POST IN EVIDENZA

lunedì 30 ottobre 2017

IL MARXISMO RIVOLUZIONARIO ED IL RIFORMISMO DI FRONTE ALLA PROVA DELLA CATALOGNA



Ogni precipitazione dello scontro politico e sociale mette alla prova gli orientamenti generali della sinistra e ne svela la natura profonda. La precipitazione dello scontro tra Spagna e Catalogna è sotto questo profilo un caso di scuola.

Lo Stato spagnolo ha dichiarato guerra alla Repubblica di Catalogna. Rajoy ha definito la dichiarazione di indipendenza “un atto criminale”. Il PP invoca la “repressione della ribellione”. Il Psoe annuncia che “la legalità tornerà in Catalogna con ogni mezzo necessario”. Ciudadanos chiede “un immediato piano di intervento senza limitarsi alle parole”. La magistratura legittima l'arresto dei “responsabili della sedizione” con una imputazione di stampo franchista che prevede decenni di galera. La prima pagina di El Pais grida a titoli cubitali “ Il Parlamento di Catalogna consuma un golpe contro la democrazia, lo Stato si appresta a soffocare la insurrezione” ( testuale, 28/10). Intanto dieci mila militari della guardia civil, ormeggiati nel porto di Barcellona, attendono disposizioni.

A cosa si deve questa minacciosa isteria reazionaria? A un fatto semplice. La Catalogna ha rotto con la monarchia spagnola. Lo ha fatto col referendum del primo Ottobre, quando oltre due milioni di catalani hanno sfidato la repressione poliziesca per esprimere la volontà di indipendenza. Lo ha fatto con la continuità di una mobilitazione di massa, in particolare dei giovani, che ha retto alla paralisi e alle indecisioni del governo della Generalitat e ha finito con l'imporre la dichiarazione della Repubblica. Nulla chiarisce meglio la natura del sentimento nazionale catalano, le sue radici storiche nella rivoluzione repubblicana e nell'opposizione al franchismo, quanto il coraggio della resistenza popolare a Madrid. E nulla chiarisce meglio la contiguità culturale di tanta parte dello Stato spagnolo col passato franchista quanto la furia repressiva contro la Catalogna.

PODEMOS E IZQUIERDA UNIDA CONTRO LA REPUBBLICA DI CATALOGNA

In questo quadro il dovere elementare di una avanguardia di classe è quello di difendere la Repubblica di Catalogna contro la repressione di Madrid, dal versante di una prospettiva socialista. Dunque dal versante di una aperta battaglia politica dentro il movimento indipendentista per una egemonia di classe alternativa : in direzione di una Repubblica socialista di Catalogna, nella prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa.

Le sinistre riformiste di Spagna e Catalogna fanno l'opposto. La loro subalternità all'imperialismo spagnolo emerge in questi giorni in tutta la sua gravità. Prima hanno supplicato per mesi a mani giunte il “dialogo” tra la Spagna e la Catalogna, nel nome sempiterno della “democrazia”, del “reciproco rispetto”, della “ricerca di una soluzione concordata” tra lo Stato spagnolo e il movimento di massa catalano. Cioè tra oppressori e oppressi. Ora che la frattura annunciata si è definitivamente prodotta, non esitano a dissociarsi dalla dichiarazione di indipendenza. Naturalmente “criticano” l'adozione dell'articolo 155 da parte di Rajoy. Ma si affrettano a rassicurare l'opinione pubblica sciovinista sul fatto che sono assolutamente contrari alla Repubblica di Catalogna. Podemos dichiara che“ non c'è alcuna base di diritto per la dichiarazione di indipendenza” . La sindaca di Barcellona Ada Colau contesta la “scelta unilaterale del governo catalano”. Izquierda Unida afferma che la “dichiarazione di indipendenza è un atto di irresponsabilità e una oggettiva provocazione”..
La risultante di queste posizioni è una sola: la sinistra spagnola cosiddetta “radicale” volta le spalle alla Catalogna nel momento stesso in cui tutta la peggiore reazione spagnola affila le armi contro di essa.

L'INTERNAZIONALISMO DI ALBERTO GARZON

Alberto Garzon, segretario di Izquierda Unida, cerca di razionalizzare questa posizione con una lunga dissertazione riportata dal quotidiano Il Manifesto.

