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mercoledì 27 febbraio 2019

ORDINE E SICUREZZA. DI CHI?



Il decreto sicurezza non è un attacco rivolto solamente ai migranti, ma anche ai lavoratori in lotta
Tutti associano il decreto sicurezza del governo SalviMaio alla campagna contro gli immigrati. E certamente i migranti sono il primo bersaglio del decreto, con tutti i suoi tratti inumani. Ma non sono il solo.

Lo dimostra la lotta degli operai della Frama Action di Modena contro la chiusura della propria azienda. Quando la proprietà austriaca ha annunciato la serrata per trasferire la produzione in Germania, gli operai hanno picchettato la fabbrica impedendo l'uscita dei tir. Nove di loro, le avanguardie di lotta, sono stati denunciati per blocco stradale. Un'azione prima sanzionata come illecito amministrativo, ora invece viene colpita come reato secondo quanto prevede il nuovo decreto sicurezza. Questo episodio la dice lunga sulla natura del decreto. Sotto la confezione della demagogia reazionaria contro i migranti si nasconde il pugno di ferro contro gli operai. Lo stesso ministro Di Maio che sbandiera le (finte) misure contro le delocalizzazioni per prendere i voti dei lavoratori, colpisce i lavoratori che lottano contro le delocalizzazioni portandoli in tribunale!

Intanto si annuncia una legge sulla cosiddetta legittima difesa che pone il diritto di proprietà sopra al diritto alla vita, al punto che il ministro degli Interni plaude commosso alle gesta dell'autore di un tentato omicidio che, a giorni di distanza da un furto di gasolio subito, ha sparato a freddo contro un rumeno dopo averlo fatto inginocchiare ai propri piedi. Anche qui non si tratta di atteggiamenti magari discutibili ma socialmente neutri. No, si tratta anche qui di un tema di classe. Se ogni offesa alla proprietà giustifica il diritto incondizionato a sparare del “legittimo” proprietario, cosa potrebbe accadere agli operai che decideranno di occupare gli stabilimenti a difesa del proprio diritto al lavoro? Qualsiasi guardia di vigilanza aziendale sarà autorizzata a far fuoco a tutela dei confini sacri della proprietà?

La retorica dell'ordine pubblico nasconde l'attacco al diritto di lotta degli sfruttati. L'unico ordine che si vuole difendere è quello dominato dai padroni. Solo rovesciando quest'ordine di società si potranno difendere diritti e umanità.


Partito Comunista dei Lavoratori

martedì 26 febbraio 2019

ROMPERE GLI ARGINI CREATI DAGLI OPPORTUNISTI, DAI RIFORMISTI E DALLA BUROCRAZIA SINDACALE



Si lavora in pochi e sempre peggio, aumentano i carichi di lavoro, la fatica e lo stress, si lavora sempre più a lungo e per giunta con retribuzioni sempre più inadeguate.

La tendenza del sistema capitalista a peggiorare le condizioni di vita della classe operaia, viene ancora una volta confermata. L’attacco ai CCNL, la polverizzazione contrattuale fino ai contratti individuali, la politica di austerità e le tasse dirette e indirette che gravano sui salariati, non fa altro che peggiorare tale situazione di progressivo ed incessante impoverimento della classe lavoratrice e delle masse popolari.

La politica di abbassamento dei salari, serve al capitale per perseguire la divisione dei  lavoratori e recuperare i  margini di profitto.

La politica di cedimento e tradimento dei sindacati collaborazionisti e della sinistra  borghese e socialdemocratica si è tradotta in contratti a  perdere e ha messo i lavoratori  davanti al ricatto occupazione o salari  da fame. 

La questione salariale, dell’occupazione e quella del precariato sono   questioni collegate fra loro su   cui deve tornare a svilupparsi   la lotta di classe operaia contro il sistema di   sfruttamento capitalista che   genera costantemente piaghe   sociali.  

Bisogna rompere gli argini creati dagli   opportunisti, dai riformisti e   dalla burocrazia sindacale, approfittando di ogni   occasione per scatenare la   lotta a favore delle   rivendicazioni di classe. Rilanciare e sviluppare la lotta intransigente per l’incremento del salario, legandola a quella contro la chiusura delle fabbriche e delle aziende, la disoccupazione e l’aumento dello sfruttamento, per la sicurezza e salute sul    lavoro, per la difesa dei diritti  dei lavoratori quali il diritto di sciopero, di picchetto, per    poter andare in pensione ad un’età decente e senza tagli.   

