Lo scenario
politico italiano si avvicina rapidamente alle prossime elezioni politiche
segnato dai perduranti effetti dell'onda lunga del voto del referendum del 4
dicembre e della crisi del renzismo.
Il voto del 4 dicembre ha avuto come prima conseguenza la fine del progetto istituzionale e politico di Renzi; un progetto centrato sulle ambizioni dell'uomo solo al comando, pesantemente reazionario, che è franato sotto il peso delle contraddizioni emerse dalle prove di forza su articolo 18 e Buona Scuola che hanno avuto come conseguenza l'erosione significativa delle basi di consenso iniziali del renzismo. Il governo Renzi ha vinto le proverbiali battaglie, per perdere poi la guerra.
L'effetto politicamente più rilevante del 4 dicembre è la fine di ogni tentativo di costruire nel breve periodo un bipolarismo artificiale, basato sulla tradizionale alternanza di governabilità. L'Italia si trova oggi sprofondata in un quadro tripolare fortemente instabile, in larga misura confermato dal voto delle amministrative di giugno, e caratterizzato dall'assenza congiunta di un baricentro politico affidabile e di un paracadute istituzionale, da cui discende l'aperta possibilità di una crisi politico-istituzionale per il nostro paese. Se l'erosione del consenso dei partiti tradizionali di governo in Europa attraversa in modo trasversale tutta l'Unione, in nessun caso come in Italia la borghesia si trova senza un'ipotesi spendibile di governo che vada oltre il fragile equilibrio che tiene insieme il governo Gentiloni.
Le tre destre che dominano lo scenario politico italiano sono ad oggi attraversate da contraddizioni interne. Il renzismo si arrocca intorno al Capo e alla sua non negoziabile ambizione di riconquistare il governo, da qui il rifiuto di ogni ipotesi di coalizione di centrosinistra nello scenario post-referendum e le nuove frizioni interne con l'area di Orlando e Cuperlo, che potrebbero anche lasciar presagire una nuova spaccatura. Il centrodestra ha tratto nuova linfa vitale dall'affermazione nelle amministrative, ma paradossalmente la vittoria accentua, anziché risolvere, la guerra intestina tra Berlusconi e Salvini, entrambi indisponibili a cedere la leadership della coalizione su cui pesano inoltre le incertezze riguardo alla legge elettorale. Il M5S ha subito una grossa battuta d'arresto alle elezioni amministrative ma malgrado ciò continua a disporre di uno spazio politico considerevole. Si è lanciato in una pesante propaganda reazionaria per tentare di recuperare consensi sulle paure e sui peggiori umori trasversali che attraversano il paese sul tema dell'immigrazione. Contemporaneamente punta alla vittoria alle regionali siciliane da usare come trampolino di lancio per le politiche. Prosegue il proprio lavoro di accreditamento verso la borghesia e il padronato, a cui offre, tra le altre, l'abolizione dell'Irap e la disintermediazione nel rapporto con i lavoratori, ossia in altre parole un attacco esplicito al sindacato in quanto tale. La marcia verso il governo nazionale che il M5S si è dato continua ad alimentare infine il clima da guerra tra bande che ha caratterizzato la vita del movimento in molti dei suoi settori fondamentali, locali e nazionali, e come testimoniato da ultimo dalla vicenda delle comunali di Genova.
Il pasticcio parlamentare che si è consumato sulla legge elettorale è stata una cartina di tornasole delle crisi irrisolte che attraversano i partiti del cosiddetto patto a quattro, e misurano l'assenza di una strategia a breve termine di Renzi, fino all'ultimo indeciso se tentare la carta delle elezioni anticipate. Lo scambio politico organizzato da Renzi e Berlusconi, centrato sul proporzionale e con lo sbarramento al 5%, permetteva ai due di liberarsi da un lato della Lega e dall'altro di MDP, e a Renzi di giocarsi le elezioni senza il peso sulle spalle della legge di stabilità. La convergenza di M5S e Lega Nord sull'ipotesi si misurava sulla necessità dei primi di giocare, in assenza di premio elettorale, la gara col PD sul testa a testa su chi sia il primo partito, mentre per i secondi di capitalizzare l'exploit lepenista alle presidenziali francesi prima che si potesse disperdere.