Non è coerente essere comunista e indipendentista.... il comunismo è internazionalista” dichiara solennemente Garzon. Da qui una filippica interminabile contro una dichiarazione di indipendenza “priva di ogni legittimità”, “un gesto assolutamente antidemocratico” “un fatto di irresponsabilità”e via denunciando...

E' davvero una argomentazione rivelatrice. Il comunismo è internazionalista, non c'è alcun dubbio. Si batte (... a differenza di Garzon) per la rivoluzione socialista internazionale. Ma il programma del socialismo internazionale è chiamato a combattere assieme allo sfruttamento del lavoro ogni oppressione nazionale, ogni oppressione di una nazione dominante su una nazione dominata. Un popolo che opprime un altro popolo non può essere libero diceva Marx, rivendicando l'indipendenza repubblicana dell'Irlanda dalla corona britannica. La Repubblica sovietica di Lenin e di Trotsky, “libera unione di libere nazioni”, riconobbe perciò stesso il diritto di autodeterminazione, cioè di separazione,di tutte le nazionalità oppresse dalla vecchia Russia. Di più: la libera autodeterminazione delle nazionalità oppresse fu una delle bandiere della rivoluzione d'Ottobre e della Terza Internazionale Comunista: in polemica frontale con le posizioni scioviniste di quelle sinistre riformiste , che dopo aver votato i crediti di guerra dei propri imperialismi, rifiutavano di riconoscere i diritti nazionali dei popoli che i propri imperialismi opprimevano evocando.... il“rifiuto del nazionalismo” e i valori dell'Internazionalismo. Esattamente come oggi fa Izquierda Unida, che ai tempi di Zapatero sosteneva il governo dell'imperialismo spagnolo, ma oggi scopre...”l'internazionalismo comunista” per contrapporsi alla liberazione della Catalogna dalla Monarchia di Spagna.

A ognuno la sua coerenza. Nessuno certo contesta quella di Garzon. Ma lasciamo in pace...il comunismo.


Partito Comunista dei Lavoratori

sabato 28 ottobre 2017

PER LA REPUBBLICA SOCIALISTA DI CATALOGNA



Il Parlamento catalano ha votato la dichiarazione di indipendenza della Catalogna, nella forma di Repubblica. Dopo le funamboliche oscillazioni di Puigdemont, alla ricerca disperata di una soluzione concordata con Madrid, l'intransigenza reazionaria del governo spagnolo e la pressione di massa indipendentista hanno imposto uno sbocco che nessuno degli attori in scena aveva né voluto né previsto.

La dichiarazione di rottura della Catalogna con il governo e con la monarchia di Spagna è un fatto importante e progressivo. Corrisponde al diritto di autodeterminazione della Catalogna, quale nazionalità politicamente oppressa. Corrisponde alla volontà espressa dal voto referendario del primo ottobre, difeso dalla repressione poliziesca. 

Corrisponde alla volontà manifestata dallo sciopero generale in Catalogna del 3 ottobre. Corrisponde alla mobilitazione di massa dell'ultima settimana contro l'arresto dei dirigenti indipendentisti e contro il colpo di stato di Madrid portato con l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione spagnola (scioglimento del governo catalano, commissariamento del Parlament, cambio dei vertici della Tv regionale, destituzione dello stato maggiore dei Mossos e suo rimpiazzo con forze militari di Madrid). Un corso politico reazionario che reca l'impronta inconfondibile di metodi franchisti. E che a maggior ragione valorizza la natura democratica del movimento indipendentista e repubblicano di Catalogna.

Ma la dichiarazione di indipendenza, per quanto progressiva, è solo una dichiarazione. Le grandi questioni storiche non si risolvono con carte da bollo, si risolvono sul terreno dei rapporti di forza.

Si prepara in queste ore uno scontro frontale tra Catalogna repubblicana e governo spagnolo che può concludersi solo con un vincitore. L'applauso scrosciante del Senato spagnolo a Rajoy nel momento in cui poche ore fa chiedeva pieni poteri contro la Catalogna è lo specchio simbolico della determinazione reazionaria di Madrid. Rajoy ha oggi il mandato pieno dello Stato spagnolo, delle gerarchie militari, della magistratura, della Guardia Civil, per “ripristinare la legge e l'ordine” in Catalogna. 
Si può essere certi che onorerà il mandato, con tutti gli strumenti che l'apparato spagnolo gli consente.

