FCA,
il governo Conte, la burocrazia sindacale
L'affare è
di dominio pubblico: FCA chiede la copertura pubblica di 6,5 miliardi di
credito bancario. Banca Intesa si mostra disponibile alla condizione di avere
le spalle coperte dallo Stato. Il governo Conte offre alla banca le garanzie
pubbliche richieste. In parole povere, se la FIAT non dovesse ripagare il
debito alla banca, ci penserebbe lo Stato prendendo i soldi dalla fiscalità
generale, quella che si regge per l'80% sui lavoratori salariati: soldi presi
dalle tasche dei lavoratori, dai servizi pubblici, dalle spese sociali. Per di
più per pagare un'azienda che per la sola fusione programmata con Peugeot conta
su un utile netto di oltre 5 miliardi da distribuire agli azionisti.
L'operazione
è talmente spudorata che la stessa stampa borghese non sa bene come
presentarla. A maggior ragione Repubblica, oggi diretta dagli Agnelli. Così
qualche opinionista illustre si affanna a spiegare che si tratta solo di una
copertura giuridica formale, e che lo Stato in realtà non spenderà nulla. Ah
sì? Vallo a spiegare a Banca Intesa. I banchieri sanno far di conto.
L'automobile era già in sovrapproduzione prima della pandemia, oggi il mercato
dell'auto è crollato dell'80%, come non si ricorda a memoria d'uomo. Per questo
FCA chiede il soccorso bancario. Perché sa che la ripresa produttiva potrebbe
in realtà combinarsi con una precipitazione ulteriore della crisi. Bene, ci
pensa lo Stato! Lo Stato garantisce FCA sulla copertura bancaria, e protegge la
banca dai rischi di FCA. È lo Stato dei capitalisti, come spiegava Marx, e
svolge diligentemente il proprio ruolo.
Non solo. Il
Presidente del Consiglio nella conferenza stampa di ieri è incappato in una
domanda tanto elementare quanto insidiosa: “Darete 6,5 miliardi a un'azienda
che ha la sede fiscale in Olanda?”. Il Presidente del Consiglio ha dato il
meglio di sé rispondendo così: “Nel caso di FCA stiamo parlando, al di là della
capogruppo, di fabbriche italiane, che occupano moltissimi lavoratori italiani.
Il problema è semmai il dumping fiscale, un problema che affronteremo per non
lasciare ad altri gli attuali privilegi”. Traduzione: FCA ha la sede legale in
Olanda e Gran Bretagna perché lì paga tasse più basse che in Italia. Bisognerà
quindi ridurre le tasse per i capitalisti in Italia in modo che non debbano
andare in Gran Bretagna e in Olanda. È la politica di concorrenza tra gli stati
capitalisti nella stessa fraterna Unione Europea per contendersi gli
investimenti. Chi offre di più ai capitalisti? La gara è aperta, come in
qualsiasi asta pubblica. Naturalmente, meno tasse pagano i capitalisti in
questa corsa al ribasso, più si tagliano i servizi sociali e più lo stato si
indebita con le banche chiedendo poi ai salariati di pagare il conto. La
trattativa tra governo e gruppi capitalisti va dunque al di là del prestito a
FCA.
Ma il quadro
non sarebbe completo se non si parlasse del sindacato. La burocrazia sindacale
si spella le mani nell'applaudire i 6 miliardi a FCA. E non solo i vertici di
CISL e UIL, ma anche i dirigenti della CGIL e della FIOM. “Con il prestito a
FCA il governo potrà cogestire il futuro”: così il Manifesto titola
un'intervista rilasciata da Michele De Palma, segretario nazionale FIOM
responsabile del settore automotive. Il quale parla di un reciproco
riconoscimento tra FCA e FIOM all'interno della fabbrica, all'insegna – questo
è il suo auspicio – di una cogestione alla tedesca. Tradotto: la CGIL mette una
buona parola presso il governo per i 6,5 miliardi a FCA, basta che FCA non
scarichi la CGIL.
L'unità
nazionale tra governo, padroni, banchieri e burocrati viene dunque celebrata
nel nome della FIAT. Corriere della sera (di Banca Intesa) e Repubblica (di
FCA) dispensano incenso.
Questa è la
democrazia borghese: “un paradiso per i ricchi, una trappola e un inganno per
gli sfruttati” (Lenin).
Partito
Comunista dei Lavoratori
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