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giovedì 26 novembre 2015

COMUNICATO STAMPA



Il Partito Comunista dei Lavoratori della Lombardia esprime ferma condanna agli attacchi a dieci sedi della Caritas avvenute nella nostra regione ed in altre città del Nord Italia e rivendicate dai fascisti di Veneto Fronte Skinheads. E' l'ennesimo tentativo di cavalcare e sfruttare indegnamente il senso diffuso di timore e disagio seguito ai recenti attentati in Francia.

Solo l'unità tra lavoratori italiani ed immigrati potrà opporsi efficacemente sia al terrorismo fondamentalista religioso che ai fascisti che hanno più volte sfregiato il nostro Paese con attentati altrettanto cruenti ed indiscriminati.

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento regionale lombardo

lunedì 23 novembre 2015

LA VERGOGNOSA CAPITOLAZIONE DEL FRONT DE GAUCHE



Il governo dell'imperialismo francese ha non solo varato un piano di estensione dei bombardamenti in Siria e di rilancio della presenza francese in Africa. Ha anche imposto una pesante restrizione delle libertà democratiche all'interno del paese.

Tra il 19 e il 20 novembre il Parlamento francese è stato chiamato a votare un prolungamento di tre mesi dello stato di emergenza, che recupera misure reazionarie varate durante la guerra coloniale d'Algeria. Vengono proibite le manifestazioni pubbliche. Si ampliano i poteri di polizia in fatto di “domicilio coatto extragiudiziale” per tutti coloro che vengono giudicati “pericolosi” in base a “comportamento, frequentazioni, affermazioni o progetti”. Si sancisce il potere di “proibizione” di “associazioni o gruppi che incitano ad azioni di turbamento dell'ordine pubblico”.
Un piano di misure che fa leva sulla paura provocata dalla strage terrorista di Parigi per colpire le libertà e gli spazi dell'opposizione di classe e di massa, intimidire le avanguardie politiche e sociali, imporre un riflesso d'ordine più generale nella società.
Un piano di misure talmente reazionario da incassare non solo il plauso (significativo) della Confindustria francese (Medef) ma il voto di tutta la destra. Non solamente di Sarkozy e dei gollisti, ma anche di Marine Le Pen e del blocco più forcaiolo di estrazione fascista (Front National). Il quale si è limitato a rimproverare il governo per aver tardato ad attuare misure tanto importanti, rigorose e patriottiche.

Ebbene: il Front de Gauche - espressione francese della Sinistra Europea “di Tsipras” - ha votato all'unanimità il piano reazionario del governo Hollande, al fianco della destre e di Marine Le Pen. Solo tre parlamentari della sinistra interna del Partito Socialista e tre parlamentari dei Verdi hanno votato contro. I parlamentari della sinistra cosiddetta... “radicale” hanno compattamente votato a favore, in tutte le loro articolazioni interne. Così hanno fatto deputati e senatori del PCF. Così hanno fatto deputati e senatori del Parti de Gauche. Il cui segretario Mélenchon ha sentito il bisogno di accompagnare il voto con un pubblico richiamo all'“unità della Francia e dei francesi, al di sopra delle classi e delle parti politiche”.
L'“Union Sacrée” ha dunque fatto il proprio ritorno a Parigi. Gli amici francesi di Tsipras, solidali col governo greco nella sua capitolazione alla troika, hanno capitolato a loro volta al proprio imperialismo e al suo attacco a libertà e diritti. Una vergogna.

È la conferma di una verità elementare: solo una sinistra rivoluzionaria e anticapitalista è capace di tenere la schiena dritta nella difesa di libertà e diritti. Mentre la sinistra “democratica” del capitalismo finisce col capitolare sullo stesso terreno della democrazia, inchinandosi alla bandiera del proprio imperialismo.


Partito Comunista dei Lavoratori

venerdì 20 novembre 2015

Lettera aperta ai compagni e alle compagne di Rifondazione Comunista



PER MANTENERE UNO SPAZIO POLITICO CLASSISTA E ANTICAPITALISTA, PER RILANCIARE UN PROGETTO COMUNISTA E RIVOLUZIONARIO









Cari compagni e care compagne,
il Comitato Nazionale del vostro partito (7/8 novembre 2015) ha di fatto avviato lo scioglimento del PRC nella cosiddetta costituente della “sinistra italiana” che partirà a gennaio.
Il referendum interno serve a dare convalida formale ad una scelta pubblica già compiuta e già annunciata da parte della Segreteria nazionale del PRC.
Che questa sia la scelta, quale che sia il giudizio di merito, non può essere motivo di dubbio. Il richiamo formale al PRC e al suo “rafforzamento” che la mozione della Segreteria contiene serve a indorare (e a nascondere) con parole auliche una scelta reale esattamente opposta: quella di dissolvere il vostro partito in un contenitore più ampio, diretto dai gruppi dirigenti di SEL e di ex bersaniani del PD.