Di fronte alla precipitazione annunciata, si pone l'esigenza di un cambio di linea del movimento indipendentista. Il nazionalismo borghese che guida la Generalitat ha dimostrato in queste settimane tutti i limiti politici che derivano dalla sua natura sociale. Appelli alla Unione Europea, ricerca di una soluzione “pactada” con Rajoy, suppliche interminabili di dialogo con gli avversari della Catalogna, in un gioco tutto istituzionale fatto di furbizie tattiche, continui rimandi delle decisioni, illusioni e speranze su una via d'uscita concordata e indolore. 
Parallelamente nulla sul fronte sociale, mentre 1500 imprese della borghesia catalana fuggivano dalla Catalogna, e nulla sul fronte dell'organizzazione della resistenza di massa a Madrid. Ora tutto questo corso politico è stato smentito nel modo più clamoroso dalla dinamica degli avvenimenti.

Ora, nelle ore di fuoco che si annunciano, non c'è più spazio per rinvii e furbizie. Ora si tratta di mettersi al passo del livello di scontro che la dichiarazione di indipendenza ha aperto, e che la reazione di Madrid imporrà. 
Organizzazione della difesa di massa della Repubblica Catalana, estensione e centralizzazione progressiva dei comitati di difesa della Repubblica, nati per difendere il diritto di voto del primo ottobre e poi generalizzatisi in molte realtà cittadine e di quartiere; sciopero generale contro ogni intervento, militare o giudiziario, del governo spagnolo; nazionalizzazione delle banche e delle imprese fuggitive, sotto il controllo dei lavoratori, in tutta la Catalogna; abolizione del debito pubblico della Catalogna verso la Spagna; appello al movimento operaio spagnolo per un fronte comune contro la repressione di Madrid e il governo reazionario di Rajoy, per un programma comune di svolta sociale.

Una svolta di linea del movimento indipendentista è l'unica che può tenere aperta la partita. Ma richiede un cambio di direzione. Solo la classe lavoratrice catalana, mettendosi alla testa della grande mobilitazione della gioventù, può costruire la nuova direzione del movimento indipendentista. Nuova direzione significa a sua volta nuova prospettiva. 
I fatti dimostrano che senza la rottura con la borghesia catalana, senza misure anticapitaliste, senza la costruzione di un altro potere a partire dalle fabbriche, dai luoghi di lavoro, dai quartieri, difficilmente la dichiarazione di indipendenza si trasformerà in realtà. L'obiettivo di uno “Stato sovrano, democratico e sociale” sottoscritto dal fronte popolare tra Puigdemont e CUP, che dovrebbe inverarsi attraverso un processo costituente dentro l'ossatura dello Stato borghese di Catalogna, a braccetto dei partiti nazionalisti borghesi e secondo la “Legge di Transizione” con questi concordata, è una pura finzione letteraria, che lega le mani ai lavoratori e alla loro mobilitazione indipendente.

Tutto lascia pensare che la Repubblica di Catalogna o sarà socialista o non sarà.

Nell'appellarci a tutte le sinistre italiane, politiche e sindacali, perché si schierino senza riserve al fianco della Catalogna contro la monarchia di Spagna, e perché promuovano la protesta unitaria sotto i consolati spagnoli, ci impegniamo a portare nelle iniziative solidali di mobilitazione questo punto di vista. Che è lo stesso punto di vista dei marxisti rivoluzionari catalani e spagnoli.

Partito Comunista dei Lavoratori

mercoledì 25 ottobre 2017

UNA NUOVA RIVISTA MARXISTA RIVOLUZIONARIA AL SERVIZIO DELLE LOTTE DEGLI STUDENTI


Una nuova avanguardia: Lo Studente Trotskista
«Il rinnovamento del movimento avviene grazie ai giovani, che non hanno nessuna responsabilità per il passato. La IV Internazionale rivolge un'eccezionale attenzione alla nuova generazione proletaria. Con tutta la sua politica cerca di guadagnare la fiducia dei giovani nelle sue forze e nel suo avvenire. Soltanto l'entusiasmo intatto e lo spirito offensivo dei giovani possono assicurare i primi successi nella lotta; soltanto questi successi faranno ritornare sulla strada della rivoluzione i migliori elementi della vecchia generazione. È stato sempre così e sarà sempre così.»

