I soldi del
MES servono ai capitalisti italiani, altro che “subordinazione alla Germania”
Confindustria
non tiene pudore.
Dopo essere
stata determinante nella precipitazione dell'epidemia e delle morti in
Lombardia, dopo aver dettato i tempi della ripresa produttiva in tutta Italia
senza reali condizioni di sicurezza per i lavoratori e le lavoratrici spesso
persino sui terreni più elementari (mascherine, tamponi, test, riorganizzazione
dei trasporti), ora i vertici di Confindustria non solo chiedono lo scudo
penale sui casi di Covid-19 in azienda, ma rivendicano con rullo di tamburi la
cancellazione dell'IRAP, cioè di quella tassa sulle attività produttive che in
Italia finanza la sanità pubblica o ciò che ne resta.
«È ciò che
serve in questo momento. La proposta più immediata, senza interventi a pioggia.
È semplice ed automatica e si toglierebbe pure un adempimento. Abolirla è
giusto eticamente, perché così si sostengono le imprese che finora hanno pagato
le tasse» dichiara testualmente Emanuele Orsini, vicepresidente di
Confindustria (Il Sole 24 Ore, 12 maggio).
Ora,
lasciamo perdere in questa sede chi paga le tasse e chi no, quando salariati e
pensionati reggono l'80% del carico fiscale e la tassa sui profitti (IRES) è
stata portata dal 34,5% a poco più del 20% nel giro di poco più di dieci anni.
Invece vogliamo soffermarci sull'eticità della soppressione della principale fonte
di sostegno del Servizio Sanitario Nazionale nel momento della più grande
epidemia del dopoguerra. Dopo più di 30000 morti e centinaia di decessi tra
medici e infermieri. Dopo la verifica devastante di decenni di tagli alla
sanità richiesti prima di tutto da Confindustria.
Guardiamo le
cifre. La soppressione dell'IRAP significa, secondo gli stessi calcoli
confindustriali, la cancellazione di 9 miliardi annui di introito fiscale
destinati alla sanità. Non proprio bruscolini. Nove miliardi travasati sui
profitti, nel momento in cui ne occorrerebbero bel dodici in più solo per
adeguare le postazioni di terapia intensiva.
Domanda:
cosa vuole ancora tagliare Confindustria nel servizio sanitario nazionale?
Confindustria
schiva la domanda imbarazzante con una replica preventiva: «Ha un senso
ricorrere a tutte le risorse europee, a partire da quelle destinate alle spese
sanitarie, in modo da liberare spazi nel bilancio italiano e recuperare risorse
da destinare a politiche industriali. Eliminare l’IRAP, comunque, non vuol
dire, sottrarre risorse alla sanità, si possono prevedere diverse fonti di
finanziamento che sostengano le Regioni.»
E quali
sarebbero, di grazia, le “diverse fonti di finanziamento” cui attingere? Non
certo una patrimoniale sulle grandi fortune, che per i padroni è bestemmia. Non
certo l'IRES, di cui hanno chiesto il continuo ribasso. Restano le “risorse
europee”.
Ecco. La
partita sul MES acquista ora un significato più chiaro. Perché i padroni
chiedono in coro di ricorrere ai 36 miliardi del MES? Non per sottomettere la
nazione alla Germania, o alla dittatura di Bruxelles, come blaterano gli
ambienti nazionalisti reazionari e i sovranisti “di sinistra” a rimorchio, ma
per l'interesse del proprio portafoglio tricolore. I miliardi del MES servono a
finanziare di fatto la cancellazione dell'IRAP a vantaggio dei capitalisti
italiani. Altro che investimenti sulla sanità.
Peraltro
l'accordo sul MES parla non solo di spese sanitarie dirette ma anche indirette,
guarda caso su precisa richiesta italiana. Significa che coi soldi del MES,
oltre al taglio dell'IRAP verranno finanziati i costi delle riorganizzazioni
aziendali connesse alla pandemia, dai dispositivi individuali alle
sanificazioni. Il tutto naturalmente a debito, e dunque scaricando i costi,
prima o poi, sulle tasse. Quelle pagate sempre più dai lavoratori e sempre meno
dai capitalisti. E qui il cerchio si chiude.
Il nemico è
in casa nostra, come dicevano i comunisti un secolo fa contro i propri
sovranismi. È una linea di confine tanto più invalicabile oggi.
Partito
Comunista dei Lavoratori
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