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giovedì 30 aprile 2015

FUORI I FASCISTI DALLA CITTÀ! FUORI I FASCISTI DALLA STORIA!

Milano mercoledì 29 aprile ore 19,30 Piazza Tricolore




Da diversi anni il 29 aprile Milano è costretta a veder sfilare i gruppi del variegato mondo dell'estrema destra che, con il pretesto di ricordare le morti di Ramelli, Borsani e Pedenovi, organizza cortei e parate mettendo in mostra tutto il proprio peggiore armamentario, composto da croci celtiche, svastiche,saluti romani ecc. Un affronto che per troppo tempo la città ha subito passivamente.
Solo lo scorso anno si è infatti riusciti ad organizzare un controcorteo che ha visto la partecipazione militante e combattiva degli antifascisti milanesi. Una risposta positiva che ha rotto un silenzio e una passività che da troppo tempo permetteva ai fascisti di marciare indisturbati in città. Occorre ripartire dal corteo dell'anno scorso per rilanciare con ancora più forza l'azione contro il fascismo che, al di là della data del 29 aprile, deve essere concepita e appunto rilanciata come lotta quotidiana nei quartieri, nei luoghi di lavoro e nelle scuole.

QUALE ANTIFASCISMO?

Rilanciare l'azione antifascista pone tuttavia importanti questioni di metodo.
Dal dopoguerra in poi l'antifascismo è stato in larga maggioranza relegato ad esercizio cerimoniale, con le celebrazioni rituali del 25 aprile a farla da padrone. Cerimonie in cui l'eroica lotta di resistenza dei partigiani e delle masse insorte viene utilizzata ad uso e consumo dei cantori della Repubblica borghese nata dalle macerie della seconda guerra mondiale. Naturalmente in questo quadro la Repubblica con la sua Costituzione viene eretta al fine ultimo e insuperabile a cui l'umanità possa aspirare e il fascismo in questo contesto non può che essere considerato come un evento storico definitivamente sconfitto.
Occorre rompere questo quadro e guardare in faccia la realtà. I fatti come sempre valgono più di mille parole e cerimonie. Nello specifico i quasi 70 anni di storia repubblicana con i suoi diversi lati oscuri (valga per tutto il periodo stragista) dimostrano che del fascismo non ci siamo ancora liberati e che anzi questo Stato e questa Repubblica nata e sorta a difesa degli interessi della borghesia e del capitale ha bisogno dei fascisti da utilizzare in caso di necessità come fedeli cani da guardia contro le masse e contro i lavoratori.

ROMPERE CON IL COSTITUZIONALISMO E I SUOI PALADINI! PER UN ANTIFASCISMO DI CLASSE!

Guardare in faccia la realtà significa comprendere il fascismo nella sua natura di classe. Il fascismo si impose e raggiunse il potere come estremo difensore degli interessi di classe della borghesia e del capitale contro il pericolo di una rivoluzione comunista (biennio rosso '19-'21). Fino a che capitale e borghesia governeranno il mondo con le loro repubbliche e le loro costituzioni del fascismo non ci libereremo.

Guardare in faccia alla realtà significa di conseguenza guardare all'azione antifascista sul terreno della lotta di classe. Fare antifascismo non è infatti fare innumerevoli richiami ed appelli alle istituzioni in nome della Sacra Costituzione.

Muoversi sul terreno di classe significa rompere con qualsiasi illusione che vuole che nel contesto repubblicano il fascismo possa essere sconfitto a colpi di divieti e leggi.
Significa rompere con chi in nome della governabilità e della democrazia illude le masse e i lavoratori. Significa rompere con quella sinistra che in questi anni ha seminato speranze e illusioni, favorendo con le sue politiche di compromesso al ribasso lo sviluppo delle formazioni di estrema destra anche negli strati popolari dellle città.

Un caso emblematico lo abbiamo proprio a Milano, dove il vento del cambiamento promesso dal sindaco arancione Pisapia si è tramutato in un vento che soffia freddo e gelido sulle classi popolari della città. Un sindaco che aveva esordito dal palco subito dopo la vittoria nel 2011 con le seguenti testuali parole "Oggi abbiamo liberato Milano", salvo poi partecipare il 29 aprile dello scorso anno alla cerimonia in ricordo di Ramelli. Il sindaco della speranza arancione nell'occasione parlò esplicitamente di pacificazione in nome della convivenza civile tra chi ha idee opposte, equiparando sostanzialmente i partigiani e gli antifascisti ai nazifascisti. E giustificando in pratica il corteo dell'estrema destra che da anni infanga la città di Milano.
Queste parole possono sorprendere solo gli illusi. Pisapia è il sindaco borghese che amministra gli interessi della borghesia e dei poteri forti della città. Ci sembra evidente che i quattro anni della sua amministrazione parlino chiaro a riguardo. E appunto non sorprende sentir parlare di pacificazione da chi è espressione dei poteri forti, i quali hanno tutto l'interesse che le cose non cambino e rimangano stabili e pacifiche.

Le parole di Pisapia svelano nella loro chiarezza una verità esplicita: l'azione antifascista non si può delegare alle istituzioni “democratiche” borghesi, al contrario, tali istituzioni contrastano la lotta popolare, l'unica che può spazzar via la peste bruna dalle nostre città.
Lotta al fascismo si traduce quindi in lotta alle istituzioni borghesi che, a parole e nei fatti, legittimano i fascisti e le loro manifestazioni. Lotta che per liberarsi dal fascismo dovrà spazzar via i palazzi del potere borghese, compreso quel Palazzo Marino dove siede il lacchè pacificatore Pisapia.

Pcl Sez.Milano

lunedì 27 aprile 2015

PER UN PARTITO DI CLASSE RIVOLUZIONARIO, IN ITALIA E NEL MONDO



Testo del volantino nazionale PCL che verrà distribuito Il primo maggio

Il Primo Maggio simbolo dell'unità di classe internazionale dei lavoratori contro lo sfruttamento del capitale. Il Primo Maggio 2015 esordio dell' EXPO a Milano, simbolo di sfruttamento, speculazione, profitto.

Questa sovrapposizione di date dà un carattere particolare a questo Primo Maggio a Milano.

EXPO: PROPAGANDA CAPITALISTA E SFRUTTAMENTO OPERAIO

La cassa propagandistica dell'Expo esalta il capitalismo come fattore di progresso contro la fame nel mondo. Mai la propaganda fu più ipocrita. La fame si aggrava in Africa e in India, per via dell'accaparramento delle terre per la produzione dei biocombustibili, del saccheggio delle risorse, dell'impatto dei cambiamenti climatici indotti dall'industrializzazione capitalista, dello spopolamento e impoverimento delle campagne. Mentre la corsa all'abbattimento dei costi da parte dell'industria alimentare, in reazione alla caduta del saggio di profitto, peggiora la qualità dei cibi (e moltiplica le frodi alimentari) nelle stesse metropoli del capitalismo. La vetrina dell'Expo serve anche a nascondere tutto questo.

Non solo. L'Expo di Milano in quanto tale è stato ed è un autentico manifesto della cinica legge del profitto. Da ogni versante. Cementificazioni selvagge, con danni permanenti al territorio, per ingrassare la rendita fondiaria ( Fiera Milano). Moltiplicazione dei costi delle infrastrutture, per incassare risorse pubbliche, con l'inevitabile contorno di mazzette e infiltrazioni mafiose. Ma soprattutto super sfruttamento dei lavoratori coinvolti, connesso agli appalti al massimo ribasso: turni di lavoro massacranti, lavoro precario, lavoro nero, negazione dei diritti più elementari in fatto di sicurezza sul lavoro, per generosa concessione delle burocrazie sindacali. Infine la vergogna di migliaia di giovani “volontari” indotti a lavorare gratis in cambio di una menzione nel curriculum, per non assumere i lavoratori precari del Comune. Mentre la giunta Pisapia, acclamata nel 2011 da tutte le sinistre ( SEL e PRC in testa, ma non solo) ha tagliato oltre 50 milioni di servizi sociali per destinarli al finanziamento di questa fiera dello sfruttamento. Altro che “primavera arancione”!

