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martedì 30 settembre 2014

NO ALLE RIFORME DEI PADRONI


EDITOR1ALF di Michele Terra

















Sono passati solo alcuni mesi da quando la Corte Costituzionale ha decretato anticostituzionale la secchia legge elettorale che già un parlamento illegittimo e teleguidato dal presidente della repubblica e da Renzi sta riscrivendo buona parte della legge fondamentale dello stato, nonché tutte le norme che riguardano la rappresentanza popolare; nuovo senato, italicum, enti locali. ecc.
In un paese -normale- le camere sarebbero state sciolte dal capo dello stato e si sarebbe andati subito al voto con la legge elettorale. Immediatamente applicabile, emendata dalla Corte. In Italia invece no. In accordo col Quirinale, un premer e un governo nominati senza passare dalla consultazione popolare e senza alcun mandato si lanciano nelle grandi riforme, con una maggioranza che nei fatti può contare sull 'appoggio esterno del pregiudicato Berlusconi, di altri piduisti e di una pletora di ex fascisti postmissini nonché di atri signori, signore e signorine di dubbi meriti e virtù.
Il 41% ottenuto dal Pd all'europee certo aiuta in quest'operazione l'ex sindaco di Firenze, ma dimostra che nelle democrazie borghesi ( occidentali se preferite) non contano regole, leggi e costituzioni formali ma i rapporti di forza ovvero la legge del più forte. A tutti gli altri restano il potere di supplica e, per chi li prende , per ora, ottanta euro in più in busta paga. C'è stato un tempo che il riformismo appariva come qualcosa di nobile. Guardati spesso - giustamente - con sospetto dai rivoluzionari, i riformisti, intesi come parte del movimento dei lavoratori, intendevano comunque migliorare le condizioni delle classi subalterne. In molti contesti storici le riforme, per quanto moderate, hanno portato innegabili progressi e benefici. dall'abolizione del lavoro infantile al suffragio universale, dalla giornata lavorativa di otto ore all'istituzione dello stato sociale. Con il radicale mutamento dei rapporti di forza tra le classi, a partire dalla fine degli anni '70 le riforme hanno cambiato natura, diventando espressione della nuova offensiva padronale tesa da un lato a recuperare tutto il terreno perso nei decenni precedenti del secolo scorso e riportare le condizioni dei salariati a quelle ottocentesche. dall'altro ad andare spesso oltre le stesse idee del liberismo e liberalismo borghese classici, a volte con un senso di rivalsa nei confronti del movimento dei lavoratori da mettere in atto vere e proprie rappresaglie e vendette (vedi l’ormai svuotato ed inutile articolo 18 dello statuto dei lavoratori). E con questo spinto che il governo Renzi sta portando avanti le sue riforme. La prima, già approvata e operativa, riguarda il job act del ministro Poletti. di cui abbiamo già parlato nei numeri scorsi del nostro, giornale, che nei fatti estende all'infinito la precarietà pur scrivendo nelle veline governative l’intenzione di combatterla e ridurla. Vi è poi la finta abrogazione delle province, che prevedrebbe per essere tale una modifica costituzionale non ancora in essere. Nei fatti la maggioranza che sostiene il governo Renzi e gli alleati riformisti di Forza Italia, hanno semplicemente eliminato l'elezione dei consigli provinciali e dei presidenti di questi enti, che verranno sostituiti da altri non elettivi come le città metropolitane. le unioni dei comuni e cosi via. Il tutto nel nome dei tagli ai costi della politica, quando in realtà, una volta soppresse definitivamente, si avranno altri enti ed altre strutture sovracomunali che con ogni probabilità avranno un costo totale superiore ai vecchi apparati provinciali.
Il senato, invece che essere abrogato come promesso da Renzi, diventa organo elettivo di secondo grado e sottratto all'elezione popolare, mentre rimangono competenza di questo ramo del parlamento materie decisive per la vita dei cittadini: dalle leggi costituzionali all'elezione del presidente della repubblica, solo per fare due esempi. La stessa legge elettorale in discussione, il c.d. Italicum, è molto peggio del Porcellum calderoliano (peraltro già votato da buona parte degli odierni riformatori) e si presterà a probabili altre dichiarazione di (evidente) anticostituzionalità.
Nel pacchetto riformatore targato PD-Ft-P2 si colpiscono, anche gli storici istituti di partecipazione polare come i referendum e le leggi di iniziativa popolare, alzando a 800mila le firme per l'ammissione dei primi e a 2SOmila per le seconde. Già oggi i risultati referendari vengono ignorati da governo e parlamento - do you remember referendum sull'acqua? - con quote nuove soglie si vuole sostanzialmente evitare il ricorso stesso a questi strumenti da parte dei cittadini. Si prospetta un -nuovo tipo di democrazia": potenzialmente sarà sufficiente 20/25% dei voti (quindi conteggiando l'astensionismo circa il l5°'. degli aventi diritto) e ci si porta a casa tutto il cucuzzaro: parlamento, governo. presidenza della repubblica e corte costituzionale Ecco, quindi, che una nuova repubblica - la III se volete è quasi servita! I nuovi padri della patria: Napolitano, Renzi, Berlusconi, con la ministra Boschi nel ruolo - al massimo -non di madrina ma di ostetrica tirocinante. Una repubblica che potrebbe, almeno nelle intenzioni, soddisfare i sogni più reconditi del padronato italiano, tanto da superare il progetto di Rinascita Nazionale di produzione gellianpiduista, a cui comunque sembrano ispirarsi implicitamente tinti riformatori nostrani. Di fronte all'enormità della situazione appare lampante la completa inutilità della sinistra parlamentare, sia dei "dissidenti" del Pd che dei vendoliani di Sel; nessuna vera opposizione nemmeno dal Prc e dagli tsipriani che continuano a mantenere un rapporto di alleanza in molte amministrazioni locali con il Pd, tentando in contemporanea - anche fuori dal centro sinistra - di ricostruire una massa elettorale tale che gli permetta di rinegoziare future intese con Renzi (o chi per lui) da migliori posizioni. Mentre fan sorridere i grillini del Movimento 5 stelle che un giorno gridano al golpe, la mattina dopo si siedono a discutere con il golpista Renzi, per poi presentare una fantascientifica legge elettorale, che prevede pure i voti negativi ai candidati che ti stanno sui coglioni anche se sono di partiti che non voti, progetto probabilmente ispirato in sogno a Casaleggio-Grillo-Di Maio direttamente dall'Uomo Ragno e da di Re Artù.
Un'opposizione di classe in Italia passa anche necessariamente nella denuncia delle riforme renziane padronali, in una resistenza per quanto possibile a questo scenario, nella denuncia delle complicità delle varie "sinistre" collaborazioniste (o aspiranti tali).

