Il Partito
Comunista dei Lavoratori sarà presente con un nutrito gruppo di militanti
all’"assemblea nazionale dei lavoratori combattivi", che si terrà a
Bologna alle ore 9:30 nella sala Dumbo, in via Casarini 72.
Appoggiamo
pienamente l'iniziativa che vuole riunire lavoratori, lavoratrici, delegati e
delegate, forze sindacali e strutture autorganizzate, per avviare un percorso
unitario di confronto e mobilitazione.
Lo scopo è
arrivare, contro governo e padronato, a un necessario fronte unico di massa, di
cui questa assemblea è un buon primo passo.
Il PCL è
quindi impegnato alla riuscita di questa iniziativa, cui hanno già aderito
centinaia di lavoratori e lavoratrici e sindacalisti classisti.
Invitiamo
perciò tutti i compagni e tutte le compagne che fanno attività sindacale (in
opposizione CGIL, in SGB, CUB, USB o altro sindacato) a firmare il testo
dell’appello e a estenderlo ad altri compagni/e che fanno attività nel
sindacalismo di classe e nella sinistra di opposizione e di classe, indicando
il luogo di lavoro e il ruolo sindacale e comunicando l’adesione direttamente
alla e-mail nazionale: assemblea279@gmail.com
Qui sotto
pubblichiamo il testo dell’appello
PER
UN’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI COMBATTIVI
L’impatto
dell’emergenza ancora in pieno corso è epocale, con una recessione generale che
colpisce la vita di milioni di lavoratori, lavoratrici, precari/e e
disoccupati/e nel mondo.
Questa
recessione non è però un semplice riflesso del Covid19, ma mette a nudo una
crisi strutturale di lunga durata. In Italia decine di migliaia di morti (in
particolare a Bergamo e in Lombardia) hanno reso evidente lo sfascio del
sistema sanitario e lo sfruttamento del suo personale.
Su spinta di
Confindustria, migliaia di aziende, fabbriche e magazzini sono stati lasciati
aperti anche se non essenziali, con milioni di lavoratori e lavoratrici il più
delle volte privi di una reale protezione.
Le misure
adottate in questi mesi dal governo Conte hanno salvaguardato ancora una volta
i profitti. Cassa integrazione e ammortizzatori hanno prodotto un drammatico
abbattimento dei livelli di vita di lavoratori e lavoratrici.
La moratoria
sui licenziamenti è momentanea e, soprattutto, parziale: centinaia di migliaia
di precari/e sono finiti per strada; si sono moltiplicati interventi mirati
contro lavoratori e lavoratrici combattivi; col “decreto agosto” sarà anche
possibile licenziare nei cambi d’appalto, terminato il periodo di esonero
contributivo o esaurite le ulteriori 18 settimane di CIG. I prossimi interventi
europei (dal recovery plan al MES) avranno lo stesso segno di classe.
Anzi, tutto
lascia presagire che il peggio debba arrivare.
Per i
padroni l’emergenza è infatti occasione per socializzare le perdite,
accelerando le ristrutturazioni e aumentando lo sfruttamento. Non a caso
dispiegano oggi un’offensiva sui contratti nazionali, evitando di rinnovarli e
pretendendo il rispetto di quel patto del lavoro sottoscritto dalle burocrazie
confederali che blocca ogni aumento salariale, salvo (forse) qualche briciola
di welfare aziendale.
Per
lavoratori e lavoratrici si profilano licenziamenti, taglio dei salari, inasprimento
di ritmi e carichi, ulteriore riduzione delle tutele: tali misure avranno
effetti ancora più feroci nel meridione d’Italia.
Come sempre
sono le donne le più colpite: nel lavoro (con salari più bassi), nella perdita
del lavoro (le prime a vederselo ridotto o ad esser licenziate) e nella
riproduzione sociale (scaricando soprattutto su di loro la chiusura di scuole e
asili nido).
