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mercoledì 25 maggio 2016

NON SI PUÒ GOVERNARE IL CAPITALISMO, LO SI PUÒ SOLO ROVESCIARE. PER UN PROGRAMMA DI SVOLTA ANTICAPITALISTA




Pensare di riformare, raddrizzare, aggiustare questo sistema è una pura illusione.
La illusione delle sinistre italiane - Bertinotti ieri, Vendola e Ferrero oggi – di risolvere la crisi alleandosi con il PD e con le altre forze di centrosinistra (ma che ormai si farebbe fatica a definirle persino di centro) e governando insieme ad esse, si è rivelata non solo una tragica beffa ma un vero e proprio danno a spese dei lavoratori. Sono stati proprio i governi di centrosinistra o appoggiati dal centrosinistra ad affondare i colpi più duri alle spalle di giovani e lavoratori. Chi ci ha guadagnato, oltre ai ricchi, sono stati solo i partiti della sinistra (SEL, Rifondazione Comunista) che hanno fatto il pieno di poltrone e di incarichi ovunque se ne presentasse l'occasione.
Ma anche chi fuori dall'Italia ha tentato negli ultimi anni di governare il capitalismo da sinistra, magari una sinistra che non si era mai compromessa con le politiche dei padroni, ha dimostrato l'impossibilità di venire a patti con questo sistema, che non può essere modificato se non rovesciandolo dalla base.
In Grecia, ad esempio, Tsipras e il suo partito Syriza erano stati portati al governo da quei milioni di lavoratori e povera gente che, dopo anni di lotta e dopo averle provate tutte, hanno sperato che fosse la sinistra a risolvere i loro problemi. Ma la sinistra di Tsipras, arrivata al governo grazie ai lavoratori, ha governato contro di essi, facendo esattamente l'opposto di ciò per cui era stata eletta. Anche Tsipras si è illuso di poter governare il sistema non facendo i conti con i veri interessi di quel sistema, che sono opposti agli interessi dei lavoratori e di chi non ha nulla.
L'unica via, certamente difficile ma reale, è quella di rovesciare questo stato di cose. Rovesciare vuol dire mettere apertamente e fino in fondo in discussione il capitalismo e le sue radici. Rifiutare che a pagare (per chi governa) siano sempre gli stessi (chi non ha mai governato). Rifiutare la compatibilità che pretende di risolvere i conti togliendo diritti a chi ne ha e rifiutando di darne a chi non ne ha (perché donna, perché giovane, perché immigrato...). Rifiutare la logica del “siamo tutti sulla stessa barca”, dell'“interesse di tutti”, dell'“interesse della nazione”. No! Non siamo tutti sulla stessa barca. Gli interessi dei banchieri e dei miliardari non sono gli stessi interessi di un lavoratore precario di un call center o di un immigrato che attraversa il Mediterraneo su un gommone.
In Italia i lavoratori hanno già fatto gli “interessi della nazione”e“salvato la patria”innumerevoli volte. L'hanno fatto nel 1992, accettando la cancellazione definitiva della scala mobile per obbedire al trattato di Maastricht; hanno salvato la patria nel 1996, con la riforma delle pensioni di Dini (e del centrosinistra); hanno salvato la patria nel 1998 con “i sacrifici” dell'Ulivo per entrare nell'euro; hanno salvato la patria con le riforme di Berlusconi e negli ultimi anni con quelle che ci chiede l'Europa di Prodi, di Monti e di Letta, votate da tutti i partiti di centrodestra e centrosinistra.
È ora di dire basta! Non può esserci una reale alternativa ai sacrifici infiniti e alla sottomissione eterna se non rovesciando questa logica,sfidando apertamente, anche nei territori e nei comuni, la dittatura del capitale e contrapponendovi gli interessi del mondo del lavoro e della maggioranza della società. Sulla base di un programma che non solo soddisfi i bisogni e le necessità di milioni di lavoratori, ma che dia ad essi i mezzi effettivi per poter esercitare democraticamente i loro interessi e i loro diritti, per poter decidere delle loro vite, per poter intervenire realmente sulla vita politica e non attraverso le schede elettorali una volta ogni cinque anni. Un programma che dia ad essi il potere.
Un programma del genere non si limita a proporre misure e rivendicazioni per i lavoratori ma indica la via per modificare la situazione di dominio dei capitalisti e di attacco a chi lavora e alla povera gente. Un programma del genere indica l'unica via possibile di alternativa che sia in grado di cambiare il gioco e fermare l'arretramento e la sconfitta del movimento operaio e della sinistra.
Ma un programma del genere non sarà realizzato né dai governi avversari - che una certa sinistra vuole spacciare per “governi amici” - né dalla pura pressione dei movimenti, né dalle grida populiste di chi, come Beppe Grillo, si presenta come temibile avversario dei partiti dominanti ma che vuole l'abolizione dei sindacati in quanto tali e nega i diritti degli immigrati. Un programma come questo può essere realizzato solo da un governo dei lavoratori: un governo che sia loro espressione diretta, e che quindi può essere imposto solo da una mobilitazione e da una sollevazione popolare.
Lavorare in ogni lotta e in ogni occasione a questo sbocco è il nostro impegno quotidiano. La campagna elettorale è solo un terreno di questo nostro lavoro che ci offre il modo di utilizzare uno strumento in più per poterci rivolgere a coloro per cui lottiamo. Un nostro eletto, in qualsiasi sede istituzionale, sarebbe solo un rappresentante di questa battaglia generale, in un rapporto indissolubile con le ragioni e le aspirazioni di tutti gli oppressi. Un eletto dei lavoratori, al loro servizio, per un’alternativa di società. Non una pedina di chi avversa i lavoratori a difesa della società capitalistica, come troppe volte è successo (magari presentandosi, di volta in volta, come l'amico di turno)

Partito Comunista dei Lavoratori
sezione di Milano

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