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sabato 31 ottobre 2015

I COMUNISTI RIVOLUZIONARI E LA SIRIA



La Siria è oggi più che mai un crocevia di fronti di guerra intrecciati e sovrapposti tra loro.
Sul versante propriamente siriano:
La guerra di Assad e del suo regime militare e poliziesco
La guerra barbarica del fascismo islamico dell'ISIS - inizialmente favorita da Assad in funzione controrivoluzionaria - mirata alla costruzione di un regime totalitario integralista anti sciita, e pertanto diretta, coi metodi del terrore, contro ogni forma di resistenza alla propria avanzata.
La guerra delle altre forze fondamentaliste reazionarie ( la sezione siriana di Al Qaeda Al Nusra, e la coalizione dell'”Esercito della Sunnah””), contrapposte sia ad Assad che all'ISIS.
La guerra delle forze popolari kurde a difesa del Rojava, contro ISIS.
La guerra di ciò che resta dell'Esercito Libero Siriano, nato da rotture e diserzioni dall'esercito di Assad nel momento della sollevazione popolare, e poi pesantemente colpito e smembrato dalla tenaglia militare del regime e delle forze reazionarie fondamentaliste complessivamente intese.
La guerra di resistenza di alcune strutture popolari nelle realtà urbane e di villaggio, sopravvissute ai colpi del regime e dei tagliagola reazionari, e di fatto contrapposte a entrambi.

Su questo inestricabile ginepraio si innesta a sua volta il ruolo determinante delle potenze esterne mediorientali:
L'asse sciita a sostegno militare di Assad, composto dall'Iran, dagli Hezbollah, dall'Irak, col regime iraniano che cerca di capitalizzare lo sdoganamento ottenuto dagli USA per puntare ad una propria egemonia regionale.
L'asse sunnita delle potenze del Golfo a partire dall'Arabia Saudita, strategicamente contrapposta all'Iran e dunque ad Assad: la monarchia Saud, “tradita” dagli USA per via della pacificazione con Iran, sostiene ogni possibile via e strumento per contrastare il campo sciita, incluso il sostegno determinante al fondamentalismo reazionario e un gioco di sponda col sionismo.

La Turchia di Erdogan, apertamente contrapposta all'Iran perchè interessata a promuovere un proprio disegno di potenza neo ottomano nella regione attraverso l' espansione in Siria e la guerra ai kurdi.

Infine all'intero panorama delle forze regionali si sovrappone il gioco interessato delle potenze mondiali:
La vasta coalizione imperialista a guida USA, fondata sulla Nato, ancora impossibilitata per ragioni politiche a mandare significative truppe di terra ma impegnata nella guerra dei cieli, principalmente contro ISIS.
La Russia di Putin, che entra nella impasse della politica USA con proprie forze militari per salvaguardare le proprie basi sul Mediterraneo, e dunque a sostegno di Assad e del blocco sciita. Lo Stato sionista, spiazzato dalla legittimazione dell'Iran da parte degli Usa, che cerca dietro le quinte nuove sponde internazionali in tutte le direzioni, inclusa la Russia di Putin: uno Stato sionista che aveva da tempo normalizzato le relazioni di buon vicinato col regime di Assad e che vede nel rafforzamento dell'asse sciita ( Iran ed Hezbollah) la minaccia principale ai propri interessi.

Ognuno di questi attori si muove con duttilità e spregiudicatezza al solo fine di difendere e rafforzare il proprio peso politico in funzione dei futuri nuovi equilibri del Medio Oriente. Senza che nessuno di essi disponga oggi di una forza sufficientemente egemone per imporsi sulle forze avversarie o concorrenti.


PARTIRE DAI PRINCIPI. PER UNA SOLUZIONE SOCIALISTA IN MEDIO ORIENTE.

Quale posizione assumono i comunisti rivoluzionari in una situazione così complessa e intricata?

Da comunisti partiamo, come sempre, dai principi e dal programma generale di rivoluzione, al fianco della classe lavoratrice del medio oriente e delle ragioni storiche dei popoli oppressi. Non v'è soluzione storicamente progressiva della questione palestinese fuori dalla dissoluzione rivoluzionaria dello Stato sionista, nei suoi fondamenti giuridici, confessionali, militari: condizione decisiva per l'autodeterminazione del popolo palestinese, a partire dal diritto al ritorno.

