Siamo in un’epoca
in cui gli attori politici sembrano avere a disposizione sempre meno autonomia.
Ci troviamo
in una fase in cui lo strapotere economico è in grado di dettare, senza troppo
sforzo, l'intero cammino della società. Tuttavia, ogni egemonia genera
contraddizioni, genera uno sviluppo diseguale e sempre più domande
insoddisfatte da molti che subiscono la diseguaglianza.
Non sembra
vero ai nostri pessimi attori politici poter deviare l'attenzione su dispute
virtuali che tengono l'attenzione del pubblico incentrata su questioni in cui è
facile schierarsi emotivamente, a seconda del proprio terreno culturale, e
delle contraddizioni vissute nella propria condizione.
Il teatro
dell'immigrazione, nella politica italiana, risponde esattamente a questo
schema.
Da un lato, il governo alimenta la paura di un pericolo esterno: l'immigrazione incontrollata.
Oggi, in tempi di attacco alla sussistenza per la classe proletaria, la paura gioca sull'immigrato che costringe lo stato a spendere, o sulla concorrenza nel lavoro e nei diritti sociali.
E' un meccanismo efficiente, perché semplifica le contraddizioni sulla carne viva: economia e lavoro.
Da un lato, il governo alimenta la paura di un pericolo esterno: l'immigrazione incontrollata.
Oggi, in tempi di attacco alla sussistenza per la classe proletaria, la paura gioca sull'immigrato che costringe lo stato a spendere, o sulla concorrenza nel lavoro e nei diritti sociali.
E' un meccanismo efficiente, perché semplifica le contraddizioni sulla carne viva: economia e lavoro.
I motti
sono: “prima gli italiani, non ce n'è per noi, quindi loro a casa propria”
Questo è il
quadro della semplificazione. Un quadro efficace che impedisce di chiedersi,
tanto per fare un esempio,per quale vera ragione non ce n'è più per noi.
Impedisce di
chiedersi quali siano le vere ragioni dello sviluppo diseguale del nostro
mondo. Impedisce di chiedersi perché alcuni siano costretti a spezzare il pane
e i soliti non dividano nemmeno un pezzo di aragosta. Impedisce di chiedersi se
l'occidentale sprecone è quello che fatica a pagare affitto e pensione oppure
quello che guadagna dal suo affitto, dalla riduzione della sua pensione o
dall'immigrazione di nuova forza lavoro ricattabile, per tenere i salari più
bassi possibile.
Il
linguaggio dei personaggi politici, il filo logico dei loro discorsi, è
indubbiamente diverso, addirittura opposto, ma Il fine è però lo stesso: tenere
distante l'attenzione dalla realtà, da un mondo che ci rende tutti schiavi.
Il primo passo è metter subito mano alla cassetta
degli attrezzi per demolire il capitalismo, da qualsiasi “attore comico” sia
interpretato.
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