La lotta non si deve limitarla, però, in una pura dimensione    “economica”, ma considerarla come parte della  lotta generale contro il sistema  capitalista, il vero responsabile della condizione di miseria e sfruttamento dei    lavoratori, nell'ottica dell’alternativa rivoluzionaria del proletariato.    

lunedì 18 febbraio 2019

ORGANIZZARSI PER UN AVVENIRE SOCIALISTA



Lo slogan “Prima gli italiani” si basa sui presunti privilegi di cui godrebbero i lavoratori immigrati e sui presunti danni che deriverebbero dalla loro presenza.

Oggi questi “slogan”, direttamente o indirettamente, sono utilizzati per paralizzare e ostacolare l’azione di lotta degli operai in difesa dei propri interessi economici e politici.

L’attenzione e la lotta degli operai italiani viene, così, deviata contro i lavoratori provenienti da altri paesi, che vengono additati come la causa dei loro problemi.
Operai rumeni, albanesi, marocchini, ucraini, pakistani, etc. sono utilizzati a livelli di sfruttamento altissimi da padroni e i padroncini, da affaristi e  speculatori che affittano a loro topaie a prezzi da capogiro. Sono i caporali che li tormentano per far rispettare i “Diktat” imposte dalle aziende.
E’ lo Stato attraverso leggi come il “Decreto sicurezza.

“Prima gli italiani” serve a far dimenticare la classe, la solidarietà, spegnere con ogni mezzo la coscienza di classe dei lavoratori e favorire la loro divisione e la loro collaborazione.
La colpa è sempre dello straniero che dev’essere schiacciato come capro espiatorio della disoccupazione, dei bassi salari, della miseria dilagante.

Non sono loro che portano via il lavoro, che impongono licenziamenti e sacrifici. Non sono loro a causare la disoccupazione e l’impoverimento di massa. Non è l’accoglienza ai migranti a causare il debito, ma i regali a banche e padroni, l’evasione fiscale, la corruzione e gli sprechi.

Bisogna, invece, lottare affinché tutti i lavoratori abbiamo assicurato un lavoro dignitoso, per farla finita con i veri privilegiati, lottare per rovesciare il tavolo, lo stato di cose presente, e con esso tutti coloro che si schierano a difesa di questo sistema.

Lottare, insomma, organizzati per un avvenire socialista, che è tutto da conquistare.

venerdì 15 febbraio 2019

LA SECESSIONE DEI RICCHI



Il referendum lombardo-veneto (Zaia-Maroni) del 2017 sulla cosiddetta autonomia regionale sta partorendo il frutto annunciato. Il governo giallo-bruno sta varando un'intesa con i governatori di Lombardia e Veneto che colpisce il lavoro salariato e la popolazione povera, in particolare del Sud.

Il meccanismo è semplice nella sua brutalità. I governatori del Nord vogliono allungare le mani su una fetta più grande delle risorse fiscali. Inizialmente la richiesta di Zaia era di poter trattenere localmente il cosiddetto residuo fiscale, cioè lo scarto tra gettito fiscale prodotto e trasferimento statale alla Regione. Siccome la richiesta, così formulata, aveva difficoltà a passare, ora si persegue lo stesso obiettivo in una forma diversa: si chiede allo Stato un trasferimento di competenze alla Regione che motivi una “maggiore compartecipazione” della stessa al gettito territoriale (dell'Irpef, dell'Irap, della tassa sull'auto...).

Il significato sociale e di classe dell'operazione è evidente. Le tre Regioni più ricche d'Italia, che fanno insieme più del 40% del PIL, chiedono e ottengono di sottrarsi ampiamente alla redistribuzione nazionale dell'introito fiscale. Maggiore è la quota che si accaparrano, minore è la quota che verrà riservata al resto d'Italia. In un contesto segnato dalla disuguaglianza sempre più ampia tra Nord e Sud in fatto di occupazione, servizi, prestazioni, il governo giallo-bruno arreca una nuova mazzata al Meridione.