Non vi è soluzione storicamente progressiva della questione kurda fuori dalla messa in discussione degli equilibri politici e confini statali disegnati un secolo fa dalle potenze coloniali: condizione decisiva dell'unificazione kurda attorno ad un Kurdistan indipendente. Solo una soluzione socialista, capace di realizzare una federazione socialista araba e medio orientale, può consentire il compimento di questi obiettivi storici democratici. Solo la classe lavoratrice del Medio Oriente, ponendosi alla testa delle ragioni dei popoli oppressi della regione, può realizzare questa prospettiva socialista. Certo questa prospettiva è difficile e apparentemente lontana, ma è l'unica possibile su un terreno storico progressivo. In alternativa, come i fatti dimostrano, non c'è la “salvaguardia” dell'attuale medio oriente. C'è la ridefinizione della sua carta geografica per mano dell'imperialismo, dell'Isis, del sionismo, del progetto neo ottomano turco.

NESSUN ALLEATO TRA LE POTENZE IN CONFLITTO

A partire da questo programma di rivoluzione e liberazione, antimperialista e socialista, abbiamo definito la nostra posizione rispetto agli accadimenti medio orientali.

Abbiamo sostenuto le sollevazioni popolari arabe nel 2010/2011 contro regimi dispotici, controllati dall'imperialismo (Ben Alì e Mubarak), o già da tempo riallineati all'imperialismo ( Gheddafi ed Assad): a differenza delle correnti staliniste schieratesi al fianco di quei regimi nel nome di un loro inesistente “progressismo”. Al tempo stesso, abbiamo da subito contrastato e denunciato il ruolo filo imperialista delle direzioni borghesi di quelle rivoluzioni popolari, e il tragico esito controrivoluzionario inscritto nella loro parabola: a differenza di quelle correnti politiche della sinistra che, infatuate dalla suggestione rivoluzionaria, hanno finito col sottovalutare il ruolo controrivoluzionario dell'imperialismo nel segnare l'esito degli avvenimenti ( la Lit in Libia). In ogni caso, proprio per questo, ci siamo sempre opposti ad ogni intervento militare o ingerenza politica dell'imperialismo sul corso delle rivoluzioni arabe. A partire da un programma di rivoluzione permanente che proprio l'esperienza di quelle rivoluzioni conferma una volta di più nel modo più clamoroso: solo una rivoluzione socialista guidata dalla classe lavoratrice può realizzare nei paesi arretrati i compiti democratici della rivoluzione (autonomia dall'imperialismo, autodeterminazione nazionale, riforma agraria radicale..). E viceversa: ogni direzione borghese dei processi rivoluzionari finisce col tradire le stesse aspirazioni democratiche delle rivoluzioni popolari spianando la strada alla peggiore controrivoluzione. La dittatura di Al Sisi in Egitto, lo straripamento dell'Isis in Siria ed Irak, ne sono la riprova.

Con questa stessa impostazione di metodo, ci posizioniamo oggi nella intricata crisi siriana.

A differenza delle impostazioni “campiste”, non abbiamo amici e alleati in nessun blocco di potenze in conflitto, a nessun livello. Ci opponiamo all'imperialismo e al suo intervento militare, denunciando l'ipocrisia dei suoi argomenti “democratici”. L'imperialismo e le sue guerre in Medio Oriente negli ultimi 20 anni sono i principali responsabili delle indicibili sofferenze imposte ai popoli della regione, e di fatto dello stesso sviluppo dell'Isis. Oltretutto l'obiettivo dell'intervento militare a guida Usa è riconquistare un proprio controllo politico sulla regione dopo la destabilizzazione seguita alla rivoluzioni del 2010 e al loro esito, a vantaggio dei propri clienti regionali. Per questo siamo contro l'intervento imperialista e a maggior ragione contro una sua possibile escalation, perfino nel caso affrettasse la sconfitta dell'Isis: perchè ogni vittoria dell'imperialismo, in qualunque forma, preparerebbe altre mostruosità reazionarie. Da questo punto di vista denunciamo l'ennesima capitolazione all'imperialismo “democratico” da parte di correnti pacifiste della sinistra riformista, in Italia e in Europa.

