
La
cosiddetta “marcia su Roma” di Forza Nuova annunciata per il 28 ottobre è
oggetto in questi giorni di un numerosi pronunciamenti. Il PD di Renzi e
Minniti si strappa le vesti con grida di scandalo e annuncia il prossimo varo
della legge Fiano contro l'apologia di fascismo. Sinistra Italiana declama il
rispetto della Costituzione. Civati e Rifondazione Comunista chiedono a Minniti
lo scioglimento di Forza Nuova. Ogni soggetto politico del cosiddetto mondo
democratico cerca il proprio utile elettorale a futura memoria in questo circo
di frasi e di pose.
È il caso invece di interrogarsi seriamente sulla ripresa delle organizzazioni
fasciste in Italia, sul vento che le sospinge, sulla necessaria azione di
contrasto.
IL TERRENO DI PASCOLO DELLE ORGANIZZAZIONI FASCISTE
Sullo sfondo di una prolungata crisi sociale, il riflusso profondo del
movimento operaio - per responsabilità delle sue direzioni politiche e
sindacali - ha prodotto alla lunga contraccolpi politici seri. L'intero
scenario politico italiano, oggi dominato da tre destre in competizione tra
loro per la conquista del governo nazionale (renzismo, salvinismo, grillismo),
è una risultante dell'arretramento della classe lavoratrice, dei suoi livelli
di organizzazione, di coscienza, di rappresentanza.
Le mitologie dell'opposizione alla Casta, della sovranità dell'Italia, della
cosiddetta invasione dei migranti da cui proteggere la propria sicurezza e il
proprio lavoro, sono oggi il terreno di concorrenza e scavalco reciproco tra le
forze politiche dominanti. La materialità dello scontro di classe è stata
rimpiazzata nello spazio pubblico da una nuova linea di confine: quella tra “il
popolo e i politici”, l'”Italia e l'Europa”,“gli italiani e gli stranieri”.
L'immaginario di ampi settori popolari e di buona parte della stessa classe
operaia è segnato da questa agenda reazionaria. Questa agenda non solo nutre il
portafoglio elettorale di chi la alimenta, ma dirotta la rabbia sociale verso
falsi obiettivi per impedire che si indirizzi contro il capitale, il vero
responsabile di sfruttamento, miseria, migrazioni. E la pace sociale, a sua
volta, concima la narrazione populista, chiudendo il cerchio a tutto vantaggio
del capitalismo.
Le organizzazioni fasciste sviluppano le proprie fortune in questo contesto. Ne
sono in qualche modo la propaggine estrema, ma si nutrono degli stessi
ingredienti.
IL RAFFORZAMENTO DI CASAPOUND
CasaPound e Forza Nuova hanno impronte diverse, l'una di “destra sociale” (la
più pericolosa), l'altra cattolico-identitaria, e sono in feroce concorrenza
tra loro. Ma operano politicamente sulla medesima frontiera: l'esaltazione
nazionalista e la contrapposizione ai migranti. È la frontiera di tutti i
populismi reazionari, ad ogni latitudine. In Italia, negli anni della grande
crisi capitalistica, prima lo sviluppo del movimento reazionario a 5 Stelle, poi
l'ascesa del salvinismo lepenista, hanno in qualche modo coperto lo spazio del
possibile sviluppo delle organizzazioni fasciste. Ma ora il veleno in
circolazione è talmente lievitato da travalicare, in più punti, quella fragile
linea di confine. Le organizzazioni fasciste sono il punto di raccolta
dell'esondazione.
Naturalmente parliamo ancora di forze molto modeste. Non siamo usi alla facile
retorica dell'"imminente pericolo fascista", che ha spopolato in
tante stagioni e famiglie della sinistra italiana (spesso per giustificare e
coprire quelle scelte di collaborazione di classe e filopadronali che a più
riprese hanno spianato la strada proprio alle destre). E tuttavia occorre
segnalare un fatto politico nuovo. I risultati elettorali riportati da CasaPound,
e da altre liste fasciste, in diversi comuni, hanno registrato un sorprendente
successo, con una tendenza di crescita relativamente omogenea. Un fatto tanto
più significativo a fronte della buona salute della concorrenza salvinista e
grillina. Il blocco elettorale annunciato tra le organizzazioni fasciste di
CasaPound, Lealtà e Azione, Movimento Popolare in vista delle prossime elezioni
politiche mira a moltiplicare questo potenziale di attrazione.
