Una nuova
riorganizzazione del settore del recapito arriva sulle spalle dei lavoratori e
delle lavoratrici con il benestare della totalità dei sindacati. Un'operazione
magistrale quella del management di PosteItaliane Spa tutta a favore degli
interessi degli azionisti, alla ricerca di sempre maggiori dividendi e
profitti.
E' necessario costruire un percorso che possa fondarsi sull'autorganizzazione dei lavoratori stessi, mettere in mostra la necessità di una mobilitazione generale di tutto il settore logistico per fermare le costanti aggressioni alle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, perchè se non si pone un argine a questi processi la prospettiva sarà la giungla della concorrenza spietata delle cooperative e dei piccoli padroncini come già è nel settore logistico e nelle aziende di recapito private
E' necessario costruire un percorso che possa fondarsi sull'autorganizzazione dei lavoratori stessi, mettere in mostra la necessità di una mobilitazione generale di tutto il settore logistico per fermare le costanti aggressioni alle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, perchè se non si pone un argine a questi processi la prospettiva sarà la giungla della concorrenza spietata delle cooperative e dei piccoli padroncini come già è nel settore logistico e nelle aziende di recapito private
Poste
Italiane: il recapito e i lavoratori sull'altare dei dividendi
Una nuova riorganizzazione del settore del recapito arriva sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici con il benestare della totalità dei sindacati.
Un'operazione magistrale quella del management di PosteItaliane Spa tutta a favore degli interessi degli azionisti, alla ricerca di sempre maggiori dividendi e profitti.
Il tutto arriva pochi mesi dopo il rinnovo del CCNL con un disposto combinato da far rabbrividire sia sul versante delle condizioni di lavoro sia sul versante della qualità del servizio universale.
L'accordo a perdere sul contratto ha concesso poche briciole ai lavoratori e alle lavoratrici (80 euro in due trance di aumento salariale, 1000 euro di unatantum per il mancato adeguamento salariale degli anni precedenti) e ha promesso poche assunzioni a tempo indeterminato per i precari che stavano sviluppando una lotta contro le loro condizioni. Contemporaneamente si sono poste le basi per questa riorganizzazione: il bilancio di assunzioni e esuberi annunciava i tagli del personale - a fronte di 6000 assunzioni in 3 anni, erano già annunciati 15.000 esuberi, con un saldo negativo di 9000 posti di lavoro -; si è introdotta la formula del welfare aziendale volontario come quota di aumento salariale (chi non lo sottoscrive non viene però compensato con un corrispondente aumento salariale) e venne assunto il meraviglioso accordo sulla rappresentanza sindacale, il TURS del 10 Gennaio 2014, che ha fornito a burocrazie sindacali e management l'arma per far passare a tutta velocità l'accordo di Marzo.
Da questo piano inclinato si è discesi agli inferi di questa riorganizzazione tanto voluta dal vertice di PosteItaliane e accettata senza colpo ferire dalle burocrazie sindacali colluse.
Il nocciolo dell'operazione è uno: l'estensione del recapito a giorni alterni anche nelle zone metropolitane. Nonostante la "sperimentazione" nelle zone extra-urbane si sia dimostrata fallimentare, con un peggioramento del servizio e della sua capillarità sul versante degli utenti, l'aumento spropositato dei carichi di lavoro per i portalettere e per tutto il personale del recapito, l'aumento conseguente dello stress, dell'indice degli infortuni e anche della pressione a spingersi oltre l'orario di lavoro senza retribuzione per completare il lavoro – sostanzialmente lavoro nero nella più grande azienda italiana -, questo modello ora viene esteso anche alle più complicate e dense zone urbane.
Il progetto viene affinato e reso ancora più devastante. Il management e le direzioni sono comunque spudorate nel presentare il piano organizzativo rivendicando come sia il solo modo per garantire agli azionisti maggiori dividendi e profitti, il vero ed unico scopo di questo taglia e cuci, e richiedendo i necessari sacrifici e adeguamenti nella "grande famiglia" postale solo alla enorme base della piramide.