Il PCL solidarizza con gli autisti sospesi dal lavoro




Due autisti e delegati USB del trasporto pubblico locale romano, settore privato (azienda Trotta Bus Service), sono stati sospesi dal lavoro e ora sono a rischio licenziamento per aver rilasciato un'intervista in cui venivano rese pubbliche le loro condizioni lavorative. La ritorsione del padrone, come sempre, è stata immediata. Nessuno però punisce queste aziende private che quotidianamente offrono un servizio scadente (per non dire inesistente), non rispettano i requisiti minimi di sicurezza mettendo a rischio l'incolumità dei passeggeri e ovviamente calpestano i diritti dei lavoratori. Tutto questo con la complicità e il silenzio delle istituzioni e dei partiti di destra e centrosinistra (PD, SEL), i quali vogliono invece aumentare la quota di servizio da dare in gestione ai privati, quando è stato dimostrato che i servizi appaltati costano alla collettività più del doppio e offrono un servizio ancora più scadente, nei trasporti come nella sanità e nella scuola. Come partito di classe, denunciamo ancora una volta, anche su questa vicenda, il silenzio della CGIL, totalmente disinteressatasi delle sorti dei due lavoratori, tanto da non emettere neanche un comunicato di poche righe, come se ci fossero lavoratori di serie A e di serie B (i non iscritti alla CGIL). Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime solidarietà ai due lavoratori e sarà al loro fianco, senza se e senza ma, nella loro battaglia per il reintegro, battaglia che costituisce un altro capitolo, per noi, della guerra alla dittatura dei padroni e degli (im)prenditori contro il mondo del lavoro, la guerra degli sfruttati contro gli sfruttatori. Per il reintegro immediato dei due lavoratori della Trotta Bus Service! Contro le persecuzioni e il mobbing dei padroni! Nessun posto di lavoro deve essere perso!

Daniele Mochi - PCL Roma

sabato 27 settembre 2014

AI PARTITI DELLA SINISTRA ITALIANA (Prc e Sel) PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE UNITARIA CONTRO IL GOVERNO E IL NUOVO CORSO REAZIONARIO




