Intervista a Marco Ferrando
pubblicata sul blog del Corriere della Sera "Poche Storie" di Silvia
Morosi e Paolo Rastelli
Corriere:
Nel 2017
l’orologio della Storia segna un passaggio epocale. Nel mese di ottobre,
infatti, sarà passato un secolo da quando, nell’ex impero zarista,
un’incredibile forza popolare riuscì a trasformare in realtà quella che
sembrava un’impresa impossibile: prendere il Palazzo d’Inverno e portare a
compimento il sogno di una rivoluzione comunista. Nel secolo trascorso da quel
momento, tutto sembra cambiato, fuorché la necessità delle masse di tornare a
recitare un ruolo di primo piano sul palcoscenico degli eventi mondiali,
rovesciando il capitalismo. Noi di Poche Storie abbiamo provato a interrogare,
con l’aiuto di Marco Ferrando, autore de “Cento anni. Storia e attualità della
rivoluzione comunista”, i cento anni che separano l’oggi dai fatti del 1917.
Per capire cosa di quel passato che sembra lontano, appartenendo a un altro
secolo, in realtà resti vivo nel presente. Raccontando quindi una storia a
ritroso. La rivoluzione d’Ottobre ha segnato l’intero corso del Novecento ben
al di là della vicenda russa. Cento anni dopo si ripropongono intatte tutte le
ragioni storiche di quell’evento.
Ferrando:
Oggi la
categoria della rivoluzione appare certo desueta. L’ideologia dominante l’ha
rimossa nel nome del “superamento delle ideologie”. La stessa sinistra
internazionale, nelle sue correnti maggioritarie, l’ha esplicitamente rinnegata
o la considera materia d’archivio, magari utile per qualche ricorrenza, ma
estranea ad ogni prospettiva reale. Eppure è forse utile ricordare che anche
cento anni fa la rivoluzione era considerata “impossibile”, visto che dal 1848
non si era più affacciata in Europa (con l’unica eccezione del 1905 russo),
spiega Ferrando, professore di filosofia impegnato da sempre all’interno del
movimento dei lavoratori.
Corriere:
L’attualità
delle idee della Rivoluzione e del marxismo è testimoniata dalla crisi del
capitalismo mondiale. Il rovesciamento del capitalismo in Russia aprì per la
prima volta il varco a imponenti processi di emancipazione. L’intero corso dei
movimenti nazionali anticoloniali in Asia (innanzitutto in Cina), in Medio
Oriente, in Africa, nella stessa America Latina (Cuba), sarebbero stati
impensabili senza la sponda economica, politica, militare dell’Unione
Sovietica.
Ferrando:
La stessa
avanzata delle conquiste sociali in Occidente (welfare state) fu possibile non
solo in ragione dei trenta anni gloriosi del boom capitalistico postbellico
(costruito sui 50 milioni di morti della Seconda Guerra), ma anche in presenza
di un rapporto di forze su scala mondiale segnato dall’eredità della
rivoluzione russa. Non a caso Keynes raccomandava a Roosevelt le riforme sociali
in America per scongiurare quello che definiva “il pericolo del bolscevismo”.
La stagione delle riforme sociali nell’Europa del secondo dopoguerra –
solitamente attribuite alle virtù del capitalismo o della socialdemocrazia – fu
in realtà un sottoprodotto della Rivoluzione d’Ottobre.
Corriere:
All’origine
della rivoluzione nel 1917 ci fu la pesante crisi bellica e una profonda crisi
economica. L’industria russa sostenne molti sforzi negli anni precedenti, ma
non fu capace di tenere il passo con le questioni derivanti dalla guerra. La
Rivoluzione è stata davvero uno spartiacque nella storia mondiale, sconvolgendo
il mondo, per citare John Reed?
