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martedì 24 aprile 2018

LE LEGGI RAZZIALI DEL FASCISMO

di Piero Nobili
Partito Comunista dei Lavoratori





Ottanta anni fa in Italia venivano promulgate le leggi razziali. Prima con la pubblicazione del "Manifesto della razza", una specie di decalogo del buon ariano redatto da un gruppo di accademici, e poi con un decreto varato dal Gran Consiglio del fascismo che stabilisce i comportamenti da tenersi nei confronti degli ebrei, l'Italia fascista rende esecutiva una legislazione anti ebraica.
La stampa del regime apre subito una campagna anti semitica. Esce la rivista "La difesa della razza", diretta da Telesio Interlandi, che ha come segretario di redazione Giorgio Almirante, colui che nel secondo dopoguerra sarà per lungo tempo il segretario del M.S.I.
Per la penisola vengono organizzate conferenze che esaltano l'idea della "supremazia della razza ariana", che plaudono alla romanità cattolica è fascista, baluardo della civiltà contro ebraismo e bolscevismo.
Sull'argomento vengono interpellati zoologi ed esperti di craniometria, mentre il pregiudizio del confronti dei cittadini di origine ebraica cresce a dismisura. Sul finire del 1938 la legislazione in materia viene meglio precisata: Sono impediti i matrimoni misti, e gli ebrei sono banditi dalla vita pubblica, dalle scuole, non possono esercitare le professioni liberali, non possono avere domestici ariani, e via dicendo.
Negli anni a seguire saranno quasi 180 i provvedimenti razziali adottati dal fascismo. Uno degli ultimi obbligava al lavoro coatto gli ebrei. Solo l'ingresso dell'Italia in guerra, frena la decisione di Mussolini di allontanare tutti i cittadini di origine ebraica dall'Italia. Questi reietti rimangono bloccati in un paese che non li vuole.
Con le leggi razziali il regime configura due tipi di cittadinanza: una piena e una oltremodo limitata. In questo modo vengono poste le basi della successiva estensione anche all'Italia della pratica nazista della deportazione di massa nei campi di sterminio. Nel 1938, la "politica della razza" imposta da Mussolini viene accolta senza particolari clamori. Molti elementi vi contribuiscono: In primo luogo il conformismo e l'assuefazione verso un regime dittatoriale ormai consolidato. Assai timido è l'atteggiamento della Chiesa cattolica che non incoraggia in alcun modo prese di posizioni critiche. In una certa misura, nella società pesano anche gli stereotipi anti ebraici da secoli instillati dall'educazione religiosa per cui gli ebrei restano il "popolo deicida".
Basti pensare,che ancora in quel tempo la Liturgia della Settimana Santa iniziava con "Oremus pro perfidis judeis" (preghiamo per i perfidi giudei).

