei Lavoratori

giovedì 22 ottobre 2020

PORTARE NELLE LOTTE LA PROSPETTIVA DI RIVOLUZIONE!

 

Contro il fronte unico dei padroni un fronte unico di classe e di massa

 Volantino (allegato in fondo alla pagina) per le iniziative della giornata di mobilitazione nazionale del 24 ottobre

 


 

Dare continuità all’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi! Estendere ed unificare le lotte attorno ad una piattaforma generale! Portare nelle lotte la prospettiva di rivoluzione!

 

La pandemia si sovrappone a un’offensiva frontale del padronato e a una nuova grande crisi del capitalismo mondiale. Confindustria fa muro sul rinnovo dei contratti, annuncia un milione di licenziamenti, reclama i pieni poteri nelle aziende. Il governo regala ai padroni lo sblocco dei licenziamenti, stoppa il rinnovo dei contratti pubblici, mantiene tutto il peggio dei decreti Salvini contro picchetti, blocchi stradali, occupazioni.

 

Le burocrazie sindacali, Landini in testa, non solo non organizzano la difesa del lavoro ma appoggiano il governo. Il loro scopo è mostrare al padronato la propria funzione sociale di controllo e disinnesco delle lotte, per timore di essere scaricate. È la funzione di “agenzia della borghesia nel movimento operaio”, come diceva Lenin. Una definizione oggi della burocrazia sindacale ancor più calzante di allora.

 

Costruire una direzione alternativa del movimento operaio che lo liberi dalla burocrazia è compito di tutte le avanguardie, ovunque collocate sindacalmente. Non si tratta di dare consigli critici agli apparati, né di limitarsi a conservare un piccolo spazio di sindacato alternativo. Si tratta di strappare agli apparati la direzione delle lotte, conquistare la maggioranza dei lavoratori, sviluppare l’egemonia di un progetto alternativo tra le masse.

 

Tutto questo è molto difficile, dopo un lungo ciclo di arretramenti, sconfitte, delusioni. Ma tanto più oggi è possibile perseguire l’obiettivo solo lavorando controcorrente alla più ampia unità di classe contro padroni e governo. Solo contrapponendo al fronte unico dei padroni il fronte unico dei lavoratori e delle lavoratrici.

 

Non mancano lotte di resistenza e conflitti. Li abbiamo visti nello scorso marzo, nelle fabbriche, nella logistica, nella scuola, tra i braccianti. Ma sono lotte in ordine sparso, che non si parlano, che stanno recintate nel proprio perimetro aziendale o di settore. Unire queste lotte attorno ad una piattaforma generale è una necessità inaggirabile. A fronte di una offensiva generale del padronato, occorre una mobilitazione generale del lavoro capace di ribaltare i rapporti di forza complessivi.

 

 

PROSEGUIRE E ALLARGARE IL PERCORSO UNITARIO

 

L’Assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi che si è tenuta il 27 settembre a Bologna è un primo passo in questa direzione. Le forze ad oggi raccolte sono ancora molto limitate. Ma il segnale di controtendenza è prezioso. Per la prima volta dopo tanto tempo organizzazioni e tendenze sindacali di diversa collocazione e provenienza (Si Cobas, SGB, settori della Opposizione CGIL, Slai Cobas per il sindacato di classe) hanno scelto di mettere insieme le proprie forze in una iniziativa nazionale comune. Non attraverso un cartello di sigle, ma attivando un percorso unitario fondato sui delegati, sulle delegate, sui lavoratori e lavoratrici combattivi/e, al di là di ogni divisione di sigla e appartenenza. Un percorso segnato da comuni rivendicazioni classiste e dalla prospettiva di costruzione di una vera azione di sciopero generale.

 

Questo percorso va ora proseguito e allargato. Non si tratta di recintare il perimetro dell’Assemblea di settembre, ma di lavorare ad estenderlo ad ogni livello. I militanti sindacali del Partito Comunista dei Lavoratori sono ovunque impegnati in questa direzione.