IL PRC SI SCIOGLIE IN UNA GRANDE SEL (... UN PO' PIÙ “A DESTRA”)

La vostra Segreteria afferma che il processo costituente della sinistra italiana si fonda sulla comune accettazione del “superamento del centrosinistra”. È falso. Com'è del tutto evidente, i gruppi dirigenti di SEL ed ex bersaniani muovono in una direzione dichiaratamente opposta: quella di “ricostruire il centrosinistra”, oggi precluso dal renzismo. Per questo preservano centinaia di assessori in tutta Italia nelle giunte di centrosinistra, nonostante Renzi. Se alle prossime elezioni amministrative, nella maggioranza dei casi, sceglieranno di presentarsi autonomamente e in alternativa al PD è perché il renzismo ha rotto i vecchi equilibri del “caro centrosinistra”: per ricomporre il centrosinistra occorre dunque contrapporsi a Renzi, ricostruire un proprio pacchetto di consenso, e poi ribussare alle porte del PD. Sperando che ad aprire la porta torni, prima o poi, il caro vecchio Bersani. Non solo: proprio per rafforzare nella stessa composizione del nuovo soggetto la vocazione programmatica del centrosinistra, i gruppi dirigenti di Sinistra Italiana vogliono aprirlo a settori cattolico-ulivisti del tutto estranei ad ogni tradizione politica e culturale della sinistra. Il respingimento pubblico e sdegnato dell'appellativo giornalistico di “cosa rossa” cos'è se non il riflesso di tutto questo?

L'argomento consolatorio secondo cui il “processo costituente sarà dal basso” e “conteranno le nostre idee” capovolge la realtà dei fatti. Tutto il processo è decollato dall'“alto”. Prima dall'accordo tra i gruppi dirigenti delle diverse formazioni e soggetti, inclusa la vostra Segreteria. Poi dall'iniziativa pubblica e pubblicizzata dei gruppi dirigenti e parlamentari di SEL e degli ex bersaniani, che hanno attivato la presentazione in tutta Italia del nuovo soggetto, ben prima dell'assemblea di gennaio. Gruppi dirigenti di SEL ed ex bersaniani che già godono in partenza della rendita di posizione di unica rappresentanza parlamentare della nuova formazione (assieme a Civati) da qui alle prossime elezioni politiche: con l'enorme peso condizionante che questo fatto esercita sulla costituzione materiale del nuovo soggetto, la sua presenza mediatica, la sua immagine pubblica, la selezione materiale delle sue rappresentanze sul territorio. La presenza diffusa all'atto di presentazione a Roma di Sinistra Italiana di settori di burocrazia CGIL, ARCI, vecchio associazionismo di estrazione PD, reso orfano del renzismo, prefigura gli equilibri interni reali alla nuova formazione, e la dinamica annunciata della sua evoluzione, più di mille rassicurazioni formali. La conclusione è semplice: la vostra Segreteria nazionale avvia lo scioglimento del PRC in un contenitore diretto (politicamente, culturalmente, organizzativamente) da un personale politico del tutto organico alla tradizione di governo del centrosinistra. Dunque alla gestione capitalistica della crisi. La difesa platonica e formale della “ragione comunista” da parte di Paolo Ferrero potrà forse valere sul terreno negoziale con gli altri soggetti della Costituente in ordine alla salvaguardia di singoli ruoli dirigenti. Ma nessuna riserva indiana per dirigenti nazionali del PRC potrà mascherare lo scioglimento e la liquidazione del partito entro un nuovo soggetto politico cui spetterà, non a caso, la piena sovranità delle scelte elettorali, politiche, istituzionali.