Al tempo stesso non parteggiamo per Assad, la Russia di Putin, il regime iraniano. Sono forze oppressive della classe operaia, della popolazione povera, e dei loro diritti democratici e sindacali più elementari entro i propri confini. E sono interessate unicamente a negoziare con gli imperialismi occidentali e con la Turchia la nuova spartizione del Medio Oriente. I mercanteggiamenti del regime di Putin col sionismo (interessato a sostenere Assad contro Iran ed Hezbollah) sono un pessimo avviso per il popolo palestinese. Così come, parallelamente, i mercanteggiamenti dell'imperialismo Usa col regime di Erdogan, in funzione di bilanciamento dell'intervento russo, sono un attacco al popolo kurdo e alla sua lotta. Putin vuole negoziare con Obama una soluzione politica in Siria che preservi i propri interessi geostrategici. Gli Usa sono oggi costretti dalle proprie difficoltà a negoziare con Putin: con l'obiettivo se possibile di spodestare Assad, ma anche di conservare la continuità di potere della sua struttura militare( per non ripetere l'errore fatale commesso in Irak con lo scioglimento dell 'esercito di Saddam). Assad e il suo bunker militar poliziesco sperano di ricavare dal possibile negoziato o il proprio salvataggio diretto o una “transizione” che garantisca in ogni caso immunità personali e leve di potere. I popoli oppressi della nazione araba e del Medio Oriente non hanno nulla da guadagnare da questo negoziato condotto sulla loro pelle. Non hanno amici tra i regimi attuali e le potenze esterne che li sostengono o li contrastano. Per questo denunciamo il ruolo subalterno del campismo, in ogni sua forma e variante.

Contrastiamo l'Isis, il suo progetto totalitario fondamentalista di grande Califfato, le pratiche sanguinarie di terrore che esso pratica verso ogni opposizione e resistenza. La sconfitta dell'Isis, e di tutte le forze fondamentaliste e reazionarie, è oggi un obiettivo centrale dei popoli oppressi della regione e del movimento operaio internazionale. Per questo denunciamo ogni posizione, oggi fortunatamente marginale, di abbellimento o sottovalutazione del fenomeno Isis nel nome della contrapposizione all'imperialismo. Al tempo stesso la sconfitta dell'Isis va perseguita dal versante dei popoli oppressi e non dal versante dell'imperialismo. Tanto più in un contesto in cui i fatti dimostrano il fallimento dell'imperialismo nel contrasto dell'Isis, sia in Irak che in Siria.


DALLA PARTE DEI POPOLI OPPRESSI, PER UN'ALTERNATIVA DI DIREZIONE.

Stiamo dalla parte di tutte le forze e i soggetti che nella regione e in Siria, sui più diversi fronti, esprimono ragioni storiche progressive.
Stiamo dalla parte del popolo palestinese, a partire dai palestinesi di Yarmuk, che resistono alla tenaglia terribile tra regime, Al Qaeda ed Isis, a difesa innanzitutto della propria vita.

Stiamo dalla parte dei kurdi e della loro lotta eroica, armi alla mano, contro le forze dell'Isis e le aggressioni di Erdogan: l'unica forza che non a caso ha saputo sconfiggere i taglia gola in campo aperto sul fronte militare (Kobane).
Siamo dalla parte di quelle forze della resistenza siriana (comitati popolari, brigate locali..), oggi molto limitate ma reali, che ancora si battono in diverse città e villaggi per gli obiettivi democratici originari della rivoluzione popolare.
Al tempo stesso siamo su questi fronti con un programma marxista di rivoluzione, senza nessun adattamento alle loro leadership attuali .
Stiamo dalla parte dei palestinesi per una loro Terza Intifada: contro le leadership di Abu Mazen, asservita al sionismo, e contro Hamas e il suo regime oppressivo a Gaza, per una direzione alternativa del movimento di liberazione della Palestina.
Siamo incondizionatamente dalla parte dei kurdi e della loro lotta: ma contro i progetti di pacificazione con Erdogan ancora coltivati da una parte del PKK (Ocalan) e significativamente contrastati dall'ala giovanile di quel partito. Per una direzione alternativa del movimento di liberazione kurdo attorno ad un progetto di Kurdistan unito e indipendente.
Siamo dalla parte delle forze residue della rivoluzione siriana, ma contro le aperture all'imperialismo e la politica di collaborazione con l'imperialismo della cosiddetta “Coalizione nazionale siriana”.
Siamo su ogni versante per lo sviluppo di un punto di vista classista indipendente in Medio Oriente, in funzione della prospettiva socialista. E dunque per la costruzione di partiti marxisti rivoluzionari basati su questo programma. È la lotta che il Partito Operaio rivoluzionario di Turchia ( Dip) oggi conduce nel proprio paese, e che ha tutto il nostro sostegno.