Il populismo di Renzi non è una semplice recita o postura del linguaggio. E' la cifra di una reale ambizione bonapartista. Contraddizioni e incognite del nuovo corso non tolgono nulla alla sua estrema pericolosità.
Il nuovo corso ha nel movimento operaio e sindacale e nella sinistra politica, comunque articolati, il suo bersaglio centrale. Un'operazione populista mirata a smantellare i diritti residui del lavoro col “consenso del popolo” ( e degli stessi lavoratori) deve comprimere ruolo e spazi di ogni rappresentanza del movimento operaio, delle sue organizzazioni di massa, delle sue tradizioni di classe, delle sue espressioni politiche. Deve rimuovere ogni ingombro alla propria comunicazione diretta col “popolo”. La politica di irrisione e disprezzo verso i sindacati- in termini inediti nel dopoguerra- si sposa con l'obiettivo di cancellare ogni residua rappresentanza parlamentare della sinistra.
IL BLOCCO DELLE SINISTRE COI LIBERALI HA SPIANATO LA STRADA ALLA REAZIONE
Gli indirizzi di fondo dei gruppi dirigenti maggioritari della sinistra politica e sindacale hanno contribuito in modo decisivo a spianare la strada al renzismo. Sia a monte che a valle.
Prima la corresponsabilizzazione generale di tutta la sinistra politica e sindacale al centrosinistra di Romano Prodi e alle sue politiche anti operaie. Poi la volontà di subordinare l'opposizione antiberlusconiana al disegno di ricomposizione del centrosinistra , con la conseguente amputazione delle sue potenzialità radicali e di massa. Poi la subordinazione umiliante della CGIL alle politiche di Monti e Fornero su lavoro e pensioni, in obbedienza a Bersani e Napolitano, nel nome della salvezza del capitalismo italiano e dela UE. Poi il saluto iniziale a Renzi quale “speranza della sinistra” da parte di SEL, nell'attesa (vana) di attenzioni di riguardo sul terreno delle leggi elettorali e di una ( improbabile) ricomposizione del centrosinistra. Infine la continuità inossidabile delle collaborazioni assessorili col partito di Renzi da parte di SEL e PRC in tante parti d'Italia, combinate col ciclico imboscamento stesso della sinistra, dei suoi simboli, dei suoi riferimenti classisti ( sotto le vesti di Arcobaleno, o di Ingroia, o degli intellettuali liberal progressisti civici di Repubblica).
L'insieme di queste politiche ha disarmato, in forme diverse e a livelli diversi, il movimento operaio e il popolo della sinistra, amplificando disorientamento, demotivazione, distacco. A esclusivo vantaggio del Grillismo e del renzismo: i due grandi beneficiari, tra loro concorrenziali, del “suicidio” della sinistra.
VOLTARE PAGINA
Ora la situazione politica non lascia più spazio nè a dubbi né ad alibi. O il movimento operaio e la sinistra sviluppano una risposta adeguata all'attacco reazionario in corso o finiranno con l'esserne travolti.
Vale sul piano sindacale, dove la lunga paralisi della CGIL e gli ammiccamenti al renzismo del vertice FIOM hanno solo contribuito ad aggiungere confusione e demoralizzazione tra i lavoratori a vantaggio del governo e delle sue provocazioni anti sindacali.
Ma vale anche sul piano politico. Il fatto che una riforma elettorale infinitamente peggiore della legge truffa del 1953 non abbia incontrato, in un anno, una sola mobilitazione nazionale degna di questo nome, ha solo incoraggiato l'arroganza reazionaria del governo. Lasciando per di più il monopolio dell'opposizione “democratica” al progetto ancor più reazionario della Repubblica plebiscitaria web di Grillo/ Casaleggio. Un disastro nel disastro.
Chiediamo dunque di voltare pagina. Lo chiediamo innanzitutto sul piano della mobilitazione sociale, dove si pone l'esigenza del più ampio fronte unico di classe e di massa contro il governo. Lo chiediamo più specificamente, in questa sede, sul piano politico. La sinistra politica italiana ha il dovere di unire nell'azione le proprie forze contro il corso politico più reazionario dell'ultimo mezzo secolo. Ha il dovere di difendere coerentemente diritti e spazi di democrazia, rompendo ogni rapporto equivoco e subalterno, nazionale o locale, col partito di Renzi, e sviluppando una aperta campagna politica contro il renzismo e le sue aspirazioni bonapartiste di regime.
Per questo, nella piena autonomia politica del nostro partito, proponiamo a tutte le sinistre politiche la promozione comune di una manifestazione politica unitaria nazionale contro il Governo Renzi. Tale proposta vuole rispondere a un esigenza specifica : quella dell' unità d'azione della sinistra politica contro la reazione; quella del rilancio di una sua autonoma riconoscibilità politica classista in aperta contrapposizione al populismo reazionario in ogni sua variante.
Non si può delegare al solo piano sindacale il contrasto del renzismo. Nè si può lasciare alla demagogia reazionaria grillina il fronte politico della contrapposizione a Renzi agli occhi di parte del popolo della sinistra. Una manifestazione indipendente e unitaria della sinistra politica contro il governo è suggerita dall'intero corso degli avvenimenti politici.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

venerdì 26 settembre 2014

ALLA DIREZIONE DELLA CGIL E DELLA FIOM: PER UNA SVOLTA RADICALE DEL MOVIMENTO OPERAIO CONTRO IL RENZISMO.

Il senso di questa lettera pubblica è molto semplice. Siamo in presenza di una svolta politica reazionaria. Voi siete di fatto la direzione maggioritaria del movimento operaio italiano. 