UN EPILOGO ANNUNCIATO

Non siamo meravigliati dal triste epilogo della parabola di Rifondazione. Quando rompemmo col PRC nel momento del suo ingresso nel governo Prodi, con tanto di ministri (Ferrero) e cariche istituzionali (Bertinotti), dicemmo apertamente che la compromissione di governo con la borghesia italiana, contro i lavoratori, avrebbe avviato la liquidazione del PRC. Perché ne minava alla radice le ragioni di classe, e al tempo stesso confermava nella forma più clamorosa l'assenza, nei suoi gruppi dirigenti, di ogni programma comunista.
Fummo facili profeti. Quanto è avvenuto nei dieci anni trascorsi ha confermato la previsione. Il ministro che entrò in quel governo, votando missioni di guerra, leggi di precarizzazione del lavoro, abbassamento delle tasse sui profitti (l'Ires dal 34% al 27%!), è oggi il segretario che scioglie il partito. Dopo averlo imboscato negli ultimi anni in tutte le possibili combinazioni di liste e soggetti “civici” (da Ingroia a Spinelli), privi di ogni riferimento di classe.
Negli ultimi mesi, in particolare, la linea della Segreteria del PRC sulla Grecia è stata davvero emblematica. Prima la giustificazione della capitolazione di Tsipras alla troika; poi il pubblico sostegno a Tsipras alle elezioni anticipate di settembre, quando chiedeva il mandato sul programma di austerità concordato; poi il plauso alla “vittoria” di Tsipras in compagnia delle Borse e dei governi capitalistici europei; infine la continuità dell'appoggio a Tsipras nel momento stesso in cui vara le politiche di lacrime e sangue contro i lavoratori subendo il primo sciopero generale di massa (12 novembre), hanno scandito di fatto, nel loro insieme, una confessione pubblica: il gruppo dirigente del PRC non ha altro orizzonte strategico reale che il governo “progressista” del capitalismo, in Italia e nel mondo. Per di più in un contesto storico in cui il riformismo ha esaurito il proprio spazio storico e dunque maschera la continuità delle controriforme (come proprio la Grecia insegna). Perché allora meravigliarsi dello scioglimento del partito in una costituente di sinistra dichiaratamente governista? Ogni confine reale, politico e programmatico, tra PRC e SEL si dissolve nell'adattamento comune al capitale.


UN PROGETTO CLASSISTA E ANTICAPITALISTA, COMUNISTA E RIVOLUZIONARIO

Detto questo, non consideriamo lo scioglimento del PRC un fatto “che non ci riguarda”. Non solo perché i promotori del PCL militarono in Rifondazione Comunista per quindici anni, dando battaglia coerente su un programma anticapitalista in contrasto con i suoi gruppi dirigenti maggioritari (Bertinotti, Cossutta, Diliberto, Rizzo, Ferrero, Vendola). Ma anche e soprattutto perché sappiamo che nel vostro partito, al di là dei suoi gruppi dirigenti, hanno continuato a militare tanti compagni e compagne sinceramente comunisti, che hanno cercato nel PRC uno strumento non di resa ma di lotta, non di governo ma di rivoluzione. Compagni e compagne che abbiamo trovato e troviamo in tante battaglie comuni, nel movimento operaio, nei movimenti giovanili, nelle lotte ambientaliste, sul territorio, sempre contro il comune avversario di classe. E quindi anche contro le coalizioni di centrosinistra sposate da SEL (e anche in tanti casi dal PRC) o i governi di unità nazionale in cui stava Fassina.

Perché questo sbandamento e questa ulteriore dissoluzione si inserisce in un contesto di profonda involuzione della coscienza di classe. Le sconfitte dello scorso ventennio, i processi di scomposizione e ricomposizione determinati dalla crisi e dalle ristrutturazioni in corso, la compartecipazione alle tante giunte e governi di centrosinistra da parte delle principali organizzazioni del movimento operaio, hanno logorato in larghi settori di massa la capacità di riconoscere le differenze di classe, la consapevolezza dei propri interessi, la propria identità e forza collettiva. Hanno creato confusione, consumato immaginari e scomposto relazioni sociali.
Questa scelta di sfumare il proprio colore e il proprio anticapitalismo, seppur simbolico e retorico più che reale, all’interno di un indistinta sinistra italiana, pensiamo quindi che rilanci e rinforzi questo processo generale di involuzione della coscienza di classe.

A questi compagni e a queste compagne chiediamo allora di non ripiegare le bandiere. Di non piegarsi ad una scelta di liquidazione tra le braccia di Vendola e Fassina. Ma anche di non arrendersi allo sconforto e alla tentazione di abbandono come è avvenuto per decine di migliaia di compagni e compagne in tanti anni.