È la battaglia che conduciamo nell’Opposizione CGIL assieme ad altri lavoratori e lavoratrici della componente contro una linea di pura autoconservazione del proprio spazio. È la linea che conduciamo nei sindacati di base con riferimento classista contro ogni logica autocentrata e settaria. A tutti chiediamo di investire le proprie forze nel percorso unitario avviato, ponendo termine alla frammentazione dell’avanguardia.

 

Questa azione di coinvolgimento di forze nuove va soprattutto indirizzata verso i lavoratori, a partire dalla loro avanguardia più larga. Quella che nel marzo scorso ha trainato una breve ma intensa stagione di scioperi contro i padroni. Quella che nelle ultime settimane ha ridato segni di presenza negli scioperi metalmeccanici contro la serrata contrattuale di Federmeccanica.

 

Non confondiamo i burocrati con gli operai. Le burocrazie di Fiom, Fim, Uilm hanno indetto uno sciopero il 5 novembre per salvare la faccia di fronte agli operai e incanalare la loro lotta su un binario morto. Il loro obiettivo è ottenere la detassazione dell’aumento contrattuale per caricare il contratto sulla fiscalità generale (cioè sul portafoglio dei lavoratori) a vantaggio dei profitti. Ma gli operai che hanno scioperato e che possono scioperare il 5 novembre lo fanno per i propri interessi, con tutte le confusioni e contraddizioni del caso. Dobbiamo interloquire con questi operai, che sono la maggioranza sindacalizzata dell’industria, per sottrarli all’influenza dei burocrati e conquistarli alla nostra piattaforma generale. Lo possiamo fare solo dentro la lotta comune, non separandoci da questa, non levando il disturbo a tutto vantaggio dei burocrati. Dobbiamo portare la nostra piattaforma nella lotta comune, per radicalizzarla ed estenderla, non tenerci fuori dalla lotta nel nome della nostra piattaforma.

 

 

PER UNA PROSPETTIVA DI RIVOLUZIONE

 

La politica del fronte unico non può limitarsi al piano sindacale. Tutte le rivendicazioni della piattaforma definita il 27 settembre e rilanciata dalle manifestazioni di oggi richiamano una prospettiva politica. La drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga, la forte patrimoniale sulle grandi ricchezze, la cancellazione dei decreti Salvini, la contestazione dell’indebitamento pubblico col capitale finanziario da scaricare sul portafoglio dei lavoratori, sulla sanità, sulla scuola, pongono la prospettiva di un’alternativa operaia alla crisi del capitale. O loro o noi. O il potere dei capitalisti o il potere degli operai. Nessuna conquista parziale su quel terreno è possibile senza che la borghesia tema davvero la minaccia dell’ordine pubblico e della sovversione. I padroni mollano qualcosa solo quando han paura di perdere tutto. Solo la minaccia di una rivoluzione può strappare riforme. Solo una rivoluzione, solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici basato sulla loro forza e sulla loro autorganizzazione, può realizzare una svolta vera.

 

Politica del fronte unico e programma di rivoluzione sono i due capisaldi della politica del PCL. Siamo per la più larga unità d’azione dell’avanguardia, che ricomponga in un unico fronte il Patto d’azione e il Coordinamento delle sinistre di opposizione nato il 7 dicembre. Perché non ha senso nel nome del fronte unico mantenere percorsi separati, tanto più a fronte delle stesse rivendicazioni generali. Ma portiamo nel fronte più largo dell’opposizione classista l’esigenza di una prospettiva di rivoluzione, in Italia e nel mondo. L’unica che può fondare su solide basi l’internazionalismo proletario, contro ogni forma di europeismo liberale o sovranismo reazionario.

 

L’unica che indica le basi possibili del partito comunista rivoluzionario.

 

Partito Comunista dei Lavoratori

 

 VOLANTINO 24 OTTOBRE

mercoledì 21 ottobre 2020

DIFESA DELLA SALUTE O SALUTE DELLA DIFESA?

