Ormai da anni il 1° Maggio, giornata internazionale di lotta del proletariato e degli sfruttati di tutto il mondo, è stato snaturato dai sindacati di regime e trasformato in una giornata di festa all’insegna del pacifismo, dell’unità nazionale.
Il 1° Maggio i rivoluzionari di tutto il mondo ricordano che la storica conquista delle 8 ore fu un importante passo sulla strada dell’emancipazione operaia e che nel 1886 fu bagnata dal sangue proletario degli operai statunitensi, e che la lotta contro l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo continua.
La lotta per le otto ore fu la prima lotta mondiale di un proletariato che si riconosceva come classe internazionale. Il 1° Maggio gli operai scioperavano e scendevano in piazza, nelle strade, si radunavano in conferenze e assemblee per dimostrare l’unità degli sfruttati, la solidarietà internazionale, riconoscendosi come classe con gli stessi interessi.
Oggi, dopo 134 anni, lo slogan: 8 ore per lavorare, 8 ore per dormire e 8 ore per educarci, è ancora attuale. Gli sviluppi della scienza e della tecnica renderebbero possibile un’altra notevole riduzione d’orario, ma oggi persino la “storica” conquista delle 8 ore è messa in discussione e vanificata dalla “modernità” del capitalismo e dalla flessibilità della giornata lavorativa.
La parola d’ordine che portò alla conquista legale delle 8 ore e all’unità del proletariato internazionale nella lotta contro il capitale recitava: “l’offesa verso uno riguarda tutti” e si basava sul principio della solidarietà di classe senza tenere conto della qualifica, della nazionalità o della “razza”.
Il contrario di quello che succede oggi, dove il proletario immigrato, lo “straniero” e l’operaio italiano diventano “concorrenti” e “nemici”.
Il razzismo, fomentato da chi ha interesse ad acuire la concorrenza fra lavoratori mettendo i proletari gli uni contro gli altri, serve solo ad alimentare guerre fra poveri, abbassare i diritti e il salario a tutti a tutto vantaggio dei capitalisti.
Ormai da anni è cambiato anche il lessico comune. Le parole padroni e operai – borghesi e proletari – sono state sostituite da “datori di lavoro” e “risorse umane”. Le guerre imperialiste e di rapina sono chiamate “missioni di pace”.
La storia e la realtà di ogni giorno dimostrano che il lavoratore isolato come “libero” venditore della propria forza-lavoro è alla completa mercé del padrone.
È giunto il momento in cui la classe operaia, per liberarsi dalle sue catene, deve smettere di delegare agli intellettuali borghesi di “sinistra” o ad altri il proprio futuro e la costruzione del suo partito ma sia lei stessa l’artefice del proprio destino.
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