In uno schizofrenico mix di "servizio universale" e competizione nelle spietate "leggi oggettive del libero mercato" la macelleria è garantita solo ed esclusivamente per i lavoratori e le lavoratrici postali, con una rivoluzione delle loro vite e delle loro condizioni di lavoro che non ha pari nei passaggi riorganizzativi precedenti.
Quali sono i punti cardine della riorganizzazione?
Nei fatti esisteranno almeno 4 condizioni differenti di lavoro e di stress:
Innanzi tutto la linea "universale" di Base, cioè la meno remunerativa per l'azienda, verrà affidata a portalettere che vedranno le loro zone raddoppiate per consegnare la posta a giorni alterni, con la "garanzia" di un calmiere giornaliero di oggetti a firma. Sta di fatto che il carico di lavoro viene raddoppiato, nella migliore delle ipotesi, considerando che già le attuali zone, nella maggior parte dei casi sono difficilmente sostenibili e "azzerabili" nell'arco della giornata lavorativa.
Su questa linea la riorganizzazione prevede l'esistenza di portalettere assegnati a zone frazionabili che saranno costretti alla maggior flessibilità geografica perchè verranno applicati, in caso di assenze, su altre zone del proprio riferimento territoriale per far svolgere il cosiddetto abbinamento sulla propria zona, o addirittura spostati su almeno altre due aree territoriali per coprire le assenze e svolgere l'abbinamento. Questo significa che sarebbero potenzialmente applicabili addirittura su 20 zone differenti.
Su di un livello superiore di interesse si istituisce la cosiddetta Linea Business che si occupa solo delle raccomandate, degli oggetti a firma e dei prodotti veloci, coprendo le zone "ferme" e l'eccedenza della linea di base, dove i postini si muoveranno entro una logica di flessibilità territoriale molto ampia.
Infine la linea Mercato, con portalettere che si occupano di zone territoriali con particolare concentrazioni di grandi aziende e utenti particolarmente importanti e remunerativi – aziende, uffici pubblici e privati etc. -
Sostanzialmente si creano quattro livelli differenti con conseguenti condizioni di lavoro variegate a cui vengono associati anche orari di lavoro divesificati. Un ottimo modo per aumentare la concorrenza tra lavoratori stessi e per dividere i lavoratori e le lavoratrici sulla base di carichi di lavoro più o meno disagianti.
Oltre a tutto ciò viene aumentata a dismisura la flessibilità oraria e territoriale, viene aumentata e ulteriromente complicata la "flessibilità operativa" richiesta, ossia il lavoro straordinario entro l'orario di lavoro retribuito in termini inferiori rispetto ad una normale prestazione straordinaria, dato che il personale di scorta, che dovrebbe sostituire i lavoratori assenti, verrà applicato prioritariamente per le linee più remunerative e non per quella base. In questo modo, i lavoratori dell'articolazione di base non solo avranno zone raddopiate ma vedranno come costante la richiesta di svolgere pezzi di zona di propri colleghi assenti.
Il bilancio generale di questa riorganizzazione è semplice da fare:
Una nuova riorganizzazione del settore del recapito arriva sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici con il benestare della totalità dei sindacati.
Un'operazione magistrale quella del management di PosteItaliane Spa tutta a favore degli interessi degli azionisti, alla ricerca di sempre maggiori dividendi e profitti.
Il tutto arriva pochi mesi dopo il rinnovo del CCNL con un disposto combinato da far rabbrividire sia sul versante delle condizioni di lavoro sia sul versante della qualità del servizio universale.
L'accordo a perdere sul contratto ha concesso poche briciole ai lavoratori e alle lavoratrici (80 euro in due trance di aumento salariale, 1000 euro di unatantum per il mancato adeguamento salariale degli anni precedenti) e ha promesso poche assunzioni a tempo indeterminato per i precari che stavano sviluppando una lotta contro le loro condizioni. Contemporaneamente si sono poste le basi per questa riorganizzazione: il bilancio di assunzioni e esuberi annunciava i tagli del personale - a fronte di 6000 assunzioni in 3 anni, erano già annunciati 15.000 esuberi, con un saldo negativo di 9000 posti di lavoro -; si è introdotta la formula del welfare aziendale volontario come quota di aumento salariale (chi non lo sottoscrive non viene però compensato con un corrispondente aumento salariale) e venne assunto il meraviglioso accordo sulla rappresentanza sindacale, il TURS del 10 Gennaio 2014, che ha fornito a burocrazie sindacali e management l'arma per far passare a tutta velocità l'accordo di Marzo.