Ma l'accordo non ha retto alle tensioni e alle frizioni interne a M5S e PD che, unite a sentimenti di contrarietà alle elezioni anticipate e alla legge elettorale in quanto tale in parlamento, hanno prodotto il pasticcio parlamentare sull'emendamento Biancofiore che ha portato il PD a dichiarare immediatamente “morta” la legge e iniziando una gara allo scaricabarile col il M5S.
IL BALLO DELLE SINISTRE RIFORMISTE
Il campo della sinistra riformista è in grande subbuglio negli ultimi mesi. Gli strappi e le dinamiche parlamentari sulle leggi elettorali hanno costretto i vari soggetti in campo a riformulare in continuazione ipotesi di alleanze e di cartelli, caratterizzandosi contemporaneamente per una grande litigiosità e per il più limpido opportunismo.
L'ipotesi della legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5% spingeva Campo Progressista, MDP, Sinistra Italiana e persino anche il PRC al tentativo di costruire un accordo di cartello obbligato per superare la fatidica soglia. La stessa iniziativa del Brancaccio promossa da Falcone e Montanari era nata inizialmente con l'intento di spingere per questa soluzione, dando una veste unitaria, civica e popolare all'operazione, capace di tenere dentro tutti. Ma il crollo dell'ipotesi di legge elettorale in parlamento ha fatto esplodere le contraddizioni e rilanciato i lavori di riposizionamento a sinistra, oltre che la caratteristica litigiosità delle varie anime, come testimoniato dalle recentissime bagarre tra Campo Progressista e MDP, con l'annullamento dell'incontro tra Pisapia e Speranza.
Il ritorno al Consultellum col 3% di sbarramento ha riaperto le danze, e il futuro rapporto col PD è uno degli spartiti che i gruppi dirigenti suonano più di frequente. Così si passa da Pisapia e le ambizioni di un progetto di nuovo centrosinistra alle varie ipotesi di una seconda lista “civica e progressista”, promossa dai promotori dell'iniziativa del Brancaccio, che aspira a coinvolgere il PRC e una Sinistra Italiana perennenente in bilico tra l'uno e l'altro campo. Una lista civica che sarebbe una riedizione di liste civiche già sperimentate nel passato con Ingroia e Barbara Spinelli, e che si caratterizzano per la rimozione di ogni orizzonte classista.
PER UN CARTELLO DELLA SINISTRA CLASSISTA
Non sarà l'ennesima illusione riformista a poter portare una parola di verità durante la prossima campagna elettorale. Non lo sarà nella sua forma più marcatamente governista, incarnata da Pisapia e da D'Alema. Non lo sarà nella sua veste civica: in primo luogo perché tutti gli attori e i protagonisti del rinnovato “civismo” sono in realtà uniti principalmente dall'essere stati scaricati dal carro di Pisapia. Più in generale, tutti i gruppi dirigenti coinvolti in questo o quel progetto di lista riformista di sinistra sono stati parte attiva dei governi padronali che hanno contribuito negli anni non solo a colpire duramente i lavoratori, i loro salari e i loro diritti, ma sono anche, come conseguenza di ciò, responsabili di una disfatta di lungo corso della sinistra politica italiana, incapaci di prospettare una soluzione di classe indipendente alla crisi e interessati esclusivamente alla loro salvezza istituzionale. In secondo luogo perché non sarà la rimozione di ogni orizzonte di classe, non sarà l'imboscamento dietro un civismo progressista e democratico che potrà dare prospettiva indipendente agli sfruttati.
Come Partito Comunista dei Lavoratori consideriamo da sempre le elezioni un importante momento di propaganda rivoluzionaria. Nella tornata elettorale che ci aspetta, dove tre destre si contenderanno la leadership del paese e dove un arcipelago di piccole sinistre riformiste spargeranno illusioni in un quadro ancora in via di definizione, noi riteniamo cruciale che ci sia lo spazio per una voce apertamente classista e anticapitalista, una voce che non parta dal principio astratto di unità della sinistra pur che sia, ma parta dal principio di realtà che solo una sinistra marcatamente classista, anticapitalista e rivoluzionaria può rispondere alle esigenze e ai bisogni della classe lavoratrice e delle masse operaie.
