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lunedì 26 gennaio 2015

MARCO FERRANDO SULLA GRECIA E LE SUE PROSPETTIVE POLITICHE

GOVERNO SYRIZA



La vittoria elettorale di Syriza, da tempo annunciata, registra proporzioni superiori alle previsioni.
La maggioranza dei lavoratori, dei giovani, della popolazione povera , colpiti dalla crisi capitalistica e dalle politiche usuraie del capitale finanziario, cercano in Syriza la propria rappresentanza.
L'ascesa delle lotte di massa che ha investito la Grecia negli anni della grande crisi ha concentrato su Syriza la domanda di svolta. La partecipazione oceanica al comizio conclusivo di Tsipras in Atene , e il clima di piazza che lo accompagnava, anticipava il risultato delle urne.

La grande avanzata di Syriza di questi anni, non è il frutto di magiche alchimie “unitarie” o ideologiche, come vogliono far credere gli invidiosi dirigenti della sinistra italiana, che cercano riparo e nuove emozioni in terra greca. E' il prodotto di tre fattori obiettivi: il crollo del PASOK, travolto dal peso congiunto di una insostenibile austerità e della drammatica crisi sociale; una prolungata mobilitazione di massa di lavoratori e di giovani che ,sia pure con una dinamica irregolare , ha conosciuto livelli di partecipazione e radicalità senza punti di paragone in Europa; la politica grottesca e settaria del KKE stalinista, unicamente preoccupato di difendere il proprio fortino burocratico, e per questo proteso a dividere il movimento di massa, o addirittura a contrapporsi ad esso, a tutto vantaggio della socialdemocratica Syriza. Tsipras sa chi deve ringraziare.

Ma tutti i nodi vengono al pettine ora, e a partire da ora.
La straordinaria domanda di svolta si confronterà con la politica di Syriza.

E non tarderà a manifestarsi una contraddizione di fondo.
La classe operaia e la popolazione povera hanno votato contro gli strozzini del capitale finanziario. Ma Tsipras cerca l'accordo col capitale finanziario. Tutta la sua politica di corteggiamento delle diplomazie europee, degli ambienti della City, delle tecnocrazie di Bruxelles, mira ad accreditare il profilo di una affidabile forza di governo, disponibile all'intesa, ed anzi protesa all'intesa.

Il “programma di Salonicco” che Tsipras ha usato per la campagna elettorale, annuncia misure di redistribuzione: ritorno della tredicesima, aumento delle pensioni e del salario minimo, elettricità ed assistenza sanitaria gratuita per gli strati sociali più poveri, ripristino dei contratti collettivi. Il nuovo governo dovrà dare segnali immediati di riscontro degli impegni elettorali assunti, se vuole evitare un precoce suicidio. Ma parallelamente lo stesso Tsipras ha garantito al capitale finanziario europeo il “pareggio di bilancio”, al punto da ottenere i complimenti del Financial Times. Ed ha assicurato che non intende realizzare alcun annullamento unilaterale dell'enorme debito pubblico, riscuotendo apprezzamenti per il suo “realismo”. Potranno conciliarsi le promesse al popolo con le promesse agli oppressori del popolo?

Syriza punta le proprie carte sulla negoziazione del debito pubblico col capitale finanziario europeo e con gli stati imperialisti del vecchio continente. Tsipras vuole convincere gli strozzini della popolazione greca che una riduzione concordata dell'enorme debito è nel loro stesso interesse:“ se ci riducete il debito saremo in grado di pagarvelo”. Il calcolo si basa sul fatto che il grosso del debito greco non è più oggi come sei anni fa nella pancia delle banche private tedesche e francesi, ma è nelle mani di BCE, FMI, Stati europei. La ristrutturazione del debito che Tsipras chiede conta su margini negoziali più “politici” e dunque più ampi che in passato.
Vedremo se il calcolo è fondato. Vedremo se, e in che misura, gli Stati imperialisti che detengono il debito greco ( Germania, Francia, Italia) saranno disponibili a un sacrificio di cassa. Vedremo se, e in che misura, la BCE, già terreno di difficile composizione di interessi nazionali contrastanti, troverà margini negoziali significativi col governo Syriza. La preoccupazione di aprire la diga, tanto più alla vigilia delle elezioni spagnole, sarà in qualche modo presente. Una possibile soluzione negoziale potrebbe riguardare i tempi di pagamento degli interessi sul debito, più che la sua riduzione. Ma è presto per fare previsioni .
Il punto è un altro. Qualsiasi negoziato con gli strozzini del capitale finanziario, prevede per definizione contropartite. La Grecia ha già ottenuto una ristrutturazione del proprio debito cinque anni fa. Ma il contraccambio del “favore” ottenuto è stata la politica di austerità cui i lavoratori greci si sono ribellati. Si può pensare oggi a una nuova ristrutturazione, o a una qualsivoglia concessione dei creditori, senza che questi chiedano contropartite? Tsipras vuole la comprensione degli strozzini. Ma gli strozzini chiedono dazio. Più i creditori faranno concessioni, più chiederanno garanzie ai debitori. Ma la classe operaia e i giovani di Grecia non hanno già pagato abbastanza?

Tsipras ha garantito che non romperà con la Unione europea degli Stati capitalisti. Non romperà con la Nato. Non toccherà la proprietà privata, neppure quella dei potentissimi armatori. Non toccherà lo Stato, nelle sue strutture decisive, a partire dall'esercito. Per questo ha ottenuto patenti e credenziali insospettabili, persino dal FMI e dai banchieri del Merril Linch. Ma non sarà semplice continuare a riscuotere il plauso dei capitalisti, e al tempo stesso il plauso dei lavoratori e disoccupati greci.

Di fronte alle contraddizioni annunciate, come si svilupperà la dinamica della lotta di classe e di massa in Grecia? Subentrerà un effetto delusione e di ripiegamento, o una reazione di lotta e di scavalcamento? L'evoluzione della situazione greca dipenderà in larga misura da questo snodo. L'esperienza storica ci dice che a fronte di un governo borghese “riformista” sono possibili entrambe le dinamiche. Nel primo caso, il rischio sarebbe una capitalizzazione a destra del disincanto, in presenza oltretutto della destra nazista ( Alba Dorata) più minacciosa d'Europa e con significative entrature nell'apparato militare dello Stato. Nel secondo caso si porrebbe ancor più nettamente l'esigenza di una direzione autonoma e alternativa del movimento.