Da questo piano inclinato si è discesi agli inferi di questa riorganizzazione tanto voluta dal vertice di PosteItaliane e accettata senza colpo ferire dalle burocrazie sindacali colluse.
Il nocciolo dell'operazione è uno: l'estensione del recapito a giorni alterni anche nelle zone metropolitane. Nonostante la "sperimentazione" nelle zone extra-urbane si sia dimostrata fallimentare, con un peggioramento del servizio e della sua capillarità sul versante degli utenti, l'aumento spropositato dei carichi di lavoro per i portalettere e per tutto il personale del recapito, l'aumento conseguente dello stress, dell'indice degli infortuni e anche della pressione a spingersi oltre l'orario di lavoro senza retribuzione per completare il lavoro – sostanzialmente lavoro nero nella più grande azienda italiana -, questo modello ora viene esteso anche alle più complicate e dense zone urbane.
Il progetto viene affinato e reso ancora più devastante. Il management e le direzioni sono comunque spudorate nel presentare il piano organizzativo rivendicando come sia il solo modo per garantire agli azionisti maggiori dividendi e profitti, il vero ed unico scopo di questo taglia e cuci, e richiedendo i necessari sacrifici e adeguamenti nella "grande famiglia" postale solo alla enorme base della piramide.
In uno schizofrenico mix di "servizio universale" e competizione nelle spietate "leggi oggettive del libero mercato" la macelleria è garantita solo ed esclusivamente per i lavoratori e le lavoratrici postali, con una rivoluzione delle loro vite e delle loro condizioni di lavoro che non ha pari nei passaggi riorganizzativi precedenti.
Quali sono i punti cardine della riorganizzazione?
Nei fatti esisteranno almeno 4 condizioni differenti di lavoro e di stress:
Innanzi tutto la linea "universale" di Base, cioè la meno remunerativa per l'azienda, verrà affidata a portalettere che vedranno le loro zone raddoppiate per consegnare la posta a giorni alterni, con la "garanzia" di un calmiere giornaliero di oggetti a firma. Sta di fatto che il carico di lavoro viene raddoppiato, nella migliore delle ipotesi, considerando che già le attuali zone, nella maggior parte dei casi sono difficilmente sostenibili e "azzerabili" nell'arco della giornata lavorativa.
Su questa linea la riorganizzazione prevede l'esistenza di portalettere assegnati a zone frazionabili che saranno costretti alla maggior flessibilità geografica perchè verranno applicati, in caso di assenze, su altre zone del proprio riferimento territoriale per far svolgere il cosiddetto abbinamento sulla propria zona, o addirittura spostati su almeno altre due aree territoriali per coprire le assenze e svolgere l'abbinamento. Questo significa che sarebbero potenzialmente applicabili addirittura su 20 zone differenti.
Su di un livello superiore di interesse si istituisce la cosiddetta Linea Business che si occupa solo delle raccomandate, degli oggetti a firma e dei prodotti veloci, coprendo le zone "ferme" e l'eccedenza della linea di base, dove i postini si muoveranno entro una logica di flessibilità territoriale molto ampia.
Infine la linea Mercato, con portalettere che si occupano di zone territoriali con particolare concentrazioni di grandi aziende e utenti particolarmente importanti e remunerativi – aziende, uffici pubblici e privati etc. -
Sostanzialmente si creano quattro livelli differenti con conseguenti condizioni di lavoro variegate a cui vengono associati anche orari di lavoro divesificati. Un ottimo modo per aumentare la concorrenza tra lavoratori stessi e per dividere i lavoratori e le lavoratrici sulla base di carichi di lavoro più o meno disagianti.