Non è finita. Sull'Expo monta la fanfara propagandistica del governo Renzi. L'aspirante Bonaparte vuole appuntarsi sul petto la medaglia dell'Expo agli occhi del grande capitale, italiano e mondiale. Per questo chiede “ordine e disciplina”. La pretesa di un regime speciale di ordine pubblico nei mesi dell'Expo ( e del Giubileo) con l'imposizione del divieto di sciopero nel settore trasporti è indicativa: lo stesso governo che ha distrutto l'articolo 18 per i nuovi assunti fa leva sull'Expo per sperimentare una ulteriore restrizione di altri diritti democratici fondamentali. Nel mentre promuove una riforma elettorale e istituzionale che mira a concentrare nelle mani del Capo tutte le leve fondamentali del potere.

UNIRE IL FRONTE DI CLASSE, PER UNA SVOLTA UNITARIA E RADICALE

Se questo è il quadro generale diventa chiaro il compito di tutte le avanguardie di classe in questo primo Maggio a Milano. Non si tratta di limitarsi a celebrare un contro evento sul terreno mediatico. Si tratta di fare del primo Maggio una giornata di preparazione e ricostruzione dell'opposizione di classe al governo Renzi e al capitale finanziario, nella prospettiva di un'alternativa di classe .

Al fronte unico del capitale e dei suoi partiti va contrapposto il fronte unico dei lavoratori e di tutte le loro organizzazioni. All'aggressione radicale del capitale contro il lavoro, va contrapposta una radicalità di classe uguale e contraria . L'esperienza di questi anni di crisi ha mostrato il completo

fallimento della gestione riformista dello scontro sociale. Lo scontro sul Job Act è stato esemplare. Da un lato la massima determinazione a vincere. Dall'altro ( Camusso, Landini) il balbettio di atti rituali, senza piattaforma di lotta e prospettiva. Così non si può andare avanti. Nè si può replicare con logiche autocentrate e minoritarie, in ordine sparso, di pura dissociazione dagli apparati. Occorre ricomporre un vero fronte di massa; definire una piattaforma unificante di rivendicazioni di classe, a partire dalla richiesta della riduzione generale dell'orario di lavoro a parità di paga, per ripartire fra tutti il lavoro esistente; avviare su questa piattaforma una mobilitazione generale vera, continuativa, accompagnata da una svolta radicale delle forme di lotta ( occupazione delle aziende che licenziano, cassa di resistenza). Una grande assemblea nazionale di delegati eletti nei luoghi di lavoro potrebbe varare questa svolta unitaria e radicale di lotta del movimento operaio.

Dare battaglia su questa proposta di svolta in ogni luogo di lavoro, in ogni sindacato classista, è compito di tutte le avanguardie di classe ovunque collocate, al di là di ogni divisione di sigla e di organizzazione.

COSTRUIRE IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE: IN ITALIA, IN EUROPA, NEL MONDO

Ma congiuntamente si pone il nodo politico. Non c'è ricomposizione di un'altra direzione di marcia del movimento operaio e sindacale senza la costruzione di un'altra sinistra politica. La vecchia sinistra ha fatto bancarotta. La sinistra cosiddetta “radicale”, quella che si è genuflessa ai Prodi e ai Pisapia, quella che ha scambiato le ragioni del lavoro con ministeri e assessorati, si è suicidata con le proprie mani. Larga parte dell'avanzata populista tra le stesse fila dei lavoratori ( renzismo, grillismo, salvinismo) ha capitalizzato lo spazio liberato dalla disfatta della sinistra. Va allora costruita una sinistra rivoluzionaria. Non una sinistra di Landini, all'ennesima ricerca del “compromesso onorevole” col capitale. Non una sinistra puramente antagonista, di sola contrapposizione al padrone e allo Stato. Ma una sinistra che coniughi l'antagonismo radicale ai padroni e alla Stato con la prospettiva di un'alternativa di società e di potere. Una sinistra che in ogni lotta lavori a sviluppare la coscienza politica dei lavoratori verso la comprensione della rivoluzione sociale come unica via di liberazione. Una sinistra che proprio per questo non si limiti al terreno sindacale e agisca ovunque in una logica di massa. Una sinistra che ponga apertamente la prospettiva del governo dei lavoratori come l'unica reale alternativa.

Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), l'unico che si contrappose ai Prodi e ai Pisapia, è impegnato quotidianamente nella costruzione del partito di classe e anticapitalista dei lavoratori.

L'esigenza di un'altra direzione del movimento operaio e degli sfruttati si pone non solo in Italia. Si pone in Europa, a fronte del fallimento di ogni ricerca di compromesso riformatore col capitale e con la UE ( Syriza). Si pone sul piano mondiale, a fronte della capitolazione sciovinista alla “propria borghesia”; di un mercato internazionale della forza lavoro che mette gli operai delle più diverse latitudini in concorrenza spietata tra loro; di migrazioni bibliche e disperate di masse umane in fuga dalla guerra e dalla fame. Unire tutto ciò che il capitale divide, in Italia, in Europa, nel mondo, per un altro ordine sociale sul pianeta: questo è il compito di un partito internazionale della classe per cui lavorare in ogni paese. Questo è il progetto del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale, di cui il PCL è sezione italiana.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

giovedì 23 aprile 2015

COMUNICATO STAMPA SUL 25 APRILE DELLA GIUNTA DI CENTRO SINISTRA A LISSONE.

Come sezione Brianza del Partito Comunista dei Lavoratori esprimiamo la nostra più ferma condanna del tentativo, sostenuto dalla Giunta PD-SEL-Liste Civiche (avvallato in un primo tempo, poi smentito in un comunicato, dalla stessa Anpi di Lissone), d’accomunare nel ricordo e nella riconciliazione i partigiani antifascisti ed i repubblichini della R.S.I. al servizio dei nazisti di Hitler. 


Si tratta dell’ennesimo ed ignobile episodio (fra i tanti) di revisionismo storico che, nei fatti, al di là delle parole, tenta di equiparare i servi del nazismo con i partigiani antifascisti.

Tutto ciò è ancor più grave se posto all’interno delle manifestazioni per il 25 APRILE.

Proprio in un momento storico in cui, in Brianza e nell'intero Paese, forze che si ispirano direttamente al fascismo ed al nazismo riprendono impunemente vigore, occorre affermare che con costoro nessuna riconciliazione è ammissibile ed anzi, all’opposto, è necessario ridare slancio ad un antifascismo militante che si coniughi con una conseguente lotta allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo ed al sistema capitalistico.

La lotta partigiana non fu solo una guerra contro l’aggressione nazifascista ma anche un movimento di centinaia di migliaia di operai, giovani e donne che si battevano (con generosità e tanti sacrifici) per una trasformazione rivoluzionaria della società, per un mondo più giusto, non più basato sul profitto e sull’oppressione di classe.

Quelle speranze, lo diciamo in modo chiaro e netto, furono tradite nei decenni successivi a partire dalla legge sull’amnistia per i gerarchi fascisti, voluta dall’allora ministro di Giustizia Togliatti.

Come disse negli anni successivi lo stesso Piero Calamandrei “…si scambiò una rivoluzione promessa con una rivoluzione mancata…”: tanti principi solenni di giustizia sociale per mascherare ed abbellire la continuità dello sfruttamento capitalista.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
               SEZIONE BRIANZA

mercoledì 22 aprile 2015

Antifascismo è Anticapitalismo, Anticapitalismo è Antifascismo!