Si tratta solo di un fatto elettorale? No, c'è qualcosa di più preoccupante. Le
parate militari dei fascisti di Lealtà e Azione a Milano presso il cimitero
Maggiore, il successo organizzativo delle manifestazioni fasciste attorno alla
memoria del Duce, il moltiplicarsi di azioni squadriste dirette contro i
migranti sul territorio, misurano la crescita di un richiamo militante del
fascismo presso settori di gioventù precaria e disoccupata e di piccola
borghesia declassata, e assieme ad esso lo sviluppo dell'inquadramento
paramilitare dell'estrema destra. Mentre l'aperta competizione tra CasaPound e
Forza Nuova diventa di fatto un moltiplicatore delle iniziative squadriste.
LA LINEA DI CONFINE LUNGO CUI OPERANO I FASCISTI
Non siamo certo al livello dei pogrom, che in diversi paesi europei e in
America, nel primo Novecento, videro sommosse xenofobe. Il senso comune
reazionario è ancora oggi prevalentemente passivo e si esprime attraverso
canali istituzionali. E tuttavia gli episodi di insofferenza sociale contro
migranti in quartieri popolari della Capitale, le manifestazioni popolari in
diverse cittadine del Nord “contro l'arrivo dei profughi” con relative
contestazioni a sindaci e prefetti, i casi di blocchi stradali anti-rifugiati
in paesini della provincia profonda, misurano nel loro insieme un rischio reale:
l'avvicinarsi di una linea di confine oltre la quale il sentimento reazionario
di massa può diventare azione collettiva.
Le organizzazioni fasciste operano lungo questa linea di confine. Il fatto
nuovo non è costituito dalle azioni fasciste in quanto tali, e neppure dal loro
numero, ma dal vento di opinione pubblica reazionaria (per quanto ancora
prevalentemente passivo) in cui queste azioni operano e di cui si giovano. Le
azioni dirette dei fascisti contro i migranti, con la loro cacciata da una strada,
da una spiaggia, o da un'abitazione, non trovano generalmente un consenso
maggioritario, però incontrano una più ampia legittimazione che in passato
presso strati sociali impoveriti, incattiviti dal degrado della propria
condizione e soprattutto dalla propria solitudine. A sua volta il facile
successo di un'azione vigliacca contro persone disperate e indifese suscita
spirito di squadra e orgoglio di organizzazione tra gli squadristi che la
promuovono. È la spazzatura morale di cui si nutre il fascismo.
I fascisti lavorano in fondo a capitalizzare a proprio vantaggio, in termini
elettorali e militanti, la seminagione dei populismi reazionari. Se tutti gli
attori politici (Minniti, Salvini, Di Maio) seminano l'idea dell'”invasione”
dei migranti - chi sfoderando poteri di polizia, chi promettendo la loro
cacciata una volta al governo - i fascisti montano a cavallo di questa idea
passando alle vie di fatto, ossia contrapponendo l'azione esemplare di
“liberazione dagli invasori” alla pura "propaganda dei politicanti".
Su questa linea mirano a conquistare e organizzare la punta estrema del
sentimento xenofobo, e dove possibile delle proteste. I partiti fascisti vanno
ben al di là di un generico populismo reazionario a fini elettorali.
Configurano vere e proprie organizzazioni di combattimento: oggi
prevalentemente contro i migranti, domani contro il movimento operaio e le sue
organizzazioni.
Il sentimento popolare di frustrazione sociale, sedimentato da decenni di crisi
capitalista e privato di un riferimento a sinistra, diventa dunque il brodo di
coltura della destra peggiore, il suo terreno di radicamento e reclutamento
combattente.
LA TRUFFA DELLE COSIDDETTE LEGGI ANTIFASCISTE
Se tutto questo è vero, l'azione antifascista non può limitarsi alla contrapposizione
di valori. Deve andare alla radice della questione.
