QUANDO
I COMUNISTI MANGIAVANO I BAMBINI
di Piero Nobili.-
Unità di classe estate 2018
Nella storia della
Repubblica italiana le elezioni del 18 aprile 1948 assumono un rilievo
particolare. La vittoria della Democrazia cristiana imprime una profonda svolta
politica che si riverbererà per un lungo periodo. Dal centrismo degli anni
Cinquanta ai governi di centrosinistra e fino all’emergere di tangentopoli, la
Dc sarà il perno su cui si appoggerà l’intero equilibrio politico della
cosiddetta prima repubblica. Sostenuta dal Vaticano e dagli Stati Uniti, la Dc si
afferma come il catalizzatore di tutte le forze anticomuniste del paese. Soprattutto
è il collante che tiene insieme i ceti industriali e la piccola borghesia; il mondo
contadino e una parte significativa del lavoro dipendente. All’ombra dello
scudo crociato trovano rifugio, non solo le ventimila parrocchie d’Italia, ma
anche quei settori conservatori del paese che, dopo la caduta del fascismo, temono
di essere sbalzati via dal vento resistenziale che spira nel Nord del paese. L’incipiente
guerra fredda, che contrappone l’imperialismo americano al blocco dei paesi
orientali, contribuisce a determinare uno scontro radicale nel paese. Nelle
urne la Dc ottiene un indiscutibile successo, riportando il 48,5% dei voti. Netta
è invece la sconfitta della sinistra, che per l’occasione, si presenta con una
lista unitaria che reca come simbolo l’effige di Garibaldi: il Fronte
Democratico Popolare si attesta sul 31%, con una perdita dell’8% rispetto ai
risultati conseguiti due anni prima da socialisti e comunisti nelle elezioni
dell’assemblea costituente. Con la sconfitta del Fronte viene archiviato
l’anelito di cambiamento che la vittoria partigiana sul nazifascismo, aveva
ispirato. Le elezioni del 18 aprile vengono ricordate anche per lo
straordinario moto di partecipazione che attraversa l’Italia: le piazze dei
comizi colmi all’inverosimile, una passione politica diffusa, un attivismo che
coinvolge milioni di persone.
La
Crociata Democristiana.
L’Italia del 1948 è un paese
povero, stremato dal ventennio fascista, e alle prese con un difficile
dopoguerra. Molte famiglie sono ridotte alla fame. Nelle principali città sono
ancora visibili le macerie provocate dai bombardamenti. La produzione
industriale stenta a ripartire, mentre la disoccupazione è dilagante, con oltre
tre milioni di senza lavoro. E’ in questo contesto sociale così difficile che
si svolgono le elezioni del primo parlamento repubblicano. La Dc conduce una
campagna elettorale fortemente ideologizzata e intrisa di elementi religiosi.
La competizione elettorale viene presentata come un ennesimo capitolo
dell’atavica lotta fra il bene e il male; e i credenti vengono chiamati ad una
“sacra crociata” per scongiurare lo spettro del comunismo. L’imprimatur lo dà
lo stesso Papa, che schiera la Santa sede al fianco del partito filo atlantico.
Pio XII, attacca esplicitamente i “profanatori delle cose divine”, e indica
come “traditori” coloro che daranno il loro voto ai partiti che negano Dio. La
Chiesa cattolica svolge un ruolo importante nell’affermazione democristiana; la
sua capillare rete associativa viene messa al servizio di De Gasperi, mentre
Luigi Gedda, presidente dell’Azione cattolica fonda i Comitati civici che danno
un forte impulso alla campagna anticomunista. L’attivismo clericale è
pervasivo. Venerati simulacri vengono portati in processione, mentre i prelati
incitano i fedeli a “salvare la patria del demone bolscevico”. Preghiere, veglie
e sermoni coinvolgono tutte le comunità raccolte intorno alle parrocchie. Uno
dei momenti topici della campagna elettorale democristiana è rappresentato dal
passaggio della Madonna pellegrina. L’itinerario dell’effige mariana tocca non
solo tutte le diocesi, ma anche alcune fabbriche e le campagne del paese. E
cosi, un po’ dappertutto si moltiplicano le voci di apparizioni di santi e di
statue lacrimanti che muovono gli occhi e implorano di votare la Dc.
L’evocazione di questi miracoli assortiti punta a solleticare la creduloneria
superstiziosa della parte più arretrata della società.
Nella propaganda Dc, la
sovrapposizione tra il sacro e la politica si affianca al richiamo ai bisogni
primari della popolazione, che la scelta di campo occidentale potrebbe soddisfare.
