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venerdì 27 febbraio 2015

LA LEZIONE GRECA



L'evoluzione della situazione greca offre indicazioni di inestimabile valore a tutte le avanguardie di classe disponibili a ragionare e a battersi per una soluzione anticapitalistica.

L'astro nascente di Syriza si è trasformato in stella cadente in meno di un mese.
La grande illusione di un rilancio riformistico in Europa ha subito battuto la testa contro il muro. I gruppi dirigenti di una sinistra italiana allo sbando che cercavano in Syriza la propria resurrezione hanno sbagliato ancora una volta i propri calcoli. Lo sforzo imperturbabile del quotidiano “Il manifesto” di continuare a presentare Tsipras, contro ogni evidenza, come il condottiero della vittoria, dimostra l' ipocrisia imbarazzante di un riformismo che non vuole rassegnarsi alla verità. O al fallimento dei propri investimenti editoriali.

I fatti hanno parlato con un linguaggio crudo, che non lascia spazio ad equivoci.

Tsipras aveva sperato di potersi ritagliare uno spazio di manovra tra capitale e lavoro. Puntava da un lato alla ristrutturazione negoziata del debito pubblico con gli Stati strozzini, presso i quali da tempo aveva voluto accreditarsi. Dall'altro ad una riduzione concordata dell'avanzo primario capace di consentirgli misure sociali immediate e tangibili per confermare l'impressione della “svolta”.

LA RESA AI CREDITORI

L'operazione è fallita. I creditori strozzini, cioè gli Stati imperialisti dell'Unione non hanno concesso a Tsipras neppure la maschera. Il tradimento delle promesse sociali è apparso clamoroso . Di più. Al tavolo da gioco il dinamico ministro delle Finanze Varkufakis non ha potuto nemmeno avanzare le proposte di compromesso inizialmente propagandate ( riduzione del debito, conferenza europea sul debito, riduzione dell'avanzo primario dal 4,5% all'1,5%). Perchè persino quelle timide proposte negoziali erano irricevibili dagli Stati imperialisti. Al contrario sono stati gli Stati imperialisti a dettare le proprie richieste: continuità del Memorandum e del commissariamento della Grecia da parte della Troika; salvaguardia delle privatizzazioni rapina già realizzate o avviate; continuità della stretta sociale su sanità e pensioni; nessun innalzamento della soglia di esenzione fiscale per le famiglie più povere. Syriza salva l'”ambizione” a elevare il salario minimo, come eventualità futura, senza quantificazioni e indicazioni di data, e per di più solo se i creditori daranno via libera. La rinuncia codificata da parte del governo a qualsiasi “misura unilaterale” dà ai creditori strozzini un potere di veto totale. L'unica foglia di fico concessa a Tsipras è quella di chiamare il Memorandum “le misure in essere” e la Troika “le istituzioni”. La pretesa di Tsipras di aggrapparsi alla semantica per cantare vittoria è più penosa che il riconoscimento della sconfitta. La qualifica di “bertinottismo greco” si attaglia davvero alla perfezione, se non fosse che la tragedia greca lascia poco spazio al sorriso.

Ciò che è accaduto racchiude una formidabile lezione politica. Non c'è alcun reale spazio riformistico dentro la crisi capitalistica europea. L'illusione propagata a piene mani dai partiti della Sinistra Europea, Syriza in testa, circa un possibile compromesso dinamico progressivo dentro la camicia di forza dell'Unione Europea, si conferma come un volgare inganno per i lavoratori . Subordinare la loro volontà di cambiamento alle compatibilità del capitalismo europeo equivale al tradimento di quella volontà. Anche quando quella volontà ha dietro di sé la forza di una mobilitazione di anni, come nel caso greco. Anzi, quanto più la domanda popolare di svolta è radicale, perchè dettata dalla disperazione sociale e dalla generosità della lotta, tanto più la pretesa di subordinarla al capitale consuma un tradimento vergognoso. Tale è il tradimento compiuto da Syriza e Tsipras in Grecia. Senza alcuna attenuante.