Ma non si tratta di sola ripartizione territoriale. I governi regionali di Lombardia e Veneto (con alla coda la giunta regionale emiliana del PD) chiedono il pieno controllo di tutto il sistema degli incentivi alle imprese, la gestione della cassa integrazione e delle cosiddette politiche attive del lavoro (reddito di cittadinanza incluso); il controllo di autostrade, ferrovie, aeroporti; la regionalizzazione dei rapporti di lavoro nella scuola, dell'alternanza scuola-lavoro, del rapporto con le scuole private; pieni poteri in fatto di sanità, inclusa la gestione dei fondi sanitari integrativi; e persino la gestione della previdenza complementare, della protezione civile, dell'ordinamento sportivo locale. Insomma, i governi regionali si candidano ad avere mano libera su ogni terreno. La disponibilità di maggiori risorse fiscali consentirà loro di continuare a ridurre le tasse sui profitti, di allargare le regalie pubbliche alle imprese private, di liberalizzare e privatizzare ulteriormente prestazioni sociali e servizi pubblici. Più ridurranno la spesa sociale più aumenteranno l'assistenza ai padroni. In cambio offriranno qualche piccolo privilegio corporativo ai propri “residenti”, pagato con la frantumazione contrattuale dei lavoratori, e dunque con l'attacco alla loro forza collettiva.

La Lega finanzia con questo accordo gli impegni assunti col padronato. Salvini non ha potuto onorare adeguatamente la promessa della flat tax nella prima legge di stabilità, dovendo accordarsi col M5S sul reddito di cittadinanza. Ora compensa la promessa mancata regalando alla piccola e media borghesia del Nord una nuova fetta di soldi e di potere. Pagano i salariati, del Nord e del Sud. Paga ovunque la popolazione povera. Il paradosso è che Salvini sfonda elettoralmente nella popolazione povera del Sud nel momento stesso in cui le carica sul groppo l'ingrasso ulteriore del padronato del Nord. E che il M5S sventola al Sud il reddito di cittadinanza nel momento stesso in cui concorre con Salvini, e alla coda di Salvini, nello spogliare le masse meridionali.

Per ora la truffa tiene, il consenso al governo resta alto. La memoria popolare di PD e FI è sufficiente per assicurare a Conte un sostegno sociale reale, mentre la passività dei sindacati continua ad offrigli un margine di manovra propagandistico. Ma i nodi si aggrovigliano, la coperta è stretta, le contraddizioni aumentano. È l'ora di rilanciare una opposizione sociale e di massa. Le chiacchiere di Landini stanno a zero. È l'ora di una lotta vera.


Partito Comunista dei Lavoratori

giovedì 14 febbraio 2019

Manifestazione contro i CPR

Sabato, 16 Febbraio 2019 alle ore 14.30 - Milano Piazzale Piola (M2 Piola, filovia 90 - 91 bus 39 - 62) Milano



“Non c’è più spazio per le ambiguità. E’ tempo di scegliere da che parte stare, e noi abbiamo scelto: stiamo dalla parte dei diritti, delle persone migranti e non solo”.

Il Pcl aderisce e partecipa alla manifestazione contro i CPR ed il decreto sicurezza ed invita iscritti e simpatizzanti a partecipare.

lunedì 11 febbraio 2019

FOIBE E REVISIONISMO STORICO


Da anni è in atto un processo di revisionismo storico sulla Resistenza. Ai vecchi intellettuali fascisti si sono affiancati i “nuovi” passati armi e bagagli dall’altra parte per ragione di opportunità.
Come succede con le rivoluzioni e con i grandi rivoluzionari che, una volta morti, vengono trasformati in icone inoffensive, si cerca di reinterpretare la Resistenza snaturando il suo lato rivoluzionario e di classe, snaturando il progetto di chi si batteva contro il capitalismo e l’imperialismo cosciente degli antagonismi inconciliabili di classe.
Il revisionismo storico ha avuto una funzione importantissima in questi ultimi anni nel determinare il cambiamento di orientamento dell'opinione pubblica rispetto ai valori della Resistenza italiana.