La lotta antifascista non è ridotta e riducibile ad un lontano passato ma continua tutt'ora contro vecchi e nuovi fascisti.

La lotta antifascista è la lotta contro una determinata ideologia che oggi tenta di riciclarsi anche con nuove maschere, anche istituzionali. La lotta antifascista più coerente è patrimonio di poche forze politiche e ideologiche tra le quali, la parte maggiore, è rappresentata da coloro che si riconoscono nei simboli della Falce e del Martello, della Rivoluzione dei Lavoratori e del Popolo contro il Capitalismo, in ogni sua forma.

La lotta antifascista non è ridotta e riducibile ad un lontano passato ma continua tutt'ora contro vecchi e nuovi fascisti, vecchie e nuove tendenze autoritarie e repressive, vecchi e nuovi tentativi di soffocare i passi delle classi sfruttate verso la rivoluzione sociale.

L'antifascismo è anticapitalismo e l'anticapitalismo è antifascismo e chi persegue questa massima non ha paura dei divieti e dei tentativi di cancellare o deformare la memoria e la continuazione della lotta partigiana!

Partito Comunista dei Lavoratori

lunedì 20 aprile 2015

LA XENOFOBIA E' NAUSEANTE. IL PURO UMANITARISMO E' INSUFFICIENTE. PER UNA SOLUZIONE ANTICAPITALISTA DEL DRAMMA MIGRATORIO


La strage di oltre 700 migranti in acque libiche misura l'enormità di quanto sta accadendo in fatto di migrazione. Ma anche l'ipocrisia criminale di tutti gli attori istituzionali della tragedia, in Italia e in Europa.

 BUGIE CRIMINALI 

Avevano detto che la missione italiana Mare Nostrum incoraggiava le partenze in quanto “assicurava il soccorso in mare”, e poi “costava troppo”. E che per questo andava rimpiazzata dalla missione europea Triton, promossa da Frontex, che ha l'esclusivo mandato del pattugliamento senza soccorso. Risultato? Le partenze sono cresciute a fronte di un soccorso minimo, di fatto solo volontario, di navi mercantili. La conseguenza terribile è la moltiplicazione annunciata dei morti. Un vero e proprio crimine di cui portano la responsabilità le forze dominanti di ogni colore, in Europa e in Italia. Il flusso migratorio cresce di dimensioni e muta nella sua composizione. La disgregazione dello Stato libico non è la causa del flusso. Polarizza la sua direttrice , offre il luogo di massima concentrazione delle partenze. Non di più. Nè la causa sono i cosiddetti “scafisti”, bande e imprese criminali che sfruttano la disperazione nella logica spietata del mercato, con metodi schiavisti. La causa dell'espansione progressiva del flusso migratorio è la stessa che spiega la sua composizione nuova: è la fuga dalla guerra e dalla morte. Somalia, Eritrea, Irak, Siria, Nigeria, Mali, Gaza e naturalmente la Libia: sono questi i luoghi di provenienza della stragrande maggioranza degli uomini, delle donne, dei bimbi, degli anziani, che cercano la via del mare. Questa umanità disperata e dolente non sarà mai trattenuta dalla mancata certezza del soccorso, o dal rischio della morte. Perchè preferisce il rischio della morte, concentrato in una sola impresa, al terrore della morte come destino della vita, per sé e per i propri cari. Aver coscientemente e volutamente ridotto il soccorso non poteva ridurre le partenze, poteva solo moltiplicare i morti. A tutti gli effetti, proprio per questo, autentici omicidi. Omicidi di cui portano la responsabilità tutti i firmatari della missione Triton, governo italiano e autorità europee in primo luogo. Come tutte le canaglie del salvinismo e dei suoi omologhi europei che costruiscono la propria carriera politica ( stipendi e poltrone incluse) alimentando il gioco cinico della paura dei migranti nel più totale disprezzo di ogni senso umano di pietà. 

LE FALSE “SOLUZIONI” 

Ora gli stessi responsabili italiani ed europei dell'ecatombe in corso, si affrettano ad annunciare “soluzioni”. Ma le “soluzioni” sono tanto poco credibili quanto coloro che le propugnano. “ Blocco navale davanti alle coste libiche” grida Salvini, “per respingere l'invasione”. Questa “ soluzione” significherebbe abrogare il diritto di fuga e di asilo dei profughi di guerra, consegnandoli ai loro aguzzini. “ Azione di polizia internazionale, targata UE e ONU, davanti alle coste libiche, per istituire centri di identificazione e smistamento dei migranti” propone Renzi. Questa “soluzione” ipotizzata da ambienti del governo italiano, a prescindere da ogni problema di praticabilità, si scontra con un interrogativo elementare: quale sarebbe il criterio dello smistamento ? Si dice che occorrerebbe distinguere tra “migranti economici” e profughi di guerra, i primi da respingere e i secondi da accogliere. Ma non è chiaro che il grosso del flusso è oggi fuga dalla morte? La verità è che si cerca il modo di bloccare la fuga dalla morte di masse umane disperate istituendo una barriera “legale” e “democratica” di respingimento. Potrebbe essere forse una “soluzione” per Renzi e i governi europei: si fa mostra di bloccare l'afflusso con argomenti “umanitari”, non si paga il prezzo d'immagine delle morti in mare, si contrasta la concorrenza elettorale dei Salvini di turno. Ma sarebbe una “soluzione” per i migranti quella di morire nel deserto, o di tornare nelle fauci delle proprie domestiche dittature, o di finire preda e trofeo del fascismo islamico dell'ISIS? Oppure di provare la fuga con mezzi e peripezie ancor più avventurose, ancor più ricattabili, ancor più costose in termini di sacrifici e di vite?

L'IPOCRISIA DEI GOVERNI BORGHESI EUROPEI 

La verità è che i governi borghesi d'Europa, senza eccezione alcuna, cercano una soluzione per sé, non per i migranti. Di fronte alla più grande migrazione di massa del secondo dopoguerra, ogni regime borghese cerca il massimo utile per gli interessi della propria classe col minimo prezzo in termini di consenso. A questo sono servite e servono le leggi anti migranti nella UE. Non hanno bloccato la migrazione, perchè nessuna migrazione dalla fame e dalla morte può essere bloccata. In compenso hanno trasformato la vita di grandi masse di migranti in un inferno “clandestino” quotidiano, merce ricattabile per il massimo profitto delle imprese, e per di più oggetto di aggressioni xenofobe e concorrenze elettorali. Oggi la storia si ripete. Di fronte alla nuova tragica impennata del flusso migratorio, per di più “incontestabile” trattandosi di profughi, si cerca di mascherare il loro respingimento con argomenti “umanitari” e persino “democratici”( lotta agli “scafisti schiavisti”, ai possibili “terroristi” ISIS mascherati, alla “tragedia delle morti in mare”). In realtà otterranno solo due risultati: renderanno ancor più difficile e disperata la fuga, accrescendo il rischio di morte. Creeranno una nuova leva di massa di cosiddetti “clandestini” da sfruttare entro le proprie frontiere. Quanto agli accoglimenti “legali”, ridotti al minimo, ogni Stato capitalistico cercherà di scaricare sull'altro il fardello dei relativi costi di accoglienza (v. accordo di Dublino). E sicuramente ridurrà al minimo, sotto ogni più elementare livello di decenza, i “costi” di accoglienza della “propria quota”. Non senza invereconde mangiatoie di sprechi e ruberie, gestite da cooperative bianche e “rosse” sulla pelle dei migranti, ridotti ad appestati senza diritti nei campi di detenzione senza colpa. 