Noi non siamo più un “gruppo”, ma un piccolo partito, l'unico oggi esistente in una dimensione realmente nazionale a sinistra del PRC. Un partito impegnato nella lotta di classe e nei movimenti di massa, che lavora per la più larga unità d'azione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, e che vuole introdurre in ogni lotta la prospettiva di un governo dei lavoratori: l'unica vera alternativa, quella rivoluzionaria.
Un partito che si presenta come tale alle elezioni, in contrapposizione ad ogni forma e logica di centrosinistra, e contro ogni camuffamento “civico”, per presentare il programma comunista alle più larghe masse, fuori da ogni logica minoritaria o rinunciataria.
Un partito schierato internazionalmente al fianco dei lavoratori, dei popoli oppressi dall'imperialismo, delle loro lotte di emancipazione e liberazione, a partire da una logica classista, estranea al campismo e allo stalinismo.
Un partito impegnato per la ricostruzione dell'Internazionale comunista e rivoluzionaria, al fianco delle nostre organizzazioni sorelle di Grecia, di Turchia, di Argentina, e di altri Stati e nazioni: per unire in ogni paese e sul piano mondiale tutti i sinceri comunisti che vogliono battersi per il potere dei lavoratori. Contro ogni illusione di “riforma sociale e democratica” dell'Unione Europea o della NATO.

Certo, la costruzione di un partito rivoluzionario è terribilmente complessa. Tanto più in un paese come il nostro segnato da un profondo arretramento del movimento operaio e della sua coscienza. È una costruzione controcorrente, in un campo di rovine prodotte da chi ha disperso grandi potenzialità e grandi occasioni. Ma rinunciare alla costruzione di questo partito, per accontentarsi della sola esperienza dei movimenti, renderebbe un pessimo servizio ai movimenti stessi, che tanto più in un quadro di frammentazione hanno bisogno di incrociare una prospettiva unificante. Come non ci si può semplicemente organizzare in una rete o un coordinamento diffuso di soggetti ed esperienze diverse, che si ritrovano su un minimo comun denominatore di resistenza o opposizione. Serve un partito. Tanto più oggi, di fronte ad una crisi profonda ed epocale del modo di produzione capitalista, che scuote il consenso e l’egemonia delle classi dominanti, che divarica condizioni sociali e disuguaglianza, che precipita le contraddizioni intercapitaliste e lo scontro di classe. Serve una direzione alternativa. Un soggetto organizzato e radicato che porti in ogni lotta il senso di un progetto generale, che sviluppi la coscienza, che contrasti la demoralizzazione o le illusioni. Per l'appunto, un vero partito comunista.

Questo è il nostro progetto ed il nostro tentativo. Vi proponiamo quindi di confrontarci con noi, sul passato e soprattutto sul presente della lotta di classe e del ruolo indispensabile del partito, per mantenere ed allargare nel nostro paese uno spazio politico classista e anticapitalista, per provare a costruire insieme il partito comunista e rivoluzionario.


Partito Comunista dei Lavoratori


domenica 15 novembre 2015

CONTRO REAZIONARI E TERRORISTI. CONTRO L'IMPERIALISMO E IL FASCISMO ISLAMICO. PER UN NUOVO INTERNAZIONALISMO



La guerra vigliacca di questi giorni e di questi anni ha contagiato l'Europa. IS e fondamentalismo islamico sono il prodotto dei macelli dell'Occidente imperialista in Medioriente e in Africa. Gli interessi dei lavoratori non stanno da nessuna parte che non sia quella della loro unità e della loro organizzazione, oltre ogni frontiera e religione. L'unico argine contro il capitalismo e i mostri che genera.

La guerra è arrivata nelle strade, nelle piazze e nei teatri d’Europa. La guerra vigliacca di questi giorni e di questi anni. La guerra che colpisce civili e innocenti: a caso, senza fronti e senza confini. La guerra che da troppo tempo si combatte in Siria, in Iraq, in Afghanistan, in Libia ed in Egitto, in molti paesi africani ed asiatici. Una guerra che travolge città, famiglie e popolazioni.

Questa guerra l'ha iniziata l'Occidente capitalista e imperialista. IS e fondamentalismo islamico sono stati rilanciati, se non prodotti, dai ripetuti interventi militari in Medioriente: dai bombardamenti e delle missioni “di pace”. Americane. Francesi. E italiane. Interventi che negli anni hanno sostenuto dittatori e repressioni sanguinarie, hanno abbattuto resistenze popolari e forze progressiste, hanno distrutto paesi e tessuti sociali, hanno aperto la strada alla crescita dell’integralismo religioso. La competizione per la conquista dell'egemonia all'interno del campo integralista ha sospinto la corsa al rialzo verso le barbarie. Ha creato un nuovo “fascismo islamico”, un movimento reazionario armato che si è dotato di un suo progetto totalitario fondamentalista (il grande Califfato), con pratiche sanguinarie di terrore che pratica verso ogni opposizione e resistenza, interna ed esterna.