Il cuore del tradimento non sta in un eccesso di arrendevolezza al tavolo negoziale con gli strozzini. Sta nell'aver accettato e perseguito quel tavolo. Sta nel fatto di aver perseguito l'accordo con gli Stati strozzini presentandolo come possibile canale di svolta per gli sfruttati. A quel tavolo negoziale il risultato era già scritto in partenza. E tutti i nuovi negoziati annunciati in primavera non faranno che confermarlo. La lezione è semplice: non si può “cambiare l'Europa” col consenso dei padroni d'Europa; non si può “cambiare la Grecia” col consenso dei banchieri e degli armatori greci. Solo una rottura radicale col capitalismo greco ed europeo può segnare una svolta vera. Solo un governo dei lavoratori può realizzare tale svolta. Fuori da questa prospettiva, contro questa prospettiva, c'è solo l'eterno ripetersi di una capitolazione obbligata. E un rischio enorme: quello di consegnare l'inevitabile disillusione popolare alle fauci naziste di Alba Dorata. Il fatto che i dirigenti di Alba Dorata abbiano detto dopo il 25 Gennaio “Syriza fallirà, poi arriveremo noi”, non rappresenta affatto un innocuo gesto provocatorio. Rappresenta un lucido disegno. I legami del nazismo greco coi corpi di polizia e le strutture militari già eredi della dittatura dei Colonnelli (1967), colorano quel disegno di tinte particolarmente inquietanti.

Il bivio di fondo è inequivocabile: o il movimento operaio greco darà la propria soluzione sul terreno rivoluzionario alla crisi del proprio paese oppure c'è il rischio drammatico che la soluzione, prima o poi, la dia la peggiore reazione contro il movimento operaio.

PER UN PROGRAMMA ANTICAPITALISTICO DI EMERGENZA

La necessità di una soluzione rivoluzionaria è peraltro suggerita dall'emergenza economico sociale. Che detta in forma chiarissima le misure anticapitaliste da realizzare.



E' necessario innanzitutto annullare il debito pubblico greco verso tutti gli strozzini imperialisti (UE, BCE, FMI, banche private). Un debito di 320 miliardi è impagabile. Accettare di pagarlo significa condannare il futuro di generazioni. Puntare a negoziare coi creditori la sua ristrutturazione significa esporsi come si vede a odiosi ricatti e inaccettabili contropartite. La Grecia paga ogni anno più di 7 miliardi di soli interessi sul debito. Siamo al punto che persino la ventilata tassa patrimoniale sulle grandi fortune ( ad oggi rimossa) sarebbe chiamata a pagare il debito pubblico agli Stati imperialisti, invece che finanziare la redistribuzione sociale della ricchezza. Non c'è altra via che l' annullamento unilaterale del debito. La tesi diffusa dalla stampa borghese italiana secondo cui l'annullamento del debito greco significherebbe un colpo al portafoglio dei “cittadini italiani, tedeschi o francesi” è una volgare menzogna. I titoli greci nelle casse degli Stati strozzini sono solo il frutto della rapina da essi compiuta sulle tasche dei propri lavoratori ( italiani, tedeschi, francesi), che hanno di fatto pagato l'acquisto di quei titoli, e al tempo stesso un nodo scorsoio al collo dei lavoratori greci. Se i lavoratori greci tagliano il cappio del debito forniscono un esempio ai lavoratori italiani, francesi tedeschi, contro i banchieri di casa propria, normalmente detentori del debito pubblico nazionale. L'annullamento del debito pubblico greco sarebbe dunque un atto di solidarietà internazionale tra sfruttati dei diversi paesi contro i propri capitalisti e contro lo strozzinaggio imperialista.

In secondo luogo vanno nazionalizzate le banche greche ( e le banche in Grecia dei paesi imperialisti), senza indennizzo per i grandi azionisti. Ogni giorno le banche greche rappresentano il canale di fuga di 300 milioni. Non fuggono i risparmi dei poveracci. Fuggono i capitali degli armatori, dei costruttori, dei capitalisti greci, già grandi evasori fiscali e affossatori ordinari del bilancio pubblico. Il paradosso è che parte degli “aiuti” degli Stati strozzini alla Grecia- pagati dai lavoratori europei- servono a ricapitalizzare le banche greche, cioè a riempire i buchi provocati dalla fuga dei capitalisti greci. Naturalmente questi “aiuti” vengono fatti pagare a loro volta ai lavoratori greci, chiamati a “ringraziare” con nuovi sacrifici il salvataggio dei propri banchieri. C'è un solo modo di stroncare tutto questo: espropriare le banche greche unificandole in una unica banca di Stato. E' l'unico modo di bloccare la fuga dei capitali, e di costruire oltretutto una vera anagrafe patrimoniale.

In terzo luogo è necessario espropriare le cento grandi famiglie del capitalismo greco, a partire dagli armatori. Gli armatori greci detengono il 20% della marina mercantile mondiale. Eppure la Costituzione greca (art 96) regala l'esenzione fiscale agli armatori. I quali concentrano nelle proprie mani le redini del capitalismo greco e una ricchezza immensa. Gli armatori minacciano di “portare altrove la propria flotta” nel caso si chieda loro di pagare le tasse. C'è un solo modo di replicare al ricatto: sequestrare la loro flotta, acquisirla allo Stato. Senza indennizzo ovviamente, visto che l'indennizzo è già stato loro pagato da mezzo secolo di esenzioni fiscali. L'esproprio degli armatori, dei grandi costruttori, dei capitalisti dell'industria alimentare e farmaceutica- combinato con la nazionalizzazione delle banche- consentirebbe di riorganizzare da cima a fondo l'economia greca ponendola sotto controllo dei lavoratori. E rappresenterebbe oltretutto l'unica misura capace di stroncare alla radice la corruzione.

PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI E DELLA POPOLAZIONE POVERA

Queste tre misure fra loro collegate sono indispensabili e urgenti per salvare la società greca.
Possono essere imposte solamente dalla forza rivoluzionaria della mobilitazione operaia e popolare. Possono essere realizzate solamente da un governo dei lavoratori e della popolazione povera di Grecia, basato sulla loro organizzazione e la loro forza.

Se solo Syriza e KKE lo volessero potrebbero formare in pochi giorni tale governo e realizzare immediatamente queste misure con un semplice voto parlamentare: rompendo col partito reazionario di ANEL, raccogliendo la volontà e le esigenze popolari, appoggiandosi sulla mobilitazione del popolo. Ma non vogliono. Syriza come si è visto si è votata all'accordo con gli strozzini. Il KKE non vuole battersi per il potere dei lavoratori, ma si limita a salvaguardare il proprio spazio. Gli uni e gli altri vocati a coltivare le proprie rendite politiche dentro la società borghese, o nel ruolo di governo ( borghese) o nelle vesti di opposizione ( di sua maestà).

La costruzione del partito della rivoluzione è all'ordine del giorno in Grecia. Il Partito operaio rivoluzionario greco (EEK) è impegnato nella costruzione di questo partito. I fatti dimostrano, giorno dopo giorno, che solo un partito rivoluzionario, capace di unificare sul proprio programma tutte le avanguardie di classe e di movimento, può candidarsi a dirigere i lavoratori e la popolazione povera di Grecia verso l'unico sbocco coerente: la conquista proletaria del potere, il rovesciamento del potere borghese, l'instaurazione del potere dei lavoratori e dei loro organismi democratici e di massa. Di certo un governo dei lavoratori greci, con la sua stessa esistenza e con le proprie misure rivoluzionarie, costituirebbe un esempio per i lavoratori di tutta Europa, e un fattore eccezionale di mobilitazione per gli Stati Uniti socialisti d'Europa.

Il PCL è a fianco del partito fratello EEK, nella lotta comune per la rivoluzione socialista.

MARCO FERRANDO

martedì 24 febbraio 2015

IL TRADIMENTO ANNUNCIATO DI TSIPRAS



“Bertinottismo greco”: così avevamo definito controcorrente il corso politico di Tsipras nel momento stesso in cui tutte le sinistre cosiddette “radicali” lo salutavano entusiaste come nuovo Messia. Ora parlano i fatti con il linguaggio della verità. A meno di un mese dalla vittoria elettorale le promesse sociali di Tsipras sono carta straccia. La linea strategica dell'accordo col capitale finanziario europeo ha prodotto l'unico risultato possibile, prevedibile, previsto: la vittoria degli strozzini della popolazione povera di Grecia, contro la sua domanda di svolta. I governi dei creditori e i mercati finanziari brindano con comprensibile soddisfazione: il banchetto della loro rapina continua. Con la collaborazione del governo Tsipras, che si è guadagnato le meritate congratulazioni di “serietà” e “affidabilità” da parte dei nemici dei lavoratori greci.

Le masse povere di Grecia, tradite da Syriza, sono poste ora di fronte al bivio: rassegnazione o ribellione. Nel primo caso si apre il rischio drammatico dell'avanzata di Alba Dorata. Nel secondo caso si impone la lotta per un governo dei lavoratori: l'unico che possa annullare il debito pubblico, nazionalizzare le banche, espropriare gli armatori. Le misure essenziali di vera svolta senza le quali tutto continuerà come prima.

Il Partito Operaio Rivoluzionario greco (EEK), nostro partito fratello, è in prima linea , all'opposizione del governo Syriza/Anel, per una soluzione anticapitalista della crisi greca. L'unica alternativa.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

martedì 17 febbraio 2015

NO ALL' INTERVENTO IMPERIALISTA IN LIBIA



Con l'annuncio di un intervento militare in Libia il governo trasformista di Matteo Renzi ritorna sulle orme del governo trasformista di Giolitti.