IL CAPITALISMO NON SA RISOLVERE I PROBLEMI CHE CREA

Il capitalismo è incapace di risolvere i problemi che esso stesso crea. Questa è la lezione di fondo del dramma migratorio oggi. Le guerre che attraversano il Medio Oriente e il Corno d'Africa; le convulsioni tragiche dell'Africa sub sahariana, sono tutte effetto diretto o indiretto della dominazione imperialista, dei suoi retaggi antichi, delle sue più recenti rapine e scorrerie. La stessa barbarie dell'ISIS è il sottoprodotto delle missioni militari “democratiche” del passato decennio. E non si tratta solo di responsabilità militari. Le vetrine dell'Expo a Milano mostreranno la ricchezza dell'offerta capitalistica del cibo. Ma la fame cresce in Africa e in Asia, anche per effetto dello spopolamento delle campagne, dell'accaparramento di terre fertili per la produzione di biocombustibili, della desertificazione e siccità crescente connessa anche ai cambiamenti climatici prodotti dall'industrializzazione tossica del capitalismo. Le grandi migrazioni di masse umane sono sempre state nella storia un riflesso di disuguaglianze e contraddizioni planetarie. Così fu a fine 800 e primo 900 nelle migrazioni europee verso le Americhe. Così è oggi nelle grandi migrazioni africane e medio orientali in Europa. La differenza è che le stesse migrazioni prodotte dai crimini imperialisti trovano oggi un Europa capitalistica in declino, complessivamente stagnante, distruttrice di posti di lavoro e di diritti dei propri proletari. E quindi un Europa ancor meno “accogliente” dell'America di un secolo fa. Dovrebbe essere una ragione in più perchè il movimento operaio europeo faccia quanto fece il movimento socialista americano del primo 900: una battaglia contro la xenofobia, contro le leggi anti migranti, per la fratellanza tra gli sfruttati e gli oppressi al di là di ogni confine e bandiera. 

PER UNA SOLUZIONE SOCIALISTA DEL DRAMMA MIGRATORIO

No ai respingimenti, aperti o mascherati, dei migranti. Per un piano di accoglienza dignitosa dei migranti, a partire dai profughi, su scala europea. Per una libera circolazione dei migranti in Europa. Cancellazione delle leggi anti migranti, in ogni paese e su scala europea. A parità di diritti parità di lavoro, tra lavoratori europei e migranti Ripartizione fra tutti del lavoro esistente, con la riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga. A vantaggio dei lavoratori europei e migranti. Piano del lavoro, in ogni paese e su scala europea, per opere sociali, finanziato dalle grandi ricchezze. A vantaggio dei lavoratori europei e migranti. Requisizione, in ogni paese, dei grandi patrimoni immobiliari, per dare reale diritto di abitazione a lavoratori europei e migranti. Altro che balbettii “umanitari” delle sinistre riformiste europee! Solo un governo dei lavoratori, in ogni paese e su scala europea, può seriamente affrontare la tragedia migratoria nell'interesse comune degli sfruttati. Solo gli Stati Uniti Socialisti d'Europa possono incoraggiare in tutti i continenti la lotta e ribellione degli sfruttati contro la dominazione del capitalismo e dell'imperialismo. Per recidere alla radice la causa stessa dell'emigrazione. “Solo la rivoluzione cambia le cose”. Vale anche per i migranti. 

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

mercoledì 15 aprile 2015

RIPRENDIAMOCI IL NOSTRO TERRITORIO. FERMIAMO LA PEDEMONTANA E L'EXPO CON LA LOTTA


volantino della sezione Brianza del PCL 

Nonostante la contrarietà alla PEDEMONTANA manifestata in questi ultimi anni dalla maggioranza dei cittadini coinvolti, attraverso cortei e assemblee pubbliche, questa inutile opera sta avanzando in modo imperterrito. 
I lavori per le tratte B1 e B2 hanno ormai raggiunto e aggredito una vasto territorio comprensivo dei comuni di Seveso e Cesano Maderno che insieme rappresentano la parte centrale dell’opera. Si tratta di un’area caratterizzata da diverse criticità con un alto tasso di edificazione e con tre attraversamenti ferroviari, dove la PEDEMONTANA amplierà a dismisura buona parte della superstrada Milano-Meda provocando paradossalmente un aumento del traffico su gomma nella zona, anche con rischi generati dagli scavi in zone dove sono seppelliti residui di diossina, eredità del disastro ICMESA del 1976, ancora presente nel sottosuolo non ancora bonificato dopo oltre 35 anni. 
Il costo previsto per i 157 km della PEDEMONTANA è di 5 miliardi di euro, ma le stime, ad opera conclusa, parlano di 8-10 miliardi. In definitiva i fiumi di denaro per le grandi opere sono una succulenta regalia per grandi finanzieri, proprietari immobiliari e speculatori di ogni risma. Infatti è solo di qualche giorno fa la notizia (fonte: la Repubblica) in cui si rileva che i costi sono lievitati del 47%, cioè di quasi 300 milioni di euro. Inoltre non bisogna dimenticare la gara di appalto, vinta nel 2007 dal gruppo Impregilo, falsata "a danno dell'interesse pubblico e della collettività". 
Da sempre il Partito Comunista dei Lavoratori è fermamente contrario alla costruzione della PEDEMONTANA per gli effetti nefasti su un territorio già notevolmente inquinato e cementificato. Si pensi a quanto tale opera inutile significherebbe in termini di devastazione ambientale e acustica e di aumento delle malattie da inquinamento dovuto al passaggio di oltre 100.000 veicoli al giorno. 
Ormai la PEDEMONTANA viene considerata, dal governo PD di Renzi e dal centrodestra, un’opera strettamente collegata a EXPO 2015 per la tanto aberrante quanto illusoria logica delle “grandi opere”, utile per rilanciare l’economia capitalistica. In una tale politica sono pienamente coinvolti il sindaco di Milano Pisapia (SEL) e il leghista Maroni che recentemente hanno espresso insieme pareri più che positivi sia sulle magnifiche sorti progressive di EXPO 2015 sia sul completamento della PEDEMONTANA. PEDEMONTANA ed EXPO sono inserite nello stesso modello economico criminale che riproduce, legittima e normalizza i nuovi orizzonti dello sfruttamento e della mercificazione di ogni ambito umano, materiale e immateriale, trasformando tutto ciò che esiste in strumento di riproduzione del profitto, della rendita e del potere delle classi padronali. 
Esempio perfetto di collaborazione bipartisan, in cui istituzioni e partiti di ogni livello e colore collaborano e concorrono a mettere al servizio del capitale il denaro pubblico e la produzione di norme e leggi. 
Tutto inserito in un contesto di creazione e trasformazione delle città e delle metropoli in vetrine in cui tutto è merce, in cui persone, lavoro, case, aree verdi, beni di prima necessità, servizi, territorio devono essere strumento per il profitto di pochi e lo sfruttamento e l'impoverimento di molti. Il modello EXPO del lavoro dimostra la sostanza normativa del renziano Jobs Act, dove il lavoratore è ipersfruttato, precario, ricattabile, privo di garanzie e diritti sindacali. Infatti saranno 18.000 le persone che lavoreranno gratis per l’EXPO con il beneplacito dei sindacati confederali, in cui i proletari dovranno accontentarsi del lusso di aver contribuito alla realizzazione del grande evento. EXPO significa proporre modelli di città plasmati sull'ostentazione dell'opulenza, della tecnologia, del consumismo, mentre tutto ciò che riguarda le classi sociali sfruttate, alla base della piramide, deve essere allontanato, nascosto nelle periferie, sgomberato, sfrattato, sfruttato fino al suo esaurimento. 
Per il PCL lottare contro PEDEMONTANA ed EXPO significa: lottare contro la devastazione del territorio e la sua trasformazione in merce opporsi al sistema economico capitalistico e alle sue costruzioni politiche mascherate da democrazia rappresentativa organizzare i lavoratori per difendere i loro diritti minimi ottenuti nel passato e rilanciare la conflittualità per il rovesciamento del sistema borghese bloccare la precarizzazione e i licenziamenti e costruire l'organizzazione di classe e il suo partito politico lottare contro le grandi opere del capitale in ogni sua forma, dalle mafie alle multinazionali alle cooperative targate PD lottare contro l'utilizzo del denaro pubblico per il profitto e per la rendita 

PCL sezione Brianza

martedì 14 aprile 2015

Matteo Renzi, un bugiardo al servizio dei capitalisti

Testo volantino nazionale PCL Aprile 2015

Le bugie del populismo reazionario in tutte le sue salse (Renzi, Salvini, Grillo) non fanno che distogliere i lavoratori dalla realtà delle cose e dai loro reali bisogni. Un'opposizione alle classi dominanti di sfruttatori e ai loro partiti (comprese le sinistre compromesse col PD) può passare solo da un partito dei lavoratori, un partito rivoluzionario forgiato nella fucina della lotta di classe e del movimento operaio.