In questa guerra, le linee del fronte si frammentano e si confondono. IS e fondamentalisti sono stati supportati e protetti dalle monarchie del Golfo e servizi occidentali. Probabilmente lo sono ancora. Perché reazionari, fondamentalisti, dittatori e terroristi combattono da entrambe la parti. Al centro di questa guerra non c’è alcun principio, alcuna civiltà, alcuna religione. Ci sono solo interessi economici e politiche di potenza, che polarizzano identità ed appartenenze per utilizzarle come strumenti dei loro giochi d’interesse.

In questa guerra, invece, gli interessi e le identità della classe lavoratrice e di quelle popolari sono travolti. Da tutti. Schiacciati dalla militarizzazione, dall’imbarbarimento crescente, dalle miserie della guerra, dalla distruzione delle strutture economiche e dall’esplosione dei fanatismi identitari. Annullati anche dalla confusione dei fronti: dalla costruzione di larghe alleanze, a base etnica o religiosa o nazionale. Fronti popolari o nazionali nei quali gli interessi e le identità dei lavoratori e delle lavoratrici sono sempre retrocesse, scolorite e poi annullate. In nome di altre priorità, immaginari e progetti politici. Quelli delle proprie borghesie, dei propri apparati militari, o delle potenze imperialiste.

Per questo siamo a fianco dei morti e delle famiglie. A Parigi. Come a Beirut, a Sinjar, ad Aleppo o a Kobane. In Africa ed in Asia. Le centinaia di migliaia di morti di questa lunga guerra.
Per questo NON siamo nelle piazze di queste ore. Quelle piazze unitarie e tricolori, in solidarietà dei “fratelli francesi”. Il silenzio, la commozione e l’unità di queste ore, come quella dopo l’attentato di Charlie Ebdo, permette solo alla canea reazionaria di crescere ed imporsi anche nei nostri territori. Proponendo ancora identità e polarizzazioni, cristiane ed europee, umane o civili. Appartenenze utili solo a continuare questa guerra, a rilanciare gli interessi imperialisti di questa o quella potenza.

Per fermare la guerra, invece, dobbiamo colpirne gli interessi che la muovono. Dobbiamo opporci agli interventi imperialisti. Di pace e di guerra. Anche quelli italiani. Dobbiamo denunciare gli interessi particolari, come quello della nostra ENI che non casualmente è presente in tutti questi fronti di guerra. Dobbiamo combattere le politiche di grande e di piccola potenza, sorrette dalla competizione capitalista e dalla necessità di rafforzare i propri apparati produttivi capitalisti.

La sola risposta alle guerre e al terrorismo è l’unità dei lavoratori e dei popoli. Al di là delle rispettive origini, del colore della pelle, della religione, delle frontiere. Ritrovare i propri interessi e le proprie identità di classe, per battersi insieme contro chi li sfrutta e li sottomette. Per farla finita con questo sistema capitalista, che crea la barbarie. Per una rivoluzione socialista, che superi confini e conflitti nazionali.