La vostra responsabilità è politica, non solo sindacale, tanto più a fronte della crisi verticale della sinistra politica italiana. Noi pensiamo che le vostre scelte di fondo di lungo corso, in forme e con ruoli diversi, abbiano favorito in misura decisiva la deriva in corso. Per questo rivendichiamo una svolta radicale di indirizzo, capace di trarre un bilancio di verità e di affrontare un livello di scontro politico e sociale per molti aspetti nuovo. Senza una svolta di indirizzo, finirete complici di una disfatta del movimento operaio e di un successo reazionario. Che colpirà la stessa CGIL e la FIOM.  
MATTEO RENZI, FRA THATCHER E BONAPARTE 
La situazione politica e sociale italiana è segnata sempre più pesantemente da un corso politico reazionario. Il governo Renzi non è la semplice continuità dei governi Monti e Letta. Incarna una tendenza bonapartista alla concentrazione dei poteri nelle mani del premier con ampie ricadute sull'intero sistema delle relazioni sociali, politiche, istituzionali. Il nuovo populismo di governo cerca la relazione diretta con la cosiddetta “opinione pubblica” fuori e contro le forme tradizionali della rappresentanza. Da un lato droga il senso comune con una recitazione d'immagine totalmente falsa che riprende in forma diversa il canovaccio del berlusconismo come di ogni populismo reazionario ( nuovo contro vecchio, futuro contro passato, giovani contro anziani, cittadini contro politici , sognatori contro burocrati..); dall'altro usa il consenso drogato, così costruito, come randello contro il movimento operaio , i suoi diritti, le sue organizzazioni. L'operazione elettorale truffa degli 80 euro, messi a carico dei beneficiari, ha coperto e copre un ulteriore salto devastante sul terreno della precarizzazione del lavoro ( dal decreto Poletti allo smantellamento definitivo dell'articolo 18), col sostegno entusiasta di Sacconi e Berlusconi. La campagna d'immagine sulla “buona scuola”, copre un passo avanti ulteriore nella privatizzazione strisciante dell'istruzione pubblica, col plauso pubblico di Gelmini e di Aprea. La “riforma della pubblica amministrazione” maschera tagli ulteriori di decine di miliardi sulla spesa sociale, la continuità del blocco contrattuale per milioni di lavoratori , scelte discriminatorie e antisindacali in linea con Brunetta e con l'ammirazione di Brunetta. Intanto i sindacati, a partire dalla CGIL, diventano bersaglio di una campagna pubblica sprezzante, e persino di irrisione, da parte del Presidente del Consiglio: che punta a fare della contrapposizione al sindacato una leva del proprio richiamo popolare. Mentre avanza un disegno reazionario di riforma elettorale e istituzionale- pattuito tra Renzi e Berlusconi- senza precedenti nella storia della Repubblica.
LE VOSTRE RESPONSABILITA'.
L'avanzata di questo populismo di governo chiama in causa le vostre responsabilità. Gli 80 euro hanno brillato agli occhi di tanti lavoratori in misura proporzionale alla svendita per tanti anni dei loro interessi e all'assenza di una azione reale di mobilitazione contro le politiche dominanti e contro il padronato. Prima la compromissione del gruppo dirigente CGIL nelle politiche di sacrifici del governo Prodi, in compagnia di tutta la sinistra politica italiana ( riduzione dell'Ires sui profitti di banche e imprese, precarizzazione del lavoro, riduzione del cuneo fiscale tutto a vantaggio dei padroni); poi la sua volontà di subordinare l'opposizione di massa antiberlusconiana alla riproposizione ( fallita) del centrosinistra, col risultato di disperderne potenzialità e radicalità; poi la sua sottomissione passiva alla macelleria di Monti contro lavoro e pensioni, in omaggio al patto con Bersani e in obbedienza a Napolitano e alla UE; parallelamente la politica di blocco con Confindustria sulla derogabilità dei contratti e sulla incontestabilità dei contratti in deroga, quale sponda auspicata e fallita di un nuovo patto di centrosinistra: l'insieme di queste scelte della CGIL ha non solo rappresentato una sconfessione delle ragioni del lavoro negli anni cruciali della grande crisi capitalista , ma un fattore decisivo di demoralizzazione, disgregazione, passivizzazione sociale, arretramento e confusione della coscienza politica di milioni di lavoratori. Il populismo reazionario ha pescato a piene mani proprio in questo arretramento, sia nella variante reazionario plebiscitaria del grillismo, sia in quella bonapartista del renzismo. La FIOM ha in parte contrastato questa politica, in contrapposizione a Marchionne e a Monti. Ma non ha indicato un'alternativa di linea sul terreno dell'azione di massa e della sua prospettiva. E ha finito col rispondere alla propria sconfitta sindacale prima col tentativo di una ricomposizione pattizia con la maggioranza CGIL, poi con una spregiudicata apertura di credito verso Renzi contro i vertici CGIL. Nella ricerca ostentata ( e grave) di un asse diretto concertativo col Capo di un governo antisindacale. La copertura di CGIL e FIOM all'operazione truffa degli 80 euro ha rappresentato, con logiche diverse, una comune politica subalterna contro un principio elementare di verità. E un ulteriore fattore di confusione della coscienza di classe a vantaggio del populismo di governo, e della sua marcia contro il lavoro. Il fatto che l'infame decreto Poletti sia passato senza il contrasto di una sola ora di sciopero dietro la bandiera degli 80 euro, rappresenta una enormità. Ma anche la misura di una vostra politica disarmante.

PER UNA RISPOSTA PROPORZIONALE ALL'ATTACCO PER UN'ALTRA DIREZIONE DEL MOVIMENTO OPERAIO
Il punto è che queste vostre politiche sono fallite. Non è un punto di critica, è un dato obiettivo. Il rullo compressore del renzismo avanza non solo contro i lavoratori ma anche contro di voi. L'aggressione finale contro l'articolo 18, in aperta sfida al movimento operaio e sindacale, torna ad essere la linea di raggruppamento dell'intero fronte padronale. Di più: Renzi fa dell'attacco frontale all'articolo 18 la bandiera della propria credibilità internazionale di uomo di rottura e sfondamento contro il movimento operaio e i sindacati. Siamo a un thatcherismo in versione populista, e per questo tanto più minaccioso. E' l'ora di una risposta proporzionale all'attacco. Le politiche di attesa “critica” o di ammiccamento equivoco vanno definitivamente archiviate. Ogni ipotesi di subordinazione alla dialettica interna al PD, in una logica di alleanza con i liberali della vecchia guardia contro i nuovi reazionari, non porterebbe da nessuna parte. Non sarà Massimo D'Alema, già guida in altre stagioni dell'attacco contro i lavoratori, la ciambella di salvataggio del movimento operaio italiano. Non sarà Stefano Fassina, già ministro del governo Letta e delle politiche di austerità, la clausola di salvaguardia della CGIL e tanto meno dei lavoratori. Ogni ennesima ricerca di un nuovo centrosinistra sarebbe al tempo stesso, tanto più oggi, subalterna e velleitaria. L'unica sua conseguenza concreta sarebbe la rimozione della mobilitazione di massa, a tutto vantaggio di Renzi (e di Grillo). “Alla guerra occorre andare come alla guerra”. Renzi ha dichiarato guerra al movimento operaio e ai sindacati riunendo attorno a sé il fronte padronale. Il movimento operaio dichiari guerra al renzismo unendo attorno a sé - attorno ad una propria piattaforma di lotta indipendente - il grosso dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, della popolazione povera del Paese. Non bastano appuntamenti di contestazione simbolica delle misure del governo, per di più eventualmente divisi e concorrenziali fra loro. E' necessario unire le forze in uno scontro vero e prolungato. Il PCL, i suoi militanti e attivisti sindacali, si battono da anni per una svolta unitaria e radicale dell'azione di lotta del movimento operaio , ponendo questa esigenza in ogni lotta, in ogni sindacato di classe, in ogni occasione di confronto . Tanto più lo facciamo e lo faremo pubblicamente in questo momento cruciale della lotta di classe in Italia e in Europa. Su di voi ricade una responsabilità enorme. Su di noi quella di batterci fra i lavoratori e in ogni lotta per un'altra direzione del movimento operaio e sindacale, coerentemente classista e anticapitalista. La costruzione di un partito rivoluzionario, radicato nell'avanguardia della classe lavoratrice, è parte decisiva di questa battaglia.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

