La
composizione ministeriale del nuovo governo riflette la sua natura sociale. Il
PD conquista tutti i principali crocevia delle relazioni col grande capitale
italiano ed europeo, e con l'apparato dello Stato: i ministeri della Difesa,
dell'Economia, delle Infrastrutture, dell'Agricoltura, cui si aggiunge il
commissario europeo (Gentiloni). Il M5S presidia le posizioni di potere già
detenute al fianco di Salvini (Lavoro, Giustizia, Ambiente) e conquista due
posizioni nuove (Istruzione ed Esteri). Articolo Uno (Liberi e Uguali) ottiene
il ministero della Salute.
L'equilibrio
ha una sua razionalità di classe. Il partito organico di sistema (PD) controlla
il cuore della politica economica e finanziaria, a garanzia del grande
capitale. I suoi alleati avranno la rogna dei ministeri sociali più esposti,
quelli che dovranno gestire i tagli sociali o le briciole di qualche bonus. Non
c'è bisogno dunque di leggere il programma. La composizione ministeriale ne è
un sunto eloquente.
I famosi
“programmi ministeriali” sono per lo più esercizi retorici di buoni sentimenti.
La loro funzione non è di chiarire ma di nascondere il programma vero. Il
programma vero del Conte due sta innanzitutto nella preservazione del lavoro
sporco dei precedenti governi. Altro che governo di svolta! Resta la
soppressione dell'articolo 18, la Buona Scuola, la legge Fornero (con limatura
al ribasso della parentesi di "quota 100"). Restano nella loro «ratio
(Di Maio)» persino i famigerati decreti sicurezza, salvo la revisione al ribasso
delle multe per le ONG e delle pene carcerarie per resistenza a pubblico
ufficiale. Resta, soprattutto, l'impegno (già formalmente assunto dal
precedente governo “del popolo”) di rispettare gli equilibri della finanza
pubblica, ciò che significa prolungare l'austerità.
Naturalmente
l'eredità del lavoro sporco su diritti e pensioni può (forse) risparmiare al
governo altre misure lacrime e sangue. Mentre il possibile allentamento delle
politiche di bilancio in sede europea, la continuità degli acquisti dei titoli
di stato da parte della BCE, la riduzione dei tassi d'interesse, potrebbero
persino consentire qualche elemosina (estensione degli 80 euro), ma il margine
di manovra sarà comunque strettissimo. La stagnazione economica, le guerre
commerciali, i venti recessivi in Germania – e forse in prospettiva su scala
mondiale – lo ridurranno ulteriormente.
In ogni caso
se elemosine vi saranno, saranno messe a carico dei beneficiari, attraverso
nuovo deficit, nuovo debito (verso le banche) nuovi tagli per ripagarlo. Non a
caso il nuovo ministro dell'Istruzione, non ancora insediato, dichiara che
l'aumento necessario della spesa per la scuola non dovrà gravare sul bilancio
pubblico, e per questo annuncia... la tassazione delle merendine. La promessa
pensione di garanzia per i giovani è affidata ai fondi integrativi, e dunque a
loro carico. La sanità continuerà a vivere i tagli striscianti di tutte le
leggi di stabilità, nel mentre precipita la mancanza di medici e infermieri a
causa (anche) dei mancati rimpiazzi dei posti mancanti per "quota
100".
In compenso
il governo annuncia nuovi sgravi fiscali e nuovi incentivi per i profitti, a
partire dal rilancio della misure di Renzi, Letta, Calenda a vantaggio delle
grandi imprese (Industria 4.0), e dal potenziamento del sostegno alle
esportazioni del made in Italy. Insomma, la difesa del profitto è l'unica
costante, a spese dei lavoratori e delle lavoratrici.
La
soddisfazione del capitale finanziario per il nuovo governo ha dunque una sua
base materiale. Ma la soddisfazione a “sinistra”? LeU completa con un ministero
il ritorno a casa PD. Sinistra Italiana annuncia il voto di fiducia alla
«svolta» (!?). Rifondazione dichiara che il nuovo governo «non è il nostro
governo» (e meno male) ma si rifiuta di dire che è un governo del capitale,
cioè avversario, che è l'essenziale. La sinistra cosiddetta radicale consuma
dunque, in forme diverse, la propria deriva, mentre la campagna della destra
più reazionaria contro il “governo dei comunisti” e della “estrema sinistra”,
aggiunge al tutto un elemento grottesco (e minaccioso).
Non si può e
non si deve lasciare alla demagogia reazionaria il monopolio dell'opposizione,
e dunque uno spazio di pericolosa rivincita. È necessario costruire
un'opposizione al governo dal versante dei lavoratori e delle lavoratrici. È
necessario unire l'azione di tutte le sinistre di opposizione al governo,
ognuna con la propria identità e autonomia, ma insieme contro un comune
avversario. Per questo il PCL proporrà a tutte le sinistre di opposizione un
coordinamento nazionale unitario. Non servono le furbizie di chi convoca
manifestazioni di partito spacciandole per unitarie. Serve lavorare a un'unità
vera, nell'interesse comune della nostra classe di riferimento, fuori e contro
ogni forma di settarismo. Questo è e sarà nelle prossime settimane l'iniziativa
politica del PCL.
Partito
Comunista dei Lavoratori
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