Oltre a tutto ciò viene aumentata a dismisura la flessibilità oraria e territoriale, viene aumentata e ulteriromente complicata la "flessibilità operativa" richiesta, ossia il lavoro straordinario entro l'orario di lavoro retribuito in termini inferiori rispetto ad una normale prestazione straordinaria, dato che il personale di scorta, che dovrebbe sostituire i lavoratori assenti, verrà applicato prioritariamente per le linee più remunerative e non per quella base. In questo modo, i lavoratori dell'articolazione di base non solo avranno zone raddopiate ma vedranno come costante la richiesta di svolgere pezzi di zona di propri colleghi assenti.
Il bilancio generale di questa riorganizzazione è semplice da fare:
tagli al
personale
aumento dei
carichi di lavoro generalizzati, dei ritmi di lavoro e dello stress
aumento
della flessibilità oraria e territoriale, aumento della richiesta di
prestazioni starodinarie sottopagate che divengono sempre più ordinarie
mantenimento
di un salario basso e mancato riconoscimento economico dello sviluppo di
lavorazioni più complesse e remunerative per l'azienda e del notevole aumento
di produttività
differenziazioni
interne funzionali all'umento della competizione tra lavoratori in una logica
di guerra tra poveri
avvicinamento
delle condizioni dei lavoratori a tempo indeterminato a quelle degli attuali
precari (CTD) che a loro volta vedranno un'ulteriore peggioramento delle loro
condizioni e dei ricatti, più o meno espliciti, che riceveranno sul luogo di
lavoro.
Sul
fronte sindacale, a parte qualche eccezione, tutto tace.
Questa riorganizzazione, sebbene sia assolutamente rigettata e temuta dai lavoratori e dalle lavoratrici di Poste, è passata senza alcun colpo ferire e senza nemmeno il coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni organizzative che andranno a rivoluzionare le loro condizioni.
Come è stato possibile tutto questo? Grazie all'adozione del para-fascista e corporativo Testo Unico sulla Rappresentanza Sindacale. L'azienda, di comune accordo con le burocrazie dei principali sindacati (CISL prima di tutti, CGIL, UIL, UGL, FAILP e CONFSAL), ha convocato in tutta fretta un coordinamento di ben 97 RSU per esprimersi sul testo di accordo firmato dalle segreterie nazionali. Ben 97 su oltre 2000 RSU! 2000 RSU che peraltro avrebbero dovute essere rinnovate molto tempo fa.
Altro dato non meno importante, di quelle 97 RSU, meno del 20% erano donne, il tutto a indicare la rappresentatività di questo "campione" in un'azienda ad alto tasso di partecipazione femminile.
Non solo, il metodo di scelta di queste RSU è stato a totale appannaggio delle burocrazie e la convocazione rapida e frettolosa, funzionale a garantire il massimo consenso possibile, ha impedito che potesse levarsi anche solo qualche voce contraria e tentare una minima organizzazione di un'opposizione o di un dissenso all'operazione, e i lavoratori nel complesso, ovviamente, non sono nemmeno stati presi in considerazione.
Con questa meravigliosa ipoteca sulla democrazia sindacale tutto è andato per il migliore dei modi: di 97 RSU le presenti, al momento della votazione, erano 92, di cui 88 favorevoli, 3 contrari (tutte in quota CGIL e nello specifico quelle espressione dell'Opposizione CGIL e quelle espressione del Coordinamento delle RSU liguri - che ha anche convocato uno sciopero delle prestazioni aggiuntive) e 1 astenuto.
Il risentimento tra i lavoratori è comunque alto, nonostante la categoria non abbia mai brillato per particolare combattività e abitudine alle mobilitazioni, anche a causa di metodi di intervento sindacale molto "cislizzati" inseriti in una dinamica clientelare, di favori e favorini e di gestione dell'insofferenza attraverso la costruzione di sacche di "privilegio" per gli iscritti più addomesticati.
A questo risentimento è comunque necessario cercare di dare una prospettiva e un piano di lotta anche e soprattutto contro le burocrazie sindacali candidatesi a co-gestire questo passaggio con il management al fine di assopire e annichilire il risentimento della base.
La necessità di una mobilitazione generale
L'attacco frontale al settore del recapito risulta essere solo uno dei primi passi di un progetto più generale di affossamento di ciò che ormai viene vissuto come un peso, pur essendo le fondamenta dell'azienda, che limita la possibilità di trasformare PosteItaliane in una grande banca ed ente assicurativo.