In ogni caso la politica rivoluzionaria è chiamata alla prova dalla vicenda greca.
L'autonomia e l'opposizione al governo Syriza è la prima necessità. Nessuna tregua andrà data al nuovo governo. Una politica di accomodamento col capitale finanziario non può dare risposta alla domanda di svolta dei lavoratori greci. Tutte le più elementari rivendicazioni del movimento di massa che in questi anni ha attraversato la Grecia pongono di fatto la necessità della rottura col capitalismo greco, con la Unione Europea degli Stati capitalisti, con gli strozzini del capitale finanziario.

Annullamento unilaterale del debito pubblico della Grecia!
Nazionalizzazione delle banche, senza indennizzo per i grandi azionisti, e loro unificazione in una unica banca di Stato, sotto controllo sociale!
Esproprio degli armatori, della grande industria alimentare, dell'industria farmaceutica, e di tutti i grandi gruppi capitalistici, sotto controllo dei lavoratori!
Sviluppo della autorganizzazione operaia e popolare, e suo coordinamento nazionale
Solo un governo operaio e popolare, basato sulla forza e l'organizzazione dei lavoratori e della mobilitazione di massa potrà realizzare queste misure di svolta.

Questo programma anticapitalista è l'unica reale soluzione del dramma sociale della Grecia. L'esperienza di ogni giorno proverà che nella camicia di forza del capitalismo greco ed europeo nessuna svolta reale sarà possibile. Solo una rottura anticapitalista potrà aprire una nuova via.
Occorrerà portare questa proposta rivoluzionaria fra le masse, a partire da quelle che hanno visto in Syriza, illusoriamente, la risposta alla propria domanda di svolta. Ogni politica settaria verso la base di massa di Syriza va bandita. Il settarismo burocratico del KKE è stato il miglio regalo a Tsipras. Si tratta di far fronte comune col sentimento di massa che chiede la svolta volgendolo progressivamente contro la politica del governo.
La politica dei bolscevichi verso il governo Kerensky è una buona scuola per la politica dei rivoluzionari greci.

I nostri compagni del Partito operaio rivoluzionario greco ( EEK) sono e saranno come sempre al loro posto di combattimento. La grande domanda di svolta che si è indirizzata su Syriza, non poteva premiare elettoralmente il nostro piccolo partito. Ma ora il nuovo scenario del governo Syriza apre alla sua sinistra uno spazio nuovo di costruzione. Tanto più ora la costruzione del partito rivoluzionario leninista resta il punto decisivo, quale che sarà la piega degli avvenimenti. Ai compagni del EEK va il nostro augurio e il nostro sostegno.

MARCO FERRANDO

domenica 25 gennaio 2015

BERTINOTTISMO GRECO



Lo diciamo da ora a futura memoria. Lo diciamo a tutti coloro che in queste ore e nei prossimi giorni saranno fatalmente attratti dal successo di Tsipras, a fronte delle miserie della sinistra italiana. 

Le elezioni greche vedranno il grande successo annunciato di Syriza. Grandi masse di lavoratori e di giovani in rivolta da anni contro le politiche di austerità cercano in Syriza una svolta radicale. E' comprensibile. Ma saranno deluse. Tutto lo sforzo di Tsipras è oggi proteso a rassicurare il capitale finanziario europeo sulla affidabilità di Syriza come partito di governo. Ma non si potranno rassicurare i creditori strozzini e al tempo stesso aumentare salari, pensioni, sussidi. Non si potranno ottenere i complimenti del Financial Times e al tempo stesso rispondere all'esigenza di svolta che il dramma greco richiede. Non si potrà sposare il capitale con il lavoro. Ogni concessione alla pressione di massa sarà polverizzata dalla continuità della crisi capitalista. Il funambolismo dei comizi lascerà presto il posto alla realtà. La vittoria annunciata di Tsipras è tanto certa quanto la delusione. C'è da augurarsi che non sia Alba Dorata in futuro a capitalizzarla. 

I dirigenti della sinistra italiana accorrono a incoronare Syriza come corsero a suo tempo a incoronare Bertinotti. Ma l'emozione dei sogni è sempre effimera, e il risveglio è sempre traumatico. Solo un programma di rottura col capitalismo potrà aprire una pagina nuova, in Italia come in Grecia. Il Partito Operaio Rivoluzionario (EEK), gemellato col PCL, è l'unico partito che in Grecia si batte per questo programma. E sarà all'opposizione del governo Syriza.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