Partito Comunista dei Lavoratori

mercoledì 11 novembre 2015

CONTRO BUONA SCUOLA E GOVERNO RENZI IL 13 NOVEMBRE IN SCIOPERO

PER RIPRENDERE LA LOTTA



A MAGGIO ABBIAMO COSTRUITO UN MOVIMENTO, spinto dal protagonismo di lavoratori e lavoratrici: volantini faidate, flash-mobs, grande adesione agli scioperi ed ai boicottaggi Invalsi. Un grande movimento, su obiettivi chiari: stabilizzazione dei precari; no alla chiamata diretta; contro la valutazione. Una critica di massa all'autonomia scolastica.
MA IL DDL È STATO APPROVATO. Renzi ha vacillato, ma poi ha forzato e vinto. Anche per due nostri limiti. Siamo partiti tardi. Si è così impedito il coinvolgimento degli studenti e si è imposto una scadenza ravvicinata alla lotta (il governo ha imposto il suo testo a scuole chiuse). Ci siamo trovati isolati. Pur in presenza di tanti conflitti, è stato l'unico movimento di massa contro il governo. Renzi ha quindi potuto tenere e imporsi.
ORA BISOGNA RIPRENDERE LA LOTTA. Possiamo boicottare la legge, nelle scuole e nelle piazze. Anche il concorsone, la Moratti o il portfolio furono approvati, ma non fecero strada. Non limitiamoci a risparmiare alla scuola gli effetti più deleteri della legge 107 (come dicono CGILCISLUIL). Non limitiamoci ad una resistenza scuola per scuola che, da sola, inevitabilmente produrrà differenze (tra istituti e tra docenti). La CGIL però non si muove! Aspetta CISLeUIL e illusori spazi di ricomposizione con il PD. Ha lasciato le scuole nella confusione e nell’ambiguità: senza indicazioni di lotta, senza prospettiva, senza proporre né un ora di sciopero, né un corteo nazionale che dia un segnale di ripresa.
13 NOVEMBRE: SCIOPERO!! Diversi sindacati di base (Cobas, Unicobas, Cub, Usi,..) hanno trovato una convergenza, anche se non tutti (USB ha mantenuto la sua iniziativa di organizzazione). E’ un segnale importante per riprendere la lotta, sostenuto e appoggiato da tanti soggetti del movimento della scuola (dalla LIP all’OpposizioneCGIL, passando per autoconvocati e autorganizzati). Il PCL sostiene con determinazione questa iniziativa e questa lotta, contro il governo, contro la legge 107 e contro il vergognoso immobilismo della CGIL!!!
RENZI NON COLPISCE SOLO LA SCUOLA: impone il Job Act (licenziamenti, demansionamenti e controllo); limita il diritto di sciopero; vuole disfare i contratti nazionali; taglia la sanità a tutti e le tasse ad i ricchi (TASI e IRPEG); riforma la Costituzione in senso autoritario, con una risicata maggioranza parlamentare.

COME ABBIAMO VISTO IN PRIMAVERA, PER VINCERE BISOGNA ISOLARE IL GOVERNO,
RIUNIRE I DIVERSI FRONTI DI RESISTENZA.
SOSTENIAMO LO SCIOPERO DEL 13 NOVEMBRE
PER UN GRANDE MOVIMENTO GENERALE,
PER MANDARE A CASA RENZI e
QUESTO GOVERNO AUTORITARIO E PADRONALE.

Partito Comunista dei Lavoratori

sabato 7 novembre 2015

Sinistra italiana: il nuovo che ritorna



Si è inaugurato, con un'assemblea pubblica a Roma, il nuovo gruppo parlamentare Sinistra Italiana. In un tripudio di folla (a veder le foto nemmeno così tanta), canti di Bella Ciao coi pugni alzati, venditori di programmi politici vecchi e usati provano una nuova avventura.
Utile pubblicare, quindi, questo articolo uscito sul numero di ottobre di Unità di Classe.
Per evitare l'ennesima illusione a danno dei lavoratori.

Ciclicamente ritornano, dopo ogni sconfitta parziale o totale disfatta.Eccoli con le stesse parole d’ordine di “sinistra” che periodicamente escono dalla loro bocca quando hanno esaurito quelle padronali.
Sono gli zombi, i replicanti e i vampiri della sinistra, che, invece di godere in silenzio dei propri vitalizi accudendo figli e nipotini, ritornano – o ci provano. Vogliono ancora – vecchi, meno vecchi e quasi giovani – sentire il profumo dei palchi davanti a grandi masse osannanti, quasi che gli ultimi vent’anni siano passati lasciandoci immemori delle responsabilità del disastro politico e sociale che il proletariato italiano si trova a vivere.
Sono i Vendola, i Cofferati, gli uomini della ditta Bersani-D’Alema-Cuperlo, i post bertinottiani, i vecchi giovani comunisti, l’avanguardista carrierista Gennaro Migliore, i post Pd Fassina e Civati.
Ma chi sono, cosa vogliono? E soprattutto sono di sinistra o ci fanno?