 

La Difesa fa il pieno mentre la Sanità è allo sfascio

 


 

L'Italia intera affronta la seconda ondata della pandemia. Il governo, la stampa borghese, l'intero sistema mediatico si sbracciano nell'evocare il primato dell'emergenza sanitaria. Ipocriti! La legge di bilancio 2021 destina alle spese militari, non alla sanità o alla scuola, la maggioranza relativa dei fondi nazionali per gli investimenti. Non è una fake news, è il dato fornito, nero su bianco, dalla fonte più insospettabile: il quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 Ore (20 ottobre, pagina 2)

 

Vediamo meglio. I fondi nazionali per gli investimenti ammontano a 50 miliardi. Sono spalmati su quindici anni e divisi in 40 capitoli. Alla sanità si destinano due miliardi, due miliardi e ottocento milioni all'università, un miliardo e cinquecentoquaranta milioni all'istruzione. Alla difesa vanno invece 12 miliardi e 770 milioni. «A sorpresa sarà il Ministero della Difesa a incassare nella legge di bilancio 2021 la somma più alta dei fondi» recita testualmente il quotidiano dei capitalisti, con tanto di tabelle allegate.

 

L'articolista sente il bisogno di spiegare questa enormità con l'argomento che il Ministero della Difesa non potrà accedere ai fondi del Recovery plan, disponibili invece per altri ministeri. Ma l'argomento è farlocco. In primo luogo perché i fondi europei andranno in varie forme a tutti i ministeri, Difesa inclusa: il settore aerospaziale, strettamente connesso all'industria militare, è uno dei fiori all'occhiello dei programmi di modernizzazione e concentrazione capitalistica della UE, in aperta competizione sul mercato mondiale con USA e Gran Bretagna. In secondo luogo alla Difesa tricolore vanno ogni anno, ordinariamente, dai 25 ai 30 miliardi del bilancio statale. I 12 miliardi e 770 milioni previsti oggi dai fondi per gli investimenti sono dunque elargizioni extra. Elargizioni che si aggiungono al tradizionale bottino. Elargizioni di cui beneficia, direttamente e indirettamente, l'intero complesso industrial-militare, la fitte rete di interessi che passa per i grandi azionisti del gruppo Leonardo, le banche, le gerarchie militari e tutto il loro sottobosco. È il retroterra dell'imperialismo italiano.

 

Nel nuovo scenario internazionale in cui l'imperialismo USA fa rotta sulla Cina (che vinca Trump o Biden poco cambia), il Mediterraneo resta relativamente scoperto. Grecia e Turchia si contendono il Mediterraneo orientale, a suon di minacce militari. L'egemonia turca si estende in Libia, con sventolio di ambizioni ottomane. L'Egitto si arma contro la Turchia, col contributo recente di tre fregate italiane. La Francia si candida a presidio politico e militare antiturco, in competizione con l'Italia.

E L'Italia? L'imperialismo italiano si arma come fanno tutti, nel nuovo grande gioco del nuovo secolo. L'ENI è la più grande azienda al mondo in terra d'Africa. I suoi azionisti rivendicano apertamente il “mare nostrum”, mentre il Corriere della Sera – proprietà Banca Intesa – invoca una nuova politica estera italiana, finalmente capace di interdizione militare.

 

Anche a casa nostra l'industria di guerra si arricchisce con soldi sottratti agli ospedali e alle scuole. Salvini e Meloni si mettono in divisa, sull'attenti. Sinistra Italiana vota le spese militari, come Rifondazione negli anni di Prodi. La CGIL è muta. La vera unità nazionale non è a difesa della salute, ma per la salute della Difesa. Solo la classe lavoratrice può rovesciare il tavolo e rovinare il banchetto. Ma ha bisogno di una coscienza e di un'organizzazione.

 

Partito Comunista dei Lavoratori