mercoledì 21 gennaio 2015

QUALE SINISTRA PER COSA? SINISTRA ITALIANA E SINISTRA GRECA



Testo volantino nazionale

La natura del PD renziano e il suo attacco frontale alle ragioni del lavoro hanno aperto un cantiere politico alla sua sinistra. I lavori in corso sono numerosi, quanto i capo mastri o aspiranti tali. Ma cosa si vuole costruire? Le risposte sono diverse: un altro partito di “vero centrosinistra”, una “sinistra” di un centrosinistra da ricostruire, una sinistra “alla Syriza”... Più chiara è la volontà comune: rifare una sinistra capace di “prendere i voti” e di svolgere un ruolo politico significativo.
L'intento è comprensibile. Lo spazio sociale e politico esiste. Ma la confusione ci pare regni sovrana.
 Il vuoto a sinistra che si è prodotto in Italia non ha paragoni in Europa. In nessun paese europeo si registra una crisi tanto profonda della rappresentanza politica del lavoro, quali che siano i suoi caratteri e le sue politiche. E' un caso? No. In nessun altro paese europeo la sinistra si è tanto compromessa, e per tanto tempo, con le politiche antioperaie degli avversari dei lavoratori.
Rifondazione comunista, bacino unitario della sinistra politica per 15 anni, ha partecipato per cinque anni ai governi di centrosinistra o alle loro maggioranze: la prima volta fra il 96/98, la seconda a pieno titolo fra il 2006 /2008. Nel primo caso si è compromessa nel votare l'introduzione del lavoro interinale, il varo delle maggiori privatizzazioni di tutta l'Europa continentale, le finanziarie “lacrime e sangue” per “entrare in Europa”. Nel secondo caso si è compromessa, ancor più direttamente, nell'abbassamento delle tasse sui profitti ( l'Ires dal 34% al 27%), nella preservazione delle leggi sulla precarizzazione del lavoro, nella continuità delle missioni di guerra.
In entrambi i casi questa politica ha non solo colpito il movimento operaio ma ha contraddetto enormi aspettative e speranze che attorno a quel partito si erano raccolte. Sino a distruggerlo.
Ci pare curioso che di questa tragedia non si sia tratto un bilancio. Ancor più curioso che gli stessi gruppi dirigenti responsabili di quella tragedia si candidino a “ricostruire la sinistra” che hanno distrutto. Senza sentire l'esigenza di farsi da parte. Tanto più che negli anni che hanno seguito il crollo del PRC, i responsabili di quel crollo, diversamente collocati, hanno perpetuato in forme diverse la stessa vocazione politica compromissoria.
I gruppi dirigenti di ciò che resta del PRC, scaricati dal PD, hanno preservato ovunque possibile la coalizione col centrosinistra sul piano locale, in Regioni e città. Il sostegno garantito per 10 anni alla giunta ligure di Burlando, e ai suoi tagli alla sanità pubblica, è emblematico. Cofferati è uscito da un PD ligure sostenuto dai voti del PRC di Ferrero. I gruppi dirigenti di Sinistra Ecologia Libertà hanno custodito la propria collocazione di sinistra del centrosinistra in tutta Italia. Si sono prima subordinati a Bersani, nonostante il suo sostegno a Monti e alla sua macelleria contro lavoro e pensioni. Poi hanno presentato l'emergente Renzi come “speranza della sinistra” per cercare di conservare l'alleanza. Infine hanno scoperto che Renzi è “la destra” quando sono stati scaricati dal renzismo. Non senza continuare a preservare le alleanze di governo con... “la destra” PD nelle amministrazioni locali di Regioni e Città. Anche in quelle che licenziano i lavoratori e si contrappongono agli stessi sindacati ( da Milano a Genova a Roma).
Bene. Qual'è oggi la prospettiva politica che avanzano? Un nuovo centrosinistra. Se le parole hanno un senso una nuova alleanza col PD. O meglio, un qualche accorpamento oggi con la “sinistra del PD”( non è chiaro quale) per poter rilanciare con maggior forza una alleanza col PD domani.
Non sappiamo quanto sia realistica questa visione. Ma chiediamo: davvero il futuro della sinistra italiana ha nel governo col PD, prima o poi, il proprio destino? Non è stata sufficiente l'esperienza delle compromissioni di governo già consumate negli ultimi 15 anni, per di più in una situazione e in rapporti di forza assai meno deteriorati?
 “Fare una Syriza italiana” sembra essere il mantra più diffuso. Appare ragionevole: una sinistra che prende voti, addirittura vincente, e “contro l'austerità”. Invece si tratta dell'ennesima illusione. Che non solo non chiarisce gli equivoci, ma li ripropone intatti l'uno dopo l'altro.
 Innanzitutto chiediamoci: perchè la grande ascesa di Syriza? E' un premio elettorale a “una sinistra unita e poco litigiosa”? No. Syriza è una costellazione di 13 organizzazioni divise su tutto, dentro una sinistra greca anch'essa divisa. Il successo di Syriza è il frutto della grande radicalizzazione di massa dei lavoratori e della gioventù greca contro le politiche dominanti. Questa radicalizzazione ha trovato in Syriza una sinistra non compromessa nelle politiche di austerità ( a differenza di quella italiana) e quindi un canale di espressione della propria domanda di svolta. In Italia il riflusso del movimento operaio negli anni della grande crisi è stato innescato dalla concertazione politica e sindacale attorno a Prodi. Ne ha beneficiato il populismo reazionario di Grillo e Salvini da un lato o il populismo bonapartista di Renzi dall'altro. In Grecia l'ascesa di massa contro il governo del PASOK ha trovato una sinistra di opposizione e l'ha usata. Ne ha beneficiato Tsipras.
Ma la risposta che Tsipras dà alla domanda di massa che a lui si rivolge risponde all'esigenza di una svolta vera? La nostra previsione è precisa: no, non risponde a quella esigenza.
Tutto lo sforzo di Tsipras sembra quello di tranquillizzare il capitale finanziario europeo. Nessuna rottura con la UE. Nessuna rottura con la Nato. Nessun annullamento del debito pubblico greco. Nessuna nazionalizzazione delle banche. Salvaguardia dell'apparato dello Stato. La proposta è quella di un compromesso sul debito pubblico che ne riduca il peso e perciò stesso ne garantisca il pagamento. Il Financial Times lo ha definito un programma ragionevole. Ma è possibile realizzare la svolta sociale radicale che il dramma greco richiede rispettando il capitalismo greco e il capitalismo europeo? Una parte di Syriza, in dissenso con Tsipras, ritiene di no. E ha ragione.
Il nodo di fondo, in Grecia come in Italia, resta quello di sempre.
Il capitalismo ha fatto fallimento. Ogni formula di governo che in un modo o nell'altro si rassegni ad amministrare il capitalismo, dentro la prigione della sua crisi, non potrà garantire alcuna reale svolta agli sfruttati, indipendentemente dai voti che prende. E finirà prima o poi col compromettere la stessa sinistra e la sua credibilità. Magari spianando la strada alla destra, anche la più pericolosa.
Restiamo inguarabilmente convinti che l'unica sinistra capace di rispondere alla crisi del capitalismo sia una sinistra classista e rivoluzionaria. Classista perchè schierata sempre e comunque dalla parte dei lavoratori contro la classe dominanti, i suoi partiti, i suoi governi. Rivoluzionaria ,perchè mirata a ricondurre ogni lotta di massa alla prospettiva di un governo dei lavoratori, quale unica vera alternativa. Costruire in ogni lotta la coscienza della necessità di una rottura anticapitalista è il senso stesso della costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) in Italia, del Partito operaio rivoluzionario (EEK) in Grecia, di una Quarta Internazionale rifondata in Europa e nel mondo. 

