Pablo
Iglesias sulle orme di Tsipras e Bertinotti
Bertinotti,
Tsipras, Iglesias... tutti interpreti dello stesso spartito: prima
l'opposizione in funzione del governo, poi al governo da maggiordomi dei
padroni
Il governo
spagnolo Sanchez-Iglesias (PSOE-Unidas Podemos) ha appena varato una politica
economica fotocopia, nella sua impostazione di fondo, delle misure varate dal
governo Conte. Decine di miliardi di risorse pubbliche messe a garanzia delle
banche private (Banco Santander, Caixa Bank, Sabadell, Bankia, BBVA) come
copertura dei crediti alle imprese. Le stesse politiche di sostegno al capitale
finanziario di tutti i governi capitalisti, ad ogni latitudine del mondo, e
indipendentemente dal colore politico, liberalprogressista o reazionario. Ma
con alcune particolarità rilevanti.
La prima
particolarità spagnola è che questa politica capitalista viene inquadrata in un
grande patto di unità nazionale, sociale e politico. La Confindustria spagnola
(CEOE) e la burocrazia sindacale hanno siglato in pompa magna quello che viene
definito "il secondo patto della Moncloa", con riferimento al patto
siglato dopo la caduta di Franco per la gestione della transizione. Un patto
che sul piano politico oggi si allarga al partito di destra liberale
Ciudadanos, che ha offerto in Parlamento i suoi voti. Si chiamano fuori dal
patto solo il Partito Popolare di Casado, con divisioni interne, e i fascisti
di Vox.
La seconda
particolarità è che al governo siedono i ministri di Podemos, con ruoli
rilevanti. Pablo Iglesias è il Vicepresidente del Consiglio, Yolanda Diaz è
ministra del Lavoro, più i ministri di Ambiente e Turismo (Garzon). Come si
vede, un coinvolgimento ben più più impegnativo di quello, disastroso, del PRC
nell'ultimo governo Prodi. Una collaborazione di classe a pieni polmoni e in
piena regola, con tanto di incenso istituzionale.
Tanti sono i
risvolti concreti di questa compromissione. Valga per tutti la politica di
espulsione dei migranti “irregolari”grazie agli accordi col governo reazionario
del Marocco, o nel caso degli sbarchi alle Canarie, coi governi africani (in
cambio di soldi). Oppure, tanto per stare in tema, il diritto di sfruttamento a
tempo dei minori clandestini presso le imprese spagnole, senza alcuna
regolarizzazione a conclusione del contratto. Oppure il mantenimento della
legislazione del lavoro dei precedenti governi del PP, salvo alcuni modesti
aggiustamenti.
Ma forse ciò
che meglio illustra la natura del ministerialismo di Podemos è un'intervista
oggi concessa a El Pais dalla ministra del lavoro Yolanda Diaz.
L'intervistatore
chiede: «In un momento di tensione politica fortissima voi fate un accordo con
il padronato. Come è possibile?».
«È ciò che
chiede la società, e le parti sociali l'hanno capito» risponde la ministra.
«È
compatibile la sua visione con quella di Nadia Calvino [ministra dell'Economia,
pupillo del padronato]?» chiede il giornalista.
«In questa
crisi la ortodossia economica coincide con l'impostazione del governo. Accade
che Toni Roldan [vecchio portavoce economico di Ciudadanos] sia d'accordo con
me. I dogmi e gli apriorismi economici sono finiti. Abbiamo punti di vista
diversi ma la gravità della crisi ci ha cambiato tutti [...] Non vedo
differenze tra i ventidue ministri del governo» risponde Diaz.
«Crede che
si possa contare su Ciudadanos per votare il bilancio?» incalza
l'intervistatore.
«Con
Ciudadanos abbiamo differenze in materia di lavoro [...] Però questo governo
non rinuncia a negoziare tra posizioni diverse perché ci si possa incontrare
tutti» replica Diaz.
L'intervistatore,
sempre più incredulo, chiede se almeno col padronato ci sono problemi:
«Nell'ultimo negoziato non ha avvertito che la CEOE preferisce altri
interlocutori?».
Risposta:
«ho una magnifica relazione con Antonio Garamendi [il presidente di
Confindustria], ciò che ho imparato in politica è che le relazioni personali
sono importanti».
Infine la
ministra si presenta come erede della tradizione del dialogo sociale del
Partito Comunista di Spagna, da cui Diaz proviene. (Un'eredità autentica:
quella del dialogo sociale con la borghesia, inaugurato coi fronti popolari di
Stalin, che affossò la rivoluzione spagnola.)
Ecco, nelle
pieghe di questa intervista vive tutta la cultura della compromissione
governista: l'ambientamento dei parvenu presso la corte delle classi dirigenti
alla ricerca della loro legittimazione.
Dalle piazze
degli Indignados del 2011 alla collaborazione di governo col padronato, questa
la parabola di Podemos. È l'approdo politico del riformismo. Quando l'ultimo
orizzonte è la società borghese, il suo governo diventa il fine, e l'accesso al
governo l'agognato paradiso. Bertinotti, Tsipras, Iglesias sono tutti
interpreti dello stesso spartito: prima l'opposizione in funzione del governo,
poi al governo da maggiordomi dei padroni.
Rompere con
questa politica, costruire un'internazionale rivoluzionaria, è ovunque una
necessità storica del movimento operaio.
Partito
Comunista dei Lavoratori
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