E’ una
risposta che muove dalla rottura con le politiche della disfatta, ponendosi
apertamente su un terreno di classe e anticapitalistico. Partiamo da un
principio di realtà. L’epoca del riformismo possibile si è chiusa da tempo. Lo
spazio riformatore in Europa fu consentito nel secondo dopoguerra dal boom
economico della ricostruzione e dalla presenza dell’URSS quale contrappeso al
capitalismo. Allora il governo borghese del capitalismo poteva significare
riforme, pur di impedire una rivoluzione. Oggi il governo del capitalismo
significa implacabile distruzione di tutte le riforme sociali del dopoguerra,
quale che sia la formula politica del governo.
La verità è
che la rottura anticapitalistica è l’unica possibile prospettiva di svolta. E
quindi l’unico orizzonte per una sinistra capace di futuro. O la prospettiva di
un governo dei lavoratori, o il rischio di una deriva reazionaria: questo è il
bivio strategico di fondo che si pone di fronte al movimento operaio europeo.
L’esigenza
di una sinistra di classe e rivoluzionaria nasce da qui.
Una sinistra
di parte, che assume apertamente il lavoro salariato come riferimento centrale
della propria azione. E dunque una sinistra di opposizione ai governi del
capitale, comunque composti e ad ogni livello. Ma anche una sinistra nemica di
ogni populismo, sia esso reazionario o “democratico”, comunque proteso alla
rappresentanza elettorale di una “cittadinanza” senza classe. Ricostruire tra i
lavoratori la coscienza di rappresentare una classe autonoma contro ogni forma
di intossicazione interclassista è il primo compito di una sinistra vera. Una
sinistra rivoluzionaria, in secondo luogo. Cioè una sinistra che in ogni lotta
immediata di opposizione e resistenza sociale, in ogni movimento e conflitto,
lavori a connettere le rivendicazioni contingenti allo scopo finale: il
rovesciamento della dittatura dei capitalisti, l’affermazione del potere dei
lavoratori. Perché non c’è rivendicazione di progresso, qui e ora, che non
cozzi con la dittatura del capitale finanziario. Senza liberare la società da
questa piovra, non c’è emancipazione possibile per gli sfruttati. Sinistra
riformista o sinistra rivoluzionaria, dunque: come un secolo fa questa è la
scelta che ogni avanguardia di lotta si troverà nuovamente di fronte. I partiti
comunisti un secolo fa nacquero recuperando il programma di Marx contro un
riformismo che lo aveva snaturato e che aveva esaurito il suo tempo.
Oggi, come
allora, la crisi delle basi materiali del riformismo ripropone l’attualità
della rivoluzione socialista come unica prospettiva di liberazione.
Ridare un
partito a questo programma è il nostro compito.
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