Il caso
Battisti riempie i notiziari. Il terrorista catturato all'altro capo del mondo
sbarca a Fiumicino accolto da un'autentica parata di regime. Presenti i vertici
militari e istituzionali al gran completo. I ministri Salvini e Bonafede,
sguardo trionfante e al tempo stesso compunto, si contendono il primo piano ad
uso delle telecamere, in un tripudio di toni solenni: “fatto storico”, “giorno
indimenticabile per tutti gli italiani”, “il grande momento atteso dall'Italia
per 37 anni”, l'”Italia che ottiene finalmente il rispetto del mondo” contro
“un maledetto assassino comunista”... un autentico delirio senza pudore ben
oltre i confini del grottesco. Le opposizioni liberali si allineano alla parata
come un sol uomo, salvo qualche distinguo estetico. La sinistra parlamentare si
genuflette al coro.
Di cosa
stiamo parlando, in realtà? Di un fatto povero e semplice. Due governi
reazionari, uno europeo, l'altro brasiliano, celebrano il proprio successo
d'immagine. Il primo con un ministro degli interni in uniforme poliziesca notte
e giorno, indifferente alla vita stessa dei migranti in mare, impegnato a
respingerli ovunque possibile nelle galere libiche, tra torture, stupri,
omicidi. Il secondo nelle vesti del governo più reazionario che il Brasile
abbia mai conosciuto da mezzo secolo, guidato da un uomo che difende le gesta
della vecchia dittatura militare e che vuole “estirpare dal paese tutti i
socialisti, dal primo all'ultimo” (testuale). Questi sono i governi che a
braccetto tra loro esibiscono oggi Battisti come trofeo nel nome del...
diritto.
La denuncia
di questa ipocrisia rivoltante è il primo dovere di ogni organizzazione di
classe.
CONTRO IL
TERRORISMO, MA DA UN PUNTO DI VISTA RIVOLUZIONARIO
Ciò non ci
esime da un pronunciamento chiaro sul merito della questione Battisti, a
partire da considerazioni di fondo che si legano alla nostra tradizione
storica.
Da marxisti
rivoluzionari siamo da sempre radicalmente ostili al terrorismo, e proprio in quanto
rivoluzionari. Il terrorismo confligge infatti con la prospettiva della
rivoluzione socialista, sia dal punto di vista teorico, sia dal punto di vista
politico.
Ideologicamente,
il terrorismo rimpiazza l'azione di massa per rovesciare la classe dominante
con una "azione esemplare" diretta contro suoi singoli esponenti,
reali o presunti. Come se il dominio della borghesia e del capitalismo fosse un
problema di singoli ruoli e persone, e non di struttura di classe della
società. Così facendo il terrorismo si rende paradossalmente subalterno
all'ordine costituito che formalmente denuncia. Il suo programma reale non è
rivoluzionario, ma riformista, al di là di ogni autorappresentazione ideologica
delle formazioni terroriste o delle intenzioni di loro militanti. Lenin
definiva non a caso i terroristi russi come “i liberali con la bomba”.
Politicamente,
il terrorismo è un disastro per le ragioni e le prospettive della classe
lavoratrice. Gli apparati dello Stato usano le azioni terroriste per
giustificare leggi repressive a scapito dei diritti dei lavoratori. Le
burocrazie dirigenti del movimento operaio le usano per giustificare la
solidarietà subalterna con lo Stato e i governi borghesi. L'esperienza degli
anni '70 in Italia è stata emblematica. Le azioni delle Brigate Rosse, di Prima
Linea, e infine dei PAC di Battisti (la peggiore delle organizzazioni
terroriste dell'epoca) furono funzionali al compromesso storico e alla
solidarietà nazionale contro la grande ascesa del movimento di massa
(1969-'76). Nei sindacati e nelle fabbriche chi si opponeva alle politiche di
austerità e dei sacrifici veniva intimidito con l'accusa o il sospetto di
fiancheggiamento dei terroristi, mentre la legislazione d'emergenza con il
pretesto del terrorismo restringeva le libertà democratiche. DC e PCI usarono
questa dinamica per isolare l'avanguardia di classe a vantaggio dell'unità
nazionale attorno allo Stato del capitalismo italiano.
La
rappresentazione degli anni '70 come un periodo di guerra civile che spiegava
il terrorismo è dunque una mistificazione ideologica, alimentata o avallata da
ambienti diversi. La verità è opposta. La lotta armata delle organizzazioni
terroriste militò contro la lotta di classe, contro la mobilitazione di massa,
contro lo sviluppo della coscienza anticapitalista dei lavoratori, contro la
prospettiva di una rottura rivoluzionaria. Mentre il compromesso storico da un
lato e soprattutto la disgregazione dell'estrema sinistra centrista dei primi
anni '70 dall'altro, sullo sfondo del ripiegamento del movimento operaio,
fornirono al terrorismo un bacino di reclutamento di centinaia di giovani. Per
questo, e da questo angolo di visuale, i marxisti rivoluzionari combatterono il
terrorismo nelle fila della classe operaia, dei movimenti di lotta, e della loro
avanguardia.
