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domenica 31 marzo 2019

UNIRE L’OPPOSIZIONE DI CLASSE

UNITÀ DI CLASSE – Giornale Comunista dei Lavoratori
Editoriale di Marco Ferrando





Il governo brinda al mantenimento delle promesse, ma le promesse si riducono ad elemosine truffaldine. E il prezzo dell'intesa col capitale finanziario, in sede nazionale ed europea.

ELEMOSINE E TRUFFA

La fatidica "abolizione" della Legge Fornero si riduce alla parentesi di tre anni cui le donne e moltissimi lavoratori non riusciranno peraltro ad accedere. Per il resto rimane l'età pensionabile a 67 anni, che continuerà a lievitare verso l'alto per il meccanismo immutato delle aspettative di vita, e resta il sistema contributivo quale mannaia per la giovane generazione. Il reddito di cittadinanza si riduce a un reddito minimo, quale esiste in tanti paesi capitalisti: una cifra irrisoria e temporanea, condizionata alla disponibilità di lavoro (precario) da un capo all'altro d'Italia, in una logica di concorrenza tra disoccupati (tra chi ha i requisiti e chi no) e di schiacciamento dei salari verso il basso; mentre le imprese ottengono in premio nuove massicce regalie fiscali e contributive. Per di più entrambe le elemosine sono subordinate, nero su bianco, alla tenuta dei conti. Se il deficit concordato con l'Unione Europea viene sforato le concessioni sociali saranno sforbiciate. In ogni caso a pagare le elemosine sono chiamati i beneficiari.
Sia attraverso nuovi prestiti sul mercato finanziario e relativi interessi; sia attraverso lo spostamento in avanti del carico di spesa sul 2020 e 2021 ( 23 miliardi di clausola sull'Iva il 2020, e ben 28,8 miliardi sul 2021); sia attraverso un insieme di misure di "austerità" scritte nero su bianco in finanziaria: blocco delle indicizzazioni delle pensioni dai 1520 euro lordi , come previsto dalla Fornero; taglio di 4 miliardi sulla scuola; blocco delle assunzioni per il 2019 in larga parte delle pubbliche amministrazioni, con un nuovo colpo alla sanità; liberalizzazione degli aumenti delle tasse locali; 18 miliardi di nuove privatizzazioni nel solo 2019 ( a proposito di chi in estate, dopo il caso Autostrade, alludeva alle "nazionalizzazioni").
Sarebbe questa la "manovra del popolo"?

LA SECESSIONE DEI RICCHI?

Non è tutto. Il governo Conte ha avviato una operazione di vera e propria secessione dei ricchi. Si tratta del negoziato con le regioni del Nord attorno al nodo delle autonomie. Il progetto delle autonomie sbandierato dai governatori di Veneto e Lombardia si presenta nella veste neutra di una riforma istituzionale: maggiori competenze alle Regioni, che sarebbero "più vicine ai cittadini" rispetto allo Stato centrale. In realtà si tratta di una operazione sociale. Le amministrazioni del Nord a guida leghista vogliono mettere le mani su una quota maggiore di entrate fiscali attraverso il loro trattenimento sul territorio. O attraverso il trattenimento in loco del 90% del gettito Irpef prodotto, come nella richiesta iniziale del governatore del Veneto. O attraverso un calcolo dei costi dei servizi prodotti che motivi in altra forma lo stesso risultato. L'obiettivo è dare più soldi e ridurre le tasse alle imprese del proprio territorio, a spese dei salariati e della popolazione povera del resto d'Italia. Da un lato si colpisce ogni criterio di solidarietà
Sociale nella redistribuzione delle risorse: se le regioni del Nord trattengono una parte più grande del gettito, sono le regioni del Sud, già svantaggiate, che ne sono private; dall'altro si progetta una regionalizzazione dei rapporti lavorativi e contrattuali, a partire dalla scuola: insegnanti che fanno lo stesso lavoro ma hanno salari diversi a seconda della ricchezza maggiore o minore della propria regione, per fare solo un esempio. E un progetto di attacco al lavoro salariato che mira alla sua frantumazione corporativa su base territoriale. E un colpo all'unità dei lavoratori, e dunque alla loro forza, ad esclusivo vantaggio dei loro padroni, al Nord e al Sud.