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI (PCL)

martedì 20 gennaio 2015

SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI DEL CENTRO SOCIALE DORDONI DI CREMONA



L'aggressione fascista di ieri a Cremona che ha gravemente ferito un compagno antifascista è l'ultima di una lunga serie di agressioni, provocazioni e minacce che organizzazioni neofasciste e neonaziste compiono nella nostra regione. 

La misura è colma. E' necessaria la più ampia e determinata mobilitazione antifascista di tutte le sinistre politiche, sindacali e di movimento per impedire ogni agibilità politica a Casa Pound. 
Nell'esprimere la nostra solidarietà ai compagni del Centro sociale Dordoni di Cremona aderiamo e partecipiamo alla manifestazione di sabato 24gennaio. 

    Partito Comunista dei Lavoratori 
 Coordinamento regionale Lombardo

domenica 18 gennaio 2015

Per il PCL la lotta contro l'Expo è lotta contro questo modello sociale ed economico, che soprattutto attraverso i "grandi eventi" e le "grandi opere" è portatore come sempre di distruzione e di sfruttamento.



Il modello Expo riproduce, legittima e normalizza i nuovi orizzonti dello sfruttamento e della mercificazione di ogni ambito umano, materiale e immateriale, trasformando tutto ciò che esiste in strumento di riproduzione del profitto, della rendita e del potere delle classi padronali. Esempio perfetto di collaborazione bipartisan, in cui istituzioni e partiti di ogni livello e colore collaborano e concorrono a mettere al servizio del capitale il denaro pubblico e la produzione di norme e leggi. 
Tutto inserito in un contesto di creazione e trasformazione delle città e delle metropoli in vetrine in cui tutto è merce; in cui persone, lavoro, case, aree verdi e ambiente, beni di prima necessità, servizi, territorio devono essere strumento per il profitto di pochi e lo sfruttamento e l'impoverimento di molti. Il modello Expo del lavoro anticipa di gran lunga l'adeguamento normativo dell'ipersfruttamento, della precarizzazione e della ricattabilità del lavoro del renziano Jobs Act. 
Lavoro gratuito e ipersfruttato, privo di garanzie e diritti, privo di fardelli sindacali e contrattuali, in cui i proletari devono considerare un lusso essere stati parte e aver contribuito alla realizzazione del grande evento, e di questo accontentarsi. Expo significa proporre modelli di città plasmati sull'ostentazione dell'opulenza, della tecnologia, del capitale all'avanguardia dei suoi prodotti, mentre tutto ciò che riguarda le classi sociali sfruttate, alla base della piramide, deve essere allontanato, nascosto nelle periferie, sgomberato, sfrattato, sfruttato fino al suo esaurimento. 
Per noi opporsi a questo modello vuol dire opporsi al capitale, vuol dire opporsi al sistema economico capitalistico e alle sue costruzioni politiche mascherate da democrazia rappresentativa. La stessa democrazia rappresentativa che, per consegnare un'intera città agli appetiti del capitale, è pronta a blindarla e a trasformarla in una caserma, giungendo a chiudere l'università e a imporre in questo modo una sorta di coprifuoco politico riservato chiunque osasse semplicemente esprimere la sua opposizione all'allegro e fastoso banchetto padronale. 
Per noi lottare contro l'Expo significa porre le basi per fronti politici rivoluzionari ed anticapitalisti, in cui marciare separati e colpire uniti, per ricostruire reti di organizzazione e resistenza della classe proletaria. Per noi lottare contro il modello del grande evento e della grande opera vuol dire porre al centro la classe sfruttata nelle sue molteplici fenomenologie, vuol dire porre le basi per ricomporre la classe in sé e trasformarla in classe per sé, che sappia prendere consapevolezza della propria forza e delle proprie potenzialità rivoluzionarie. 
Per noi lottare contro il modello Expo vuol dire organizzare i lavoratori per difendere i loro diritti minimi ottenuti nel passato e rilanciare la conflittualità per il rovesciamento del sistema borghese; vuol dire lottare per una casa per tutti e tutte e per il blocco di sfratti e sgomberi; vuol dire lottare contro la devastazione del territorio e la sua trasformazione in merce; vuol dire lottare contro l'utilizzo del denaro pubblico per il profitto e per la rendita; per pretendere i servizi essenziali per i proletari e bloccarne la loro privatizzazione; vuol dire lottare contro le grandi opere del capitale in ogni sua forma, dalle mafie alle multinazionali alle cooperative targate PD; vuol dire bloccare la precarizzazione e i licenziamenti e costruire l'organizzazione di classe e il suo partito politico. Per noi lottare contro l'Expo vuol dire lottare contro il capitalismo, per la dittatura del proletariato, per il comunismo. 

Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione movimenti

mercoledì 14 gennaio 2015

PERCHÈ SOSTENERE IL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



Un altro sistema non si costruisce per riforme, non s'improvvisa e non s'avvia tramite il mercanteggiamento ideologico per un posto in Parlamento (magari con un candidato premier che fa della legalità la sua base). 
Un altro sistema ha le sue fondamenta ideologiche (marxismo rivoluzionario), ha la sua tattica e strategia che attinge dal leninismo/trotskysmo. 
La cosa più importante è che per poter cambiare la società serve un programma transitorio che cammini verso il socialismo, il comunismo non è un traguardo casuale, né da attendere fatalisticamente... un orizzonte lontano, un solo richiamo simbolico. 
Programma, base ideologica, unità nell'azione sono il DNA del PCL, ma non possiamo dire lo stesso della sinistra radicale. 
 La sinistra riformista basa invece tutte le sue proposte sulle modifiche istituzionali, sui correttivi da portare centrando il suo baricentro politico sulla democrazia parlamentare (nella speranza di un loro ritorno tra le "sdraio di Montecitorio"). Tutta la sinistra radicale è tristemente elettoralista tanto da poter - senza troppe lamentele - rinunciare alla propria identità (simbolo, falce e martello). 
Noi, come PCL, siamo altro, come la nostra storia insegna. Non abbiamo mai mercanteggiato le nostre idee per un posto, anzi a volte (caso Ferrando 2006) per le nostre idee e coerenza l'abbiamo perso... 
Voler costruire un partito, come vuole il PCL, per il cambiamento è un dovere per i marxisti rivoluzionari, è una esigenza per i ceti più deboli. 
La necessità e la possibilità di un programma rivoluzionario chiaro (come quello del PCL) e di un'organizzazione per l'alternativa per il socialismo è oggi più che mai all'ordine del giorno. Non solo per le sbagliate risposte alla crisi mondiale che tutte le sfumature della borghesia hanno dato , ma perché il socialismo è l'unica alternativa possibile a questo iniquo sistema di ridistribuzione. 
Per difendere gli interessi degli sfruttati è indispensabile un Partito stabile che ne garantisca l'unità e l'indipendenza dalla borghesia. 
Solo il Partito Comunista dei Lavoratori, ad oggi, fa questo.

giovedì 8 gennaio 2015

FASCISMO ISLAMICO E ISLAMOFOBIA


La strage di Parigi è un crimine atroce compiuto dall'integralismo panislamista. Non è un generico atto di terrorismo indiscriminato. E' un'azione terrorista che ha una precisa matrice politica: quella del fascismo islamico, probabilmente Al Qaeda. 
La concorrenza fra Al Qaeda e Isis nella conquista dell'egemonia all'interno del campo islamico integralista può sospingere la corsa al rialzo negli atti di terrore. 
Entrambe le organizzazioni cercano di presentarsi anche per questa via, l'una contro l'altra, come il riferimento egemone della “guerra santa”. 
La campagna reazionaria islamofoba che si sta sviluppando in Europa, a seguito della strage di Parigi è nauseante. 
Le forze populiste reazionarie impegnate a cavalcare da tempo l'emergenza migranti, cercano di trarre ulteriore vantaggio dall'accaduto, alimentando cinicamente paura e isteria. Non solo in Francia con Le Pen ma anche in Germania con l'emergente Pegica. 
La coalizione delle democrazie imperialiste, impegnate a sostenere le ragioni “democratiche” del proprio intervento militare in Medio oriente, cercano di presentarsi come custodi della “civiltà” contro la barbarie, dando vita a nuove militarizzazioni di quartiere e caccia alle streghe. Giornalacci reazionari come Libero scrivono in prima pagina a caratteri cubitali “Questo è l'Islam”, riesumando la peggiore Fallaci e lanciando una autentica crociata nel nome della “cristianità”. 
La Lega di Salvini inzuppa il pane in questa brodaglia rancida. I migranti in generale, i migranti arabi in particolare, rischiano di pagare tutto questo con più pesanti vessazioni, soprusi, umiliazioni. 
Siamo con tutte le nostre forze contro il fascismo islamico, in Medio oriente come in Europa. Ma lo siamo da un versante opposto a quello dei reazionari e degli imperialisti. Siamo da marxisti contro tutte le religioni. Ogni religione ha un fondamento irrazionale. 
In ogni religione c'è un elemento totalitario. Nella Bibbia dell'antico Testamento si leggono versi non meno violenti e sanguinari che nel Corano. 
Ma la nostra battaglia culturale contro ogni religione si coniuga col rispetto totale della libertà di fede nel rifiuto di ogni criminalizzazione dei credenti. I diritti della libertà di fede sono incondizionati. Abbiamo difeso in Egitto la comunità cristiana quando era aggredita dai Fratelli Musulmani, e così abbiamo fatto coi cristiani arabi minacciati e trucidati dall'Isis. 
Allo stesso modo difendiamo il diritto dei migranti musulmani in Europa e delle loro comunità contro le minacce indiscriminate che oggi subiscono. Siamo per la libertà di critica e di satira, incondizionatamente. 
La pretesa di escludere la religione dal campo della satira è una pretesa reazionaria. Sia quando rivendica l'intangibilità di Maometto. Sia quando rivendica l'intangibilità di Gesù, della Croce, o addirittura del Papa. La difesa della libertà di religione si sposa con la difesa della libertà di critica della religione. Che è anche la nostra libertà. 
Lo spettacolo di chi denuncia l'integralismo islamico dopo aver difeso l'integralismo cristiano rivela una ipocrisia rivoltante. Siamo per la distruzione delle organizzazioni fasciste di ogni fede. Il fascismo è la peste per il movimento operaio e per le libertà democratiche. Sia quando veste i panni islamici dell'Isis o di Al Qaeda, sia quando indossa le vesti cristiane di Forza Nuova. Ogni tentativo dei fascisti “cristiani”di cavalcare l'islamofobia va doppiamente respinta e frontalmente attaccata. Respingiamo il tentativo di scaricare sui migranti i crimini del fascismo islamico. 
I migranti già pagano il costo terribile della fuga dalla fame, dalle dittature, e dalle guerre. Oggi anche dalle guerre condotte dall'Isis, come in Siria e in Irak. 
Il fatto che debbano pagare anche qui, con nuove vessazioni, il prezzo dei crimini del fascismo islamico è doppiamente inaccettabile. Siamo per la difesa di tutti i migranti, arabi e cristiani, del loro diritto alla vita e alla libertà di fede. Ogni loro criminalizzazione diventa oltretutto il brodo di coltura ideale per il fascismo islamico e la sua azione di reclutamento. 
Neghiamo all'imperialismo “democratico” ogni credibilità nella sua veste di cacciatore del terrorismo islamista. 
La montagna di guerre coloniali, genocidi, torture, condotte dall'imperialismo ( e dal sionismo) nella nazione araba e in Medio oriente , con la frequente connivenza subalterna delle sinistre occidentali, ha rappresentato alla lunga il principale trampolino di lancio, di reclutamento, di influenza, del fascismo islamico. Solo il movimento operaio e le masse oppresse, in Europa, come in terra araba, possono sconfiggere il fascismo islamico. 
Ma lo possono fare solo in contrapposizione all'imperialismo, solo lottando per un'alternativa socialista alla barbarie del capitalismo: del capitalismo occidentale, come del capitalismo arabo saudita e del nuovo Califfato di Al Baghdadi. 
La prima frontiera della lotta al terrorismo fascista di Parigi si trova a Kobane, fra i combattenti kurdi, come nelle forze migliori della rivoluzione siriana. 