Le leggi elettorali della democrazia borghese oppongono ingenti ostacoli alla presentazione e alla rappresentanza di formazioni classiste e rivoluzionarie. Sia in termini di sbarramenti, sia in primo luogo in termini di difficoltà burocratiche per costruire una presentazione a carattere nazionale che possa guadagnare la tribuna della più ampia comunicazione di massa. L’enorme mole di firme autenticate necessarie per la presentazione di formazioni non istituzionali a conclusione della legislatura ne è un esempio.
In questa situazione concreta, riteniamo come Partito Comunista dei Lavoratori che sia possibile costruire con Sinistra Anticapitalista e a Sinistra Classe Rivoluzione un cartello elettorale classista e anticapitalista, rispettoso della riconoscibilità di ogni soggetto, che punti a superare gli ostacoli burocratici indicati e dunque a consentire una presenza elettorale classista con una presenza su ampia parte del territorio, e quindi un profilo nazionale. Un cartello elettorale che certo non annulla i diversi percorsi e progetti, ma che punti a valorizzare i riferimenti comuni classisti mettendoli al servizio di una campagna elettorale unitaria. Una campagna mirata alla ricomposizione di una opposizione di classe, unitaria, radicale e di massa. Una campagna che sia capace di parlare alle masse di lavoratori, di migranti, di precari, di disoccupati, al movimento delle donne e delle minoranze oppresse, alla domanda di svolta ambientalista, da una comune angolazione classista, internazionalista e anticapitalista.
Come PCL riteniamo che una presentazione indipendente e con un profilo nazionale della sinistra classista, possibile solo se unita, sia un passaggio centrale oggi per smascherare tutte le illusioni riformiste che vengono seminate sia da chi persegue apertamente un nuovo centrosinistra, sia da chi vuole imboscarsi nel civismo democratico aclassista, sia da chi sbandiera il sovranismo nazionalista di sinistra.
Dentro questo comune quadro generale, come Partito Comunista dei Lavoratori, continueremo la nostra specifica battaglia controcorrente per la costruzione di un autonomo partito marxista rivoluzionario impegnato per la prospettiva di un governo dei lavoratori e della rivoluzione socialista.
Il voto del 4 dicembre ha avuto come prima conseguenza la fine del progetto istituzionale e politico di Renzi; un progetto centrato sulle ambizioni dell'uomo solo al comando, pesantemente reazionario, che è franato sotto il peso delle contraddizioni emerse dalle prove di forza su articolo 18 e Buona Scuola che hanno avuto come conseguenza l'erosione significativa delle basi di consenso iniziali del renzismo. Il governo Renzi ha vinto le proverbiali battaglie, per perdere poi la guerra.
L'effetto politicamente più rilevante del 4 dicembre è la fine di ogni tentativo di costruire nel breve periodo un bipolarismo artificiale, basato sulla tradizionale alternanza di governabilità. L'Italia si trova oggi sprofondata in un quadro tripolare fortemente instabile, in larga misura confermato dal voto delle amministrative di giugno, e caratterizzato dall'assenza congiunta di un baricentro politico affidabile e di un paracadute istituzionale, da cui discende l'aperta possibilità di una crisi politico-istituzionale per il nostro paese. Se l'erosione del consenso dei partiti tradizionali di governo in Europa attraversa in modo trasversale tutta l'Unione, in nessun caso come in Italia la borghesia si trova senza un'ipotesi spendibile di governo che vada oltre il fragile equilibrio che tiene insieme il governo Gentiloni.
Le tre destre che dominano lo scenario politico italiano sono ad oggi attraversate da contraddizioni interne. Il renzismo si arrocca intorno al Capo e alla sua non negoziabile ambizione di riconquistare il governo, da qui il rifiuto di ogni ipotesi di coalizione di centrosinistra nello scenario post-referendum e le nuove frizioni interne con l'area di Orlando e Cuperlo, che potrebbero anche lasciar presagire una nuova spaccatura. Il centrodestra ha tratto nuova linfa vitale dall'affermazione nelle amministrative, ma paradossalmente la vittoria accentua, anziché risolvere, la guerra intestina tra Berlusconi e Salvini, entrambi indisponibili a cedere la leadership della coalizione su cui pesano inoltre le incertezze riguardo alla legge elettorale. Il M5S ha subito una grossa battuta d'arresto alle elezioni amministrative ma malgrado ciò continua a disporre di uno spazio politico considerevole. Si è lanciato in una pesante propaganda reazionaria per tentare di recuperare consensi sulle paure e sui peggiori umori trasversali che attraversano il paese sul tema dell'immigrazione. Contemporaneamente punta alla vittoria alle regionali siciliane da usare come trampolino di lancio per le politiche. Prosegue il proprio lavoro di accreditamento verso la borghesia e il padronato, a cui offre, tra le altre, l'abolizione dell'Irap e la disintermediazione nel rapporto con i lavoratori, ossia in altre parole un attacco esplicito al sindacato in quanto tale. La marcia verso il governo nazionale che il M5S si è dato continua ad alimentare infine il clima da guerra tra bande che ha caratterizzato la vita del movimento in molti dei suoi settori fondamentali, locali e nazionali, e come testimoniato da ultimo dalla vicenda delle comunali di Genova.
Il pasticcio parlamentare che si è consumato sulla legge elettorale è stata una cartina di tornasole delle crisi irrisolte che attraversano i partiti del cosiddetto patto a quattro, e misurano l'assenza di una strategia a breve termine di Renzi, fino all'ultimo indeciso se tentare la carta delle elezioni anticipate. Lo scambio politico organizzato da Renzi e Berlusconi, centrato sul proporzionale e con lo sbarramento al 5%, permetteva ai due di liberarsi da un lato della Lega e dall'altro di MDP, e a Renzi di giocarsi le elezioni senza il peso sulle spalle della legge di stabilità. La convergenza di M5S e Lega Nord sull'ipotesi si misurava sulla necessità dei primi di giocare, in assenza di premio elettorale, la gara col PD sul testa a testa su chi sia il primo partito, mentre per i secondi di capitalizzare l'exploit lepenista alle presidenziali francesi prima che si potesse disperdere.
Ma l'accordo non ha retto alle tensioni e alle frizioni interne a M5S e PD che, unite a sentimenti di contrarietà alle elezioni anticipate e alla legge elettorale in quanto tale in parlamento, hanno prodotto il pasticcio parlamentare sull'emendamento Biancofiore che ha portato il PD a dichiarare immediatamente “morta” la legge e iniziando una gara allo scaricabarile col il M5S.
IL BALLO DELLE SINISTRE RIFORMISTE
Il campo della sinistra riformista è in grande subbuglio negli ultimi mesi. Gli strappi e le dinamiche parlamentari sulle leggi elettorali hanno costretto i vari soggetti in campo a riformulare in continuazione ipotesi di alleanze e di cartelli, caratterizzandosi contemporaneamente per una grande litigiosità e per il più limpido opportunismo.
L'ipotesi della legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5% spingeva Campo Progressista, MDP, Sinistra Italiana e persino anche il PRC al tentativo di costruire un accordo di cartello obbligato per superare la fatidica soglia. La stessa iniziativa del Brancaccio promossa da Falcone e Montanari era nata inizialmente con l'intento di spingere per questa soluzione, dando una veste unitaria, civica e popolare all'operazione, capace di tenere dentro tutti. Ma il crollo dell'ipotesi di legge elettorale in parlamento ha fatto esplodere le contraddizioni e rilanciato i lavori di riposizionamento a sinistra, oltre che la caratteristica litigiosità delle varie anime, come testimoniato dalle recentissime bagarre tra Campo Progressista e MDP, con l'annullamento dell'incontro tra Pisapia e Speranza.
Il ritorno al Consultellum col 3% di sbarramento ha riaperto le danze, e il futuro rapporto col PD è uno degli spartiti che i gruppi dirigenti suonano più di frequente. Così si passa da Pisapia e le ambizioni di un progetto di nuovo centrosinistra alle varie ipotesi di una seconda lista “civica e progressista”, promossa dai promotori dell'iniziativa del Brancaccio, che aspira a coinvolgere il PRC e una Sinistra Italiana perennenente in bilico tra l'uno e l'altro campo. Una lista civica che sarebbe una riedizione di liste civiche già sperimentate nel passato con Ingroia e Barbara Spinelli, e che si caratterizzano per la rimozione di ogni orizzonte classista.
