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venerdì 27 luglio 2018

1948. LA CROCIATA DEMOCRISTIANA E LA SCONFITTA DELLA SINISTRA

QUANDO I COMUNISTI MANGIAVANO I BAMBINI

di Piero Nobili.- Unità di classe estate 2018



Nella storia della Repubblica italiana le elezioni del 18 aprile 1948 assumono un rilievo particolare. La vittoria della Democrazia cristiana imprime una profonda svolta politica che si riverbererà per un lungo periodo. Dal centrismo degli anni Cinquanta ai governi di centrosinistra e fino all’emergere di tangentopoli, la Dc sarà il perno su cui si appoggerà l’intero equilibrio politico della cosiddetta prima repubblica. Sostenuta dal Vaticano e dagli Stati Uniti, la Dc si afferma come il catalizzatore di tutte le forze anticomuniste del paese. Soprattutto è il collante che tiene insieme i ceti industriali e la piccola borghesia; il mondo contadino e una parte significativa del lavoro dipendente. All’ombra dello scudo crociato trovano rifugio, non solo le ventimila parrocchie d’Italia, ma anche quei settori conservatori del paese che, dopo la caduta del fascismo, temono di essere sbalzati via dal vento resistenziale che spira nel Nord del paese. L’incipiente guerra fredda, che contrappone l’imperialismo americano al blocco dei paesi orientali, contribuisce a determinare uno scontro radicale nel paese. Nelle urne la Dc ottiene un indiscutibile successo, riportando il 48,5% dei voti. Netta è invece la sconfitta della sinistra, che per l’occasione, si presenta con una lista unitaria che reca come simbolo l’effige di Garibaldi: il Fronte Democratico Popolare si attesta sul 31%, con una perdita dell’8% rispetto ai risultati conseguiti due anni prima da socialisti e comunisti nelle elezioni dell’assemblea costituente. Con la sconfitta del Fronte viene archiviato l’anelito di cambiamento che la vittoria partigiana sul nazifascismo, aveva ispirato. Le elezioni del 18 aprile vengono ricordate anche per lo straordinario moto di partecipazione che attraversa l’Italia: le piazze dei comizi colmi all’inverosimile, una passione politica diffusa, un attivismo che coinvolge milioni di persone.

La Crociata Democristiana.

L’Italia del 1948 è un paese povero, stremato dal ventennio fascista, e alle prese con un difficile dopoguerra. Molte famiglie sono ridotte alla fame. Nelle principali città sono ancora visibili le macerie provocate dai bombardamenti. La produzione industriale stenta a ripartire, mentre la disoccupazione è dilagante, con oltre tre milioni di senza lavoro. E’ in questo contesto sociale così difficile che si svolgono le elezioni del primo parlamento repubblicano. La Dc conduce una campagna elettorale fortemente ideologizzata e intrisa di elementi religiosi. La competizione elettorale viene presentata come un ennesimo capitolo dell’atavica lotta fra il bene e il male; e i credenti vengono chiamati ad una “sacra crociata” per scongiurare lo spettro del comunismo. L’imprimatur lo dà lo stesso Papa, che schiera la Santa sede al fianco del partito filo atlantico. Pio XII, attacca esplicitamente i “profanatori delle cose divine”, e indica come “traditori” coloro che daranno il loro voto ai partiti che negano Dio. La Chiesa cattolica svolge un ruolo importante nell’affermazione democristiana; la sua capillare rete associativa viene messa al servizio di De Gasperi, mentre Luigi Gedda, presidente dell’Azione cattolica fonda i Comitati civici che danno un forte impulso alla campagna anticomunista. L’attivismo clericale è pervasivo. Venerati simulacri vengono portati in processione, mentre i prelati incitano i fedeli a “salvare la patria del demone bolscevico”. Preghiere, veglie e sermoni coinvolgono tutte le comunità raccolte intorno alle parrocchie. Uno dei momenti topici della campagna elettorale democristiana è rappresentato dal passaggio della Madonna pellegrina. L’itinerario dell’effige mariana tocca non solo tutte le diocesi, ma anche alcune fabbriche e le campagne del paese. E cosi, un po’ dappertutto si moltiplicano le voci di apparizioni di santi e di statue lacrimanti che muovono gli occhi e implorano di votare la Dc. L’evocazione di questi miracoli assortiti punta a solleticare la creduloneria superstiziosa della parte più arretrata della società.
Nella propaganda Dc, la sovrapposizione tra il sacro e la politica si affianca al richiamo ai bisogni primari della popolazione, che la scelta di campo occidentale potrebbe soddisfare. Nel dopo guerra italiano, dove la parola scritta e l’immagine dei manifesti affissi sui muri, rappresentano l’essenza della comunicazione politica, anche il tema dell’approvvigionamento alimentare ha la sua importanza. Martellante è il riferimento agli aiuti promessi dall’amministrazione USA con il piano Marshall. La Dc affigge così, sui muri delle città, un manifesto che recita: “Coi discorsi di Togliatti non si condisce la pastasciutta. Perciò le persone intelligenti votano per De Gasperi che ha ottenuto dall’America la farina per gli spaghetti ed anche il condimento”.

