Siamo a un
passo dalla fine del lockdown, e tutti e tutte dovremo quindi affrontare quella
che chiamano la "fase due".
Che si
tratti di una fase diversa però non lo dice il numero dei contagi, che pur in
calo resta nel paese superiore al migliaio al giorno (dati al 9 di aprile) e
neanche il numero dei decessi, anche quello di diverse centinaia al giorno. E
sono i numeri "ufficiali", cioè quelli rilasciati giornalmente dalla
Protezione Civile, che tanto fanno discutere, messi a confronto con le statistiche
sulla mortalità (1) che vedono incrementi dolorosi nelle settimane centrali di
marzo.
E in
particolare non lo dice la preoccupazione sulla città di Milano, dove i numeri
dei contagi cittadini sono a lungo rimasti un mistero, incrociato con la
particolarità d'avere in casa il reparto Covid-19 dell'Ospedale Sacco, dove
sono affluiti i contagiati anche da fuori città, e col silenzio
dell'istituzione comunale.
Quindi si
riparte, e sembrava dovessimo ripartire dopo il fine settimana del 1 maggio, ma
in realtà fra pochissimo saranno molte le realtà produttive e alcune del
commercio che riapriranno i battenti.
E se le
guardate bene sono tante le realtà commerciali dove sappiamo bene che il front
desk (le casse) sono un luogo fondamentalmente popolato di donne. E sono una
magra consolazione le dichiarazioni della virologa Ilaria Capua che ci comunica
che le donne sembrano più resistenti agli effetti più gravi della malattia
(almeno sembra, in base a studi però su campioni non particolarmente ampi e
soprattutto non ancora "armonizzati", cioè efficacemente incrociati e
su un più alto livello di campione). Così come non ci convince la formula che i
datori di lavoro dovranno fornire guanti monouso e mascherine. In Lombardia
trovare una confezione di guanti monouso in un qualsiasi supermercato è
impossibile, e se entrate nei supermercati potrete vedere chiaramente che non
sempre gli operatori li indossano, così come è ben raro che li indossino gli
addetti alla consegna della spesa a casa (altro che la pubblicità dell'Esselunga
con il corriere in tuta integrale).
Quindi in
questa fiera dell'ipocrisia, ci chiediamo se dovremo appellarci alla bontà
della natura o se semplicemente, arrivando al punto in cui gli ospedali
"cominciano a respirare" (eufemismo per dire che forse i lavoratori
al loro interno sperano di vedere una luce in fondo al tunnel, non avendo più
centinaia di casi in arrivo giornalmente), il dato di fatto sarà che ci
affideremo alla cosiddetta immunità di gregge, che però purtroppo ci deve
preparare a perdere diversi dei nostri cari.
E in tutto
questo, come sin dal principio, le donne pagheranno dei prezzi supplementari.
Li hanno
pagati in ospedale, dove sono la maggioranza della forza lavoro, medici a
parte, soprattutto dirigenti medici a parte; infermiere, operatrici
socio-sanitarie, addette alle pulizie sanitarie sono prevalenti rispetto ai
loro colleghi maschi, tanto che alcune agenzie di ricerca di lavoro qui e là si
lasciano scappare "cercasi addetta alle...", pur precisando di
seguito che la richiesta è rivolta ad ambo i sessi. E in questo periodo per
aumentare gli organici al massimo possono sperare in "contratti
Covid", cioè contratti a termine, mantenendo la logica della precarietà in
questo settore martoriato dall'emergenza.
Li hanno
pagati nella presenza alle casse nei supermercati, dove sono probabilmente il
95% della forza lavoro, pur non essendo esonerate nei casi di maggior urgenza
persino dal riempimento delle scaffalature. Per queste donne il governo ha ben
pensato di far trovare loro un coniglio pasquale: l'allungamento degli orari di
apertura, quindi ancora più turni disagiati (ma si sa, potrebbero crearsi code
troppo lunghe), contratti part time non voluti e sorrisi obbligatori.
Li hanno
pagati anche nel lockdown più fortunato (si fa per dire), quello dove il
lavoro, e quindi di conseguenza lo stipendio, lo hanno mantenuto con lo smart
working, dove in spazi non funzionali, con tempi irregolari, intrecciando il
lavoro ai computer con la preparazione degli spezzatini, dovendo alternare i sì
e i no all'attenzione di cura per i figli (che anche per modello sociale a loro
si rivolgono per prime, avete presente la pubblicità della mamma pinguina?),
secondo quanto è necessario per tenere tutto insieme, le donne attuano quella
"meravigliosa" attitudine al multitasking che ci ha ossessionato per
due decenni a cavallo del volgere del secolo.
Li hanno
pagati nella perdita del lavoro irregolare, precario, come nella ristorazione,
negli studi professionali, nella cultura, come le educatrici che in grande
maggioranza sono ormai tutte lavoratrici precarie, sia nel privato, sia nel
pubblico.
Li hanno
pagati nella perdita di salario, decurtato dal ricorso agli ammortizzatori
sociali senza la copertura del 100%, diventando più vulnerabili e più
difficilmente capaci di potere conquistare o mantenere la propria autonomia.
Li hanno
pagati nell'assenza di un qualsiasi supporto se slegate dal mondo del lavoro:
non sono infatti previste indennità di alcun tipo per tutte quelle donne che
non sono inserite nel mondo del lavoro ufficiale, ma noi sappiamo quante donne
traggono la sussistenza delle loro famiglie (prima che la loro) da innumerevoli
lavori in nero.
Li hanno
pagati nei tentativi di mettere l'aborto tra le attività non necessarie negli
ospedali, con la vergognosa vicenda della petizione di Pro Vita e Famiglia,
come se la pandemia dovesse diventare per l'appunto una punizione divina per le
condotte sessuali non accettate dal bigottismo e dai reazionari.
E li hanno
pagati nelle case dove sono rimaste rinchiuse anche con quei famigliari che le
vessano, le picchiano e purtroppo, come abbiamo visto, le uccidono, secondo la
maggior parte della stampa per l'ennesimo dramma – quello della convivenza
forzata, non quello della cultura patriarcale.
Mentre nel
frattempo crollano le chiamate ai centri antiviolenza, questo sì dramma della
convivenza forzata, dove non ti puoi liberare mai della presenza del tuo
aguzzino.
Ebbene non
si toglie nulla alle difficoltà affrontate dagli uomini nell'emergenza dovuta
all'epidemia di coronavirus, ma, come detto in principio, questi sono prezzi
supplementari, che nuovamente le donne sono chiamate a pagare in
"virtù" del loro essere donne.
Per questo
all'uscita da questo lockdown, ancora più forte sarà l'esigenza di riprendere
le lotte per la distruzione della società classista, paradigma di ogni
oppressione, contro il patriarcato, modello di prevaricazione.
Saranno i
tempi per rivendicare il blocco dei licenziamenti, l'abolizione dei contratti
precari, la parità salariale, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di
salario, la regolarizzazione di tutti i rapporti di lavoro in nero, sussidi di
disoccupazione per tutte e tutti, il controllo delle lavoratrici e dei
lavoratori sulla salute e la sicurezza. Lavoro, indipendenza economica, e non
caritatevoli concessioni.
I tempi per
rivendicare una sanità pubblica, gratuita e universale. La piena libertà di
aborto e di uso delle alternative farmacologiche sicure. Percorsi di sicurezza
per tutte le donne sotto lo scacco della violenza maschile, finanziamenti ai
centri antiviolenza, apertura di servizi territoriali per l'ascolto e la
protezione.
Partito
Comunista dei Lavoratori - commissione donne e oppressioni di genere
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