E' finita l'era dei sacrifici, ha recentemente esclamato Matteo Renzi. Mente, come sempre.

In primo luogo, i licenziamenti arbitrari del JOB ACT sono il peggiore dei sacrifici. Altro che contratto a tempo indeterminato: il tempo è affidato alla libertà del padrone, che riceve in premio lo sgravio dei contributi. Sacrifici per tutti a vantaggio dei padroni! Gli stessi che dichiarano al fisco meno dei loro dipendenti! Chi poi chiederà un mutuo si sentirà rispondere (nel migliore dei casi) che è più caro perché la banca si deve tutelare dal suo possibile licenziamento. Mentre i vecchi contratti precari restano intatti. Tutto come prima e peggio di prima!

Ma non basta. Ci sono altri 10 miliardi di tagli. Si vuole nascondere la mano e li si scarica su Comuni e Regioni. Con sindaci e governatori, in larga parte PD, che fingono disappunto ma gestiranno la rapina: privatizzazione delle municipalizzate, aumenti IRPEF, nuovi tagli alla sanità, riduzione dei servizi. Dopo l'aumento delle tasse sulla prima abitazione, il blocco dei contratti, la disoccupazione, la precarietà. E perché? Per finanziare i tagli delle tasse ai padroni e mantenere i patti sul debito col capitale europeo: a garanzia delle banche, grandi acquirenti dei titoli pubblici. Le stesse che in questi anni di crisi distribuiscono dividendi da favola ai propri azionisti grazie alla montagna di soldi ricevuti dalla BCE e dallo Stato. Questa società è interamente costruita sulla rapina del lavoro. Occorre capovolgerla. Occorre un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, che restituisca diritti, nazionalizzi le banche senza indennizzo per i grandi azionisti, espropri i capitalisti che licenziano gli operai, ripartisca il lavoro fra tutti a parità di paga in modo che tutti abbiano un lavoro.

Questa è l'unica alternativa possibile. Ma richiede l'unità e la forza dei lavoratori, delle lavora-ìtrici, dei precari, dei disoccupati. Grillo e Salvini cercano di dividere gli sfruttati. Chi dicendo che il lavoro non c'è più o che i sindacati vanno aboliti, al modico prezzo di 780 euro di sopravvivenza (Grillo). Chi agitando lo spauracchio dei migranti per distogliere la rabbia sociale dai capitalisti (Salvini). Gli stessi con cui le amministrazioni leghiste e anche grilline (Parma, Livorno, Ragusa) fanno affari. Mentono tutti. Il nemico è il capitalismo, chi lo governa, chi lo difende. Solo una rivoluzione può cambiare le cose.

Ci vuole una sinistra che finalmente dica la verità. SEL e PRC hanno fatto per anni le ruote di scorta del PD, per mendicare ministeri o assessorati. Occorre dare ai lavoratori il partito che non hanno mai avuto. Il partito che non li venda. Un partito rivoluzionario.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, l'unico che non ha mai tradito gli operai, costruisce questo partito ogni giorno. In ogni lotta. In ogni movimento. In ogni sindacato classista. E' l'unico partito di cui i lavoratori hanno bisogno. L'unico di cui si possano fidare. Costruire il partito della rivoluzione, qui e ora. Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), l'unico partito che non ha mai tradito gli operai, sta costruendo ogni giorno questo partito.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

lunedì 13 aprile 2015

RICORDO DI TERESA GALLI



Teresa Galli: assassinata dai fascisti il 15 aprile 1919, con un colpo di rivoltella che gli attraversa la nuca, é considerata la prima vittime della violenza squadrista (lo stesso Mussolini definì i fatti che portarono all'omicidio della compagna come "il primo episodio della guerra civile"). Teresa era una giovanissima compagna di diciannove anni residente alla Bovisa. Lavorava come operaia cucitrice. Gli anarchici la ricordano come operaia sovversiva, altri come militante della sinistra socialista, è sicuro però, che dopo il funerale civile, i socialisti della Bovisa l'accompagnarono al Musocco (dove è seppellita) con un corteo che recava le bandiere rosse del Psi.

Colpendo Teresa (una donna, un'operaia) i fascisti, ergendosi a cani da guardia del padrone, rivelano -oggi come ieri- la loro intima natura reazionaria, antioperaia e sessista.

Nello specifico i fatti sono i seguenti: due giorni prima il 13 aprile 1919, durante una manifestazione socialista, la polizia regia uccide un dimostrante in via Corsieri. Il 15 aprile, i socialisti e la Camera del Lavoro proclamano uno sciopero generale tenendo un nuovo, imponente, comizio all'Arena per protestare contro la repressione poliziesca. I comizi sono tenuti da Repossi e Treves. I convenuti -secondo molte testimonianze riportate dalla stampa dell'epoca- inneggiano alla Russia dei Soviet, chiedendo ai dirigenti politici e sindacali del partito socialista una risposta energica ai soprusi perpetrati da una polizia asservita ai pescecani della finanza.

Così, Gaetano Salvemini ricostruisce i fatti di quella giornata: "Dopo che il comizio socialista si era sciolto, una parte della folla che ostentava bandiere rosse e nere e ritratti di Lenin e dell'anarchico Malatesta, si mise in marcia verso il centro della città. È chiaro che gli spartachisti e gli anarchici si erano messi d'accordo per organizzare una dimostrazione senza il concorso dei socialisti di destra e dei massimalisti".

Così prosegue lo storico Marco Rossi :"Prima che il corteo, non-autorizzato e "incordonato" per quattro, raggiungesse Piazza Duomo venne attaccato tra via Mercanti e via Dante.

Gli aggressori erano circa 3-400 tra arditi-futuristi (una quarantina), ufficiali studenti del Politecnico oltre ad aderenti alle varie associazioni tricolori; dopo essersi riuniti presso la redazione de «Il Popolo d'Italia» in via Paolo da Cannobio armandosi di mazze ferrate, pugnali, pistole e bombe a mano, sotto la guida di Vecchi e Marinetti affluirono verso il centro cercando lo scontro, non impedito dai carabinieri e dai militari in servizio d'ordine pubblico. In questo frangente, oltre a vari feriti, rimase uccisa la diciannovenne Teresa Galli. Alle 17,30 circa dal teatro degli incidenti il gruppo in cui dominava il grigioverde anche se ingrossato da borghesi esaltati, con a capo Vecchi e altri ex-ufficiali si diresse alla sede del quotidiano socialista in via San Damiano assaltandola. Dalle finestre della redazione si rispose con rivoltellate; ma la difesa durò poco e, penetrati nella sede del giornale, gli attaccanti distrussero e incendiarono tutto. Alla fine della drammatica giornata il bilancio fu di quattro morti (la giovane operaia, un soldato di guardia e due socialisti, Pietro Bagni e Giuseppe Lucioni) e di trentanove feriti".