(Programma di transizione, Trotsky)


Con questo primo numero de “Lo Studente Trotskista - Giornalino studentesco marxista rivoluzionario” inauguriamo, come Partito Comunista dei Lavoratori, una nuova fase di intervento nel mondo studentesco. Un investimento, verso questo settore della società, maggiorato rispetto al passato, dando attuazione alle linee uscite dal nostro recente IV Congresso.

Gli studenti, certo lo sappiamo, non rappresentano la classe rivoluzionaria soggetta a guidare la trasformazione ed il superamento di questa società, e nemmeno rappresentano una classe o un movimento con una propria autonomia (al contrario sono legati alle classiche classi sociali ed influenzati, su un altro versante, dal settore intellettuale nazionale). Rappresentano invece un settore particolare della società, che anche per il suo animo caratteriale e giovanile, è molto predisposto alla lotta. Infatti, nel corso della storia, abbiamo visto gli studenti dare il via a grandi mobilitazioni, lotte e rivoluzioni, anticipando e molte volte innescando la lotta di classe e l'avanzata operaia. Non serve ripescare i grandi esempi storici del passato come quello del '68 studentesco e del '69 operaio, basta guardarsi attorno: la primavera araba, il movimento degli indignati spagnoli, il movimento internazionale Occupy, la lotta antiausterità in Grecia, la Nuit Debout in Francia, etc.

Ma il movimento studentesco può esser anche di destra. Ce lo insegna l'Euromaidan di Kiev, in cui gli studenti in massa erano parte integrante del movimento reazionario generale, e ce lo insegna poi proprio il contesto italiano nel quale con sempre maggior forza si va imponendo un movimento studentesco di destra che rischia di competere con quello di sinistra, e questo in fotocopia in altri paesi europei dove avanza l'ondata reazionaria e xenofoba.

Per questo, per dei marxisti rivoluzionari, è sempre necessario legare indissolubilmente le rivendicazioni, le ragioni, e l'azione degli studenti a quelle della classe lavoratrice.

Oggi il movimento studentesco in Italia, come già accennato, sconta una forte debolezza, dovuta ad anni di passività, di subordini, di compromessi. Il responsabile è da individuarsi nella direzione del movimento studentesco e nella direzione del movimento operaio: i sindacati studenteschi ultra riformisti (Rete degli Studenti, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari...), l'area dei collettivi dei centri sociali tra autonomia e disobbedienza (area Infoaut, Globalproject...), e in generale tutta la sinistra politica estranea al marxismo, che hanno guidato con una politica fallimentare le ondate e le mobilitazioni studentesche in questi anni.

A fronte di continui e nuovi attacchi provenienti dal governo, indirizzati a perseguire lo smantellamento totale dell'istruzione pubblica (in un processo già in stadio avanzato); a fronte di una avanzata della destra nel movimento studentesco; a fronte di organizzazioni studentesche di sinistra compromesse se non passive, occorre pensare ad un nuovo piano e ad una nuova strategia per il movimento studentesco di sinistra. Occorre costruire una nuova guida del movimento, altri percorsi, con lotte all'altezza dei compiti. Prestando attenzione alle possibili brusche svolte politiche e sociali tipiche di questa fase di crisi capitalista, che trovano più fecondità proprio nel movimento studentesco.

“Lo Studente Trotskista” si porrà al servizio di questo obiettivo, accompagnando più o meno mensilmente gli studenti medi e universitari durante i loro percorsi di studio, durante le fasi del movimento di lotta studentesca. Volendo offrire agli studenti una base ed un appoggio teorico e politico per alcuni compiti immediati: contrastare la “Buona scuola” di Renzi e del PD, combattere la destra nel movimento studentesco, far tornare protagonisti gli studenti in alleanza con i lavoratori, rilanciare una lotta per ottenere una scuola pubblica, gratuita e al servizio delle masse popolari. Ma con la prospettiva dell'inevitabile messa in discussione delle basi dell'attuale sistema d'istruzione asservito al sistema capitalistico.