Partito Comunista dei Lavoratori

mercoledì 28 ottobre 2015

Il 29/ 30 ottobre è sciopero generale nella logistica



Nella notte tra giovedì 29 e venerdì 30 ottobre i facchini della logistica scioperano per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore in scadenza a dicembre. Negli ultimi 7 anni le lotte e gli scioperi, i picchetti e le cariche della polizia, i licenziamenti e le vittorie dei facchini, sono state il pane quotidiano ai cancelli dei grandi poli della logistica, così come davanti a quelli delle piccole cooperative in appalto.
In un panorama di sconfitte e di arretramento dei diritti dei lavoratori, le lotte di questo settore hanno rappresentato e rappresentano un esempio che dimostra come, pur nello sfavore degli attuali rapporti di forza, qualcosa si possa fare per migliorare le proprie condizioni di lavoro e vita.
COSA VOGLIONO I FACCHINI DELLA LOGISTICA?
Miglioramento di salari e condizioni di lavoro estesi a tutti i magazzini della logistica; lotta contro i piani di attacco ai lavoratori che vedono nelle ultime mosse del governo Renzi (Jobs Act, cancellazione del diritto di sciopero) e del padronato (fine della contrattazione collettiva) il culmine delle politiche di flessibilizzazione e precarizzazione che vanno avanti almeno dai primi anni novanta.
·         No al peggioramento del Contratto Nazionale di categoria
·         Per la sua piena applicazione in tutti i magazzini della logistica
·         Aumenti salariali del 5% della retribuzione minima mensile
·         Riduzione dell’orario di lavoro a 37,5 ore settimanali
·         Garanzie di mantenimento di lavoro e condizioni nei cambi appalto
·         Per respingere gli attacchi del governo e il suo Jobs-act
·         Estensione degli scioperi contro le politiche repressive europee
·         Per il riconoscimento della rappresentanza dei lavoratori
·         Pieni diritti per tutte le Organizzazioni Sindacali
Da un lato, quindi, rivendicazioni strettamente legate al settore, come il rifiuto al peggioramento del contratto di categoria, la sua applicazione in tutti i magazzini, aumenti salariali: tutti obiettivi importanti per estendere le vittorie ottenute in molti magazzini anche a tutti i poli dove invece il conflitto non è riuscito ad imporli con la forza.
 QUESTA BATTAGLIA RIGUARDA TUTTI NOI.
Sbaglia chi vede in questo sciopero una questione puramente settoriale, che riguarda solo alcuni facchini o alcuni trasportatori: questo sciopero, questa lotta riguardano tutti noi. Perché se i facchini vincono, i padroni proveranno a salvaguardare i loro profitti strizzando chi lavora a monte o a valle della filiera; perché quello che accade nello logistica è solo un’immagine di quello che sta avvenendo negli altri posti di lavoro; perché col Jobs Act, se non ci organizziamo, ricatti, minacce e maltrattamenti saranno all'ordine del giorno ancor più di quanto non siano oggi!  Occorre costruire un'opposizione ai padroni che vada oltre la singola azienda e il singolo settore: per questo nella loro piattaforma ci sono obiettivi che riguardano tutti i lavoratori ed anche i disoccupati.
l PCL aderisce e sostiene l'iniziativa di sciopero generale  nel settore della logistica, promossa dal sindacato Si Cobas e dall’ADL.
Al tempo stesso, nel sostenere lo sciopero generale come ogni altra azione di lotta, per quanto parziale, che abbia valenza progressiva, continueremo a batterci, tra i lavoratori e in ogni sindacato di classe,  per una ricomposizione generale del fronte  di massa  contro padroni e governo, attorno ad una vertenza generale unificante.
Una necessità tanto più pressante a fronte della crisi capitalista e di un governo reazionario a ispirazione bonapartista come il governo Renzi.


Partito Comunista dei Lavoratori

mercoledì 14 ottobre 2015

Volantinaggio contro i tagli alla sanità del Partito comunista dei lavoratori




Sabato 17 ottobre, gli esponenti del PCL saranno davanti all'ospedale di Circolo per protestare contro i tagli annunciati dal Governo Renzi

I tagli annunciati dal governo Renzi alla spesa sanitaria costituiscono un  attacco al diritto di cura ed alle condizioni di vita di tutti i cittadini.

Il Partito comunista dei lavoratori (PCL) sarà presente questo fine settimana (nei giorni di venerdì 16 e sabato 17) davanti ai principali Ospedali della regione per sensibilizzare operatori ed utenti sulla grave situazione in cui si trova la sanità pubblica.