Mercoledì, 15 Aprile 2015 alle ore ore 17,00 - Cimitero Maggiore (Ingresso principale) Piazzale Cimitero Maggiore (tram 14) Milano

Pcl sezioni di Milano e Monza-Brianza

sabato 11 aprile 2015

FUORI IL SIONISMO DAL 25 APRILE!



La Brigata Ebraica e l'Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED) di Roma hanno comunicato la loro non partecipazione al corteo di commemorazione del giorno della Liberazione, organizzato dall'ANPI. Il loro rifiuto è dovuto alla partecipazione al corteo di ciò che l'ANED definisce "gruppi di sedicenti filo-palestinesi", la cui semplice presenza costituisce per essi motivo di "mistificazione" e "snaturamento" del 25 aprile. ANED e Brigata Ebraica tengono a far sapere che sono pronti a rivedere la loro posizione, ma che la loro presenza potrebbe essere garantita soltanto dall'assenza di bandiere palestinesi e dalla possibilità di avere diritto di parola dal palco, come ha intimato il vicepresidente di ANED Roma Eugenio Iafrate.

La prepotenza di Brigata Ebraica e ANED è pari solo alla loro sfacciataggine. La loro arrogante pretesa vuole veicolare e imporre, attraverso il 25 aprile e a scapito del 25 aprile, ciò che è invece l'assoluta negazione dello spirito e del contenuto della Liberazione: l'ideologia sionista.
Il riferimento agli "incidenti" della manifestazione dello scorso anno vale a testimoniare, diversamente da quanto essi vorrebbero far credere, che ciò che muove i "partigiani"... dello Stato di Israele è la volontà di rimuovere e di negare a tutti i costi, anche tramite azioni di vera e propria intimidazione e aggressione, la lotta del popolo palestinese contro l'oppressione razzista, coloniale e imperialista di Israele. E che la volontà, neanche troppo dissimulata, sia effettivamente questa emerge dall'intenzione di ridefinire gli stessi contorni politici del 25 aprile: che altro significherebbe, infatti, la richiesta di togliere l'organizzazione della Festa della Liberazione all'ANPI per affidarla al Comune di Roma?

Il Partito Comunista dei Lavoratori respinge con forza il tentativo di sequestro del 25 aprile da parte dei sionisti e dei loro difensori e fiancheggiatori politici, sempre pronti a farsi scudo con l'ormai logoro trucchetto di identificare antisionismo con antisemitismo. Lasciamo ad altri le finzioni cerimoniali e l'imbalsamazione della Resistenza. Oggi più che mai occorre dire chiaro e forte che non c'è 25 aprile senza liberazione dall'oppressione, e non c'è liberazione dall'oppressione senza opposizione al sionismo.
Fuori il sionismo dal 25 aprile!

Partito Comunista dei Lavoratori

venerdì 10 aprile 2015

DE GENNARO E L'IPOCRISIA DELLA SINISTRA



Colpisce l'ipocrisia dei sepolcri imbiancati della democrazia borghese sulla figura di De Gennaro. “ Vergognoso che sia Presidente di Finmeccanica” grida Orfini. Ma” voi dove eravate ?” rispondono SEL e PRC. Già dove eravate.. Ma il “dove eravate” deve valere per tutti. La carriera di De Gennaro dopo la macelleria di Genova è stata assicurata e sospinta da TUTTI i governi che si sono susseguiti dopo il 2001. Non solo dai governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi. Ma anche dal governo di Romano Prodi, in cui sedevano gioiosi gli attuali dirigenti di SEL e PRC. La nomina di De Gennaro a capo gabinetto del ministro Amato risale infatti al 2007 durante il governo dell'Ulivo, sotto la Presidenza della Camera Bertinotti, all'ombra del ministro Paolo Ferrero. Quando il PRC che aveva raccolto i voti del “movimento No Global” nel nome della “non violenza” e di Carlo Giuliani votò le missioni di guerra e tacque sulla promozione del responsabile della tortura di Stato. Il PCL nacque allora, anche in risposta a quel crimine politico. Per questo siamo gli unici a sinistra a poter chiedere senza vergogna: 
           “Ma voi dove eravate?”

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

venerdì 3 aprile 2015

NO ALLA PIATTAFORMA DI FINCANTIERI. Estendiamo e concentriamo la lotta in tutti gli stabilimenti.



TESTO DEL VOLANTINO DIFFUSO AI LAVORATORI DEL CANTIERE DI MARGHERA

La Fincantieri afferma che per agganciare la ripresa e restare competitiva ha bisogno di ristrutturarsi e il rinnovo dell'integrativo è, dal punto di vista aziendale, funzionale a questo obbiettivo. Un accordo quadro, da articolarsi quindi nei vari stabilimenti, che garantisca all'azienda l'allargamento della terziarizzazione, con la prospettiva della cessione di ramo di azienda di tutte quelle attività e comparti, come quello della meccanica, considerati di scarso valore aggiunto (costruzione scafo, magazzini, manutenzioni); la totale discrezione aziendale sulla flessibilità di orario; la riduzione del salario, utilizzando a questo scopo un indice di redditività, definito dall'azienda indice di utile netto da applicarsi all'intero gruppo; l'utilizzo per parte delle maestranze della misurazione della prestazione individuale, aumentando il ricatto sul singolo lavoratore e mettendolo in contrapposizione con gli altri lavoratori; l'eliminazione del ruolo contrattuale delle RSU. Queste sono le condizioni, solo in questo quadro l'azienda è disposta a mantenere in vita i cantieri di Sestri (GE), Castellammare (NA) e Palermo che considera di poca redditività.

Per ottenere questi obbiettivi strategici l'azienda utilizza, a nostro avviso strumentalmente, la richiesta della restituzione di 104 ore di PAR (Permessi annui retribuiti), oppure, in alternativa, mezzora di lavoro al giorno non retribuita e ancora, con la scusa della sicurezza sul lavoro, la collocazione di microchip sugli scarponi dei lavoratori come strumento di controllo a distanza. Di fronte a tanta arroganza padronale i lavoratori hanno risposto con scioperi in tutti i cantieri. Ma l'esperienza di queste settimane di mobilitazione ha mostrato che per piegare l'arroganza padronale, per sconfiggere la Piattaforma Fincantieri è necessario superare l'attuale modalità di sciopero (pacchetti di tre ore nei diversi cantieri) e passare ad un livello superiore: sciopero prolungato, coordinato e concentrato in tutti i cantieri! Non dobbiamo ripetere l'errore del luglio 2013, gli scioperi disarticolati stabilimento per stabilimento, quando l'azienda ha imposto l'accordo del 6x6.

Solo costruendo un vero coordinamento di lotta, tra delegati e lavoratori diretti e delegati e lavoratori delle ditte d'appalto -dove lo sfruttamento e il ricatto è più pesante-, che abbia il compito di decidere le forme e i contenuti della mobilitazione può rappresentare un salto di qualità ed impedire la capitolazione.

Costruire un vero coordinamento nazionale dei lavoratori, eletto dai lavoratori diretti e indiretti, che elabori un piano di azione da sottoporre al voto dei lavoratori.

Costituzione di una cassa di resistenza per sostenere gli scioperi che inevitabilmente per essere vincenti dovranno essere ad oltranza.

Costruire comitati aziendali di sciopero, eletti dai lavoratori, che affianchino nella mobilitazione i delegati e i rappresentati sindacali.

Costruire nel territorio la solidarietà attiva attorno alla lotta di tutti gli stabilimenti.

La lotta dei lavoratori di Fincantieri, nell'epoca del JOBS ACT di Renzi e Poletti con i contratti a tempo imprecisato, per essere vincente deve estendersi a tutti gli altri stabilimenti, categorie e comparti, per unire i lavoratori e costruire una mobilitazione prolungata e di massa contro il governo e il padronato.