mercoledì 24 settembre 2014

VOLANTINO

LA TRUFFA DELLE ELEZIONI REGIONALI IN EMILIA

COMUNICATO STAMPA LA LEGGE ELETTORALE REGIONALE E' SBAGLIATA 









Oggi Michele Terra, candidato presidente della Regione per il PCL, ha tenuto una conferenza stampa per denunciare una legge elettorale regionale antidemocratica e con evidenti errori che la rendono nei fatti una beffa ai danni dei candidati e degli elettori. Michele Terra ha dichiarato: “Siamo di fronte all'ennesima legge elettorale antidemocratica, fatta di sbarramenti e di premi di maggioranza. Malgrado le nostre richieste, rivolte alla Regione il primo settembre, non sappiamo con certezza quale sia la data per la validità delle firme da raccogliere per presentarsi; mancano ancora i fac-simile della modulistica e l'elenco della documentazione necessaria. Lo stesso numero di firme è enorme: tre volte quello indispensabile per la presentazione alla Camera dei Deputati.” Terra ha continuato: “Come se non bastasse, manca ancora il decreto del presidente della Regione che indichi con certezza il numero dei candidati nelle circoscrizioni provinciali. Non solo. Siamo di fronte alla prima legge che prevede più candidati che consiglieri da eleggere. Per un “errore” - forse voluto, chissà – invece che 49 candidati consiglieri più un presidente ci troviamo di fronte a una normativa - fatta in fretta e votata da quasi tutti i partiti presenti in consiglio regionale – che prevede 51 candidati consiglieri più il presidente. E' ovvio che il dato delle due circoscrizioni con troppi candidati vizia il risultato il finale. In un sistema semiproprozianale con preferenze è scontato che il numero di candidati influisca sul voto degli elettori.” “Sarebbe una legge da impugnare davanti al Tar, ma oggi il Partito Comunista dei Lavoratori non ha migliaia di euro da investire in un procedimento legale. Mi auguro che qualcuno ci pensi” Michele Terra ha concluso: “Siamo di fonte ad una regione ostaggio del Pd che non ha voluto legiferare negli anni scorsi perché avrebbe dovuto dichiarare ineleggibile Errani per lo scorso mandato. Ma questa legge è antidemocratica e nei fatti inapplicabile, salvo truffare candidati ed elettori. Forse qualcuno pensa che essendo scontata la vittoria del PD le vere elezioni siano le primarie del partito di Renzi. La nostra è una battaglia per dare voce alle ragioni dei lavoratori e perché i diritti democratici siano garantiti per tutti e non solo per il Pd ed i partiti già rappresentati in Regione.” Sicuri dell’interessamento, porgiamo i più cordiali saluti. 

Bologna, 19 settembre 2014 
 Ufficio stampa PCL


lunedì 22 settembre 2014

RENZI VA ALLA GUERRA

La scuola che vuole Renzi e il suo governo è la stessa che voleva Berlusconi. La sua politica di populismo propagandistico nasconde anche per questo settore un disegno liberista e reazionario che mai nessuno è finora riuscito ad imporre. Ciò che occorre, come sempre, è una lotta all'altezza dell'attacco. 


