1) Il popolo
di Catalogna ha l'insieme delle caratteristiche (unità e particolarità
linguistica, territorio, comunanza di tradizioni e storia, sentimento popolare
di identità) che configurano una nazione.
2) Quanto sopra determina il suo diritto all'autodeterminazione.
3) La nazione catalana è stata storicamente oppressa dallo Stato spagnolo, almeno a partire dal 1714. Il movimento, da più di un secolo a carattere repubblicano, per la liberazione da tale oppressione nazionale dello Stato imperialista monarchico spagnolo ha un carattere progressivo.
4) Per questo, anche di fronte ad uno sviluppo di un movimento di massa nazionale democratico centrato sulla gioventù (che si è espresso nei mesi precedenti al referendum con posizioni radicali in difesa dei diritti dei migranti), la posizione dei trotskisti conseguenti deve essere a favore non solo del diritto democratico di autodeterminazione, ma anche della indipendenza della Catalogna.
5) Da comunisti rivoluzionari noi non proponiamo però una indipendenza senza aggettivi. Noi siamo per l'indipendenza di una Catalogna socialista, basata sul potere dei lavoratori e delle lavoratrici.
6) La posizione di cui al punto 5 non rappresenta però una precondizione per partecipare al movimento di massa e alla lotta attuale. Noi siamo per la Catalogna socialista ma appoggiamo incondizionatamente l'autodeterminazione e l'indipendenza. Per questo rivendichiamo il referendum del 1° ottobre e il suo risultato, condannando la sua oggettiva svendita da parte della borghesia catalana. Nel contempo, i marxisti rivoluzionari devono spiegare che solo una rivoluzione socialista può garantire la realizzazione concreta dell'indipendenza.
7) I marxisti rivoluzionari devono intervenire nel movimento reale di massa cercando di costruire in esso la propria egemonia utilizzando la propaganda e l'agitazione con i propri obbiettivi transitori, a partire dalla rivendicazione dello sciopero generale prolungato ed esteso anche alla classe operaia spagnola in generale, la costruzione di comitati operai, studenteschi e popolari in difesa del processo indipendentista, la nazionalizzazione sotto controllo operaio delle banche e delle imprese che esportano capitale fuori dalla Catalogna come strumento di ricatto nei confronti del processo indipendentista.
8) I marxisti rivoluzionari devono inquadrare la battaglia per l'indipendenza socialista della Catalogna in un quadro più generale, cioè in quello della prospettiva degli Stati uniti socialisti d'Europa. Il movimento di massa indipendentista catalano è nazionalista, ma non sovranista. Si tratta di combattere in esso le illusioni sulla UE e una sua eventuale riforma, e quelle su una Europa "sociale e democratica".
9) Non riteniamo attuale oggi la vecchia parola d'ordine di "Federazione socialista iberica". In questo momento essa apparirebbe al movimento di massa indipendentista come una versione radicale della posizione di compromesso avanzata da Podemos, Izquierda Unida ed En comun-Podem. Qualora però si sviluppasse in Spagna un movimento di massa democratico, antimonarchico e antireazionario che accettasse il diritto di autodeterminazione della Catalogna, questa parola d'ordine tornerebbe di attualità.
10) Non esiste allo stato attuale una oggettiva egemonia proletaria sul movimento di massa indipendentista. Questa situazione, del resto esistente anche negli anni '30, a causa delle posizioni anti-indipendentiste degli anarcosindacalisti, non elimina il dovere e la necessità di partecipare al movimento. Bisogna lottare per costruire tale egemonia. In ciò lottando contro le posizioni interclassiste all'interno del movimento e in alternativa al blocco politico con la borghesia della sinistra catalana (compresa la CUP), ma anche e soprattutto nella classe operaia industriale, compresa quella di immigrazione dagli altri territori dello Stato spagnolo, per farle comprendere che è nel suo interesse di classe appoggiare il movimento indipendentista.
Partito Comunista dei Lavoratori
2) Quanto sopra determina il suo diritto all'autodeterminazione.
3) La nazione catalana è stata storicamente oppressa dallo Stato spagnolo, almeno a partire dal 1714. Il movimento, da più di un secolo a carattere repubblicano, per la liberazione da tale oppressione nazionale dello Stato imperialista monarchico spagnolo ha un carattere progressivo.
4) Per questo, anche di fronte ad uno sviluppo di un movimento di massa nazionale democratico centrato sulla gioventù (che si è espresso nei mesi precedenti al referendum con posizioni radicali in difesa dei diritti dei migranti), la posizione dei trotskisti conseguenti deve essere a favore non solo del diritto democratico di autodeterminazione, ma anche della indipendenza della Catalogna.
5) Da comunisti rivoluzionari noi non proponiamo però una indipendenza senza aggettivi. Noi siamo per l'indipendenza di una Catalogna socialista, basata sul potere dei lavoratori e delle lavoratrici.
6) La posizione di cui al punto 5 non rappresenta però una precondizione per partecipare al movimento di massa e alla lotta attuale. Noi siamo per la Catalogna socialista ma appoggiamo incondizionatamente l'autodeterminazione e l'indipendenza. Per questo rivendichiamo il referendum del 1° ottobre e il suo risultato, condannando la sua oggettiva svendita da parte della borghesia catalana. Nel contempo, i marxisti rivoluzionari devono spiegare che solo una rivoluzione socialista può garantire la realizzazione concreta dell'indipendenza.
7) I marxisti rivoluzionari devono intervenire nel movimento reale di massa cercando di costruire in esso la propria egemonia utilizzando la propaganda e l'agitazione con i propri obbiettivi transitori, a partire dalla rivendicazione dello sciopero generale prolungato ed esteso anche alla classe operaia spagnola in generale, la costruzione di comitati operai, studenteschi e popolari in difesa del processo indipendentista, la nazionalizzazione sotto controllo operaio delle banche e delle imprese che esportano capitale fuori dalla Catalogna come strumento di ricatto nei confronti del processo indipendentista.
8) I marxisti rivoluzionari devono inquadrare la battaglia per l'indipendenza socialista della Catalogna in un quadro più generale, cioè in quello della prospettiva degli Stati uniti socialisti d'Europa. Il movimento di massa indipendentista catalano è nazionalista, ma non sovranista. Si tratta di combattere in esso le illusioni sulla UE e una sua eventuale riforma, e quelle su una Europa "sociale e democratica".
9) Non riteniamo attuale oggi la vecchia parola d'ordine di "Federazione socialista iberica". In questo momento essa apparirebbe al movimento di massa indipendentista come una versione radicale della posizione di compromesso avanzata da Podemos, Izquierda Unida ed En comun-Podem. Qualora però si sviluppasse in Spagna un movimento di massa democratico, antimonarchico e antireazionario che accettasse il diritto di autodeterminazione della Catalogna, questa parola d'ordine tornerebbe di attualità.
10) Non esiste allo stato attuale una oggettiva egemonia proletaria sul movimento di massa indipendentista. Questa situazione, del resto esistente anche negli anni '30, a causa delle posizioni anti-indipendentiste degli anarcosindacalisti, non elimina il dovere e la necessità di partecipare al movimento. Bisogna lottare per costruire tale egemonia. In ciò lottando contro le posizioni interclassiste all'interno del movimento e in alternativa al blocco politico con la borghesia della sinistra catalana (compresa la CUP), ma anche e soprattutto nella classe operaia industriale, compresa quella di immigrazione dagli altri territori dello Stato spagnolo, per farle comprendere che è nel suo interesse di classe appoggiare il movimento indipendentista.
Partito Comunista dei Lavoratori
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