Solo un programma operaio di uscita dalla crisi capitalista può assicurarci un futuro, solo nazionalizzando, senza indennizzo e sotto controllo operaio, le aziende che licenziano e non rispettano i diritti dei lavoratori è possibile ritornare a vincere. Un programma che solo un governo dei lavoratori può attuare.

Sezione di Venezia Pietro Tresso

giovedì 2 aprile 2015

Da Mafia Capitale alle grandi opere inutili: La coop non sei (più) tu



Le vicende di Roma Mafia Capitale, così come altri piccoli-medi-grandi scandali locali, hanno portato alla ribalta il ruolo non proprio limpido di quello che fu il mondo delle cosiddette cooperative rosse, che nel corso degli ultimi decenni ha conosciuto una radicale modifica di senso, prospettive e valori.

Il mondo antico

C'era una volta, come in una bella favola per bambini, il movimento cooperativo che nasceva da una costola del movimento dei lavoratori, della terra così come delle fabbriche, per porsi sul terreno del miglioramento immediato delle condizioni di vita del proletariato. E' una storia lunga quella del movimento cooperativo in Italia, che affonda le sue radici nella fine dell'800 – ma alcune forme più primitive sono addirittura antecedenti – per aumentare la propria consistenza nei decenni del '900, di pari passo all'avanzare delle forme politiche e sindacali organizzate delle classi subalterne. Sono due le grandi categorie della cooperazione: le coop di consumo, che si pongono il problema di fornire ai soci beni di prima necessità – in primo luogo cibo - a prezzi calmierati rispetto il c.d. libero mercato; le coop di produzione-lavoro che associando lavoratori, spesso con varie specializzazioni, servono beni e servizi. Accanto a questi due tipi di coop si sviluppa il mutuo soccorso, con l'obiettivo, dietro il pagamento di basse quote associative, di garantire le prime forme di assistenza e previdenza sociale per i lavoratori e le loro famiglie. Ma il movimento cooperativo non rimarrà un fenomeno del mondo proletario e socialista; intuendone l'importanza in termini di aggregazione e consenso sociale, anche i cattolici, su iniziativa diretta della chiesa, si porrà sullo stesso terreno: arrivano così le cooperative bianche, che in più di un'occasione si porranno in contrapposizione ai “rossi”, a volte diventando strumenti operativi di crumiraggio contro gli scioperanti.

L'immagine del nuovo potere cooperativo

Il Novecento – con la maiuscola – delle lotte di classe, della battaglia del proletariato organizzato per il socialismo, per il mondo delle cooperative rosse è davvero finito e si è trasformato nel suo contrario esatto. Peraltro buona parte di questa mutazione delle coop verso il mondo del profitto anticipa la fine politica del PCI, in qualche misura ne è probabilmente anche agente attivo. E' passato tanto tempo da quando nell'ultimo dopoguerra le coop erano ancora strumento ed elemento propulsore del movimento operaio e dei lavoratori. Vogliamo ricordare che nei primi anni '60 a presiedere la Lega delle Cooperativa fu un certo Silvio Paolicchi, dirigente nazionale del PCI e membro del Comitato Centrale, che, da comunista e rivoluzionario coerente, poco tempo dopo aderirà al trotskismo conseguente, rimanendone militante per il resto della vita.

Oggi il potere economico del mondo cooperativo che fu rosso svetta alto nel cielo di Bologna e si specchia simbolicamente nel suo omologo potere politico. Nel moderno – addirittura avveniristico quando fu progettato - quartiere fieristico della città, la torre bianca della Legacoop si riflette a poche decine di metri nella sua copia ospitante la giunta e la presidenza della Regione Emilia-Romagna. La stessa morfologia della città è stata in parte modificata dalla megalomania edilizia dell'élite cooperativa. Appena fuori dal centro storico troviamo Porta Europa, vero mostro architettonico, di proprietà Unipol (assicurazione da sempre legata al PCI e al mondo cooperativo, ora anche banca, che si è sviluppata e sostituita ai vecchi mutui soccorso) che, oltre a contenere parte della direzione del gruppo, ospita al suo interno uno dei ristoranti più esclusivi della città: a coperto sono circa 150 euro bevande escluse. Poco distante si lancia verso l'infinito la torre Unipol, il grattacielo più alto della regione, ben visibile da chi attraversi l'autostrada. Nella periferia opposta si trova il palazzone di vetro del famigerato CCC: Consorzio della Cooperative Costruttrici, i signori del mattone rosso, l'equivalente cooperativo dei volgarmente noti palazzinari.

I vecchi e storici insegnamenti sono stati appresi senza fatica e senza remore dalla dirigenza cooperativa e dai suoi grandi manager che, forse, in gioventù furono rossi e progressisti. Pecunia non olet potrebbe essere il titolo di un convegno della Legacoop o il motto di una campagna pubblicitaria del CCC. Non c'è schifezza o vergogna italiana degli ultimi anni in cui le grandi e medie coop non siano coinvolte: dalla Tav in Val di Susa all'ampliamento dell'aeroporto militare Nato di Vicenza; dallo sventramento delle vie del centro storico bolognese per le opere stradali e murarie dell'originale tram su gomma di produzione Fiat (una grande opera “casualmente” bipartisan: agli Agnelli e Marchionne i mezzi, alle coop i cantieri), per arrivare all'Expo milanese, e così via. Gli affari sono affari e non si guarda in faccia a niente e a nessuno. Qualche mese fa è stato fondato il nuovo giornale, cartaceo e online, La Croce Quotidiano, di chiara matrice integralista cattolica, diretto dall'ex deputato Pd Mario Adinolfi. La nuova testata dichiaratamente omofoba e reazionaria nel momento del lancio ha trovato tra i suoi inserzionisti di punta l'assicurazione on line Dialogo, del gruppo Unipol.

Le condizioni dei lavoratori delle coop sono andate via via peggiorando allineandosi a quelle di mercato. Cosi per anni ai soci lavoratori veniva trattenuta una quota di stipendio per pagare la propria quota sociale e solo in anni recenti sono stati riconosciuti loro i diritti sindacali, che inizialmente venivano loro negati in quanto – astrattamente e teoricamente – cooperatori e quindi padroni di sé stessi. Mentre negli ultimi tempi è emerso con forza, grazie all'intervento del sindacalismo di base – in primis il SI.Cobas – presso i lavoratori in gran parte migranti lo scandalo delle coop di facchinaggio della logistica. Una situazione di supersfruttamento tale da mettere in imbarazzo ad un certo punto la stessa Legacoop che ha cominciato parlare di cooperative spurie. Ad osservatori attenti nulla di ciò meraviglia. Il ministro del Lavoro Poletti, uomo dell'ex PCI e proveniente dai vertici del mondo cooperativo, è il padre del nuovo Jobs act e le sue nuove proposte di lavoro non retribuito per gli studenti nel periodo estivo dimostrano più di tutto la logica lavorista e iper sfruttatrice che muove il personaggio, sicuro retaggio dell'ambiente di provenienza.

Finalmente come tutti

Del vecchio spirito cooperativo resta ormai poco. Certo nelle Coop legate alla grande distribuzione le condizioni di lavoro e contrattuali sono ancora migliori (o forse meno peggio) degli omologhi delle catene di discount; certo anche lo smercio dei prodotti alimentari – e non solo – a marchio Coop mantiene certe attenzioni assenti in altre catene, ma questo avviene anche grazie ancora ad una certa partecipazione e sorveglianza dei soci consumatori che comunque rimangono il marchio distintivo di questo mondo. Ma tristemente basta entrare in un supermercato o ipermercato coop e poi andare in un discount per vedere ad occhio nudo quale sia la differenza di classe o di ceto fra i clienti.