Facendo leva
sui decreti sicurezza che hanno equiparato le lotte sindacali e sociali a
problemi di ordine pubblico, i padroni e i loro governi usano l’emergenza anche
per imporre nuove strette repressive, con la militarizzazione nelle piazze e ai
cancelli (persino con la security privata, come alla TNT), mentre la destra (e
non solo) continua a diffondere il veleno del razzismo e dell’odio etnico,
alimentando divisioni e guerre fratricide tra gli sfruttati per celare le vere
cause e i veri responsabili della crisi.
Serve allora
una risposta unitaria per generalizzare il conflitto.
Si pone
quindi, oggi come non mai, la necessità di un’iniziativa all’altezza della fase
e del nemico di classe.
Un’iniziativa
capace di rivolgersi ai delegati/e, alle lavoratrici e ai lavoratori, che hanno
scioperato a marzo nelle fabbriche, nella logistica e nella grande
distribuzione; a quelli oggi colpiti da crisi industriali e da una crescente
pressione padronale; alle tante soggettività che si stanno ponendo sul terreno
della lotta o dell’autorganizzazione: lavoratori e lavoratrici dello
spettacolo, della sanità e delle scuole; dottorandi e precari delle università;
precari delle cooperative e delle Onlus, del turismo, delle comunicazioni ecc.
È cioè
necessario un radicale cambio di passo nel sindacalismo conflittuale e di
classe. Non serve la nascita “per decreto” di nuove sigle, né la riproposizione
di meri intergruppi, bensì la costruzione di percorsi di lotta che vadano oltre
alle appartenenze di sigla e di categoria.
Dall’incontro
del 12 luglio a Bologna è emersa la volontà di lanciare un processo nuovo e
realmente includente, capace di legare le lotte sindacali, quelle dei
disoccupati, i movimenti per la casa e gli scioperi degli affitti, i movimenti
per la parità di diritti agli immigrati (oggi principale bersaglio
dell’offensiva reazionaria dei Salvini e delle Meloni) e tutte le reti di
solidarietà attive sui territori in un fronte unico di tutti gli sfruttati.
Nei prossimi
mesi i nodi del contendere saranno essenzialmente due: la difesa (e il
rilancio) del salario diretto, differito (pensioni e TFR) e indiretto (scuola e
sanità pubbliche in primo luogo); la difesa di salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro, di studio e nella vita sociale.
Oggi più che
mai, per combattere le politiche di sfruttamento, licenziamenti e macelleria
sociale, occorre riprendere le storiche parole d’ordine del movimento operaio:
patrimoniale sulle grandi ricchezze, no al cappio del debito di stato;
riduzione drastica (e redistribuzione) dell’orario di lavoro a parità di
salario; difesa e miglioramento dei livelli salariali; salario garantito a
disoccupati e stabilizzazione dei precari; tutela della salute e della
sicurezza; stop alla miriade di contratti precari e da fame; difesa, rilancio e
applicazione effettiva dei CCNL; difesa e rilancio di una scuola e una sanità
pubbliche, universali e gratuite; piena agibilità sindacale sui luoghi di
lavoro; no ai decreti sicurezza e alla repressione degli scioperi e delle
lotte, abolizione immediata di ogni forma di discriminazione e pieni diritti di
cittadinanza per i lavoratori immigrati; sostegno all’edilizia popolare e stop
agli sgomberi delle occupazioni a scopo abitativo.
Rivendicazioni
praticabili solo se il movimento di classe saprà riconquistarsi la propria
autonomia in un’ottica internazionale e internazionalista, sottraendosi al
veleno del sovranismo. Proletari e capitalisti infatti non sono e non saranno
mai sulla stessa barca: o i proletari saranno capaci con la lotta di far pagare
la crisi ai padroni, colpendo i profitti e le rendite, oppure saranno i padroni
a farci pagare con gli interessi i costi della loro crisi.
Vogliamo
aprire un confronto per collegare e rilanciare le lotte in corso, per
supportare quelle future ed unirle in un movimento generale.
Per questo
convochiamo un’assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici
combattivi/e, a Bologna, nella giornata di domenica 27 settembre: inizio ore
9,30, sala Dumbo, in via Casarini 72.
Partito
Comunista dei Lavoratori - Commissione sindacale