Ferrando:
Nel 1989,
dopo il crollo del muro di Berlino, l’ideologia dominante presentò il
capitalismo come il miglior mondo possibile e “fine della storia”,
preannunciando una nuova era di progresso sociale e di pace . Le giovani
generazioni - allora si disse - saranno le grandi beneficiarie della nuova
epoca. È passato da allora più di un quarto di secolo. Non solo quella grande
promessa non si è avverata, ma lo scenario del mondo ha un segno capovolto. Il
“migliore dei mondi possibili” è stato colpito dalla più grande crisi degli
ultimi 80 anni. Le conquiste sociali strappate da più generazioni vengono smantellate,
una dopo l’altra, sotto governi di ogni colore, (entro l’euro e fuori
dall’euro), a partire dalla precarizzazione del lavoro. La ripresa del
militarismo e delle guerre pervade in forme diverse buona parte del globo.
Xenofobia e sciovinismi nazionalisti si riaffacciano in Europa e negli USA con
una massa critica sconosciuta nell’intera storia del secondo dopoguerra.
Corriere:
Oggi in
Russia valutare il ruolo e il significato della Grande Rivoluzione Socialista
varia dal “colpo di Stato” al “più grande evento del ventesimo secolo”.
Ferrando:
Rappresentare
la rivoluzione d’Ottobre come “colpo di Stato” significa farne una caricatura.
Significa leggere le grandi vicende storiche con la lente deformata
dell’ideologia e del complottismo. La rivoluzione d’Ottobre fu in realtà il
completamento della rivoluzione russa del febbraio 1917, che aveva rovesciato
la monarchia zarista con una immensa (e imprevista) sollevazione di popolo. Da
quella sollevazione – sospinta dalla fame, dalla guerra, dall’aspirazione alla
terra delle grandi masse contadine – nacquero grandi organizzazioni di massa
(soviet) che rapidamente pervasero l’intera Russia, basate sulla partecipazione
diretta di milioni di operai e di contadini. Ma la rivoluzione sarebbe stata
impossibile senza la forza d’urto della classe operaia – base sociale del
bolscevismo – e senza il sostegno di grandi masse contadine. Ciò che peraltro
consentì alla rivoluzione di reggere nei terribili anni successivi nonostante
l’attacco di 14 eserciti stranieri e i tentativi di controrivoluzione zaristi
(Kolcak, Denikin).
Corriere:
Lo
stalinismo non fu la continuità del bolscevismo ma la sua tragica negazione e
distruzione. La rivoluzione bolscevica si era concepita come inizio della
rivoluzione socialista mondiale, innanzitutto in Europa.
Ferrando:
I grandi
processi rivoluzionari che si svilupparono in Europa proprio su spinta della
rivoluzione russa – la rivoluzione tedesca del 1918/19, il biennio rosso in
Italia del 1919/20, la rivoluzione ungherese del 1919 – sembravano incoraggiare
questa prospettiva. Ma la mancanza di una direzione politica sperimentata
condannò quelle rivoluzioni alla sconfitta. L’isolamento internazionale della
rivoluzione russa, per di più in un paese arretrato economicamente e
culturalmente, segnato da anni di guerra, di boicottaggio economico internazionale,
di guerra civile (1918/21), creò le condizioni storiche della degenerazione
burocratica. Lo stalinismo ne fu l’espressione. Preservò i rapporti economici
scaturiti dalla rivoluzione (economia pianificata) ma ne distrusse tutte le
conquiste politiche: soppresse la democrazia nel partito bolscevico, nei
soviet, nei sindacati, concentrò tutto il potere nella frazione dominante,
eresse progressivamente attorno ad essa un regime totalitario. Lo sterminio dei
bolscevichi, a partire da tutti i dirigenti della Rivoluzione d’Ottobre (coi
processi di Mosca dal '36 al '38, e con l’assassinio di Trotsky nel '40) fu il
risvolto di questa controrivoluzione politica. Stalin fu indubbiamente il più
grande assassino di comunisti del '900: più di un milione di comunisti fu
passato per le armi tra il 1927 e il 1937. Per non parlare dei campi di lavoro
schiavile, dell’uso pianificato della tortura, della montagna di false
“confessioni” estorte nei sottoscala della Ghepeù. Il fatto che in Russia (e in
Cina) i burocrati stalinisti di ieri siano spesso diventati i maggiori
capitalisti di oggi dà la misura retrospettiva della natura
controrivoluzionaria della burocrazia stalinista. Ma come la dittatura
napoleonica (seguita dalla restaurazione del 1815), non cancellò il grande valore
storico della rivoluzione borghese giacobina, così la dittatura criminale di
Stalin (seguita dalla restaurazione capitalista) non può cancellare il valore
storico progressivo della rivoluzione d’Ottobre.