Nel dopo guerra italiano, dove la parola scritta e l’immagine dei manifesti
affissi sui muri, rappresentano l’essenza della comunicazione politica, anche
il tema dell’approvvigionamento alimentare ha la sua importanza. Martellante è il
riferimento agli aiuti promessi dall’amministrazione USA con il piano Marshall.
La Dc affigge così, sui muri delle città, un manifesto che recita: “Coi
discorsi di Togliatti non si condisce la pastasciutta. Perciò le persone
intelligenti votano per De Gasperi che ha ottenuto dall’America la farina per
gli spaghetti ed anche il condimento”.
La
Sconfitta delle Sinistre.
Come detto, la sinistra esce
pesantemente ridimensionata dal voto del 18 aprile. L’obiettivo del Fronte
Democratico Popolare era quello di affermarsi come forza egemone, per aprire la
strada ad una nuova stagione di riforme socio economiche. In particolare il
Pci, contava di usare la leva del consenso elettorale per provare a
ricollocarsi nel governo del paese, dove aveva partecipato con propri ministri
ai governi di unità nazionale di Badoglio, Bonomi e De Gasperi. Due erano gli
intenti che questi esecutivi si erano posti: rimettere in moto il processo di
accumulazione, e ripristinare le istituzioni democratico borghesi che il
fascismo aveva distrutto. Entrambi gli obiettivi vengono condivisi da
Togliatti, che li considera come degli “interessi nazionali prioritari”. Essi
vengono realizzati mobilitando tutto il prestigio che il gruppo dirigente del
Pci aveva conquistato durante la lotta di liberazione. In questo periodo, l’apparato
raccolto intorno a Togliatti si adopera a contenere e smorzare il conflitto
sociale, ad impedire che tutto il potenziale emerso dalla lotta di liberazione
si coaguli in una nuova radicalizzazione in senso sempre più classista dello
scontro in atto. Nei tre anni in cui si consuma l’esperienza governativa, il
moto resistenziale viene sopito, le fabbriche vengono restituite agli
industriali, mentre il vecchio apparato statale viene reinsediato. Fedele
interprete delle esigenze diplomatiche della burocrazia staliniana, che a Yalta
aveva contrattato la propria sfera d’influenza negli assetti dell’Europa post
bellica, il Pci sceglie di subordinare la forza del movimento operaio agli
interessi della borghesia italiana. Lungo questa linea, Togliatti rielabora e sviluppa
una concezione del gradualismo riformista, che non porterà ad alcun risultato.
Persino sul terreno dei diritti civili e delle libertà democratiche, la
collaborazione con le forze liberali non produrrà dei risultati significativi.
Neppure le norme più liberticide del codice Rocco verranno stralciate, mentre
la rinuncia a legalizzare divorzio e aborto non otterranno nulla come
contropartita. La politica conciliante dell’astuto Togliatti che, in nome
“dell’unità delle masse e della pace religiosa” arriva a votare l’articolo 7
che conferma il patto concordatario firmato da Mussolini e dal Vaticano, non riesce
neppure a ridurre l’ostilità di Pio XII e del mondo clericale. La stessa Costituzione,
che entra in vigore all’inizio del 1948, solo formalmente riconosce le
aspirazioni popolari espresse dalla resistenza. Nel concreto, le vaghe
enunciazioni, prive di sostanza giuridica, si riducono a formule esortative che
non offrono alcuna garanzia di applicabilità. In buona sostanza, per dirla con
le parole già pronunciate a quel tempo da Piero Calamandrei, “per compensare le
forze di sinistra di una rivoluzione mancata, le forze di destra non si
opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa”. Solo il
sopraggiungere della guerra fredda interrompe l’alleanza governativa tra i
liberali e le forze del movimento operaio. Nella primavera del 1947, dopo che
la riorganizzazione dello stato e della produzione capitalista s’era avviata senza grossi contraccolpi sociali -
grazie alla politica collaborativa degli stalinisti - De Gasperi estromette il
Pci e i socialisti senza tanti complimenti. La sconfitta elettorale delle
sinistre nelle elezioni del 18 aprile apre così la strada ai duri anni del
centrismo democristiano, durante i quali si assiste ad un rinnovato attacco
padronale ai diritti e alle condizioni della classe operaia. Un esito questo,
favorito anche dalle politiche rinunciatarie e compromissorie praticate nel
primi anni del dopoguerra dalle direzioni socialdemocratiche e staliniste del
movimento operaio italiano.
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