La riduzione delle spese per esami di controllo e prevenzione si tradurrà nel medio periodo in un aumento delle malattie e dei ricoveri con conseguente aggravio di spese per il sistema sanitario.

Se i  tagli vanno fatti si cominci  dagli stipendi di “manager” spesso incapaci e da un controllo capillare sugli appalti e forniture in tutto il comparto sanitario. Controlli che si rendono ancor più necessari come dimostra l’arresto di Mario Mantovani, vicepresidente della regione ed ex assessore regionale alla Salute per corruzione e concussione avvenuto ieri.

La sezione di Varese del Pcl volantinera’ Sabato 17 ottobre dalle ore 8.30 circa presso l’Ospedale di Circolo


di redazione@varesenews.it

COMUNICATO STAMPA

I tagli annunciati dal governo Renzi alla spesa sanitaria costituiscono un grave attacco al diritto di cura ed alle condizioni di vita di tutti i cittadini. 
Il Partito comunista dei lavoratori (PCL) sarà presente questo fine settimana (nei giorni di venerdì 16 e sabato 17) davanti ai principali Ospedali della regione per sensibilizzare operatori ed utenti sulla grave situazione in cui si trova la sanità pubblica. 
La riduzione delle spese per esami di controllo e prevenzione si tradurrà nel medio periodo in un aumento delle malattie e dei ricoveri con conseguente aggravio di spese per il sistema sanitario. 
Se tagli vanno fatti si cominci dagli stipendi di "manager" spesso incapaci e da un controllo capillare sugli appalti e forniture in tutto il comparto sanitario.
Controlli che si rendono ancor più necessari come dimostra l'arresto di Mario Mantovani, vicepresidente della regione ed ex assessore regionale alla Salute per corruzione e concussione.

PCL Coordinamento regionale lombardo

lunedì 12 ottobre 2015

La Strage del 10 Ottobre ad Ankara




Messaggio al DIP (Partito Rivoluzionario dei Lavoratori della Turchia)

Cari compagni,
il comitato centrale del PCL riunito oggi vi manda il nostro saluto solidale a fronte del grave attentato che ha investito la manifestazione di ieri 10 ottobre ad Ankara. Le forze reazionarie che stanno cercando di influenzare il quadro politico nel vostro paese e il Governo Erdogan sono colpevoli di questi morti perche' e' evidente il collegamento di questi attentati alla volontà di accrescere la tensione e la paura nell'opinione pubblica in Turchia per influenzare l'esito delle prossime elezioni a favore di Erdogan e le sue scelte reazionarie. I lavoratori se sapranno creare un fronte unico di lotta e di resistenza insieme alle comunità Kurde possono respingere ed isolare la violenza e le provocazioni del governo. La nostra solidarietà a voi e al proletariato di tutta la Turchia e Kurdistan .
Saluti a rivoluzionari.

Comitato Centrale PCL
10 Ottobre 2015

PARTITO COMUNISTA DEI. LAVORATORI

mercoledì 7 ottobre 2015

A LA GUERRE COM'A LA GUERRE



Siamo a un passaggio inedito della vicenda sindacale italiana. Confindustria ha di fatto dichiarato la “serrata contrattuale”, dopo aver preteso la rinuncia preventiva ad ogni aumento salariale ed anzi aver chiesto indietro, in più settori, 80 euro dai lavoratori. Il Governo non ha stanziato risorse per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego nella legge di stabilità, visto che lo stanziamento previsto di 400 milioni corrisponde grosso modo ad un aumento di 20 euro per dipendente. E questo dopo un blocco contrattuale di sette anni e la sentenza della Consulta. Intanto lo stesso governo che ha cancellato l'articolo 18 e che diserta i propri doveri contrattuali si riserva di intervenire d'autorità sulla struttura stessa del contratto nazionale, con un colpo di mano senza precedenti.

Di fronte a questa valanga annunciata la burocrazia sindacale balbetta impaurita, in una paralisi totale di iniziativa reale. La CISL cerca di salire da sola sul carro del vincitore chiedendo in cambio una qualche foglia di fico, ma invano. La burocrazia CGIL, come un pugile suonato, si limita a ripetere parole di “critica” verso Squinzi e verso il governo, che non servono a nulla e non contano nulla. Maurizio Landini copre con la evocazione verbale di una '”occupazione delle fabbriche” che ovunque ha sempre evitato , la propria sostanziale passività. La risultante è semplice: mentre governo e padronato sparano cannonate contro i lavoratori, i dirigenti sindacali abbandonano di fatto il movimento operaio, coprendosi dietro il paravento di frasi vuote. Questo è ciò che sta accadendo.

