Il Partito
della Rifondazione Comunista ha un nuovo segretario. La scelta di Paolo
Ferrero, segretario uscente, di non ricandidarsi alla leadership di
Rifondazione era nota da tempo.
In questi ultimi anni, Ferrero ha visto lo sgretolarsi del PRC: la perdita di qualsiasi posto nel Parlamento e nelle istituzioni, tranne qualche piccola eccezione, il calo drastico degli iscritti, dai circa 40.000 del 2008, ai 17.000 attuali – per non considerare i 100/120.000 iscritti dei primi anni 2000 – la chiusura definitiva di Liberazione, la fuoruscita di varie correnti, e più in generale una marginalizzazione politica ed elettorale del suo partito.
Questa crisi ha causato non poche grane nel controllo interno del PRC: senza una maggioranza stabile nel Comitato Politico, più volte messo in minoranza, più volte criticato dai suoi compagni di maggioranza e di minoranza. Una crisi di Rifondazione e della leadership interna di Ferrero che non è stata figlia del destino cinico e baro, ma è la diretta conseguenza della compromissione di governo – con i voti all’aumento delle spese militari, alla riduzione delle imposte sui profitti, alla precarizzazione del mondo del lavoro (pacchetto Treu) – da parte del Partito della Rifondazione Comunista nei governi di centrosinistra, e in prima persona di Paolo Ferrero come Ministro del welfare nel secondo governo Prodi.
UNA (FINTA) SVOLTA PER USCIRE DALLA CRISI
Il gruppo dirigente di Rifondazione, per uscire da questa impasse, opta per il cambio di segretario. Maurizio Acerbo, già consigliere comunale a Pescara e parlamentare dal 2006 al 2008, è stato eletto Segretario dal Comitato Politico riunitosi subito dopo il congresso, che si è svolto dal 31 Marzo al 2 aprile.
Il nuovo segretario ha dimostrato, fin da subito, la propria continuità con la precedente linea Ferrero, che non a caso ha sempre sostenuto negli organi dirigenti del PRC. Un generico richiamo all’“unità della sinistra”, senza alcuna delimitazione programmatica, all’“ antiliberismo”, coltivando l’illusione di un capitalismo buono (Keynes), a una “sinistra di governo: come Chavez, Lula e Tsipras”, non cogliendo che sono regimi profondamente in crisi, per colpa delle loro politiche di compromesso col capitale internazionale (accordo di Tsipras con la troika e di Lula con il FMI) e con i partiti della borghesia nazionale (AnEl in Grecia e PMDB in Brasile) che li ha portati alla catastrofe economica e a misure di austerità sociale verso i lavoratori e i ceti popolari.
Questa torta di opportunismo ha la sua ciliegina: la netta apertura a De Magistris, «compagno che se domani mattina si mettesse a disposizione di una soggettività a sinistra, gli darei la mano e lo applaudirei», perché ha un programma di «rivoluzione, radicalità, affidabilità di governo e innovazione». Anche la subordinazione al populismo questurino non è una novità della Rifondazione Comunista a guida Ferrero. Già c’era stata la subordinazione a Di Pietro e a Ingroia, nelle varie liste civiche e “civili”, ovviamente con l’uso (o meglio abuso) della parola “rivoluzione”.
Come si vede dall’intervento congressuale del compagno Acerbo - da cui sono state prese le citazioni - non c’è alcun cambio nel PRC. Lo spartito è rimasto lo stesso. Solo, è cambiato il direttore d’orchestra.
Per questo chiamiamo tutti i veri comunisti a costruire il partito della rivoluzione socialista, l’unica vera rivoluzione possibile, il Partito Comunista dei Lavoratori: un partito che non si subordina al populismo, che ha un chiaro programma anticapitalista, di rottura con il capitale internazionale e nazionale, e che si batte sì per un governo, ma per un governo dei lavoratori.
In questi ultimi anni, Ferrero ha visto lo sgretolarsi del PRC: la perdita di qualsiasi posto nel Parlamento e nelle istituzioni, tranne qualche piccola eccezione, il calo drastico degli iscritti, dai circa 40.000 del 2008, ai 17.000 attuali – per non considerare i 100/120.000 iscritti dei primi anni 2000 – la chiusura definitiva di Liberazione, la fuoruscita di varie correnti, e più in generale una marginalizzazione politica ed elettorale del suo partito.
Questa crisi ha causato non poche grane nel controllo interno del PRC: senza una maggioranza stabile nel Comitato Politico, più volte messo in minoranza, più volte criticato dai suoi compagni di maggioranza e di minoranza. Una crisi di Rifondazione e della leadership interna di Ferrero che non è stata figlia del destino cinico e baro, ma è la diretta conseguenza della compromissione di governo – con i voti all’aumento delle spese militari, alla riduzione delle imposte sui profitti, alla precarizzazione del mondo del lavoro (pacchetto Treu) – da parte del Partito della Rifondazione Comunista nei governi di centrosinistra, e in prima persona di Paolo Ferrero come Ministro del welfare nel secondo governo Prodi.
UNA (FINTA) SVOLTA PER USCIRE DALLA CRISI
Il gruppo dirigente di Rifondazione, per uscire da questa impasse, opta per il cambio di segretario. Maurizio Acerbo, già consigliere comunale a Pescara e parlamentare dal 2006 al 2008, è stato eletto Segretario dal Comitato Politico riunitosi subito dopo il congresso, che si è svolto dal 31 Marzo al 2 aprile.
Il nuovo segretario ha dimostrato, fin da subito, la propria continuità con la precedente linea Ferrero, che non a caso ha sempre sostenuto negli organi dirigenti del PRC. Un generico richiamo all’“unità della sinistra”, senza alcuna delimitazione programmatica, all’“ antiliberismo”, coltivando l’illusione di un capitalismo buono (Keynes), a una “sinistra di governo: come Chavez, Lula e Tsipras”, non cogliendo che sono regimi profondamente in crisi, per colpa delle loro politiche di compromesso col capitale internazionale (accordo di Tsipras con la troika e di Lula con il FMI) e con i partiti della borghesia nazionale (AnEl in Grecia e PMDB in Brasile) che li ha portati alla catastrofe economica e a misure di austerità sociale verso i lavoratori e i ceti popolari.
Questa torta di opportunismo ha la sua ciliegina: la netta apertura a De Magistris, «compagno che se domani mattina si mettesse a disposizione di una soggettività a sinistra, gli darei la mano e lo applaudirei», perché ha un programma di «rivoluzione, radicalità, affidabilità di governo e innovazione». Anche la subordinazione al populismo questurino non è una novità della Rifondazione Comunista a guida Ferrero. Già c’era stata la subordinazione a Di Pietro e a Ingroia, nelle varie liste civiche e “civili”, ovviamente con l’uso (o meglio abuso) della parola “rivoluzione”.
Come si vede dall’intervento congressuale del compagno Acerbo - da cui sono state prese le citazioni - non c’è alcun cambio nel PRC. Lo spartito è rimasto lo stesso. Solo, è cambiato il direttore d’orchestra.
Per questo chiamiamo tutti i veri comunisti a costruire il partito della rivoluzione socialista, l’unica vera rivoluzione possibile, il Partito Comunista dei Lavoratori: un partito che non si subordina al populismo, che ha un chiaro programma anticapitalista, di rottura con il capitale internazionale e nazionale, e che si batte sì per un governo, ma per un governo dei lavoratori.
Michele
Amura
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