IL GOVERNO SI AVVALE DELL'ASSENZA DI UNA OPPOSIZIONE.

Il punto critico è che il governo conserva un elevato consenso a livello di massa, perché le sue truffe non appaiono ancora come tali. Non conta la realtà ma l'apparenza. Per meglio dire l'apparenza è un tassello della realtà. Il governo continua infatti a beneficiare, nella percezione di massa, della memoria dell'austerità dei governi passati.
L'opposizione liberale di PD e FI alle misure sociali del governo, nel nome del rigore dei conti, rafforza questo effetto ottico.
Tra Lega e M5S c'è e ci sarà una lotta a coltello per la spartizione del consenso, con un indubbio rafforzamento della Lega a scapito del suo alleato rivale. Ma un diverso equilibrio nel rapporto di forza tra le due destre avviene nel quadro di un consenso complessivo sostanzialmente immutato. Mentre le odiose campagne xenofobe e la recita nazionalista contro Macron mantengono una sintonia col senso comune di ampi strati popolari, depistando le loro insoddisfazioni.
Questo quadro d'insieme non è certo privo di contraddizioni. Lega e M5S rispondono a blocchi sociali diversi. La Lega è sotto la pressione di una borghesia del Nord che punta alle grandi opere, a partire dalla Tav, e chiede l'ulteriore riduzione fiscale promessa. Il M5S è sotto la pressione di un blocco sociale meridionale che chiede protezione e garanzie, a partire da reddito e lavoro. Prima l'accordo di governo, poi la legge di stabilità, hanno trovato un punto di equilibrio tra esigenze politiche diverse. Ma l'equilibrio è provvisorio e instabile. Lo è dal punto di vista politico, perché una eccessiva divaricazione tra M5S e Lega alle elezioni europee potrebbe destabilizzare l'alleanza. Lo è dal punto di vista economico sociale, se solo si pensa al negoziato sulle autonomie regionali o alla composizione della prossima legge finanziaria sotto l'enorme peso delle clausole Iva.

PER UN' ALTRA DIREZIONE DEL MOVIMENTO OPERAIO E SINDACALE.

Tuttavia, l'esperienza di questi mesi conferma una volta di più una lezione di fondo: nessuna contraddizione politica tra le due destre al governo potrà essere capitalizzata a sinistra senza una ripresa dell'iniziativa di massa dell'opposizione di classe.
È l'arretramento progressivo del movimento operaio di questi anni ad aver sospinto la stagione populista. È solo una ripresa di lotta di massa che può cambiare lo scenario italiano. L'esperienza internazionale ci dice che una ripresa di massa può essere innescata da fattori imprevedibili. Ma l'avanguardia della classe e dei movimenti sociali ha la responsabilità di affrettare i processi e lavorare all'innesco: attraverso il metodo dell'unità d'azione, una proposta di piattaforma generale unificante, la chiarezza di un progetto anticapitalista. Il solo che può contrapporsi alla reazione.

La CGIL ha concluso il proprio congresso, dopo una lotta sorda all'interno della burocrazia dirigente, senza la minima indicazione in termini di mobilitazione. L'immagine pubblica di Landini può mascherare ma non rimuovere questa realtà. La verità è che Landini ha coronato le proprie ambizioni di carriera dopo il peggior contratto della storia dei metalmeccanici e grazie ad esso; ed ora a braccetto con CISL e UIL si limita a pietire l'attenzione del governo. Ma i lavoratori non hanno bisogno dell'attenzione di Salvini e di Maio, che in ogni caso rispondono ad altri interessi sociali. Hanno bisogno di una direzione nuova e di lotta che sappia ricostruire tra le masse la fiducia nella propria forza e la riconoscibilità delle proprie ragioni indipendenti. Costruire controcorrente una direzione alternativa del movimento operaio è parte inseparabile, tanto più oggi, del rilancio dell'opposizione di massa.

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