POST IN EVIDENZA

domenica 29 aprile 2018

RIVENDICHIAMO LE RAGIONI DEL LAVORO



Il Primo Maggio di quest'anno ricorre in un contesto nuovo.
Il voto del 4 Marzo ha sancito la marginalizzazione della sinistra politica, mentre la crisi verticale del renzismo e del Partito Democratico è stata capitalizzata dalle diverse forme di populismo reazionario: la Lega di Salvini, che si candida oggi a partito leader del centrodestra e dal Movimento 5 Stelle, che ambisce a conquistare un ruolo centrale nel futuro assetto istituzionale e si offre come perno per il capitale. A due mesi dalle elezioni, la perdurante assenza di un governo non è solo il risultato di una pessima legge elettorale, ma è la conferma di una crisi istituzionale che ha investito l'Italia a partire dal voto del referendum del 4 Dicembre 2016  e aperto la crisi politica di Renzi. Lo stesso padronato italiano oggi saggia il terreno del M5S come interlocutore e gli apre le porte della propria disponibilità politica. Non è un caso che tra le varie possibili alchimie di governo, l'ipotesi di una soluzione M5S-PD sia quella più spalleggiata dai grandi giornali della stampa borghese, dal padronato stesso e anche da Mattarella. Con il PD nel ruolo di sostanziale “garante” di fronte a possibile esuberanze “giovanili” di Di Maio e del M5S. Dopo una campagna elettorale segnata dalla xenofobia, dal dilagare di un senso comune reazionario e dal silenziamento scientifico nei canali di comunicazione di massa delle ragioni del mondo del lavoro, rivendichiamo il Primo Maggio, simbolo dell'unità di classe internazionale dei lavoratori contro lo sfruttamento del capitale, per rilanciare le ragioni di un progetto rivoluzionario, di una prospettiva anticapitalista che sappia tenere insieme in questa nuova fase la necessità di sostenere e difendere anche la più elementare rivendicazione dei lavoratori e delle lavoratrici e la loro incompatibilità di fatto con la realtà del capitalismo, portando in ogni lotta, in ogni vertenza, la coscienza che solo una rottura anticapitalista può invertire il senso di marcia che stiamo affrontando, solo la costruzione di una direzione rivoluzionaria del movimento operaio può interrompere il terribile piano inclinato lungo cui stiamo scivolando verso la reazione sociale, verso la barbarie.

LE MENZOGNE ED IL FALLIMENTO DEL RIFORMISMO

Con la fine dell'Unione Sovietica ed il crollo del muro di Berlino le sirene del padronato avevano annunciato un'epoca di ricchezza e benessere. Dopo trent'anni di quelle promesse rimane solo la polvere. Montagne di miliardi regalate alle banche fanno da contraltare ad anni di politiche di austerità, di taglio alla spesa sociale, di restrizioni, di sacrifici imposti sempre e solo sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici e delle classi subalterne. Si ficcano direttamente le mani in tasca alla maggioranza della popolazione per finanziare un permanente soccorso pubblico al capitalismo in crisi, alla finanza, agli speculatori. In questi trent'anni ciò che il proletariato italiano ha avuto è stato: l'attacco ai suoi salari, il taglio dei diritti sindacali, la distruzione dello stato sociale l'allungamento dell'orario di lavoro ad ogni livello, su scala settimanale, mensile, annuale e persino di vita con l'aumento indiscriminato dell'età pensionabile. A fianco di tutto questo, la crisi del capitalismo rilancia su tutto il mondo venti di guerra. La competizione in crescita tra Stati Uniti e Cina per la spartizione dei mercati mondiali rilancia la corsa agli armamenti, mentre il Medio Oriente è una polveriera pronta a scoppiare, compresso tra interessi imperialistici, di potenze mondiali o regionali che si contendono le grandi rotte del petrolio, la spartizione di zone di influenza, il controllo dei porti e delle rotte. Il massacro senza fine contribuisce a migrazioni di massa e lo stesso capitale che da un lato bombarda e massacra intere popolazioni, nell'Unione Europea “premio nobel per la pace” arma fascisti e razzisti come squadracce contro gli stessi uomini e donne in fuga da miseria e distruzione, seminando odio e xenofobia.
Questo è l'unico “progresso” che il capitalismo è riuscito a dare in questi trent'anni: miseria, regressione e barbarie.

