«S'unir pour ne plus subir»
Prima
giornata di sciopero nazionale al rientro in Francia contro la ulteriore distruzione
del Codice del lavoro, voluta dal governo Macron con la Loi Travail XXL.
All'appello
della CGT hanno risposto diversi sindacati, ovvero Solidaires, la FSU, SNES-FSU
(insegnanti educazione settore pubblico), UNEF, alcune unioni dipartimentali di
Force Ouvrière (la cui direzione ha scelto di non aderire), il Front Social,
oltre a molteplici organizzazioni politiche, tra cui l'NPA.
Quattrocentomila
e più fra lavoratori, liceali, universitari, donne, giovani dei quartieri
popolari, precari e disoccupati sono scesi in piazza per denunciare apertamente
l'offensiva reazionaria in atto: un pacchetto di otto ordinanze che si
aggiungono agli attacchi massivi cominciati nel 2016 sotto Hollande con la Loi
El Khomri (Loi Travail), prima riforma del lavoro sulla scia del Jobs act e,
prima ancora, della riforma Rajoy in Spagna nel 2012.
Contro la
cancellazione dei diritti sociali fondamentali acquisiti nel corso degli ultimi
cinquant'anni, tantissime città sono state occupate dalla classe operaia
francese, con numeri simili a quelli del 9 marzo del 2016, quando nella la
prima giornata di mobilitazione nazionale contro la Loi El Khomri
quattrocentocinquantamila persone davano l'inizio ad un movimento durato mesi,
prova del rilancio della forza della lotta di classe.
Un movimento
che ha avuto il merito di raggruppare e fare convergere vari spezzoni di classe
con un unico obiettivo: rigettare l'offensiva padronale governativa.
Di queste
otto ordinanze Macron, guidato dalla centrale padronale MEDEF, ha fatto il
punto cardine della sua campagna elettorale presidenziale, e che ora, dopo il
risultato delle legislative con il quale ha guadagnato la maggioranza quasi
assoluta in parlamento, intende imporre, visto lo scarso consenso con il quale
ha ottenuto questi risultati (circa il 70% dei lavoratori non lo ha votato).
Sullo
sfondo: l'indebolimento dei sindacati (sempre più potere alla contrattazione
aziendale; referendum padronale e dei sindacati gialli); l'austerity
nell'educazione (taglio di 331 milioni dal budget dell'insegnamento superiore,
introduzione della selezione all'università per un'istruzione elitaria e
modellata sugli interessi degli imprese, soppressione di intere filiere, taglio
dei sussidi per gli alloggi - ottantasettemila gli studenti che non trovano
posto in facoltà, i "sans-fac"); la riforma della maturità (non più
un titolo d'accesso diretto all'università, per l'aumento delle disparità
educative e di budget tra scuole borghesi e scuole dei quartieri popolari); la
riforma e il taglio dei sussidi sociali e delle pensioni (ne faranno le spese,
ad esempio, i ferrovieri); lo svilimento dei contratti a tempo indeterminato
con conseguente deregolamentazione dei contratti a termine (CDI per la durata
di un progetto) e corrispondente soppressione dei contratti di inserzione
sociale nel mercato del lavoro e nell'associativo (i "contrats
aidés", contro i giovani e le fasce deboli in cerca di lavoro); la
soppressione delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro; le ulteriori
facilitazioni per i licenziamenti nelle imprese (forte riduzione e definizione
delle indennità in caso di licenziamento illegittimo e senza giusta causa).
Per non
citare il taglio di posti nel settore pubblico (120.000 posti entro fine
quinquennato, 1.600 entro il 2018) e il blocco dei salari per tantissime
categorie, fino all'introduzione dello stato d'emergenza nel diritto comune.
Lavoratori
ricattabili, ipersfruttati e precari, giovani dei quartieri popolari e studenti
privati di risorse, settori di classe più che mai a rischio. Per questo è
urgente unirsi per contrattaccare, per rilanciare lo sciopero in vista ed oltre
il giorno di approvazione del pacchetto di ordinanze, il 22 settembre. Per
questo motivo il 21 settembre è stato convocato un altro sciopero nazionale.
Tale urgenza è più che sentita nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle
università; non a caso la CGT Nord avvierà uno sciopero a oltranza a partire
dal 21 settembre, a partire dai portuali di Le Havre, seguiti dalla logistica e
trasporti, categorie in cui le federazioni di CGT e FO bloccheranno tutto dal
25 settembre.
Ci sono
quindi forze che, dalla fine del movimento del 2016, hanno preso atto della
situazione e della necessità di fare convergere le lotte. Settori che hanno
organizzato una risposta unitaria contro una delle più feroci controriforme
liberali degli ultimi tempi, come il "Front Social", che ha dato vita
ad un polo operaio che riunisce militanti sindacali, politici, giovani
lavoratori precari; come il CLAP - Collettivo Riders Autorganizzati Parigini;
lavoratori in Deliveroo; insegnanti e studenti dei licei delle periferie organizzati
in "Touche Pas Ma ZEP"; universitari e operai, ecologisti e
collettivi femministi come il Collectif Femministe Révolutionnaire.
Lo scopo del
coordinamento, dislocato in comitati locali, è quello di dare voce e unire i
conflitti e le mobilitazioni che ogni giorno animano il paese, per respingere
non solo questa riforma del lavoro filopadronale, ma tutto il suo mondo: dallo
stato di emergenza, alla violenza della polizia, tutto ciò che vuole ridurre la
classe operaia al silenzio, nel quadro del disegno di liberalizzazione estrema
del mercato del lavoro, contro le conquiste e i diritti sociali in Francia,
come nel resto d'Europa.
Il ruolo dei
marxisti rivoluzionari in questo polo combattivo è stato ed è fondamentale
nella costruzione e nel rilancio di una lotta a 360 gradi, non solo per il
ritiro di queste manovre antisociali, ma anche nella prospettiva di un vero
sciopero generale e dell'autorganizzazione generale dei lavoratori e degli
studenti. Per rovesciare un sistema che getta nella miseria la nostra classe,
ribadendo il ruolo del partito rivoluzionario in questo processo.
Marta Positò
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