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

martedì 6 gennaio 2015

Per un intervento rivoluzionario alle prossime elezioni Risoluzione dell'EEK - conferenza straordinaria del 28 dicembre 2014


1. La bancarotta economica del Paese e la disintegrazione sociale hanno portato alla più acuta crisi di potere politico. Il governo Samaras-Venizelos, al collasso, legato al memorandum della troika, non è più in grado di governare; ed un successivo governo basato su Syriza non è un'opzione attuabile né per le classi dominanti né per le masse popolari che presumibilmente lo voteranno. La corsa a capofitto di Samaras verso l'obiettivo del completamento del memorandum, con la sua retorica fallita da “storia di successo”, è terminata in una tragicommedia. La troika, innanzitutto lo stesso FMI e Schäuble, hanno fatto mancare il terreno sotto i piedi del governo Samaras-Venizelos chiedendo nuove devastanti misure antipopolari, e così accelerando verso le elezioni presidenziali ed elezioni politiche anticipate. Non c'è dubbio che l'ultimatum della troika abbia avuto come destinatario finale non l'attuale dimissionario primo ministro di destra, bensì il prossimo, di sinistra. Il cinico ricatto della UE è chiaro: o Syriza si piegherà a rifiutare le attese popolari o sarà schiacciata dai “mercati” – come a mandare un messaggio a Podemos in Spagna e a Sinn Féin in Irlanda. Da parte della UE non c'è spazio per compromessi, dal momento che sta colando a picco nella recessione, nell'ultra indebitamento e nella deflazione, e che la crisi sistemica capitalista dalla periferia minaccia ora il centro: Italia, Francia e la stessa Germania. Dall'altro lato, la subordinazione politica della destra alla troika e al capitale sta ora eccedendo tutti i limiti di sopravvivenza del popolo. La politica di Syriza di ridurre l'austerità attraverso la negoziazione e il compromesso con la UE, il FMI e il capitale greco e internazionale eccede i limiti imposti dal peggioramento della crisi del capitalismo. La reazione si sta preparando per il confronto, rafforzando le sue posizioni negli apparati statali, parastatali, repressivi, giudiziari, ideologici, così come nelle gang fasciste, per trasformare un governo Syriza in una “parentesi di sinistra” prima che l'estrema destra torni a prendersi la rivincita di una controrivoluzione sociale. Le prossime elezioni sono indubbiamente un episodio cruciale della nuova fase della lotta di classe. In ogni caso, qualsiasi risultato possa esserci, è certo che esse non risolveranno ma esaspereranno ulteriormente la crisi politica e, alla fine, la crisi generale delle classi dominanti. I capitalisti non sono in grado di portare la società fuori dalla crisi del loro sistema. Solo la classe lavoratrice, appoggiata dalle classi popolari che oggi la crisi sta distruggendo, può garantire un'uscita dalla crisi, preparando l'abbandono di questo sistema di dominazione borghese e imperialista per il socialismo internazionale nella regione, in Europa e nel mondo intero. Dal momento che l'epicentro del tutto è la crisi di potere stessa, la questione primaria di una strategia che si dica rivoluzionaria (tattiche di lotta di classe; tattiche elettorali; programma di transizione; posizione su debito, misure di “austerità” e UE; fronti, alleanze ecc.) deriva da ed è connessa con questo punto strategico fondamentale. 

2. L'attuale battaglia politica si gioca sul campo nemico del parlamentarismo borghese, controllato dal capitale, dai partiti del sistema e dai media, che condanna al silenzio le voci della sinistra rivoluzionaria. Ciononostante, la battaglia prende corpo esattamente nelle condizioni di decomposizione avanzata del parlamentarismo borghese e sotto le grida di protesta popolari, che forniscono un'arena importante per un intervento rivoluzionario del EEK. Queste elezioni politiche anticipate, con la loro puzza soffocante di scandali, “acquisti”, tangenti, concussioni e voltafaccia, hanno aumentato il decadimento del sistema politico. Hanno completamente smascherato un Parlamento zombie che ratifica decisioni preapprovate da un regime borghese in stato di “emergenza”. In nome dell'agonizzante democrazia borghese, i governanti, guidati dai bisogni della guerra di classe, hanno deciso di costruire prigioni “di tipo C” destinate non solo ai detenuti, ma a qualsiasi tipo di resistenza: per il confino dell'intera società. Le elezioni non resusciteranno un parlamentarismo morto vivente, sebbene illusioni parlamentari possano crescere con l'aspettativa di un “governo di sinistra”. La strada per la libertà non passa attraverso “maggioranze” elettorali o coalizioni parlamentari e compromessi fra sinistra e centrosinistra o nazionalisti di destra del tipo di AN.EL. Greci Indipendenti (partito di destra anti-austerità – NdT), ma attraverso l'autorganizzazione dei lavoratori e la lotta di massa per il loro potere, il potere di chi “sta in basso” contro il potere di chi “sta in alto”. Questo sistema ha raggiunto i suoi limiti, e deve quindi essere abbattuto. 