Allora la guerra di Libia fu presentata come “missione democratica e civilizzatrice”.
Oggi il “blocco dell'immigrazione”, la “sicurezza delle risorse energetiche”, il “contrasto dell'ISIS” sono e saranno le bandiere “popolari” con cui giustificare l'intervento. Ma sotto la confezione propagandistica si celano altri scopi. Renzi cerca in Libia una medaglia da esibire in Europa, nelle relazioni negoziali con la UE. Cerca la via per scalzare definitivamente le ambizioni concorrenti della Francia in Nord Africa in funzione del primato italiano. Cerca di consolidare le relazioni privilegiate dell'Italia col regime militare egiziano, anch'esso interessato alla “pacificazione” della Libia. Cerca un posto al sole nella diplomazia internazionale e nella Nato con cui compensare la freddezza italiana sulla partita ucraina. Cerca infine sul fronte interno una leva di “unità nazionale” con cui cementare il partito della Nazione.

E' necessaria una campagna di demistificazione dell'interventismo italiano in Libia.

Siamo nemici irriducibili del fascismo islamico dell'ISIS. Ma lo siamo dal versante dei combattenti kurdi, dei diritti palestinesi, dell'emancipazione della nazione araba contro l'imperialismo e il sionismo. Non certo dal versante imperialista delle vecchie potenze coloniali, oltretutto prime responsabili, dirette e indirette, dell' ascesa dell'ISIS in Medio Oriente.

Facciamo appello a tutte le sinistre per una mobilitazione unitaria contro l'intervento imperialista dell'Italia in Libia, che sia esso coperto o meno dall'ipocrisia dell'ONU.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

venerdì 13 febbraio 2015

CAMPAGNA DI TESSERAMENTO 2015 DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



Guardiamo in faccia la realtà.
Per trent’anni le classi dirigenti d'Europa hanno imposto ovunque enormi sacrifici sociali , con l'argomento che avrebbero garantito un futuro migliore ai “giovani”. E' accaduto l'opposto. Le nuove generazioni sono state condannate al precariato, i loro diritti negati, le loro future pensioni distrutte, mentre capitalisti e banchieri si sono arricchiti per decenni come mai in precedenza.

Oggi, di fronte alla grande crisi del capitalismo , le stesse classi responsabili della bancarotta chiedono alle proprie vittime sacrifici ancor più pesanti, con l'argomento che assicureranno l' “uscita dalla crisi” e il “futuro dell'Europa”. Accade l'opposto. Dopo sette anni la crisi permane , l'Unione Europea delle banche si avvita nella recessione, mentre sprofondano le condizioni di vita dei salariati e di larga parte della popolazione.

La verità è che solo una rivoluzione sociale può fare pulizia. 

Perché solo una rivoluzione sociale può rovesciare la dittatura degli industriali, delle banche, delle compagnie di assicurazione, con quel groviglio inestricabile di sfruttamento, speculazione, corruzione, che domina la vita sociale in ogni suo aspetto , sotto ogni governo, in ogni paese capitalista.


Aderire al PCL significa rafforzare questo lavoro e prospettiva. 

Costruirlo, in ogni lotta, è il nostro impegno. Salvaguardare la sua autonomia, estendere le sue radici sociali, organizzare nelle sue fila i lavoratori e i giovani più coscienti, sviluppare la loro formazione, significa lavorare concretamente per il futuro della rivoluzione. Al fianco dei marxisti rivoluzionari di tutto il mondo, nel lavoro di ricostruzione della Quarta Internazionale.


Partito Comunista dei Lavoratori

lunedì 2 febbraio 2015

E' uscito il numero di gennaio-febbraio de "UNITA' DI CLASSE" (giornale comunista dei lavoratori)



Indice di questo numero:

 _Editoriale "Lottare per tornare a vincere" di Marco Ferrando
 _"Ecco UNITA' DI CLASSE giornale comunista dei lavoratori" di Michele Terra
 _"PCL Taranto: una forza rivoluzionaria non solo per la città dei due mari ma per il sud", intervista ai       compagni della sezione tarantina e del PCL Puglia, di Fabrizio Montuori
 _"Dopo l'autunno tiepido, la burocrazia sindacale al bivio", intervista a Francesco Doro (comitato centrale FIOM-CGIL), di Antonino Marceca
 _"Per un'alternativa rivoluzionaria in Grecia" di Marco Ferrando
 _Recensione de "L'Italia dopo l'Italia" di Perry Anderson, a cura di Michele Terra
 _"La Cina del 'grande timoniere' " di Francesco Grisolia (seconda parte)
 _"Affari, neofascismo e criminalità all'ombra del cupolone" di Piero Nobili
 _"Il 'nuovo' volto di Israele" di Ruggero Rognoni
 _"Il diritto alla salute nell'era Renzi" di Pier Paolo Duchini
 _"10,100,1000... Charlie Hebdo" di Michele Terra

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI