Il Primo Maggio di quest'anno ricorre in un contesto nuovo.
Il voto del 4 Marzo ha sancito la marginalizzazione della sinistra
politica, mentre la crisi verticale del renzismo e del Partito Democratico è
stata capitalizzata dalle diverse forme di populismo reazionario: la Lega di
Salvini, che si candida oggi a partito leader del centrodestra e dal Movimento
5 Stelle, che ambisce a conquistare un ruolo centrale nel futuro assetto
istituzionale e si offre come perno per il capitale. A due mesi dalle elezioni,
la perdurante assenza di un governo non è solo il risultato di una pessima
legge elettorale, ma è la conferma di una crisi istituzionale che ha investito
l'Italia a partire dal voto del referendum del 4 Dicembre 2016 e aperto la crisi politica di Renzi. Lo
stesso padronato italiano oggi saggia il terreno del M5S come interlocutore e
gli apre le porte della propria disponibilità politica. Non è un caso che tra
le varie possibili alchimie di governo, l'ipotesi di una soluzione M5S-PD sia
quella più spalleggiata dai grandi giornali della stampa borghese, dal
padronato stesso e anche da Mattarella. Con il PD nel ruolo di sostanziale
“garante” di fronte a possibile esuberanze “giovanili” di Di Maio e del M5S.
Dopo una campagna elettorale segnata dalla xenofobia, dal dilagare di un senso
comune reazionario e dal silenziamento scientifico nei canali di comunicazione
di massa delle ragioni del mondo del lavoro, rivendichiamo il Primo Maggio,
simbolo dell'unità di classe internazionale dei lavoratori contro lo
sfruttamento del capitale, per rilanciare le ragioni di un progetto
rivoluzionario, di una prospettiva anticapitalista che sappia tenere insieme in
questa nuova fase la necessità di sostenere e difendere anche la più elementare
rivendicazione dei lavoratori e delle lavoratrici e la loro incompatibilità di
fatto con la realtà del capitalismo, portando in ogni lotta, in ogni vertenza,
la coscienza che solo una rottura anticapitalista può invertire il senso di
marcia che stiamo affrontando, solo la costruzione di una direzione
rivoluzionaria del movimento operaio può interrompere il terribile piano
inclinato lungo cui stiamo scivolando verso la reazione sociale, verso la
barbarie.
LE MENZOGNE ED IL FALLIMENTO DEL RIFORMISMO
Con la fine dell'Unione Sovietica ed il crollo del muro di Berlino
le sirene del padronato avevano annunciato un'epoca di ricchezza e benessere.
Dopo trent'anni di quelle promesse rimane solo la polvere. Montagne di miliardi
regalate alle banche fanno da contraltare ad anni di politiche di austerità, di
taglio alla spesa sociale, di restrizioni, di sacrifici imposti sempre e solo
sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici e delle classi subalterne. Si
ficcano direttamente le mani in tasca alla maggioranza della popolazione per
finanziare un permanente soccorso pubblico al capitalismo in crisi, alla
finanza, agli speculatori. In questi trent'anni ciò che il proletariato
italiano ha avuto è stato: l'attacco ai suoi salari, il taglio dei diritti
sindacali, la distruzione dello stato sociale l'allungamento dell'orario di
lavoro ad ogni livello, su scala settimanale, mensile, annuale e persino di
vita con l'aumento indiscriminato dell'età pensionabile. A fianco di tutto
questo, la crisi del capitalismo rilancia su tutto il mondo venti di guerra. La
competizione in crescita tra Stati Uniti e Cina per la spartizione dei mercati
mondiali rilancia la corsa agli armamenti, mentre il Medio Oriente è una
polveriera pronta a scoppiare, compresso tra interessi imperialistici, di
potenze mondiali o regionali che si contendono le grandi rotte del petrolio, la
spartizione di zone di influenza, il controllo dei porti e delle rotte. Il
massacro senza fine contribuisce a migrazioni di massa e lo stesso capitale che
da un lato bombarda e massacra intere popolazioni, nell'Unione Europea “premio
nobel per la pace” arma fascisti e razzisti come squadracce contro gli stessi
uomini e donne in fuga da miseria e distruzione, seminando odio e xenofobia.
Questo è l'unico “progresso” che il capitalismo è riuscito a dare
in questi trent'anni: miseria, regressione e barbarie.
UNIRE GLI SFRUTTATI CONTRO IL CAPITALE
La classe lavoratrice ha subito in larga parte del mondo un
pesante arretramento in questi ultimi decenni come conseguenza delle ripetute
sconfitte. Il sistematico tradimento dei partiti e delle burocrazie che
avrebbero dovuto rappresentarla ha disperso, indebolito o sabotato le sue lotte
di resistenza e ha permesso disarticolazioni e passi indietro, trascinando un
arretramento pesante della coscienza di classe in significativi settori di
massa. Nel nostro stesso paese, la cronicizzazione della disoccupazione, la
frantumazione delle condizioni di lavoro, l'elevazione a norma del
precariato, lo sfondamento dei cosiddetti
“minijobs”, il sabotaggio dei contratti nazionali hanno prodotto non solo un
indebolimento sostanziale della classe, ma anche una sua dispersione
molecolarizzata su tutto il territorio. A fronte di tutto ciò la classe operaia
rimane l'unica forza che ha la possibilità concreta di costruire una società
nuova. Può farlo solo se si pone alla testa di tutte le domande di liberazione.
I lavoratori salariati nel mondo sono ormai largamente più di due miliardi, una
vera e propria potenza mondiale. Le espressioni di resistenza sociale
continuano a percorrere tutto il globo, dalle lotte del proletariato cinese a
quelle per il salario minimo negli Stati Uniti, fino, nella stessa Europa in
questi settimane la lotta dei ferrotranvieri sta unendo intorno a altri settori
di salariati e del mondo studentesco e giovanile francese. In Italia la forza
di sedici milioni di salariati è rimasta ingabbiata in questi anni dalla
dispersione delle lotte e dal guinzaglio della burocrazia sindacale: delle
burocrazie sindacali, che rafforzano sempre più la loro compromissione e
complicità con il padronato e i governi, in una prospettiva corporativa
finalizzata a impedire qualsiasi forma di espressione della reale volontà dei
lavoratori e delle lavoratrici. Il via libera alla Fornero, la rinuncia alla
lotta sull'articolo 18 e contro il JobsAct e la dispersione dell'opposizione di
massa alla “Buona Scuola” non hanno solamente rappresentato un vero e proprio
tradimento, una svendita delle ragioni del lavoro al padronato, ma hanno anche
precluso la possibilità che intorno a quelle lotte si saldassero altri
importanti settori sociali, a partire dalle masse di disoccupati e sottoccupati
che non a caso hanno votato in massa il M5S, aggrappandosi alla promessa del
reddito di cittadinanza come illusoria fuga dalla povertà. In controtendenza
con tutto ciò è necessario dare al movimento dei lavoratori un programma
all'altezza della situazione a partire dal rilancio della rivendicazione della
riduzione progressiva dell'orario di lavoro a parità di salario. Rivendicazione
centrale per poter unire le lotte di resistenza dei lavoratori alle aspirazioni
dei disoccupati e alle lotte del nuovo precariato. Un programma che miri a
mettere nelle mani di chi lavora le leve della società, espropriando la grande
industria e le banche, liberando enormi risorse abolendo il debito pubblico.
Ricostruendo e allargando le protezioni sociali. Finalizzando l'intera economia
ai bisogni di tutti, non al profitto di pochi. Solo un governo dei lavoratori,
basato sulla loro organizzazione e la loro forza, può realizzare queste misure.
L'unica alternativa a questo progetto è la barbarie in corso.
COSTRUIRE IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE
Tutta l'esperienza degli ultimi trent'anni ha rinnovato un punto
ineliminabile: non è sufficiente un movimento di lotta, pur radicale. I
movimenti di lotta possono essere sconfitti, come accaduto ai lavoratori
francesi contro la Loi Travail o ai lavoratori italiani contro Marchionne, o
possono realizzare imprese che sembravano impensabili, come la cacciata di un
regime terribile come in Tunisia ed in Egitto solo pochi anni fa. Ma senza una
coscienza politica, senza una direzione politica alternativa, anche le lotte
più generose e straordinarie sono destinate alla sconfitta. E' la lezione di
questi anni.
Non è sufficiente dunque definire un programma all'altezza dei
compiti storici della classe lavoratrice, è necessario dare a questo programma
un partito. Un partito della rivoluzione, che sappia unire intorno a quel
programma gli strati più coscienti della
classe operaia, che si radichi in ogni lotta, che sappia ricondurre queste
lotte ad una più generale prospettiva di rivoluzione sociale, che sappia
ricondurre queste lotte alla prospettiva del governo dei lavoratori e delle
lavoratrici.
La lotta per la costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori è
la lotta per la costruzione di questo progetto, su scala nazionale e su scala
internazionale, per un partito mondiale della rivoluzione.
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