E' necessario costruire un percorso che possa fondarsi sull'autorganizzazione dei lavoratori stessi, mettere in mostra la necessità di una mobilitazione generale di tutto il settore logistico per fermare le costanti aggressioni alle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, perchè se non si pone un argine a questi processi la prospettiva sarà la giungla della concorrenza spietata delle cooperative e dei piccoli padroncini come già è nel settore logistico e nelle aziende di recapito private, con la reintroduzione del lavoro a cottimo, del lavoro nero, della totale assenza di tutele e protezioni e il carico di tutti i costi e dei mezzi di lavoro direttamente sulle spalle dei dipendenti.
Per questo è necessario organizzare fin da subito uno sciopero contro questa riorganizzazione per contrapporre la forza di oltre 60.000 lavoratori del settore del recapito, dei trasporti e dei centri meccanizzati, partendo proprio dall'opposizione di chi ha avuto il coraggio di votare No, da chi ha cominciato un percorso di opposizione a questa riorganizzazione convocando lo sciopero delle prestazioni aggiuntive e degli abbinamenti in Liguria, nonostante la complicità dei vertici burocratici della CGIL, e dal risentimento dei lavoratori e delle lavoratrici che non vogliono accettare l'ennesima mannaia in silenzio. Il tutto nella prospettiva di costruire un fronte unico di classe e di massa che attivi una mobilitazione non solo dei lavoratori di PosteItaliane ma tutti i lavoratori del settore delle Telecomunicazioni e della Logistica, per colpire nell'immediato le tasche di dirigenti e padroni con scioperi prolungati, picchetti e manifestazioni, come già portato avanti da alcune avanguardie combattive organizzate dai sindacati di base e di classe (Si.Cobas, SGB, USB).
Solo così è possibile pretendere la rinazionalizzazione del settore postale e la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori del settore logistico e delle telecomunicazioni, rovesciando completamente la logica di queste ristrutturazioni rivendicando la riduzione dell'orario di lavoro con l'introduzione di un minimo salariale intercategoriale di 1500 Euro, la centralità del concetto di servizio universale tanto per la posta quanto per la logistica pacchi, contrastando le logiche predatorie e l'estremo sfruttamento imposte dal "libero" mercato. Solo in questo modo sarà possibile rimettere sul terreno della battaglia la forza dei lavoratori e delle lavoratrici e contrastare una tendenza generale di attacco e di smantellando delle poche tutele, pretendendo così l'abolizione reale di tutte le leggi precarizzanti, delle riforme pensionistiche, la reintroduzione dell'art.18 con sua estensione a tutti i lavoratori e le lavoratrici anche delle PMI.
Questa riorganizzazione, sebbene sia assolutamente rigettata e temuta dai lavoratori e dalle lavoratrici di Poste, è passata senza alcun colpo ferire e senza nemmeno il coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni organizzative che andranno a rivoluzionare le loro condizioni.
Come è stato possibile tutto questo? Grazie all'adozione del para-fascista e corporativo Testo Unico sulla Rappresentanza Sindacale. L'azienda, di comune accordo con le burocrazie dei principali sindacati (CISL prima di tutti, CGIL, UIL, UGL, FAILP e CONFSAL), ha convocato in tutta fretta un coordinamento di ben 97 RSU per esprimersi sul testo di accordo firmato dalle segreterie nazionali. Ben 97 su oltre 2000 RSU! 2000 RSU che peraltro avrebbero dovute essere rinnovate molto tempo fa.
Altro dato non meno importante, di quelle 97 RSU, meno del 20% erano donne, il tutto a indicare la rappresentatività di questo "campione" in un'azienda ad alto tasso di partecipazione femminile.
Non solo, il metodo di scelta di queste RSU è stato a totale appannaggio delle burocrazie e la convocazione rapida e frettolosa, funzionale a garantire il massimo consenso possibile, ha impedito che potesse levarsi anche solo qualche voce contraria e tentare una minima organizzazione di un'opposizione o di un dissenso all'operazione, e i lavoratori nel complesso, ovviamente, non sono nemmeno stati presi in considerazione.