Intanto rispetto ai soci consumatori o lavoratori i dirigenti sono veri e propri manager, come tali vengono pagati, come tali agiscono nei confronti dei loro sottoposti e come tali trattano alla pari con i loro omologhi dell'imprenditoria e del padronato. All'omologazione politica totale degli esponenti dell'ex PCI è corrisposta un'analoga operazione della dirigenza cooperativa. Finalmente la tanta normalità ambita dai dirigenti della sinistra storica italiana è avvenuta, in una sorta di mutazione neodemocristiana, si può dire che ce l'abbiano fatta, per dirla con Nenni sono entrati nella stanza dei bottoni, ma sono riusciti ad andare oltre: anche loro rubano e sfruttano, sono corrotti e corruttori. La foto della cena di Poletti e Buzzi insieme ad Alemanno e ad altri personaggi di dubbia moralità è paradigmatica, dovrebbero stamparla sulle tessere del Pd di quei signori che vanno a cena – per mille euro a coperto – con Renzi per finanziare il partito.

Le stesse facce e storie che stanno al governo mostrano le alleanze e i blocchi del potere economico: Poletti per le Coop al lavoro, Federica Guidi per Confindustria allo sviluppo economico, Lupi (seppur recentemente trombato) alle infrastrutture, quindi alle grandi opere, per conto dell'imprenditoria cattolica, in primis Compagnia delle Opere.

Alla tavola imbandita dei nemici di classe si è aggiunto un posto: quello dei grandi manager cooperativi.

I comunisti rivoluzionari sapranno come porsi il problema di sbaragliare la cricca di Poletti e soci. Oggi la coop sono loro, ma non è detto che sia per sempre.

MICHELE TERRA

mercoledì 1 aprile 2015

Il Lupi perde il pelo ma non Incalza



"Scandalo" Incalza e Grandi Opere: Terzo Valico grande affare Continuano a emergere gli "scandali" legati alle grandi opere del capitale anche sui media e sui giornali della propaganda del partito del cemento.
il Movimento NoTav-NoTerzoValico, porta avanti una lotta, criminalizzata e repressa dalla magistratura e dalle forze di polizia, per opporsi ai progetti di devastazione del territorio, di saccheggio delle risorse, di sfruttamento del lavoro in nome di milioni e milioni di euro per le tasche di speculatori, appaltatori e corrotti.

Continuano a emergere gli "scandali" legati alle grandi opere del capitale anche sui media e sui giornali della propaganda del partito del cemento.
Da anni, ormai, il Movimento NoTav-NoTerzoValico, porta avanti una lotta criminalizzata e repressa dalla magistratura e dalle forze di polizia per opporsi ai progetti di devastazione del territorio, di saccheggio delle risorse, di sfruttamento del lavoro in nome di milioni e milioni di euro per le tasche di speculatori, appaltatori e corrotti.
Niente di nuovo, quindi. Per chi, come noi del Partito Comunista dei Lavoratori, condivide e porta avanti questa lotta, sono solo le cornferme dei reali interessi e scopi che si nascondono dietro a questi abomini.
In meno di un mese si è passati dal sequestro del cantiere di Tortona per illeciti, infiltrazioni mafiose e presenza di rifiuti tossici (amianto, tubi in metallo, bidoni con materiali non identificati) alla caduta della testa del direttore del Cociv, Marcheselli, per via dei soliti rapporti ambigui con la 'ndrangheta nella gestione degli appalti e dello smaltimento dei rifiuti (nei cantieri del Terzo Valico come nel Mugello).
Sempre nello stesso arco di tempo sono stati chiusi dal Cociv gli appalti con le ditte che dovevano lavorare ai cantieri di Arquata e Radimero, perchè i finanziamenti per il Terzo Valico si sono già volatilizzati e in questo, sicuramente, una parte del merito va anche alla resistenza e all'ostruzionismo portato avanti dai comitati NoTerzoValico.
Come non considerare, poi, i tragici "incidenti" sul lavoro che si perpetuano sui corpi dei lavoratori ipersfruttati dei cantieri. Il tanto agognato lavoro che dovrebbero portare queste grandi opere non fa che riproporre le condizioni sempre peggiori per i salariati: assenza di sicurezza, contratti precari, ipersfruttamento. Così il 12 Marzo ben due dipendenti sono rimasti schiacciati dal crollo di una parete della galleria e sono stati trasportati in codice rosso a VillaScassi. Ma non sono gli unici; prima di loro un operaio a Trasta ha subito una grave ferita alla mano, rischiando di perderla, e, subito dopo, un lavoratore senegalese ha rischiato la vita schiacciato da un camion.
Grazie alla vigilanza degli attivisti NoTav è stata documentato e scoperto il versamento di cemento nel Rio Traversa del cantiere di Castagnola a Francalto, e chissà quante altre brutture ambientali vengono portate avanti in ossequio alla regola del minimizzare i costi, o meglio esternalizzarli su ambiente e comunità, e massimizzare i profitti.
Last but not Least la grande cupola di corruzione e interessi tra politica, burocrazia, ditte mafiose e amici del cemento scoperchiata recentemente. Una premiata ditta che coinvolge direttamente le alte sfere dello Stato partendo dal potente burocrate Incalza, eterno burattinaio della gestione degli appalti delle grandi opere, amico e sostenitore del Ministro delle Infrastrutture Lupi, con cui ha scritto il programma elettorale di NCD. Incalza ha messo in atto una macchina burocratica a metà tra il legale e il sommerso che garantiva mazzette, regali, appoggi a carriere politiche, appalti e garanzie nei non-controlli, mancata opposizione in caso di lievitamento dei costi.
Come dichiara il sito www.noterzovalico.info, per quanto riguarda il Terzo Valico ciò che è emerso si traduce in: "Le accuse: corruzione, induzione indebita, turbativa d’asta. 
La percentuale che il direttore dei lavori imposto da Incalza, Stefano Perotti, otteneva da ogni grande opera variava tra 1 e 3%. Oltre al direttore dei lavori, Incalza e soci potevano imporre anche consulenze da parte delle società che ricevevano i finanziamenti per le opere dal ministero. 
Per quanto riguarda il Terzo Valico sono stati utilizzati entrambi i sistemi: Incalza impone al Cociv (oggi di Salini, ieri di Gavio) di incaricare Perotti come direttore dei lavori ottenendo dunque una percentuale sui 6,2 miliardi di euro dell’opera, e non contento fa avere a suo genero Alberto Donati una consulenza da 691.797 € dalla finanziaria della famiglia Gavio. Ecco, queste sono le tangenti pagate da Cociv. 
Anche Perotti tiene famiglia: al suo parente con studio a Genova, Giorgio Mor, affida dei lavori e impone l’assunzione del figlio di Lupi. Per incentivarlo gli regala anche un prezioso Rolex." 
Queste non sono che le punte di un immenso iceberg fatto di interessi capitalistici, profitto, sfruttamento, devastazione e mafie. L'unica soluzione per tutti rimane l'opposizione militante ed attivistica a questi progetti, la radicalizzazione e il radicamento di reti di resistenza che sappiano legare le rivendicazioni dei lavoratori a quelle delle popolazioni colpite dalle Grandi Opere inutili, in una strenua lotta al capitale, alle istituzioni borghesi e al loro malaffare. 

Il PCL continua e continuerà a sostenere e difendere la lotta per la difesa del territorio e dell'autodetermianzione dei popoli e degli sfruttati contro le volontà di mercificazione di speculatori, mafiosi, politici servi del profitto e del sistema borghese. Considerandola parte di una lotta generale contro il sistema capitalista e per la costruzione degli organi della classe proletaria con cui dar vita alla rivoluzione. 

 PCL Liguria