Impossibile non iniziare dai vertici di Sel. Impermeabile ad ogni bilancio di quasi un trentennio, ecco ancora in prima fila Niki Vendola. Tra i fondatori del Prc nel 1991 e parlamentare dal 1992, si era espresso nel 1994 a favore del governo Dini (il noto bacio del rospo) per poi rimanere nel Prc una volta garantitagli da Bertinotti n persona la riconferma in parlamento. Della sua decennale esperienza di presidente della Puglia meritano di essere ricordati due episodi: l'accordo con il prete affarista don Verzé per aprire a Taranto il “San Raffaele del Sud”, nelle intenzioni l'ennesimo ospedale privato finanziato dal pubblico. Verzé morirà poi per una attacco di cuore dopo esser stato travolto da un nuovo scandalo finanziario.
Indimenticabile la più recente telefonata, intercettata e resa pubblica nonché ascoltabile in rete, tra Vendola e il responsabile delle relazioni istituzionali dell'Ilva mentre sfottono un giornalista a cui il dirigente Ilva aveva rubato il microfono per impedire che ponesse domande sui malati di tumore tarantini al boss Riva. Tra uno sghignazzo e l'altro Vendola ribadisce di essere a disposizione di Riva.
Il 6 settembre scorso, in un'intervista a Repubblica, Vendola ha dato la “nuova” linea di Sel: “Alle amministrative alleanze con il Pd ovunque possibile”, traduzione “col Pd ovunque ci pigliano”.
L'attuale coordinatore di Sel Nicola Fratoianni è stato nei primi anni 2000 segretario dei giovani del Prc, poi segretario dello stesso partito in Puglia per diventare..... ovviamente..... assessore regionale nel secondo mandato di Vendola.
Tutti loro furono pasdaran bertinottiani; Fratoianni e Migliore.... venivano addirittura presentati come la “seconda generazione” del Prc, forse geneticamente modificata per essere governista e virare regolarmente verso destra. Con Migliore (ora nel Pd) hanno addirittura esagerato: una creatura che, prima delle elezioni del 2006 che lo elessero in parlamento e portarono il Prc al governo, riuscì pure a diventare filosionista impedendo al Cpn di Rifondazione di aderire a un corteo pro-palestina.
Ma gli ex Bertinottiangovernisti ex Prc non si annidano solo in Sel. E' il caso di Alfonso Gianni, che da tempo scrive quasi settimanalmente lunghi articoli “teorici” su Il Manifesto per spiegare come rifare la sinistra. Ma Alfonso Gianni proprio nuovo non è. Alla fine degli anni '70 è stato vicesegretario nazionale dello stalinista Movimento dei Lavoratori per il Socialismo, per quest'ultimo eletto nel Pdup alla Camera nel 1979 e riconfermato col Pci nel 1983. Stretto collaboratore di Bertinotti negli anni '90 viene rieletto alla camera nel 2001, riconfermato nel 2006 entra nel secondo governo Prodi come sottosegretario all'economia. Attualmente oltre a “darci la linea” sul Manifesto è direttore della Fondazione Cercare Ancora il cui presidente è...... Fausto Bertinotti.

Ci sono poi i Pd post Pc-Pds-Ds della cosiddetta Ditta che per anni sono stati gli alleati e compagni di merende di Prc-Pdci-Sel e dei personaggi sopra narrati. Si tratta dei Bersani, Cuperlo, Errani, D'Alema, ecc. Che costoro rappresentino un'alternativa di sinistra a Renzi pare una tragica commedia degli equivoci dove cause ed effetti si invertono, padri figli e mamme si confondono in sbiadite foto di famiglia. Gli stessi comportamenti parlamentari, in particolare su legge elettorale e riforme istituzionali, dimostrano la pochezza di questa “sinistra”, parola che a D'Alema procura forti eritemi curabili solo con la visione dei video dei bombardamenti su Belgrado lanciati dal suo governo nel 1999.

