L'ALTRA
FACCIA DELLA PANDEMIA
La crisi
colpisce alcuni settori capitalistici e ne favorisce altri. Nel primo come nel
secondo caso, i padroni sanno solo chiedere soldi
La grande
crisi mondiale innescata dalla pandemia ha fatto la fortuna di alcuni settori
capitalistici. I dati globali trimestrali sono chiarissimi. I grandi gruppi del
Web hanno aumentato i propri ricavi del 17,4% e gli utili netti del 14,9%. La
grande distribuzione rispettivamente del 9,1% e del 34,8%. Il settore
farmaceutico del 6,1% e del 20,5%. L'elettronica del 4,5% e del 10%.
L'industria alimentare del 2% (non sono riportati gli utili). Ovviamente i
relativi comparti italiani hanno seguito il flusso. Miliardi a palate. Eppure
sono anch'essi beneficiari del taglio di 4 miliardi dell'IRAP, sottratti alla
sanità pubblica. E anch'essi ovviamente chiedono l'azzeramento totale dell'IRAP
(12 miliardi) più un nuovo ribasso dell'IRES, la tassa sui profitti, già
portata in tredici anni dal 34,5% al 20%. La favola del soccorso alle imprese
in crisi in questo caso non regge.
In compenso,
nonostante i profitti d'oro e i soldi presi dalla sanità, i capitalisti
“beneficiati” approfittano spesso del paravento dell'emergenza per abbassare i
“costi” del personale scaricandolo sulle casse pubbliche. È il caso di
Carrefour, che sta facendo incassi alle stelle ma ha mandato 4472 dipendenti in
cassa in deroga. Oppure di ArcelorMittal, che ha fatto operazione analoga con i
propri lavoratori mentre si prepara ad abbandonare gli stabilimenti italiani
dopo aver incassato tutto quello che c'era da incassare.
Poi troviamo
anche altri casi, formalmente opposti, ma nei fatti analoghi: come quello di
Jabil, che nel suo stabilimento di Marcianise rifiuta di ricorrere ad altre
settimane di cassa per passare direttamente al licenziamento degli operai,
nonostante il blocco dei licenziamenti formalmente in vigore. Oppure la
Novolegno, che approfitta della pandemia per gettare su una strada i suoi
lavoratori campani, nel mentre aumenta la produzione nel suo stabilimento
friulano.
Non si
tratta di casi. Si tratta di un sistema economico fondato sulla rapina. I
profitti sono privati, le risorse di cui beneficiano sono pubbliche. Dunque
sono pagate dagli stessi che col proprio lavoro mantengono chi li sfrutta. Ciò
vale anche, come si vede, quando i profitti procedono a gonfie vele. A maggior
ragione se poi subentra la crisi vera, come nel caso dell'automobile. FCA batte
cassa per 6,5 miliardi, coperti da garanzie pubbliche a favore della banca che
elargisce il prestito. E la stampa di sua proprietà rivendica il suo diritto a
pagare le tasse a chi vuole (Olanda) e a distribuire un utile di oltre 5
miliardi agli azionisti. Un impegno “scolpito su pietra”, dichiara il giovane
Agnelli. Come scolpiti su pietra sono stati gli impegni che tutti i governi
hanno preso da un secolo a oggi per riempire il portafoglio della FIAT. Stessa
storia per i Benetton, che controllano Atlantia, che controlla Autostrade. La
quale oggi rivendica i miliardi “dovuti” del sostegno pubblico con la stessa
naturalezza con cui li ha intascati per vent'anni.
Del resto,
così fan tutti. La Germania versa dieci miliardi agli azionisti di Lufthansa,
la Francia mette cinque miliardi nel portafoglio della Renault...
La
conclusione è semplice. Altro che dimostrare scandalo per la rivendicazione
comunista dell'esproprio del capitale! La nazionalizzazione delle grandi
aziende sotto controllo dei lavoratori e senza indennizzo per i grandi
azionisti significa semplicemente riprendersi ciò che i lavoratori hanno già
pagato con decenni di regalie pubbliche e di sfruttamento. L'esproprio vero è
quello che si compie ogni giorno ai loro danni da parte dei capitalisti. Solo
una rivoluzione cambia le cose.
Partito Comunista dei Lavoratori
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