E' necessario reagire. Basta balbettii. E' necessario e urgente il più vasto fronte di classe e di massa, contrapposto al fronte comune tra padroni e governo. E' necessario e urgente opporre alla radicalità straordinaria di padroni e governo una radicalità straordinaria, uguale e contraria, dei lavoratori e delle lavoratrici. Va preparato uno sciopero generale vero capace di bloccare l'Italia sino a quando la resistenza di padroni e governo non sarà piegata. Va predisposta una cassa di resistenza nazionale a sostegno di questo sciopero. Va organizzato in tutto il paese un piano d'azione di massa che accompagni lo sciopero e lo sostenga ( blocco delle merci, occupazione delle aziende che ignorano i diritti sindacali, ecc.). Non si dica che “non vi sono le forze”. Gli otto milioni di lavoratori , privati e pubblici, interessati ai contratti sono una grande forza. Cui si possono unire milioni di precari, di disoccupati, di popolazione povera del Nord e del Sud, colpiti parallelamente da una legge di stabilità che taglia le prestazioni sanitarie per finanziare la detassazione delle ville e nuovi regali fiscali ai profitti . Questa forza complessiva deve essere semplicemente motivata, organizzata, e resa cosciente di sé. Se questa forza sarà dispiegata davvero tutto diventerà possibile . Se questa forza, come in passato, verrà ignorata e dispersa, padroni e governo avranno la vittoria in tasca. Con un nuovo effetto di demoralizzazione e passivizzazione di milioni di lavoratori. A beneficio dei Grillo e dei Salvini.

Facciamo appello a tutte le avanguardie di lotta ovunque collocate perchè uniscano la propria azione attorno alla parola d'ordine di uno sciopero generale vero, unitario e di massa. Perchè facciano di questa parola d'ordine uno strumento di battaglia politica tra i lavoratori e nei propri sindacati. Perchè si apra il varco di un movimento unitario reale di lotta . Perchè emerga ovunque l'esigenza di una direzione alternativa ad una burocrazia sindacale fallimentare.


Partito Comunista dei Lavoratori

lunedì 5 ottobre 2015

EXPONIAMOCI CONTRO LA FIERA DELLO SFRUTTAMENTO ! SOLIDARIETÀ AI DIRIGENTI SINDACALI FERMATI DALLA POLIZIA



Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime la massima solidarietà ai cinque compagni sindacalisti dell’ area di opposizione interna IL SINDACATO E’ UN’ALTRA COSA, fermati dalla polizia questa mattina dopo che in segno di protesta avevano esposto lo striscione: "Exponiamoci contro la fiera dello sfruttamento" tra i quali il portavoce nazionale dell’ area Sergio Bellavita.

La protesta era stata organizzata dopo che la segreteria CGIL aveva convocato il direttivo della confederazione dentro il quartiere dell’ EXPO. Una scelta molto criticata tanto che Maurizio Landini aveva deciso di non partecipare ai lavori.
La scelta della segreteria è apparsa subito come un sostegno al governo Renzi.
Non appena è stato esposto lo striscione dell’ area di opposizione si è presentata in modo massiccio la polizia che con particolare violenza ha distrutto lo striscione e fermato i dirigenti dell’ opposizione CGIL strappando il materiale di propaganda come i volantini che venivano distribuiti. Questa è la voce del governo che non tollera alcun dissenso alle sue politiche di sfruttamento espresse nei provvedimenti del Jobs Act. In particolar modo all’ EXPO tempio del capitalismo nostrano e internazionale.

Il PCL oltre ad esprimere la propria solidarietà ai compagni fermati, si batterà per difendere e diffondere le voci di opposizione che crescono nel paese contro un governo reazionario tutto spostato verso gli interessi di Confindustria e del potere finanziari.
Costruiamo una vertenza generale contro il Governo Renzi.
La lotta di classe non può essere fermata.

Partito Comunista dei Lavoratori


sabato 3 ottobre 2015

3 OTTOBRE 2015

Il 3 ottobre del 2013 a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa vicinissimo al porto, una barca naufragava con a bordo 540 persone circa, la maggior parte di nazionalità eritrea, provocando 366 morti accertati e circa 20 dispersi presunti.