Con questa meravigliosa ipoteca sulla democrazia sindacale tutto è andato per il migliore dei modi: di 97 RSU le presenti, al momento della votazione, erano 92, di cui 88 favorevoli, 3 contrari (tutte in quota CGIL e nello specifico quelle espressione dell'Opposizione CGIL e quelle espressione del Coordinamento delle RSU liguri - che ha anche convocato uno sciopero delle prestazioni aggiuntive) e 1 astenuto.
Il risentimento tra i lavoratori è comunque alto, nonostante la categoria non abbia mai brillato per particolare combattività e abitudine alle mobilitazioni, anche a causa di metodi di intervento sindacale molto "cislizzati" inseriti in una dinamica clientelare, di favori e favorini e di gestione dell'insofferenza attraverso la costruzione di sacche di "privilegio" per gli iscritti più addomesticati.
A questo risentimento è comunque necessario cercare di dare una prospettiva e un piano di lotta anche e soprattutto contro le burocrazie sindacali candidatesi a co-gestire questo passaggio con il management al fine di assopire e annichilire il risentimento della base.
La necessità di una mobilitazione generale
L'attacco frontale al settore del recapito risulta essere solo uno dei primi passi di un progetto più generale di affossamento di ciò che ormai viene vissuto come un peso, pur essendo le fondamenta dell'azienda, che limita la possibilità di trasformare PosteItaliane in una grande banca ed ente assicurativo.
E' necessario costruire un percorso che possa fondarsi sull'autorganizzazione dei lavoratori stessi, mettere in mostra la necessità di una mobilitazione generale di tutto il settore logistico per fermare le costanti aggressioni alle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, perchè se non si pone un argine a questi processi la prospettiva sarà la giungla della concorrenza spietata delle cooperative e dei piccoli padroncini come già è nel settore logistico e nelle aziende di recapito private, con la reintroduzione del lavoro a cottimo, del lavoro nero, della totale assenza di tutele e protezioni e il carico di tutti i costi e dei mezzi di lavoro direttamente sulle spalle dei dipendenti.
Per questo è necessario organizzare fin da subito uno sciopero contro questa riorganizzazione per contrapporre la forza di oltre 60.000 lavoratori del settore del recapito, dei trasporti e dei centri meccanizzati, partendo proprio dall'opposizione di chi ha avuto il coraggio di votare No, da chi ha cominciato un percorso di opposizione a questa riorganizzazione convocando lo sciopero delle prestazioni aggiuntive e degli abbinamenti in Liguria, nonostante la complicità dei vertici burocratici della CGIL, e dal risentimento dei lavoratori e delle lavoratrici che non vogliono accettare l'ennesima mannaia in silenzio. Il tutto nella prospettiva di costruire un fronte unico di classe e di massa che attivi una mobilitazione non solo dei lavoratori di PosteItaliane ma tutti i lavoratori del settore delle Telecomunicazioni e della Logistica, per colpire nell'immediato le tasche di dirigenti e padroni con scioperi prolungati, picchetti e manifestazioni, come già portato avanti da alcune avanguardie combattive organizzate dai sindacati di base e di classe (Si.Cobas, SGB, USB).
Solo così è possibile pretendere la rinazionalizzazione del settore postale e la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori del settore logistico e delle telecomunicazioni, rovesciando completamente la logica di queste ristrutturazioni rivendicando la riduzione dell'orario di lavoro con l'introduzione di un minimo salariale intercategoriale di 1500 Euro, la centralità del concetto di servizio universale tanto per la posta quanto per la logistica pacchi, contrastando le logiche predatorie e l'estremo sfruttamento imposte dal "libero" mercato. Solo in questo modo sarà possibile rimettere sul terreno della battaglia la forza dei lavoratori e delle lavoratrici e contrastare una tendenza generale di attacco e di smantellando delle poche tutele, pretendendo così l'abolizione reale di tutte le leggi precarizzanti, delle riforme pensionistiche, la reintroduzione dell'art.18 con sua estensione a tutti i lavoratori e le lavoratrici anche delle PMI.
Commissione
lavoro e sindacato PCL
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