E ancora, non solo questa rivista vuole inserirsi nel movimento studentesco ed elevare la sua coscienza nel campo studentesco, ma vuole dare tutti gli strumenti per la comprensione della realtà e per la distruzione di questo sistema (da cui dipende il sistema scolastico) basato sullo sfruttamento di una minoranza (borghesia) sulla maggioranza (classe lavoratrice), e caratterizzato da endemiche crisi, guerre, povertà, fame. Uno strumento per rendere gli studenti protagonisti a tutto tondo nella costruzione di una alternativa di società, basata sulla socializzazione delle risorse e dei mezzi di produzione, sul potere democratico della classe lavoratrice e delle masse popolari, sulla cooperazione, sull'uguaglianza, nella prospettiva di una società senza classi né frontiere.

“Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario”, scriveva Lenin. Per questo quale strumento migliore se non il bagaglio teorico e politico del marxismo rivoluzionario e quindi del trotskismo. La corrente del movimento comunista che, proprio cento anni fa, ha saputo portare alla vittoria milioni di sfruttati, li ha portati alla conquista del potere politico, cominciando a costruire una società socialista. La corrente comunista che poi ha combattuto con maggior energia e autorevolezza la degenerazione e la controrivoluzione stalinista. Sempre demarcandosi dalle altre infruttuose e pericolose correnti del movimento operaio quali la socialdemocrazia riformista, l'anarchismo, la Nuova sinistra (l'autonomia), etc.

Per questo uno studente trotskista rappresenta l'avanguardia nel movimento studentesco, e nel proletariato intero. Ma le avanguardie non crescono sugli alberi, bisogna coltivarle e svilupparle. Controcorrente, in questa difficile fase. Sapendo cogliere elementi caratterizzanti di questo settore della società che da un lato non ha sulle spalle il peso di processi di arretramento e sconfitte (al pari del movimento operaio e della sinistra tradizionale), dall'altro manca di un retroterra culturale solido di riferimento vista la dissoluzione progressiva, nella battaglia generale di egemonia, della sinistra, del movimento operaio e della loro tradizione.

Consci che, come diceva Trotsky, vi sono tre condizioni per la vittoria di una rivoluzione: un partito, ancora un partito, sempre un partito. E allora la costruzione del partito comunista rivoluzionario tra la gioventù e gli studenti, in Italia e nel mondo, diviene di giorno in giorno una priorità assoluta.

Buona lettura.
Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione studenti
(La rivista è scaricabile sul lato destro del blog)

venerdì 20 ottobre 2017

RISOLUZIONE DEL COMITATO CENTRALE DEL PCL SULLA CATALOGNA



1) Il popolo di Catalogna ha l'insieme delle caratteristiche (unità e particolarità linguistica, territorio, comunanza di tradizioni e storia, sentimento popolare di identità) che configurano una nazione.

2) Quanto sopra determina il suo diritto all'autodeterminazione.

3) La nazione catalana è stata storicamente oppressa dallo Stato spagnolo, almeno a partire dal 1714. Il movimento, da più di un secolo a carattere repubblicano, per la liberazione da tale oppressione nazionale dello Stato imperialista monarchico spagnolo ha un carattere progressivo.

4) Per questo, anche di fronte ad uno sviluppo di un movimento di massa nazionale democratico centrato sulla gioventù (che si è espresso nei mesi precedenti al referendum con posizioni radicali in difesa dei diritti dei migranti), la posizione dei trotskisti conseguenti deve essere a favore non solo del diritto democratico di autodeterminazione, ma anche della indipendenza della Catalogna.

5) Da comunisti rivoluzionari noi non proponiamo però una indipendenza senza aggettivi. Noi siamo per l'indipendenza di una Catalogna socialista, basata sul potere dei lavoratori e delle lavoratrici.