Corriere:
Lenin è
ancora attuale perché il presente parla di diritti negati e cancellati, perché
parla di diseguaglianze sempre più enormi. La Rivoluzione, abbattendo la
dittatura degli zar, ha dimostrato nei fatti che una alternativa di sistema
politico ed economico è stata possibile. Come spesso accade, però, questo
episodio e la figura di Lenin trovano poco spazio sui manuali di storia
utilizzati nelle scuole.
Ferrando:
Lenin e la
rivoluzione russa sono stati rimossi dalla cultura dominante perché evocano la
possibilità di un’altra organizzazione della società umana. Non una società
fondata sulla dittatura di una piccola minoranza che concentra nelle proprie
mani tutte le leve del potere economico (industria, banche, grande commercio) e
che di conseguenza domina un potere politico costruito a propria immagine e
somiglianza. Ma una società in cui la maggioranza, a partire dalla classe
lavoratrice, possa decidere realmente cosa produrre, come, per chi, in
relazione ai bisogni di tutti e non al profitto di pochi. Una economia
democraticamente pianificata che possa capovolgere il segno sociale della
globalizzazione capitalista mettendo al servizio della società le immense
potenzialità della scienza e della tecnica.
Corriere:
Cento anni
dopo ricordare la Rivoluzione significa cercare di guardarne a tutto campo le
conseguenze, le lezioni da trarne e l’attualità. Oggi si stanno manifestando le
medesime esigenze di lotta per la sopravvivenza che possono trasformarsi in
emancipazione sociale.
Ferrando:
Anche oggi
come un secolo fa l’irrompere di una nuova grande crisi ripropone l’umanità di
fronte a un bivio storico: o una prospettiva di rivoluzione o la continuità
della regressione storica che sta investendo il mondo. Il libro “Cento anni:
storia e attualità della rivoluzione comunista” vuole proporre e argomentare
questa lettura. La vuole proporre innanzitutto ai giovani, a partire dai
giovani sfruttati nelle fabbriche, negli uffici, nei trasporti, nei
supermercati, magari costretti a turni massacranti, senza tutele, precari a
vita o licenziabili senza giusta causa. Ma anche ai giovani che studiano e
vogliono capire il mondo reale in cui vivono. A quelli che non vogliono
rassegnarsi a perdere i diritti conquistati dai loro padri, o che magari
vorrebbero lottare per riconquistarli. Ai giovani militanti e attivisti di una
sinistra perduta, che magari credevano in Tsipras e poi lo ritrovano al
servizio della Troika. La classe dei lavoratori salariati ammonta nel mondo a
quasi tre miliardi di esseri umani. La sola Corea del Sud conta oggi più
salariati dell’intera Europa dei tempi di Marx. Contro tutti i luoghi comuni,
la potenza sociale della classe lavoratrice mondiale non è mai stata tanto
grande.
Corriere:
Il
fallimento del capitalismo riapre, controcorrente, nuovi varchi.
Ferrando:
Corbyn in GB
e Sanders in USA sono campioni di un riformismo illusorio. Ma i milioni di
giovani proletari che seguono Corbyn e Sanders cercano l’idea di una
alternativa al capitalismo, e dunque a modo loro una idea di rivoluzione.
Cercano una sinistra autentica. Cercano in fondo una sinistra anticapitalista e
rivoluzionaria, l’unica sinistra capace di futuro in questo nostro tempo. Il
libro si rivolge dunque ai ribelli, a quelli che già lo sono e a quelli che
possono diventarlo. A loro parla, cento anni dopo, la rivoluzione d’Ottobre.
Partito
Comunista dei Lavoratori
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