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pubblicato oggi sul Manifesto
La soddisfazione per la caduta agostana di Matteo Salvini, il ministro più
reazionario del dopoguerra, è comprensibile. Chiunque abbia lottato per i
diritti degli sfruttati non può che condividerla. Meno comprensibile a sinistra
è l'apertura di credito al nuovo governo Conte. Il PD è stato negli anni un
partito contrapposto al lavoro. Il voto determinante alla Legge Fornero, che ha
spianato la strada a Salvini, lo diede il PD di Bersani. Renzi ha aggiunto al
carnet la distruzione dell'articolo 18, ciò che neppure Berlusconi era riuscito
a fare. Peraltro proprio Renzi è stato l'attore decisivo della formazione del
nuovo governo, e la formalizzazione oggi di Italia Viva ne accresce
ulteriormente il peso. Ora, un governo “di svolta” che si regge su Renzi non è già
in sé una contraddizione in termini?
Il punto non
è la legittimità parlamentare del nuovo governo, ma la sua natura di classe. Il
primo voto di fiducia al Conte due non l'ha dato il Parlamento, ma il capitale
finanziario, la Borsa, il Vaticano, le cancellerie dell'Unione Europea, il
Presidente più reazionario della storia americana. Significa che i poteri
forti, nazionali e internazionali, si sentono rassicurati dal ritorno al
governo del PD quale partito organico di sistema. Di più: sperano che il PD possa
“normalizzare” definitivamente il M5S, ripulirlo delle residue scorie,
assimilarlo a un polo liberale stabile. Il voto del M5S a favore di Ursula von
der Leyen in sede europea è un passo in questa direzione, come lo sono i
negoziati in corso tra M5S e PD nelle regioni.
Peraltro il
programma del nuovo governo, al netto di ogni retorica, riflette la sua natura:
riduzione del cuneo fiscale con costo zero per i padroni; infrastrutture a
tutto spiano; centralità del sostegno, fiscale e finanziario, al made in Italy.
Mentre resta il Jobs Act, resta la Buona Scuola, resta la legge Fornero,
restano nella loro “ratio” gli stessi decreti sicurezza, già peraltro sulla
scia di Minniti. Resta insomma il lavoro sporco condotto dai precedenti
governi. L'austerità non è rilanciata solo perché è ereditata. Le direzioni
sindacali guadagnano il tavolo di concertazione, ma le ragioni del lavoro
stanno dall'altra parte della barricata.
Il sostegno
da sinistra al governo Conte, oltre che socialmente immotivato, è disastroso
politicamente. Lasciare a Salvini e Meloni il monopolio dell'opposizione
significa concimare la loro rivincita. È già avvenuto negli anni '90 e 2000,
quando governi di centrosinistra nati “contro la destra”, e sostenuti dalla
sinistra “radicale” (da Bertinotti a Rizzo), spianarono la strada due volte al
ritorno di Berlusconi, oltre che al suicidio di Rifondazione. Sinistra Italiana
pare ripetere, in peggio, la stessa esperienza, per di più con forze assai più
marginali.
Credo che
l'opposizione al nuovo governo sia l'unica scelta coerente di una sinistra
classista. Una opposizione senza ambiguità: non basta dire che il Conte due
“non è il nostro governo”, va detto che è un governo del capitale. Su questo
terreno credo necessaria la più ampia unità d'azione di tutte le sinistre di
opposizione, politiche e sindacali, in funzione della ripresa delle lotte
sociali. Non c'è bisogno di (legittime) manifestazioni di partito camuffate da
manifestazioni unitarie. C'è bisogno di costruire un'unità d'azione vera, che nel
rispetto dell'autonomia di ogni soggetto – politico, sindacale, di movimento –
muova dalla chiarezza di una scelta di campo: quello del lavoro, non del
capitale.
Marco
Ferrando
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