6) La posizione di cui al punto 5 non rappresenta però una precondizione per partecipare al movimento di massa e alla lotta attuale. Noi siamo per la Catalogna socialista ma appoggiamo incondizionatamente l'autodeterminazione e l'indipendenza. Per questo rivendichiamo il referendum del 1° ottobre e il suo risultato, condannando la sua oggettiva svendita da parte della borghesia catalana. Nel contempo, i marxisti rivoluzionari devono spiegare che solo una rivoluzione socialista può garantire la realizzazione concreta dell'indipendenza.

7) I marxisti rivoluzionari devono intervenire nel movimento reale di massa cercando di costruire in esso la propria egemonia utilizzando la propaganda e l'agitazione con i propri obbiettivi transitori, a partire dalla rivendicazione dello sciopero generale prolungato ed esteso anche alla classe operaia spagnola in generale, la costruzione di comitati operai, studenteschi e popolari in difesa del processo indipendentista, la nazionalizzazione sotto controllo operaio delle banche e delle imprese che esportano capitale fuori dalla Catalogna come strumento di ricatto nei confronti del processo indipendentista.

8) I marxisti rivoluzionari devono inquadrare la battaglia per l'indipendenza socialista della Catalogna in un quadro più generale, cioè in quello della prospettiva degli Stati uniti socialisti d'Europa. Il movimento di massa indipendentista catalano è nazionalista, ma non sovranista. Si tratta di combattere in esso le illusioni sulla UE e una sua eventuale riforma, e quelle su una Europa "sociale e democratica".

9) Non riteniamo attuale oggi la vecchia parola d'ordine di "Federazione socialista iberica". In questo momento essa apparirebbe al movimento di massa indipendentista come una versione radicale della posizione di compromesso avanzata da Podemos, Izquierda Unida ed En comun-Podem. Qualora però si sviluppasse in Spagna un movimento di massa democratico, antimonarchico e antireazionario che accettasse il diritto di autodeterminazione della Catalogna, questa parola d'ordine tornerebbe di attualità.

10) Non esiste allo stato attuale una oggettiva egemonia proletaria sul movimento di massa indipendentista. Questa situazione, del resto esistente anche negli anni '30, a causa delle posizioni anti-indipendentiste degli anarcosindacalisti, non elimina il dovere e la necessità di partecipare al movimento. Bisogna lottare per costruire tale egemonia. In ciò lottando contro le posizioni interclassiste all'interno del movimento e in alternativa al blocco politico con la borghesia della sinistra catalana (compresa la CUP), ma anche e soprattutto nella classe operaia industriale, compresa quella di immigrazione dagli altri territori dello Stato spagnolo, per farle comprendere che è nel suo interesse di classe appoggiare il movimento indipendentista.

Partito Comunista dei Lavoratori

mercoledì 18 ottobre 2017

LA STORIA DEL FUTURO 100 ANNI DAI DIECI GIORNI CHE SCONVOLSERO IL MONDO


La rivoluzione d'Ottobre è la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai conosciuto fin da quando gli sfruttati e gli oppressi hanno cercato di spezzare le catene della schiavitù e costruire una società fondata sui legami di mutuo aiuto e di fraternità.
Con la Rivoluzione d'Ottobre il potere dei Soviet (Consigli) degli operai, dei soldati e dei contadini, per la prima volta nella storia, attaccò in modo cosciente e organizzato, sulla base della teoria rivoluzionaria forgiata da Marx, Engels e Lenin, la radice dello sfruttamento, la proprietà privata dei mezzi di produzione, sorgente delle ineguaglianze economiche e sociali insormontabili, di frustrazioni e di guerre sempre più barbare e devastatrici. Essa ha soppresso lo sfruttamento e l'oppressione, aprendo una pagina nuova per la costruzione di una società dove i produttori sono divenuti padroni del prodotto del loro lavoro e del loro futuro.
A un secolo di distanza dalla vittoriosa rivoluzione bolscevica, che ha segnato non solo il cosiddetto “secolo breve” ma l’intera storia delle classi lavoratrici, segnando la possibilità di costruzione di un mondo senza padroni, eccoci ancora a discutere di strategia e tattica per una politica rivoluzionaria, a dipanarsi tra storia e memoria, tra presente e futuro per ridare respiro alla prospettiva comunista.
Ne parliamo
SABATO 4 NOVEMBRE ore 15.00 Sala CAM Zona 1 “Falcone e Borsellino” Corso Garibaldi, 27 Milano
Intervengono:
FRANCO GRISOLIA - Introduzione storica
LUCA SCACCHI - Lotta per la maggioranza del proletariato