3. Il governo Samaras e i partiti dell'opposizione ufficiale stanno gareggiando per convincere i cittadini su chi sarà, nel febbraio 2015, “il più affidabile ed efficace negoziatore con la UE, la BCE e il FMI” fra il negoziatore di destra, le “facce familiari” a Juncker, Moscovici e Merkel, e il negoziatore di sinistra, “più duro”. In realtà, comunque sia, non c'è nessuno spazio per vere negoziazioni. Da una parte, i diktat di Berlino, Bruxelles e Washington non sono negoziabili; dall'altra parte, le nostre vite, le vite delle masse hanno raggiunto, se non già superato, i loro limiti, e non possono essere negoziate da nessuno. Non scegliamo i negoziatori delle nostre vite! Il memorandum non sarà stracciato da nessun governo borghese, ma dagli stessi lavoratori con uno sciopero politico generale a oltranza come arma per la sua abolizione e per la connessa cancellazione del debito estero per gli usurai internazionali! Chiunque sia eletto, l'unica scelta è la continuazione della lotta di classe fino alla vittoria dei lavoratori e di tutti gli oppressi. Se, come molto probabile, la destra, sgretolata, sarà mandata via, non dovrà esserci un giorno né un'ora di tregua, negligenza o inattività, in attesa del “periodo di grazia” concesso al nuovo governo. La potenza delle masse deve immediatamente essere esercitata attraverso tutte le forme di mobilitazione e autorganizzazione delle sue forze nei quartieri, negli spazi pubblici, nei posti di lavoro e di studio. Se la causa della nostra liberazione dalla sofferenza è lasciata nelle mani dei “negoziatori”, la reazione nazionale e internazionale che si prepara in agguato per la sua vendetta vincerà. Quella della vittoria è una questione strategica al fine di organizzare la battaglia per il potere della parte degli oppressi, lavoratori e disoccupati, poveri e nuovi poveri causati dalla spirale del memorandum. 

4. L'EEK non è indifferente né politicamente sprezzante nei confronti delle larghe masse che sperano in una vittoria di Syriza per poter avere anche il minimo respiro dal soffocamento dell'austerity. Non teniamo un atteggiamento di equidistanza e non minimizziamo le differenze fra la destra e Syriza, come fa il KKE stalinista. Condividiamo la rabbia del popolo e ci uniamo alla sua lotta. Siamo pronti per l'azione unitaria contro la troika, il memorandum, la destra nero-blu-verde (dai colori di riferimento rispettivamente di Alba Dorata, Nea Democratia e Pasok. "NdT") e il comune nemico di classe. Riconosciamo le condizioni e anche i limiti dello spostamento di massa a sinistra che a partire dal 2012 ha preso la forma di un sostegno politico di massa a Syriza, vista non più soltanto come una forza di opposizione e di pressione al potere borghese, ma come un'alternativa di governo della sinistra. Ma insieme con le speranze di molti, non ignoriamo le aspirazioni di alcuni “ex” pro-troika, “ex” Pasok, “ex” Sinistra Democratica, e altri furfanti che cercano in Syriza la piscina di Siloam in grado di assolverli dai loro peccati pubblici e di raggiungere la cucchiaiata di miele del potere borghese. Soprattutto, non perdiamo di vista quei gruppi capitalistici, circoli, e politici borghesi che sostengono “alleanze necessarie con un governo basato su Syriza” che rimanga sempre nel sistema capitalistico e nell'UE, e che porterà un domani a politiche di collaborazione di classe. L'accettazione di una tale collaborazione di classe, che può solo essere contraria agli interessi dei lavoratori e del popolo, è già presente nella dichiarazione di lealtà della leadership di Syriza, tesa alla “continuità dello Stato” - nel momento della sua crisi di potere, a rimanere nell'UE e nella NATO e ad accettare le condizioni del soffocante coinvolgimento e dominazione imperialista nella nostra regione. Facciamo appello alle forze che all'interno della classe lavoratrice, dei giovani, degli intellettuali appoggiano Syriza o investono in essa le loro speranze, a chiedere alla sua leadership di rompere con la borghesia, con i suoi politici, con tutti gli opportunisti e tutti gli attori del potere capitalista. Facciamo appello ad essi perché rifiutino la politica della “continuità dello Stato” e gli accordi con l'imperialismo, il capitalismo in bancarotta, la UE, il FMI e la NATO. Ad ogni passo che la base popolare di Syriza farà in questa direzione, noi saremo al loro fianco, pur mantenendo la nostra indipendenza politica, le nostre critiche e i nostri avvertimenti sul fatto che i leader riformisti non sono affatto pronti a queste necessarie rotture. Essi stanno già mostrando la loro servilità con le dichiarazioni rassicuranti nei confronti del capitale e della UE, con le loro azioni, e specialmente con il loro programma. Le misure di austerità non possono essere cancellate senza un annullamento unilaterale e senza esenzioni del debito nei confronti della prigione della UE, della BCE e del FMI. Le misure di austerità, il debito e la troika sono le teste di un'idra: non possiamo tagliare solo una delle teste lasciando in pace le altre. Il “programma di Salonicco” (avanzato da Syriza), totalmente inadeguato, vorrebbe riempire l'oceano delle sofferenze popolari con un cucchiaino. Tutta la sua lealtà alla “continuità dello Stato” apre la strada ad una tragedia di tipo cileno del 1973. Per avere pane, lavoro, sanità, istruzione, libertà, è necessario rovesciare il sistema di fame, disoccupazione, ignoranza e repressione. Altrimenti saremo sepolti sotto le rovine della bancarotta del capitalismo. Occorre una radicale riorganizzazione dell'economia su nuove basi sociali, cioè socialiste, secondo un piano scelto democraticamente, che vada incontro ai bisogni sociali; con la nazionalizzazione dei settori strategici, senza indennizzo agli squali capitalisti, sotto il controllo e la direzione dei lavoratori. Occorre un potente fronte unico di tutti i lavoratori e delle organizzazioni popolari, movimenti, associazioni, di tutti i centri di resistenza sociale e di lotta contro la crisi esistenti e che nasceranno, di tutti i militanti della sinistra e del movimento rivoluzionario – dal KKE a Syriza ad ANTARSYA all'EEK alle altre organizzazioni di sinistra, agli anarchici e ai movimenti antiautoritari; che distrugga la reazione, il dominio imperialista, lo Stato di polizia, il parastato fascista, la schiavitù sociale, e che apra la strada all'universale emancipazione umana, che per l'EEK non è altro che l'universale comunismo della libertà. 

