Una enorme valanga si sta per
abbattere sui lavoratori e le lavoratrici. La stessa legge del profitto che ha moltiplicato i morti
della pandemia, coi tagli di vent'anni alla sanità pubblica, presenta ora il
conto ai salariati.
Altro che “siam tutti sulla stessa
barca”!
In questi mesi, capitalisti, grandi
azionisti, uomini d'affari, hanno ottenuto un nuovo taglio di tasse e
contributi; hanno beneficiato, a partire da FCA, di crediti bancari coperti da
garanzie pubbliche per decine di miliardi; si sono serviti della cassa
integrazione anche quando continuavano a macinare fatturato e profitti. Ora
annunciano un’ondata di licenziamenti sino alla distruzione (dichiarata) di un
milione di posti di lavoro, e il rifiuto di rinnovare i contratti a cinque
milioni di lavoratori spesso con la paga falcidiata dalla cassa. Mentre 600.000
precari sono già stati buttati su una strada e centinaia di migliaia di
lavoratrici sono state costrette a rinunciare al lavoro nel lockdown per
accudire i figli in assenza di asili.
L'emergenza sanitaria è ormai la
coperta che giustifica ogni arbitrio nei luoghi di lavoro e nelle fabbriche.
Parallelamente, la famosa pioggia di
miliardi annunciati dal governo e dall'Unione Europea e presentati come “la
fine dell'austerità” si rivela per quello che è: un nuovo gigantesco debito
pubblico, nazionale ed europeo. Soldi ricavati vendendo titoli pubblici alle
banche e da ripagare alle banche che li hanno comprati. Soldi messi sul conto
dei salariati. Quelli che le tasse le pagano, che non dispongono di paradisi
fiscali, che già hanno pagato con trent'anni di sacrifici il debito pubblico
col capitale finanziario.
E tutto questo perché? Per tutelare i
profitti, le grandi rendite, i grandi patrimoni. Quelli che si sono arricchiti
sul precariato, il super sfruttamento, la cancellazione dei diritti, non solo
in Italia ma in tutta Europa e nel mondo.
La pandemia ha rivelato agli occhi di
tutti il massacro degli ultimi trent'anni e i suoi disastri.
Servizi sanitari ridotti a colabrodo,
senza posti letto, senza infermieri, senza medicina territoriale, mentre la
sanità privata sbarca in Borsa con profitti da favola e lascia i dipendenti
senza contratto da 14 anni. Così la scuola, che non sa come riaprire in
sicurezza, perché mancano insegnanti, mancano aule, i mezzi di trasporto locale
sono stati tagliati e privatizzati. Né i Comuni possono venire in soccorso perché
hanno dismesso il patrimonio pubblico per ovviare ai tagli e pagare anch'essi
il debito alle banche.
Tutto questo ha un nome: si chiama capitalismo.
Un'organizzazione fallita della società, che non ha più niente da dare ma solo
da togliere.
È allora necessario dire basta! È
ora di unire in una lotta sola tutte le lotte di resistenza. È ora di
contrapporre al programma del padronato un programma di segno uguale e
contrario:
·
Blocco
dei licenziamenti
·
Nazionalizzazione
delle aziende che licenziano, senza indennizzo e sotto il controllo dei
lavoratori
·
Ripartizione
fra tutti del lavoro che c'è attraverso la riduzione dell'orario a 30 ore
pagate 40
·
Grande
piano di nuovo lavoro e investimenti pubblici nella sanità, nella scuola, nei
trasporti pubblici, nel risanamento ambientale
·
Tassazione
progressiva dei profitti e dei grandi patrimoni
·
Cancellazione
del debito pubblico verso le banche e nazionalizzazione di quest'ultime
Solo queste misure possono segnare una
svolta. Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici può realizzarle.
Solo la generalizzazione della lotta può aprire dal basso questa prospettiva.
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