Le cosiddette linee guida per l'ennesima controriforma della scuola sono contenute in un opuscolo di 136 pagine, il cui titolo è già tutto un programma: “La buona scuola”. Evidentemente, nel giudizio degli estensori, la scuola italiana è ancora una cattiva bambina che va prontamente rieducata. Premesso che gran parte di questo verbosissimo sproloquio è costituita da pure dichiarazioni di intenti, vaghe indicazioni di obbiettivi e fumose considerazioni sui metodi, soffermiamoci un momento ad analizzare i più recenti fatti che l'anno preceduta, e che ne costituiscono le premesse. Come sappiamo, la perdurante crisi economica sta spingendo sempre di più i conti dello Stato verso il baratro. Il debito pubblico viaggia spedito verso i 2.200 miliardi, la ripresa non si vede, il PIL non cresce, i consumi crollano, di far pagare chi non ha mai pagato non se ne parla nemmeno, la troika incombe... e quindi che cosa rimane da fare se non tagliare ancora la spesa pubblica, a partire da scuola e sanità? Da queste semplici considerazioni è facile che capire che ancora una volta la ”linea guida” è una sola, ed è la stessa delle riforme Berlinguer, Moratti e Gelmini: sopprimere posti, diminuire i salari, aumentare i carichi di lavoro. Naturalmente, come solitamente succede in questi casi, si è fatta precedere la riforma con dichiarazioni “terroristiche”: fra giugno e agosto, nel corso di interviste, tweet e dichiarazioni pubbliche, il sottosegretario Reggi e la ministra Giannini sono arrivati a paventare il raddoppio delle ore di lezione a parità di stipendio per i professori, la eliminazione delle ferie, la libertà di licenziare e assumere da parte dei Presidi e cento altre amenità del genere. È un trucco vecchio come il mondo, in molti libri di scienze delle finanze gli vengono dedicati persino dei paragrafi: quando un governo vuole prendere provvedimenti che vanno a peggiorare la situazione economica di una certa categoria di cittadini, è bene che preventivamente faccia circolare voci volte a prefigurare gli scenari peggiori immaginabili, di modo che quando poi la riforma effettivamente voluta sarà presentata, apparirà come “meno peggio” rispetto a quella temuta, e i cittadini colpiti la accoglieranno quasi con rassegnazione, se non addirittura con soddisfazione: “pensavo peggio!” Il fatto è che questa riforma, per adesso solo annunciata, è un “meno peggio” che di peggioramenti delle condizioni di lavoro, della qualità della didattica e della democrazia interna alla scuola ne contiene eccome. L'unico aspetto apparentemente positivo, che serve a coprire sotto il silenzio tutto il resto, è l'annunciata (anche in questo caso solo annunciata) regolarizzazione e assunzione a tempo indeterminato di 150.000 precari. Per prima cosa diciamo subito che la stabilizzazione dei precari storici è già stata imposta all'Italia dalla Corte di giustizia europea, e che già fioccano le sentenze di giudici che condannano il MIUR a risarcimenti per centinaia di migliaia di euro. Quindi l'assunzione di questi lavoratori è un atto dovuto, ed era un atto dovuto inserirlo nel documento della riforma. Il problema è che non viene indicato da nessuna parte dove si prenderanno i tre miliardi di euro che servono, ed è opinione comune che, finita l'epoca degli annunci, il numero degli assunti sarà molto inferiore, e finirà per uguagliare quello dei pensionamenti avvenuti nel frattempo. Il resto del documento, poi, contiene una serie di preannunciati attacchi ai diritti dei lavoratori che fino ad oggi nessuno, comprese Moratti e Gelmini, si era mai sognato di sferrare. Si parla espressamente di un aumento dell'orario di lavoro, con l'obbligo per i docenti di “regalare” ore a disposizione per supplire i colleghi assenti, così da non dover assumere supplenti temporanei. Si eliminano definitivamente gli scatti legati all'anzianità, sostituendoli con una indegna lotteria che ogni tre anni dovrebbe premiare i docenti più “meritevoli”, peraltro con una somma irrisoria. E stiamo parlando di una categoria di lavoratori con un contratto scaduto da cinque anni e ai quali sono stati scippati gli scatti già maturati da anni e anni, dei quali non parla più nessuno! Si prefigura una ridefinizione degli organi collegiali della scuola, con uno svuotamento pressoché totale delle competenze del Collegio docenti, con l'ingresso di privati nel Consiglio di Istituto, con l'aumento del potere dei dirigenti. Basti dire che Valentina Aprea e Maria Stella Gelmini cantano, giustamente, vittoria: “è la riforma che avremmo voluto fare noi!” Nelle 136 pagine del documento c'è altro ancora, ma non sembra il caso di scendere ulteriormente in particolari. Ora spetta ai lavoratori della scuola e agli studenti organizzarsi e mobilitarsi contro questa vera e propria aggressione alla scuola pubblica italiana. Il nemico gode dell'appoggio dei poteri forti, come sappiamo, ma non appare invincibile. Il “metodo Renzi”, sempre più simile al “metodo Marchionne”, impone al Primo Ministro di bypassare i sindacati, presentandosi come l'eroe popolare, il Bonaparte che farà assumere tanti giovani e polverizzerà i “privilegi” dei lavoratori. Ma, nonostante gli appoggi mediatici di cui gode e le sue qualità di comunicatore, all'interno del mondo della scuola non sembra aver convinto nessuno. I sindacati confederali sentono franare il terreno sotto i piedi, e qualcosa dovranno pur cercare di dire e di fare, ma il problema che più preoccupa Renzi è che il mondo della scuola, fra docenti di ruolo, supplenti, ATA, studenti e genitori organizzati, rappresenta un parte consistente del suo zoccolo duro elettorale, e lui lo sa bene. La ministra di Scelta Civica non sembra possedere le qualità adatte per far passare una riforma che più la si conosce più appare indigeribile, e già si vocifera di una sua sostituzione con un nuovo ministro targato PD. Insomma, è questo il momento di organizzarsi e dare il via a una grande mobilitazione contro la controriforma Renzi-Gelmini. Il PCL è e sarà a fianco dei lavoratori della scuola e degli studenti in questa lotta fondamentale per la difesa della scuola pubblica, della libertà di insegnamento, della democrazia all'interno delle aule!


Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione scuola e università

sabato 20 settembre 2014

IL PCL A FIANCO DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI E-CARE




Questo 30 Settembre la società Acea a seguito dell’emissione di un bando cesserà l’affidamento del servizio di assistenza telefonica e back-office all’azienda E-care, mettendo di fatto a rischio il posto di lavoro dei 420 dipendenti di quest’azienda. E’ importante sottolineare che circa l’80% del corpo dei dipendenti in E-care è a tempo indeterminato, avendo beneficiato delle regolarizzazioni degli anni passati, a riprova (se ancora ne servissero altre) che non possono esistere per i lavoratori conquiste tanto sicure da resistere alle logiche del profitto: di fatto il lavoratore dall’esperienza decennale si trova nella stessa incertezza del lavoratore somministrato. Le stesse logiche a cui non può resistere neanche Ignazio Marino (il comune di Roma è azionista di maggioranza Acea), a suo tempo salutato come la nuova, ennesima, speranza riformatrice a sinistra, ma che si è rilevato anche in questa occasione il solito bluff ai danni dei lavoratori romani, avallando una gara d’appalto che passa letteralmente sopra la pelle dei lavoratori E-care. Tale gara infatti non prevede alcuna clausola sociale (cioè non vi è appunto alcuna garanzia per i dipendenti E-care) o territoriale (la commessa potrebbe tranquillamente essere spostata all’estero). Il tutto in nome dell’abbattimento dei costi, cioè come sempre tutto in nome del profitto. Di fronte a questo scenario rimaniamo particolarmente sconcertati dalla reazione dei sindacati, che in una dichiarazione pubblica unitaria (CGIL, UIL e CISAL-Comunicazione) si esprimono in questi termini: “Il bando indetto da Acea per l’assegnazione del servizio di contact center è una cosa sacrosanta, prevista dal principio del libero mercato (SIC!); ciò che non va sono invece i criteri di aggiudicazione decisi dal bando […] uno degli aspetti caratteristici del settore del call center sono le gare al massimo ribasso. Perché sono possibili e sono così peculiari per questo settore? Tutto dipende dal costo del lavoro (gli stipendi) che incide per l’85% (marginali sono invece gli oneri per le attrezzature di lavoro e le spese generali). Che dei committenti privati sfruttino queste logiche per risparmiare, anche a discapito della qualità del servizio fornito ai propri clienti, è duro da digerire ma ci può stare. Invece che lo faccia un Ente Pubblico è inaccettabile, perché le gare al massimo ribasso compromettono la qualità del servizio (che è un servizio pubblico), e la qualità è un obbligo previsto dalla normativa sui contratti pubblici.” Questo comunicato, a prescindere da come si evolverà la faccenda E-care, dimostra quanto anche la CGIL, al di là di ogni possibile dichiarazione, sia ormai totalmente sussunta alla mentalità padronale. Sostanzialmente, per le organizzazioni sindacali, il problema non sta nel fatto che un’azienda in genere pur di guadagnare due soldi passi sopra le vite di centinaia di persone, ma che un’azienda pubblica, in quanto tale, non può fare profitto compromettendo gli standard di qualità! Il punto di partenza sarebbero le leggi e il convincere i politici borghesi (magari gli stessi che nel tempo hanno sostenuto e sostengo le peggiori politiche di rapina ai danni degli stessi lavoratori) che mantenere questa situazione porterebbe all’azienda più profitto. Il Partito Comunista dei Lavoratori muove da posizioni diametralmente opposte. Per noi la carta vincente può essere solo l’organizzazione indipendente dei lavoratori e la loro volontà di condurre una lotta radicale per la difesa del posto di lavoro. L’esempio da seguire sta nei facchini dell’aeroporto di Fiumicino, nei lavoratori della logistica in Emilia! Sono queste le forme di lotta che strappano risultati! A tale lotta non può che corrispondere solo un programma di rivendicazioni altrettanto radicali che, dopo anni di compromessi e sconfitte, metta finalmente al centro il mondo del lavoro. Nel caso di E-Care rivendichiamo: - Blocco del bando, perché molto più importante del libero mercato sono i lavoratori e i loro bisogni; - Nazionalizzazione di Acea senza indennizzo per i grandi azionisti e sotto controllo dei lavoratori, perché è l’unico modo di rendere Acea veramente al servizio di chi ci lavora e di chi ne usufruisce; - Nazionalizzazione di E-care senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori, perché solo così i lavoratori potranno assicurarsi un lavoro stabile e dignitoso; - Assunzione di tutti i lavoratori con contratto di apprendistato e in somministrazione a tempo indeterminato, perché non si può costruire il proprio futuro di rinnovo in rinnovo. Siamo ben consapevoli di quanto scetticismo e diffidenza possa accompagnare un programma del genere, complici anni di “realismo a ribasso” portati avanti dalle sinistre politiche e sindacali negli ultimi decenni, ma, nei fatti, a cosa ha portato questo “realismo”? All’incertezza del posto di lavoro, alla precarietà, alle organizzazioni dei lavoratori ridotte al ruolo di mediatori col padronato e sue appendici politiche, e ad anni di contrattazioni a perdere! Sappiamo benissimo che le nostre rivendicazioni non sono compatibili con le attuali “regole del gioco” che impone il mercato, ma a questo punto chiediamo ai lavoratori e alle lavoratrici E-care di guardare la situazione davvero con realismo, e chiediamo loro: è più importante difendere il proprio posto di lavoro o continuare a subire sconfitte e arretramenti pur di muoversi nell’ambito di un sistema sbagliato? Il Partito Comunista dei Lavoratori sarà ovviamente sempre e comunque a fianco di tutti i lavoratori e le lavoratrici E-care, qualunque iniziativa intendano loro intraprendere, sostenendo la loro giusta lotta e cercando di portate la propria soluzione rivoluzionaria in una realtà lavorativa così importante per la città di Roma.

Partito Comunista dei Lavoratori - Sez. “Vito Bisceglie” Roma

venerdì 19 settembre 2014

NO ALLA PEDEMONTANA





PEDEMONTANA, SIAMO ANCORA IN TEMPO: FERMIAMOLA!!!
Nonostante la contrarietà alla PEDEMONTANA che la maggioranza dei cittadini coinvolti hanno manifestato in questi ultimi anni attraverso cortei e assemblee pubbliche, questa inutile opera sta avanzando in modo imperterrito; i lavori per la tratta B1-B2 hanno ormai raggiunto e aggredito una vasta area sottoposta a vincoli ambientali comprensiva del territorio del comune di LENTATE SUL SEVESO e CESANO MADERNO che insieme rappresentano la parte centrale dell'opera. Si tratta infatti di un'area caratterizzata da diverse criticità con un alto tasso di edificazione e con tre attraversamenti ferroviari dove la PEDEMONTANA amplierà a dismisura buona parte della superstrada Milano- Meda provocando paradossalmente un aumento del traffico su gomma nella zona, anche con rischi generati dagli scavi in zone dove sono seppelliti residui di diossina, eredità del disastro ICMESA del 1976, diossina ancora presente nel sottosuolo non ancora bonificato ad oltre 35 anni da tale evento. Da sempre il Partito Comunista dei Lavoratori è fermamente contrario alla costruzione della Pedemontana per i suoi ulteriori effetti nefasti su di un territorio già notevolmente inquinato e cementificato. Si pensi a quanto tale opera inutile significherebbe in termini di: devastazione ambientale e acustica, avanzamento del cemento, aumento delle malattie da inquinamento dovuto al passaggio di oltre 100.000 veicoli al giorno. Occorre però essere chiari e chiederci il perché si sia arrivati a questo punto! La Pedemontana, il TAV in val di Susa e l'Expo 2015 in Lombardia sono gli ingredienti inaccettabili di un programma di grandi opere votate, sostenute e finanziate in Parlamento dai vari governi di CENTRO DESTRA E DI CENTRO SINISTRA che si sono succeduti nell'ultimo ventennio. Renzi, Maroni, Pisapia hanno fatto la fila per magnificare Expo 2015. Noi però non dimentichiamo gli arresti dell'8 maggio scorso riguardo ad appalti in cambio di tangenti. Ma non solo: Pedemontana, TAV e Expo 2015 con la loro catena di appalti, sub appalti rappresentano un ricco piatto per l'infiltrazione della criminalità organizzata (a partire dalla `ndrangheta), dove gli affari della malapolitica e della `ndrangheta in Lombardia passano per la provincia di Monza e Brianza. Un esempio su tutti è lo scandalo sul maxi svincolo previsto a Desio, proveniente dalle intercettazioni nell'inchiesta "infinito" in cui viene dimostrato come si celano interessi di chi è proprietario di terreni con società edili e di movimento terra (Gefim s.r.l) Il costo per la Pedemontana è previsto in 5 miliardi di euro ma le stime, ad opera conclusa, parlano di 8 — 10 miliardi. In buona sostanza i fiumi di miliardi di euro per le grandi opere sono una succulenta regalia per: grandi finanzieri, proprietari immobiliari, speculatori di ogni risma! Un esempio su tutti è quello del CIPE che ha approvato in agosto una defiscalizzazione pari a 349 milioni di euro (IRES,IRAP,IVA) per la PEDEMONTANA .Una vergognosa agevolazione che sottrae risorse ad impieghi di reale utilità, come scuole, sanità tutele ambientali ecc.. con piena soddisfazione di M. Agnoloni, amministratore delegato di Pedemontana e presidente di Serravalle nonchè del Presidente della regione Lombardia Maroni. Ormai Pedemontana viene considerata, dal governo PD di Renzi e dal centrodestra, un'opera strettamente collegata a EXPO 2015 dentro la tanto aberrante quanto illusoria logica delle "grandi opere" per rilanciare l'economia capitalistica. In una tale politica è pienamente coinvolto lo stesso sindaco di Milano Pisapia (SEL) che, recentemente, ha espresso pareri più che positivi sulle magnifiche sorti progressive di EXPO 2015. Se lo scenario è questo bisogna lavorare per costruire, contro la Pedemontana, un vero e proprio movimento di lotta che sappia reggere nel tempo così come ci insegna l'esperienza della val di Susa contro il TAV. Occorre cioè rifiutare la posizione di molte amministrazioni comunali in Brianza (di centro destra e di centro sinistra) che, di fatto, hanno accettato la Pedemontana limitandosi a chiedere piccole modifiche di tracciato.
Il P.C.L. SI BATTERA' IN BRIANZA PER:
1) L'ESTENDERSI DI UN MOVIMENTO CONTRO LA COSTRUZIONE DELLA PEDEMONTANA SENZA SE E SENZA MA!
2) LA CREAZIONE DI UN VASTO FRONTE UNICO DI LOTTA FRA I MOVIMENTI CHE SI BATTONO CONTRO LE GRANDI OPERE (PEDEMONTANA, TAV, EXPO 2015, RHO — MONZA, Tangenziale Est Milano, BREBEMI ecc. ecc.).
3) L'UTILIZZO DEI DENARI COSI' RISPARMIATI PER UN PIANO NAZIONALE DI RILANCIO DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE CON LA CONSEGUENTE CREAZIONE DI NUOVI POSTI DI LAVORO.
4) LA PIU' VASTA MOBILITAZIONE DI TUTTE LE FORZE SOCIALI, SINDACALI, POLITICHE DI SINISTRA, DEI MOVIMENTI CONTRO LE GRANDI OPERE CON L'OBBIETTIVO DI UNA GRANDE MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA CHE ABBIA QUALE OBBIETTIVO LA CACCIATA DEL GOVERNO PD di RENZI, (PER CUI FA IL TIFO LO STESSO BERLUSCONI, FORMALMENTE ALL'OPPOSIZIONE):
PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI!

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
SEZIONE BRIANZA