Con il revisionismo storico si è cercato di trasformare vittime del fascismo e del nazismo in carnefici, di far passare come guerra per bande la lotta di liberazione, nascondendo o oscurando che essa invece è stata il punto più alto di capacità egemonica raggiunta dal movimento operaio italiano ed europeo.
Per fare questo si è scelta soprattutto la zona del confine orientale d'Italia, che è stata storicamente una zona molto difficile per i rapporti fra italiani, sloveni e croati, perché il fascismo in queste terre è stato una dittatura molto più violenta rispetto a quello che è stato nel resto d'Italia.
Un fascismo specificamente razzista, antislavo, che ha portato alla italianizzazione forzata centinaia di migliaia di persone e una repressione etnica.
È stato usato il fatto che non si fosse parlato della storia del confine orientale in Italia, in questo dopoguerra, per introdurre, così, nel dibattito politico una questione come quella delle foibe, facendo credere alla gente che prima non fosse accaduto assolutamente nulla. Si è isolata questa vicenda del resto della storia del confine orientale, dimenticando ciò che è stata la seconda guerra mondiale nel territorio del Friuli Venezia. 
Coloro, infatti, che combattevano con la Repubblica Sociale in quei territori erano a diretto servizio dei nazisti, dei battaglioni Mussolini, della milizia difesa territoriale, della Decima Mas e di altre formazioni come la guardia civica, e giuravano direttamente fedeltà ad Hitler nel nostro territorio.

Tutte queste cose sono state nascoste, sono state naturalmente dimenticate.
In questo modo si sono presentati i fascisti, che hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale al fianco dei nazisti e hanno sterminato e massacrato intere popolazioni, come coloro che avevano salvato il confine orientale d'Italia dall'invadenza slava, dimenticando che, se avesse vinto il nazismo, quei territori non sarebbero mai più stati in Italia. 
In questo tipo di visione, la destra è riuscita a coinvolgere, purtroppo, anche una buona parte della sinistra che, per dimostrare di essere nuova e buona, equipara e mette sullo stesso piano nazismo e comunismo, dimenticando e rovesciando la verità storica.
La funzione della propaganda revisionista è stata propria quella di legittimare l'entrata dei fascisti nella scena politica e poi anche al governo.
Attraverso il revisionismo storico si è sempre più equiparato coloro che avevano combattuto con la Repubblica Sociale ai partigiani, passando attraverso il discorso che tutti i morti sono uguali che poi tutti, comunque, hanno combattuto per un ideale indipendentemente da quale fosse, questo ideale. 
Dobbiamo renderci conto che la Repubblica italiana non ha mai fatto veramente i conti con le responsabilità del fascismo.
Dietro al discorso delle foibe c'è proprio l'interesse di continuare a nascondere queste responsabilità.
Il fascismo non è un incidente della storia. È lo strumento che la borghesia capitalista usa per opprimere e schiacciare la classe operaia e le masse popolari quando non è più in grado di mantenere il proprio potere col sistema democratico-borghese.

Partito Comunista dei lavoratori
Pavia sez. “Tiziano Bagarolo”


domenica 10 febbraio 2019

CGIL CISL UIL : “IL CAMBIAMENTO QUI” !!!!

E' dagli anni '80 del secolo scorso difatti che la CGIL riveste un ruolo frenante dei lavoratori in nome delle 'compatibilità' col sistema di sfruttamento capitalistico. Tutti i provvedimenti antisociali, dalle pensioni alle privatizzazioni dei servizi pubblici, alla precarietà e alla flessibilità, alla moderazione salariale che ha portato l'Italia all'ultimo posto nei salari e negli stipendi, sono passati col consenso o col silenzio-assenso dei confederali. Se le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici sono pessime ciò è dovuto a chi non li ha difesi finora, a chi ha portato la contrattazione dentro i meccanismi più truci del neoliberismo.


 

mercoledì 6 febbraio 2019

DE MAGISTRIS SCALDA I MOTORI



«Ceti popolari, borghesia illuminata, sindaci, movimenti, reti sociali: questi sono i miei riferimenti» (Il Fatto Quotidiano, 4 febbraio).

