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mercoledì 13 settembre 2017

IL DISASTRO DI LIVORNO



La tragedia che si è verificata a Livorno nella notte tra il 9 e il 10 settembre non è stata provocata da un evento eccezionale ma da un insieme di cause che si sono sommate negli anni.

Le otto vittime e i danni causati dal disastro di Livorno non sono stati provocati da un evento eccezionale, bensì da anni e anni di scelte politiche ed economiche che hanno cambiato il volto di questa città. 

Tutto lo sviluppo urbano è avvenuto in nome del profitto. 

Dal dopoguerra ad oggi un ambiente fragile non è stato assolutamente difeso e controllato in funzione della vita dei suoi cittadini ma in funzione dello sviluppo capitalistico, sfruttando al massimo il territorio senza difendere assolutamente le sue fragilità. Per la sua delicatezza, il territorio di Livorno era stato considerato negli anni passati come un sito di interesse nazionale (SIN) e quindi soggetto a tutti gli interventi e bonifiche del caso, ma è avvenuto esattamente il contrario. Speculazioni edilizie, cementificazioni irrazionali e impianti industriali pericolosi realizzati a contatto con aree residenziali si sono succeduti a ritmo impressionante. Era un bomba ad orologeria, ed è scoppiata dopo un'estate siccitosa che sarebbe potuta servire per pulire gli argini e gli alvei dei torrenti, per la manutenzione dei tombini e o delle strade, magari dando lavoro in una città con un altissimo indice di disoccupazione. 

La tragedia ha fatto il suo corso proprio dove maggiori erano le fragilità della città. Nell'area del nuovo grande centro commerciale del Parco del Levante e la relativa colata di cemento, i bacini scolmatori del Rio Maggiore realizzati da amministrazione e privati non sono serviti a nulla. Più a monte l'area estesa per ettari e inutilizzata della discarica del Limoncino (bloccata da un'inchiesta della magistratura) ma resa impermeabile dai teloni di plastica ha amplificato la rapida discesa delle acque verso il torrente tra le colline disboscate di recente. A valle lo stesso Rio era "tombato" da decenni. 

Che dire poi del petrolchimico di Stagno, sommerso dalle acque del torrente Ugione mai messo in sicurezza contro simili eventi, che ha riversato nel terreno una quantità incalcolabile di idrocarburi? Il Rio Ardenza aveva gli argini, fino al giorno della tragedia, completamente abbandonati alla vegetazione spontanea e ai rifiuti. Intere aree della città, come quella degli orti urbani, sono tuttora preda della speculazione, con la complicità delle amministrazioni che si sono succedute, nessuna esclusa (PCI, PD, M5S).
Ma anche i governi nazionali hanno enormi responsabilità. Quando parlano di sicurezza delle città non parlano certo di salute, ambiente e territorio ma, di decoro urbano e immigrazione. Preoccupati di nascondere il volto del disagio e dell'emarginazione in nome di una borghesia sempre più brutale.
Invece del decreto Minniti serve una lotta anticapitalista all'interno di una vertenza generale, contro la barbarie del capitalismo causa principale delle tragedie come quella di Livorno. I lavoratori, i disoccupati, i giovani e gli immigrati, insieme in questi giorni dopo la tragedia, hanno dato la risposta migliore unendosi in squadre di solidarietà. 

Se il clima e l'ambiente stanno mutando a causa del capitalismo, la risposta è una sola e passa attraverso il cambiamento dello stato attuale delle cose verso il socialismo. La difesa del territorio, dell'ambiente e della salute sono punti cardine per una vertenza generale. I lavoratori sapranno farli propri.


Ruggero Rognoni - PCL Livorno

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