TIZIANA MANTOVANI - La liberazione della donna
CRISTIAN BRIOZZO - Movimenti, Che Fare?
MARCO FERRANDO - Conclusioni

venerdì 13 ottobre 2017

22 OTTOBRE REFERENDUM IN LOMBARDIA – LE RAGIONI DEL NO



IL 22 ottobre la Lombardia è chiamata a un referendum consultivo in favore di più autonomia, in particolare in materia fiscale e nella gestione delle risorse finanziarie.
Questo referendum rilancia la divisione sociale e territoriale del paese ed è un attacco esplicito all’idea solidaristica e universalistica dello stato sociale, già duramente provato dalla crisi e dalle privatizzazioni.

PER QUESTO NOI VOTIAMO NO

Questo referendum è l’espressione di una politica demagogica  per distogliere l’attenzione dai problemi veri del paese (lavoro, salario, pensioni, diritti), strumentalizzando il disagio sociale di chi ha subito in questi anni gli effetti più duri della crisi e dei tagli ai servizi pubblici, soprattutto in ampi settori del lavoro dipendente, su cui sono più forti sia la pressione fiscale che le ricadute dell’austerità.

PER QUESTO NOI VOTIAMO NO

Questo referendum è il frutto di una politica egoistica e reazionaria, quella di “padroni a casa nostra”. Una politica che contrasta esplicitamente con i diritti sociali universali e con gli interessi di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici.

PER QUESTO NOI VOTIAMO NO

Questo referendum è una truffa, oltre che un enorme spreco di risorse! Oltre 50 milioni di euro sperperati per una operazione demagogica e plebiscitaria.

PER QUESTO IL 22 OTTOBRE ANDREMO A VOTARE NO


Contrastando una operazione che crea maggiore egoismo e frammentazione sociale e che niente c’entra con lo spirito universalistico e solidaristico del movimento dei lavoratori.

sabato 7 ottobre 2017

9 OTTOBRE 1967 – 9 OTTOBRE 2017 CINQUANT’ANNI DALLA MORTE DI CHE GUEVARA



CHE GUEVARA E IL MARXISMO RIVOLUZIONARIO 
Di Ruggero Rognoni

Il CHE era profondamente internazionalista e sacrificò per questo il principio della sua vita in Bolivia. Tra il suo minimo equipaggiamento indispensabile da guerriero aveva con sé due libri di Trotsky: La Rivoluzione permanente e Storia della Rivoluzione Russa e questo non era causale. Le convinzioni internazionaliste del CHE lo spinsero ad organizzare la guerriglia in molte parti del mondo. Ma mai fu affascinato da posizioni riformiste. La rottura con il capitalismo attraverso la forza era imprescindibile: Purtroppo con la grave lacuna di non individuare in questo la direzione della classe operaia.
Dopo il suo assassinio la sua figura venne strumentalizzata, trasformata in un'immagine quasi irreale estrapolata dal marxismo e dell'anticapitalismo con risvolti di un irreale eroismo romantico piccolo-borghese.
La compagna Celia Hart aveva tutte le ragioni del mondo ad indignarsi contro l'uso distorto della figura del CHE:"Il CHE ci appartiene. Un uomo che mi ha fatto capire il senso della vita... mi appartiene e non permetto che nessuno decida che non è mio."
Che Guevara era un militante rivoluzionario, un internazionalista che lottò fino alla fine per portare un programma di rivoluzione in tutto il mondo ed in particolare in America latina. Malgrado gli errori era un marxista, una spina nel fianco per il capitalismo imperialista e poteva essere il prodromo di un fuoco rivoluzionario per tutto il continente.
Il nostro compito è quello di costruire il partito della rivoluzione mondiale uniti nell'azione ed intransigenti nei principi. Il CHE è uno splendido esempio.

" Vale, però milioni di volte in più, la vita di un solo essere umano, che tutte le proprietà dell'uomo più ricco della terra".

(Ernesto Che Guevara Opere V. 3)