Così il sindaco di Napoli Luigi De Magistris presenta la nuova lista civica per le prossime elezioni europee. Una lista che mira a raccogliere in un unico minestrone organizzazioni e partiti (da Potere al Popolo a Rifondazione Comunista) che si sono bastonati sino a ieri e che riprenderanno a bastonarsi domani. Nel frattempo lotteranno all'ultimo sangue, gli uni contro gli altri, a suon di preferenze, per accaparrarsi un eventuale eletto/a.

Si dirà: è una pena che vale il progetto. Ma il progetto qual è? È quello di assicurare a Luigi De Magistris un rodaggio di visibilità in vista delle successive elezioni politiche. Un progetto esplicitamente rivolto a intercettare le aree in sofferenza del M5S sul versante civico-democratico, e dunque in qualche modo concorrente sullo stesso terreno populista.

Un «governo competente delle istituzioni», questo l'obiettivo dichiarato di De Magistris.

Del resto, se si vuole rappresentare indistintamente ceti popolari e borghesia illuminata, non c'è altra politica che questa: quella che De Magistris ha gestito a Napoli, strizzando l'occhio contemporaneamente ai centri sociali e ai salotti, nel mentre si privatizzano le municipalizzate. 

Certo è altra cosa rispetto a M5S, Lega e PD. Ma non c'entra nulla con la rappresentanza autonoma dei lavoratori, tanto meno con un progetto anticapitalista.

Partito Comunista dei Lavoratori

lunedì 4 febbraio 2019

LOTTA PER L’AMBIENTE CONTRO IL SISTEMA DI SFRUTTAMENTO CAPITALISTA



Il prossimo 23 marzo si terrà a Roma una grande manifestazione nazionale NO TAV e delle altre strutture di lotta per la difesa del territorio nazionale.
La protesta non si fermerà e acquisterà ancora più forza se saprà fare completamente piazza pulita delle illusioni verso i partiti borghesi, vecchi e nuovi.

Il Partito Comunista dei Lavoratori è nettamente collocato sul fronte No TAV, a partire da una motivazione di classe e da un progetto alternativo di società.
Sosteniamo con  convinzione la lotta del popolo  NO TAV e degli altri  movimenti ambientalisti e  denunciamo i provvedimenti  repressivi verso i militanti, a  cui va la nostra solidarietà. 

Non siamo per principio contro le grandi opere, nel nome del “piccolo è bello”. Vi sono grandi opere obiettivamente necessarie anche nel campo dell'alta velocità, magari disertate o passate in secondo piano dai governi borghesi. Né vale il concetto dell'opposizione di principio alle grandi opere per il fatto che coinvolgono gli interessi di potentati economici. Neppure può essere eretto a criterio assoluto la contrarietà a una grande opera da parte di settori popolari dei territori direttamente interessati, perché a certe condizioni un interesse generale può essere prioritario rispetto a interessi locali. La stessa storia generale delle ferrovie lo dimostra. 

Da questo punto di vista, ogni cultura comunitaria che declini la dimensione territoriale del movimento come nuovo modello di soggettività antagonista alternativa alla dimensione generale di classe ci pare non solo sbagliata ma pericolosa. 

Lottiamo per la tutela  dell’ambiente e il rispetto degli equilibri naturali, l’aumento  della spesa sociale per la  manutenzione e il riassetto  idrogeologico del territorio. 
Inseriamo la lotta per l’ambiente in quella generale contro il sistema di   sfruttamento capitalista, il vero   responsabile del disastri   ambientali e delle speculazioni   a danno dei territori.

La TAV è diventata una croce per il governo reazionario, in particolare per il M5S.

Il M5S di governo ha già capovolto le proprie promesse elettorali in relazione alla vicenda TAP, esponendosi ad una contestazione frontale delle popolazioni salentine e di settori significativi di propri attivisti. Una nuova capitolazione di M5S sul TAV potrebbe innescare un effetto valanga in termini di credibilità pubblica del partito, ben al di là della Val Susa. Al tempo stesso la Lega di Salvini, già in tensione col proprio blocco imprenditoriale del Nord, ha difficoltà a subire un vero blocco della TAV, e preme sul M5S per rimuovere ogni veto. 

Respingere le mediazioni-truffa, battersi per bloccare la TAV, è anche una forma di opposizione politica a un governo reazionario, xenofobo, truffaldino e ai suoi progetti di stabilizzazione.