NON STIAMO
DALLA PARTE DELLO STATO
Ma
combattere il terrorismo dal versante del movimento operaio e di una
prospettiva di rivoluzione è l'opposto che combatterlo dal versante dell'ordine
costituito e della conservazione. Critichiamo il terrorismo e i terroristi
senza la minima attenuante politica, ma non partecipiamo alla loro persecuzione
giudiziaria e poliziesca da parte dello Stato borghese. Per il semplice fatto
che noi stiamo dall'altra parte della barricata. La rivendicazione dell'amnistia
ha qui la sua ragione.
Potremmo
limitarci a dire che l'ergastolo per Cesare Battisti dopo quarant'anni dai
fatti commessi o imputati è l'esercizio di una vendetta, non l'esercizio della
“giustizia”. Uno Stato che nel suo cuore profondo ha coperto stragi fasciste o
se n'è reso complice negli anni '70, lasciando impuniti i responsabili, invoca
la giustizia contro Battisti? Lo Stato che varò una legislazione d'emergenza
che negava i diritti di difesa che qualunque codice penale garantisce
all'imputato (secondo il giudizio della stessa magistratura francese) invoca il
diritto? Lo Stato che coprì pratiche di tortura nelle carceri, con decine di
denunce (ignorate) di confessioni estorte, invoca la democrazia? Persino da un
punto di vista coerentemente democratico, e della civiltà del diritto, non
possiamo avallare la vendetta giudiziaria dello Stato.
Ma la nostra
angolazione non è esclusivamente democratica, è di classe. Non esistono uno
Stato e una giustizia al di sopra delle classi. Nella cosiddetta democrazia borghese
lo Stato è e resta uno strumento di difesa e riproduzione della dittatura dei
industriali e banchieri sulla maggioranza della società. Ogni giorno milioni di
lavoratori, lavoratrici, precari, disoccupati sperimentano la natura di classe
di questo Stato e della sua giustizia. Ogni rafforzamento di questo Stato e dei
suoi poteri polizieschi è un rafforzamento dell'ordine capitalistico della
società. Per questo non abbiamo mai sostenuto e non sosterremo mai la sua
repressione e le sue cacce alle streghe contro esponenti o formazioni della
sinistra, anche le più distanti da noi. Esprimemmo questa posizione di
principio, controcorrente, quando era infinitamente più difficile di oggi; di
certo non la sconfessiamo quarant'anni dopo di fronte a un ex terrorista
imprigionato da Salvini.
Riportiamo
in seguito alcune note di agenzie stampa sulla posizione del PCL in tema
dell'arresto di Battisti:
"SALVINI
VUOLE ESIBIRLO COME TROFEO" - «Da parte del governo - dice Ferrando - c'è
il tentativo di sfruttare questa cosa come occasione propagandistica. Noi siamo
sempre stati ferocemente contrari, da un punto di vista anticapitalistico e
rivoluzionario, a ogni teoria e pratica del terrorismo, che porta acqua alle
classi dominanti e disorienta la classe operaia. Detto questo, per fatti di
quarant'anni fa, la soluzione logica dovrebbe essere l'amnistia. Nessun
elemento di enfasi, di gioia o di solidarietà verso un governo reazionario come
quello di Salvini e Di Maio». E ha aggiunto: «Noi non abbiamo nulla a che
spartire con la collaborazione tra un governo ultrareazionario come quello di
Bolsonaro e quello di Salvini. Entrambi vogliono esibire Battisti come trofeo.»
Huffington
Post Italia
«Per fatti
di quaranta anni fa, la soluzione logica dovrebbe essere l'amnistia per Cesare
Battisti», dichiara all'Adnkronos Marco Ferrando, portavoce nazionale del
Partito Comunista dei Lavoratori, commentando l'arresto di Battisti.
«Da parte del governo c'è il tentativo di sfruttare questa cosa come occasione propagandistica», rimarca Ferrando, che si dice «contrario all'estradizione di Battisti», e aggiunge: «Noi non abbiamo nulla a che spartire con la collaborazione tra un governo ultrareazionario come quello di Bolsonaro e quello di Salvini. Entrambi vogliono esibire Battisti come trofeo.»
«Da parte del governo c'è il tentativo di sfruttare questa cosa come occasione propagandistica», rimarca Ferrando, che si dice «contrario all'estradizione di Battisti», e aggiunge: «Noi non abbiamo nulla a che spartire con la collaborazione tra un governo ultrareazionario come quello di Bolsonaro e quello di Salvini. Entrambi vogliono esibire Battisti come trofeo.»
Adnkronos
Partito Comunista dei Lavoratori
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