La Sconfitta delle Sinistre.

Come detto, la sinistra esce pesantemente ridimensionata dal voto del 18 aprile. L’obiettivo del Fronte Democratico Popolare era quello di affermarsi come forza egemone, per aprire la strada ad una nuova stagione di riforme socio economiche. In particolare il Pci, contava di usare la leva del consenso elettorale per provare a ricollocarsi nel governo del paese, dove aveva partecipato con propri ministri ai governi di unità nazionale di Badoglio, Bonomi e De Gasperi. Due erano gli intenti che questi esecutivi si erano posti: rimettere in moto il processo di accumulazione, e ripristinare le istituzioni democratico borghesi che il fascismo aveva distrutto. Entrambi gli obiettivi vengono condivisi da Togliatti, che li considera come degli “interessi nazionali prioritari”. Essi vengono realizzati mobilitando tutto il prestigio che il gruppo dirigente del Pci aveva conquistato durante la lotta di liberazione. In questo periodo, l’apparato raccolto intorno a Togliatti si adopera a contenere e smorzare il conflitto sociale, ad impedire che tutto il potenziale emerso dalla lotta di liberazione si coaguli in una nuova radicalizzazione in senso sempre più classista dello scontro in atto. Nei tre anni in cui si consuma l’esperienza governativa, il moto resistenziale viene sopito, le fabbriche vengono restituite agli industriali, mentre il vecchio apparato statale viene reinsediato. Fedele interprete delle esigenze diplomatiche della burocrazia staliniana, che a Yalta aveva contrattato la propria sfera d’influenza negli assetti dell’Europa post bellica, il Pci sceglie di subordinare la forza del movimento operaio agli interessi della borghesia italiana. Lungo questa linea, Togliatti rielabora e sviluppa una concezione del gradualismo riformista, che non porterà ad alcun risultato. Persino sul terreno dei diritti civili e delle libertà democratiche, la collaborazione con le forze liberali non produrrà dei risultati significativi. Neppure le norme più liberticide del codice Rocco verranno stralciate, mentre la rinuncia a legalizzare divorzio e aborto non otterranno nulla come contropartita. La politica conciliante dell’astuto Togliatti che, in nome “dell’unità delle masse e della pace religiosa” arriva a votare l’articolo 7 che conferma il patto concordatario firmato da Mussolini e dal Vaticano, non riesce neppure a ridurre l’ostilità di Pio XII e del mondo clericale. La stessa Costituzione, che entra in vigore all’inizio del 1948, solo formalmente riconosce le aspirazioni popolari espresse dalla resistenza. Nel concreto, le vaghe enunciazioni, prive di sostanza giuridica, si riducono a formule esortative che non offrono alcuna garanzia di applicabilità. In buona sostanza, per dirla con le parole già pronunciate a quel tempo da Piero Calamandrei, “per compensare le forze di sinistra di una rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa”. Solo il sopraggiungere della guerra fredda interrompe l’alleanza governativa tra i liberali e le forze del movimento operaio. Nella primavera del 1947, dopo che la riorganizzazione dello stato e della produzione  capitalista  s’era  avviata senza grossi contraccolpi sociali - grazie alla politica collaborativa degli stalinisti - De Gasperi estromette il Pci e i socialisti senza tanti complimenti. La sconfitta elettorale delle sinistre nelle elezioni del 18 aprile apre così la strada ai duri anni del centrismo democristiano, durante i quali si assiste ad un rinnovato attacco padronale ai diritti e alle condizioni della classe operaia. Un esito questo, favorito anche dalle politiche rinunciatarie e compromissorie praticate nel primi anni del dopoguerra dalle direzioni socialdemocratiche e staliniste del movimento operaio italiano.

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