L'IDEOLOGIA RAZZISTA

La responsabilità della persecuzione razziale ricade anche sulla casa regnante dei Savoia. I regi decreti firmati da Vittorio Emanuele III,la solerzia applicativa delle leggi da parte degli apparati pubblici legati alla corona, ben lungi dal dimostrare un presunto cedimento del Re soldato, rilevano invece una profonda compromissione della monarchia con il fascismo. A maggior ragione nel 1938, quando con l'approssimarsi della guerra, tra la dinastia sabauda e il fascio littorio si sviluppa una dinamica di rinegoziazione dei rispettivi ambiti di potere, in previsione dei possibili benefici che l'imperialismo italiano avrebbe potuto trarre dal conflitto che si andava preparando. Le leggi razziali di Mussolini rappresentano la quintessenza del suo progetto gerarchico, razzista e oppressivo. Come un ininterrotto filo nero macchiato di sangue, esso si dipana per tutto il ventennio: prima la distruzione delle organizzazioni del movimento operaio, con migliaia di militanti di sinistra uccisi e incarcerati nella "più spietata guerra civile e anti proletaria" come la definì Gramsci, poi lo sviluppo delle politiche  razziali in Africa durante gli anni dell'impero, ed infine la persecuzione degli ebrei.
Secondo una corrente storiografica molto in voga, la base di tale scelta è da ricercare nell'accordo tra Germania e Italia in cui l'Italia accettava la politica del nazismo e la sua concezione razziale. Secondo Renzo De Felice (che pone il fascismo fuori dal cono d'ombra dell'olocausto), l'antisemitismo era troppo importante per l'ideologia nazista perché non dovesse essere accettata da un alleato che volesse essere tale.
È Mussolini voleva essere alleato di Hitler, convinto di poter godere dei vantaggi garantiti dalle espansionismo nazista. In realtà l'ideologia razzista è fin dall'inizio connaturata al fascismo. Già nel 1921, Mussolini sottolinea con enfasi la necessità di essere orgogliosi della nostra razza italica. Sempre in quegli anni, Giovanni Preziosi parlava di complotto o coalizione "ebraico- massonica- plutocratica che congiurava contro la nazione". Il razzismo fascista è essenzialmente un razzismo biologico, ossia basato su quella concezione pseudo-scientifica secondo la quale l'umanità è divisa in razze, il cui diverso valore biologico (oltre che storico e culturale) giustifica l' inevitabile dominio di alcune sulle altre. Le leggi razziali del 1938, non sono un errore, un incidente di percorso, come accredita invece quella vulgata, revisionismo storico, che sostiene la falsa idea che il fascismo, fosse in fin dei conti una dittatura bonaria che si sarebbe macchiata di un'unica colpa: l'avere introdotto nel 1938 una legislazione anti ebraica.
Lo stesso Berlusconi, pochi anni fa in occasione della giornata della Memoria sostenne lo stesso concetto: per tanti versi Mussolini aveva fatto bene ma il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa.
Anche Roberta Lombardi, esponente di primo piano del M5S ha recentemente convalidato questa tesi dicendo che l'ideologia fascista "prima che degenerasse, aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello Stato e la tutela della famiglia.

UN PUNTO DI ARRIVO

Le leggi razziali del 1938, rappresentano dunque un punto di arrivo, e non di partenza.
La politica di vera e propria discriminazione razziale introdotta nelle colonie africane assoggettati al regime lo dimostra. Le popolazioni indigene cadute sotto il dominio dell'Italia fascista subiscono ogni sorta di violenza. "Non c'è città o villaggio, in Etiopia, dove non siano state rizzate delle forche", scrive lo storico del colonialismo italiano Angelo del Boca. Mussolini riprende la tradizione della prima fase dell'espansione coloniale italiana, accentuando la metodica spietatezza, già presente nel periodo antecedente: la deportazione di intere popolazioni e la loro segregazione in campi di concentramento diventa la norma, mentre l'uso intensivo delle armi chimiche per le uccisioni di massa, rappresenta plasticamente la brutalità del regime. Inoltre, prima del 1938, nelle colonie viene introdotta una normativa razzista che legittima la repressione dei dominati. In questo modo, viene sancita la superiorità dell'italiano nei confronti dei sudditi africani, e il diritto a segregare, discriminare e punire. Un vero e proprio apartheid che precede e prepara le norme antisemite promulgate nel 1938. In questa riduzione a esseri inferiori dei colonizzati va segnalata la condizione delle donne che subiscono "una segregazione nella segregazione". Considerate alla stregua di animali,il regime favorirà la consuetudine da parte degli ufficiali di prendere con sé una donna locale come domestica o schiava sessuale.
Il cosiddetto "madamato" sarà uno dei grani della corona del rosario fatta di massacri, stupri e schiavitù Imposta dal fascismo in Etiopia. Come scriveva Leon Trotsky proprio in quel periodo: "la sola caratteristica del fascismo che non sia mascherata, è la volontà di potenza, di dominio, saccheggio. Il fascismo è una soluzione chimicamente pura dell'imperialismo". In un frangente storico in cui il fascismo viene "normalizzato", e dalla pancia del paese affiorano pulsioni di estrema destra è utile e necessario coltivare la memoria storica di ciò che è venuto. Una memoria storica da trasmettere ai più giovani, se si  vuole controbattere con efficacia a quella narrazione neofascista, che oggi utilizzando svariate declinazioni e sfumature, si sta riproponendo con forza.

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