PER UN CARTELLO DELLA SINISTRA CLASSISTA
Non sarà l'ennesima illusione riformista a poter portare una parola di verità durante la prossima campagna elettorale. Non lo sarà nella sua forma più marcatamente governista, incarnata da Pisapia e da D'Alema. Non lo sarà nella sua veste civica: in primo luogo perché tutti gli attori e i protagonisti del rinnovato “civismo” sono in realtà uniti principalmente dall'essere stati scaricati dal carro di Pisapia. Più in generale, tutti i gruppi dirigenti coinvolti in questo o quel progetto di lista riformista di sinistra sono stati parte attiva dei governi padronali che hanno contribuito negli anni non solo a colpire duramente i lavoratori, i loro salari e i loro diritti, ma sono anche, come conseguenza di ciò, responsabili di una disfatta di lungo corso della sinistra politica italiana, incapaci di prospettare una soluzione di classe indipendente alla crisi e interessati esclusivamente alla loro salvezza istituzionale. In secondo luogo perché non sarà la rimozione di ogni orizzonte di classe, non sarà l'imboscamento dietro un civismo progressista e democratico che potrà dare prospettiva indipendente agli sfruttati.
Come Partito Comunista dei Lavoratori consideriamo da sempre le elezioni un importante momento di propaganda rivoluzionaria. Nella tornata elettorale che ci aspetta, dove tre destre si contenderanno la leadership del paese e dove un arcipelago di piccole sinistre riformiste spargeranno illusioni in un quadro ancora in via di definizione, noi riteniamo cruciale che ci sia lo spazio per una voce apertamente classista e anticapitalista, una voce che non parta dal principio astratto di unità della sinistra pur che sia, ma parta dal principio di realtà che solo una sinistra marcatamente classista, anticapitalista e rivoluzionaria può rispondere alle esigenze e ai bisogni della classe lavoratrice e delle masse operaie.
Le leggi elettorali della democrazia borghese oppongono ingenti ostacoli alla presentazione e alla rappresentanza di formazioni classiste e rivoluzionarie. Sia in termini di sbarramenti, sia in primo luogo in termini di difficoltà burocratiche per costruire una presentazione a carattere nazionale che possa guadagnare la tribuna della più ampia comunicazione di massa. L’enorme mole di firme autenticate necessarie per la presentazione di formazioni non istituzionali a conclusione della legislatura ne è un esempio.
In questa situazione concreta, riteniamo come Partito Comunista dei Lavoratori che sia possibile costruire con Sinistra Anticapitalista e a Sinistra Classe Rivoluzione un cartello elettorale classista e anticapitalista, rispettoso della riconoscibilità di ogni soggetto, che punti a superare gli ostacoli burocratici indicati e dunque a consentire una presenza elettorale classista con una presenza su ampia parte del territorio, e quindi un profilo nazionale. Un cartello elettorale che certo non annulla i diversi percorsi e progetti, ma che punti a valorizzare i riferimenti comuni classisti mettendoli al servizio di una campagna elettorale unitaria. Una campagna mirata alla ricomposizione di una opposizione di classe, unitaria, radicale e di massa. Una campagna che sia capace di parlare alle masse di lavoratori, di migranti, di precari, di disoccupati, al movimento delle donne e delle minoranze oppresse, alla domanda di svolta ambientalista, da una comune angolazione classista, internazionalista e anticapitalista.
Come PCL riteniamo che una presentazione indipendente e con un profilo nazionale della sinistra classista, possibile solo se unita, sia un passaggio centrale oggi per smascherare tutte le illusioni riformiste che vengono seminate sia da chi persegue apertamente un nuovo centrosinistra, sia da chi vuole imboscarsi nel civismo democratico aclassista, sia da chi sbandiera il sovranismo nazionalista di sinistra.
Dentro questo comune quadro generale, come Partito Comunista dei Lavoratori, continueremo la nostra specifica battaglia controcorrente per la costruzione di un autonomo partito marxista rivoluzionario impegnato per la prospettiva di un governo dei lavoratori e della rivoluzione socialista.
Partito Comunista dei Lavoratori
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