5. La crisi non è una peculiarità della Grecia, ma un processo mondiale. All'epicentro di questa crisi capitalista mondiale c'è l'Europa. Una definitiva fuoriuscita dalla crisi non è praticabile se essa riguarda un solo Paese, con un'”autarchia” o un trinceramento nazionale. Il nazionalismo economico, che causò tragedie tra le due Guerre e portò al secondo conflitto mondiale, divampa ancora, specialmente nell'Unione Europea, con caratteristiche di estrema destra, di destra o “di sinistra”, a causa delle misure di cannibalismo sociale della UE e dei suoi governi. Se nel passato il nazionalismo economico ha dimostrato di essere inutile e distruttivo, oggi è un'utopia reazionaria, una ricetta per disastri. L'EEK dichiara senza ambiguità: nessun compromesso con il devastante nazionalismo economico, anche avente un segno “di sinistra”. La salvezza per le masse richiede nient'altro che una rivoluzione sociale. La lotta rivoluzionaria può iniziare in Grecia o in un altro Paese, ma la sua vittoria non può essere conseguita se non in scala internazionale, con l'unificazione di tutte le lotte rivoluzionarie, per l'unificazione socialista della nostra regione e dell'Europa sulle rovine dell'UE imperialista. 

6. Tutte le necessità, le opportunità e i rischi del momento storico che stiamo vivendo richiedono che l'indipendenza politica della classe lavoratrice sia costruita e preservata da un nuovo Trattato di Varkiza [l'accordo del 1945 fra l'imperialismo britannico e i partigiani dell'ELAS traditi dallo stalinismo]. Ciò che rende più che mai necessario e urgente l'intervento politico indipendente delle forze rivoluzionarie, della sinistra rivoluzionaria e dell'EEK nell'imminente e, per le masse, cruciale battaglia elettorale. È a questo proposito che abbiamo organizzato il 15 dicembre scorso, nella facoltà li legge dell'università di Atene, un'assemblea pubblica per presentare la proposta dell'EEK, intitolata “Sulla strada di dicembre – la risposta rivoluzionaria alla crisi”, invitando altre organizzazioni della cosiddetta sinistra extraparlamentare e del movimento. ANTARSYA ha risposto all'invito, e due rappresentanti delle organizzazioni NAR e SEK hanno partecipato e sono intervenuti. Il 18 dicembre c'è stato un incontro di delegazioni di ANTARSYA ed EEK (vedi la Dichiarazione del Politburo dell'EEK del 20 dicembre e il Comunicato congiunto di ANTARSYA ed EEK del 22 dicembre). Sia all'assemblea pubblica che all'incontro con ANTARSYA, al di là dell'accordo su specifici punti programmatici (come la cancellazione del debito, le nazionalizzazioni senza indennizzo, il controllo dei lavoratori), l'EEK ha insistito sulla prospettiva del potere dei lavoratori come risposta rivoluzionaria antisistema alla crisi politica e come base di confronto con la proposta di governo di Syriza, e ha categoricamente rifiutato qualsiasi compromesso con qualsiasi nazionalismo “di sinistra”, e di conseguenza collaborazioni con formazioni quali “Piano B” e PAMES, che hanno organizzato iniziative con riconosciuti rappresentanti dell'area della “sinistra nazionalista” della Francia e dell'Italia imperialiste (Nikonoff e Campo Antimperialista). Purtroppo, la maggioranza di ANTARSYA, con la responsabilità di NAR, ARAN e ARAS (uniti in PAMES) non solo non ha tenuto conto dei rilievi critici dell'EEK, ma ha anche firmato solennemente un'alleanza politico-elettorale con PAMES. “Piano B”, che è in questa coalizione fin dall'inizio, nello stesso momento in cui stringe la mano alla maggioranza di ANTARSYA non si fa problemi ad agitare provocatoriamente il suo nazionalismo e il suo feticismo per la dracma. I leader di “Piano B” hanno firmato il 19 dicembre (il giorno dopo l'incontro con ANTARSYA) una dichiarazione comune pubblica “per la creazione di un polo patriottico democratico” con l'EPAM di Kazakis e l'inesistente “Dracma – Movimento Democratico Greco Cinque Stelle” di... Katsanevas (un corrotto statista ex Pasok)!! Ovviamente, l'EEK non avrebbe mai accettato di essere associato a tanto discredito, nemmeno in nome della sinistra rivoluzionaria, con il pretesto di vincere “le correnti che tendono a differenziarsi dal riformismo e si spostano a sinistra”. Non è difficile vedere che i “patrioti” di “Piano B” non rompono con il riformismo, e sono anzi alla destra del KKE, e anche di determinate forze interne a Syriza. Senza essere accusati di voler “interferire” negli “affari interni” di ANTARSYA, con la responsabilità ed il coraggio derivanti da decenni di lotta comune, chiediamo ai compagni di ANTARSYA, specialmente ai compagni di NAR e della sua organizzazione giovanile, nKA, di rifiutare quest'opportunista alleanza politico-elettorale e di rifiutare di cadere nella palude del nazionalismo “di sinistra”. 

7. In queste circostanze specifiche, estremamente difficoltose in termini di tempi e di necessità finanziarie, l'EEK deve sostenere sulle sue spalle la battaglia per l'indipendenza politica della classe lavoratrice e per l'internazionalismo proletario, e parteciperà in maniera indipendente alle elezioni. La voce dell'EEK sarà la voce della rivoluzione; una voce minoritaria, e tuttavia inconciliabile e insubordinata. Abbiamo il dovere di mostrare l'unica via d'uscita, di discutere con i lavoratori il più possibile, di mobilitarli fin da ora per l'indomani della sconfitta dei sostenitori del memorandum, di reclutare e organizzare forze rivoluzionarie, di prepararci ed educarci da avanguardie combattenti per la battaglia storica che incombe. L'esistenza dell'EEK, la sua ragion d'essere, è la lotta incessante per la rivoluzione permanente internazionale, con le più diverse condizioni – a volte straordinariamente sfavorevoli, sfidando ostacoli e avversari sulla strada della liberazione sociale e del comunismo. 
Proviamoci ancora! Andiamo avanti con fermezza! Raccogliamo questa sfida storica! 

EEK (Partito Rivoluzionario dei Lavoratori), 28 dicembre 2014