UNIRE GLI SFRUTTATI CONTRO IL CAPITALE

La classe lavoratrice ha subito in larga parte del mondo un pesante arretramento in questi ultimi decenni come conseguenza delle ripetute sconfitte. Il sistematico tradimento dei partiti e delle burocrazie che avrebbero dovuto rappresentarla ha disperso, indebolito o sabotato le sue lotte di resistenza e ha permesso disarticolazioni e passi indietro, trascinando un arretramento pesante della coscienza di classe in significativi settori di massa. Nel nostro stesso paese, la cronicizzazione della disoccupazione, la frantumazione delle condizioni di lavoro, l'elevazione a norma del precariato,  lo sfondamento dei cosiddetti “minijobs”, il sabotaggio dei contratti nazionali hanno prodotto non solo un indebolimento sostanziale della classe, ma anche una sua dispersione molecolarizzata su tutto il territorio. A fronte di tutto ciò la classe operaia rimane l'unica forza che ha la possibilità concreta di costruire una società nuova. Può farlo solo se si pone alla testa di tutte le domande di liberazione. I lavoratori salariati nel mondo sono ormai largamente più di due miliardi, una vera e propria potenza mondiale. Le espressioni di resistenza sociale continuano a percorrere tutto il globo, dalle lotte del proletariato cinese a quelle per il salario minimo negli Stati Uniti, fino, nella stessa Europa in questi settimane la lotta dei ferrotranvieri sta unendo intorno a altri settori di salariati e del mondo studentesco e giovanile francese. In Italia la forza di sedici milioni di salariati è rimasta ingabbiata in questi anni dalla dispersione delle lotte e dal guinzaglio della burocrazia sindacale: delle burocrazie sindacali, che rafforzano sempre più la loro compromissione e complicità con il padronato e i governi, in una prospettiva corporativa finalizzata a impedire qualsiasi forma di espressione della reale volontà dei lavoratori e delle lavoratrici. Il via libera alla Fornero, la rinuncia alla lotta sull'articolo 18 e contro il JobsAct e la dispersione dell'opposizione di massa alla “Buona Scuola” non hanno solamente rappresentato un vero e proprio tradimento, una svendita delle ragioni del lavoro al padronato, ma hanno anche precluso la possibilità che intorno a quelle lotte si saldassero altri importanti settori sociali, a partire dalle masse di disoccupati e sottoccupati che non a caso hanno votato in massa il M5S, aggrappandosi alla promessa del reddito di cittadinanza come illusoria fuga dalla povertà. In controtendenza con tutto ciò è necessario dare al movimento dei lavoratori un programma all'altezza della situazione a partire dal rilancio della rivendicazione della riduzione progressiva dell'orario di lavoro a parità di salario. Rivendicazione centrale per poter unire le lotte di resistenza dei lavoratori alle aspirazioni dei disoccupati e alle lotte del nuovo precariato. Un programma che miri a mettere nelle mani di chi lavora le leve della società, espropriando la grande industria e le banche, liberando enormi risorse abolendo il debito pubblico. Ricostruendo e allargando le protezioni sociali. Finalizzando l'intera economia ai bisogni di tutti, non al profitto di pochi. Solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro organizzazione e la loro forza, può realizzare queste misure. L'unica alternativa a questo progetto è la barbarie in corso.

COSTRUIRE IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE

Tutta l'esperienza degli ultimi trent'anni ha rinnovato un punto ineliminabile: non è sufficiente un movimento di lotta, pur radicale. I movimenti di lotta possono essere sconfitti, come accaduto ai lavoratori francesi contro la Loi Travail o ai lavoratori italiani contro Marchionne, o possono realizzare imprese che sembravano impensabili, come la cacciata di un regime terribile come in Tunisia ed in Egitto solo pochi anni fa. Ma senza una coscienza politica, senza una direzione politica alternativa, anche le lotte più generose e straordinarie sono destinate alla sconfitta. E' la lezione di questi anni.
Non è sufficiente dunque definire un programma all'altezza dei compiti storici della classe lavoratrice, è necessario dare a questo programma un partito. Un partito della rivoluzione, che sappia unire intorno a quel programma  gli strati più coscienti della classe operaia, che si radichi in ogni lotta, che sappia ricondurre queste lotte ad una più generale prospettiva di rivoluzione sociale, che sappia ricondurre queste lotte alla prospettiva del governo dei lavoratori e delle lavoratrici.

La lotta per la costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori è la lotta per la costruzione di questo progetto, su scala nazionale e su scala internazionale, per un partito mondiale della rivoluzione.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.