L'invocazione delle leggi contro le organizzazioni fasciste quale soluzione del
problema è una pietosa ipocrisia. Le leggi contro la costituzione del partito
fascista sono formalmente operanti da più di mezzo secolo (legge Scelba, 1952),
e sono state successivamente estese alla xenofobia (legge Mancino, 1993). Ma
ciò non ha impedito alle organizzazioni fasciste di vivere e prosperare per
decenni (pensiamo al MSI), né impedisce i quotidiani comizi xenofobi di Matteo
Salvini.
La verità è che la democrazia borghese è incapace di estirpare il fascismo: non
solo perché l'apparato repressivo dello Stato è attraversato da mille
contiguità e relazioni con i peggiori ambienti reazionari (ricordiamo i cori di
polizia nel nome del Duce durante il pestaggio dei manifestanti a Genova nel
2001); ma perché il capitalismo in crisi riproduce fisiologicamente la mala
pianta della reazione. Una classe borghese che non ha niente da offrire ma solo
da togliere alle proprie vittime sociali non può allargare attorno a sé il
consenso, ma solo anestetizzare e dirottare il malcontento. I populismi di
governo e di opposizione svolgono questa funzione. Le tendenze fasciste sono
l'espressione estrema di questi populismi. Si presentano come antisistema ma
sono valvole di sicurezza del sistema dominante. Il suprematismo bianco dei Ku
Klux Klan nuota ai confini del trumpismo, i fascisti italiani si nutrono, in
ultima analisi, delle scorie di salvinismo, grillismo, renzismo.
Chiedere al ministro Marco Minniti una ulteriore legge contro i fascisti non
costa nulla. Anzi, proprio il PD propone e varerà l'annunciata legge Fiano. Lo
farà nello stesso momento in cui il suo ministro dell'Interno consegna i
migranti agli aguzzini libici, manda la polizia contro i rifugiati eritrei,
trasforma la povertà in reato, e spiega che tutto questo serve a... «garantire
la tenuta democratica del Paese». Contro chi? Contro... il fascismo,
naturalmente. La legge Fiano è dunque peggio di una legge inutile. È la
copertura ideologica “democratica” della politica reazionaria del renzismo, la
stessa che concorre a concimare il terreno di pascolo dei fascisti.
SOLO UNA POLITICA DI CLASSE PUÒ SERIAMENTE COMBATTERE IL FASCISMO
Il rilancio dell'antifascismo richiede allora l'esatto rovesciamento di questa
impostazione. Dal punto di vista politico, e dal punto di vista pratico.
Non c'è rilancio dell'antifascismo fuori dal recupero, innanzitutto, di una
politica di classe e anticapitalista. Liberare i lavoratori dai veleni
populisti è un compito centrale di questa politica.
Per anni, gli stessi gruppi dirigenti della sinistra italiana che nei governi
di centrosinistra vararono le peggiori leggi contro il lavoro, hanno finito col
rimuovere, anche culturalmente, il confine di classe elementare, per coltivare
il civismo progressista, il giustizialismo manettaro (pensiamo alle candidature
di Di Pietro e Ingroia), il liberalismo illuminato (keynesismo). Contribuendo
ad abbattere ogni linea di resistenza contro i populismi reazionari, e a
sgomberare loro il terreno. Le nuove mitologie del sovranismo di sinistra in
chiave "no euro", che hanno contagiato ambienti diversi della stessa
avanguardia politica e sindacale, sono effetto e concausa di questa dinamica.
Anche quando si presentano come alternativa.
Recuperare il punto di vista di classe è allora il bandolo della matassa della
lotta contro la reazione, e contro le stesse organizzazioni fasciste.
Solo una classe che recupera la coscienza dei propri interessi, che
ricostruisce e unifica la propria forza, che sviluppa la propria opposizione
sociale e di massa alla classe sociale dominante, può scrollarsi di dosso i
pregiudizi reazionari che hanno attecchito nella lunga stagione del riflusso,
imporre un'altra agenda pubblica, e approfondire per questa via le
contraddizioni interne dei blocchi sociali populisti.