E che dire di coloro che sono usciti dal PD da sinistra?
Il primo della fila è senza dubbio Sergio Cofferati (che se avesse vinto le primarie in Liguria sarebbe rimasto nel Pd), l'ex segretario generale della CGIL, l'uomo che il 23 marzo del 2002 ”portò 3 milioni di persone al circo massimo per difendere l'art.18”. La strumentalità della posizione di Cofferati si rivelò l'anno dopo quando si schierò per l'astensione al referendum – promosso da Prc e Fiom tra gli altri – per l'estensione dell'art. 18 a tutti i lavoratori. Assunse in quell'occasione la stessa posizione di Berlusconi, di tutta la destra e di gran parte del centrosinistra, purtroppo vincendo.
Cofferati è stato anche – dal 2004 al 2009 - il sindaco più di destra che Bologna abbia avuto. Liberista, autoritario, nemico della sinistra, si ricorda come il sindaco sceriffo che, ben prima della Lega Nord, inviò le ruspe contro i campi profughi e i rom. Durante un'affollata assemblea di quel periodo affermammo: “Sapevamo che era lombardo, speravamo non fosse leghista”. Al termine di un mandato disastroso, in cui si era inimicato mezza città, di cui parte votante PD, annunciò la sua rinuncia ad una ricandidatura, per stare accanto alla moglie e al figlio piccolo residenti a Genova. Un uomo di cuore Cofferati: due mesi dopo divenne eurodeputato, forse Bruxelles-Genova dai mezzi pubblici è servita meglio che Bologna-Genova. Fossi stata la moglie mi sarei incazzata!
Nella lista dei fuoriusciti Pd troviamo Stefano Fassina, già dirigente nazionale della Sinistra Giovanile negli anni '90, arriva al culmine della carriera istituzionale come viceministro dell'economia nel governo Letta, una compagine non proprio rivoluzionaria. Poi si scazza con Renzi e si sposta su posizioni “intransigenti”, ora va pure a Parigi alla festa del PCF a fare dibattiti con altri sinistri (Varoufakis, Lafontaine, ecc.).
Intervistato nel 2012 da Sabina Guzzanti nella trasmissione televisiva Un due tre stella Fassina si dichiara apertamente favorevole alla Tav.

Ed ecco Superpippo Civati, dopo un breve fidanzamento con Renzi alcuni anni fa, lui almeno ha cominciato a rompere i coglioni a tutto il Pd appena entrato in parlamento. Si è presentato alle primarie sostenuto da una parte di prodiani e da una porzione di sinistra Pd, ma soprattutto l'operazione gli è servita per costruirsi un suo giro nazionale. Ha strutturato la sua area nell'associazione Possibile, ma la mossa di raccogliere firme per un pacchetto di referemdum decisa da lui soltanto non gli ha certo portato simpatie né negli apparati sinistrorsi né nei movimenti, tanto più ora che appare davanti ad un probabile fallimento.

Poi c'è il Prc. Le penultime notizie ci dicono che mezzo partito si è rifiutato di dare il sostegno a Tsipras in Grecia optando per le liste a sinistra di Syriza. Ad urne chiuse, dopo la nuova vittoria di Syriza, Ferrero ha dichiarato: “Tsipras ha sconfitto la Merkel”. A parte che si votava in Grecia e non in Germania, visto il memorandum firmato in luglio alla Merkel va bene anche Tsipras. Ma il comunicato di Ferrero è forse frutto di una ricerca disperata di vittorie, anche altrui, per “nuovi meravigliosi governi progressisti”. O forse si fa confusione fra realtà e fantasia.

In conclusione, se vi si avvicina un vecchio ma nuovo “sinistro” o “centrosinistro”, fate come Dylan Dog: mirate alla testa e fatelo secco prima che vi morda infettandovi (anche colpi di badile e paletti di frassino possono essere utili a seconda dei casi).

Michele Terra

martedì 3 novembre 2015

INIZIATIVE DEL PCL BRESCIA

10 ottobre presidio per la giornata di sfratti zero siamo tutti sotto la prefettura di Brescia




2 famiglie a Montichiari 13 ottobre rinvio dello sfratto




13 ottobre piazza della loggia,manifestazione di solidarietà con il popolo Curdo e contro la odiosa politica stragista di Ankara e del governo di Erdogan


17 ottobre giornata contro la sanità volantinaggio ospedale di Montichiari Ospedale civile di Brescia; giù la mai della sanità



SABATO 31 OTTOBRE CORTEO PER I PERMESSI





Oggi in Italia una legge ingiusta, lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, costringendo centinaia di migliaia do lavoratori immigrati ad accettare lavoro a qualsiasi condizione per non essere costretti all’illegalità’. Accade che i lavoratori immigrati con figli nati e cresciuti in Italia, se licenziati, sono costretti ad andarsene o a diventare fuorilegge. La ricerca di profitti sempre più alti, grazie a salari da fame e peggiori condiziono di lavoro, mette in concorrenza i lavoratori italiani e stranieri, costringendo anche gli italiani ad un lavoro sempre più sfruttato e umiliante. Solo i diritti per tutti e la solidarietà tra lavoratori, tra essere umani, possono migliorare le condizioni di vita di tutti. Oggi il PCL scende in piazza per chiedere, permesso di soggiorno slegato dal contratto di lavoro piena cittadinanza dopo 5 anni di residenza
cittadinanza italiana per tutti i nati sul suolo italiano.

Partito Comunista dei Lavoratori
Brescia sez. "Clara Zetkin"