Solo un programma d'azione che metta in discussione la dittatura dei
capitalisti (a partire dalla ripartizione del lavoro, dall'abolizione del
debito pubblico, dalla nazionalizzazione delle banche senza indennizzo per i
grandi azionisti, dall'esproprio delle aziende che licenziano...) può
ricomporre attorno alla classe lavoratrice l'unità di tutti gli sfruttati,
recidendo alla radice le suggestioni xenofobe figlie della solitudine e della
divisione.
SOLO L'AZIONE DEL MOVIMENTO OPERAIO PUÒ METTERE FUORI LEGGE I FASCISTI
In questo quadro generale l'azione militante antifascista, nella sua
specificità, riacquista la propria riconoscibilità e la propria ragione. “MSI
fuori legge ce lo mettiamo noi, non chi lo protegge”: con questa parola
d'ordine i marxisti rivoluzionari negli anni Settanta si contrapponevano alle
illusioni istituzionali di quelle organizzazioni centriste (Lotta Continua,
Avanguardia Operaia, Il Manifesto) che chiedevano allo Stato lo scioglimento
del MSI. In un quadro ben più arretrato, ma a maggior ragione dopo l'esperienza
di mezzo secolo, si tratta di recuperare oggi le ragioni di quella battaglia
contro l'eterno ritorno delle illusioni nello Stato.
Non saranno Fiano e Minniti a mettere fuori legge CasaPound e Forza Nuova, come
non furono i governi democristiani a mettere fuori legge i partiti fascisti
della Prima Repubblica. Ogni rafforzamento giuridico della macchina repressiva
di questo Stato, quand'anche evocato contro i fascisti, sarà utilizzato un
domani sul versante opposto, contro le lotte e le organizzazioni classiste e
rivoluzionarie. Il fatto che Salvini e La Russa propongano oggi di “completare”
la legge Fiano, aggiungendo il reato di comunismo a quello di fascismo,
anticipa e chiarisce, al di là di ogni esito, le potenzialità reazionarie delle
cosiddette leggi “democratiche”. Il fatto che la legge Mancino contro la
xenofobia inizi ad essere usata come arma d'attacco contro l'antisionismo, e
che ogni posizione alternativa sulla questione foibe venga criminalizzata come
“offesa alla Nazione”, disegna la nuova frontiera dei cosiddetti reati
d'opinione: inoffensivi verso i fascisti, e strumento d'attacco contro i
comunisti e i diritti democratici di una battaglia controcorrente.
L'antifascismo deve porsi sul terreno della diretta azione di massa. Di fronte
al moltiplicarsi di azioni squadriste va posta politicamente la necessità e
legittimità dell'autodifesa. Se una fabbrica occupata, un centro sociale, una
associazione di migranti, un qualsiasi presidio di lotta, diventa bersaglio di
minacce fasciste, va posta la questione della sua autodifesa collettiva, con i
mezzi necessari allo scopo. Non si tratta di invocare la fiducia nello Stato,
ma di sviluppare l'autonomia degli sfruttati, della loro azione, coscienza,
organizzazione. Se i fascisti usano la forza, la forza può essere usata contro
i fascisti. Così nei confronti delle manifestazioni fasciste. Non si tratta di
promuovere azioni avventuriste di piccoli gruppi. Si tratta di porre
apertamente nel movimento operaio e sindacale, nelle sue organizzazioni, e in
tutti i movimenti sociali del territorio interessato, la necessità di una
mobilitazione ampia, unitaria, di massa che punti apertamente a bloccare le
manifestazioni fasciste, con la forza collettiva della mobilitazione diretta. È
la politica del fronte unico antifascista.
Fu l'esercizio della mobilitazione di massa a limitare negli anni Settanta gli
spazi legali di azione del MSI e di altre organizzazioni fasciste, non certo la
legge Scelba. Così non sarà la legge Fiano a impensierire i fascisti, che
semmai ne trarranno un utile di immagine (in chiave vittimistica e
“antisistema”); può essere solo il rilancio di una azione di classe e di massa
del movimento dei lavoratori, in piena autonomia dallo Stato.
Partito
Comunista dei Lavoratori