Il NO plebiscitario alla Troika apre uno scenario nuovo. Nessun "compromesso onorevole" con gli strozzini è possibile. Il potere dei lavoratori è l'unica soluzione progressiva.
La vittoria referendaria del NO alla Troika, straordinaria nella sua ampiezza, apre una nuova fase della crisi greca. Una fase cruciale per il futuro del movimento operaio, non solo in Grecia ma nell'intera Europa.
E' utile dunque ricostruire una dinamica degli avvenimenti che ha spiazzato più volte tutti gli attori politici.
COME E PERCHE' SI E' GIUNTI AL REFERENDUM
A fine Giugno ( 25 Giugno) il governo Syriza/ Anel era a un passo dall'accordo con i creditori: un accordo ben poco “onorevole”, che prevedeva l'aumento dell'età pensionabile, la cancellazione delle pensioni di anzianità, l'aumento dell'Iva anche su una fascia di consumi alimentari, l'aumento pesante della contribuzione pensionistica e sanitaria per i lavoratori. Quando Tsipras si preparava a gestire un difficilissimo passaggio interno e parlamentare su questa ipotesi di accordo, già di fatto accettata, ecco il colpo di scena. I creditori buttano all'aria l'accordo. La svolta dei creditori è dovuta all'effetto combinato di pressioni convergenti: l'irrigidimento improvviso della Lagarde capo del FMI, che per puntare ad ottenere i voti degli azionisti BRICS per la propria riconferma alla presidenza del fondo, avanzava nuove richieste ultimative; la sponda immediatamente trovata nella Spagna a guida PP, timorosa dell'ascesa di Podemos e interessata alla umiliazione di Tsipras; la corsa del blocco nordico ad appoggiare l'intransigenza FMI; le difficoltà crescenti della Merkel- sino al giorno prima impegnata nella mediazione col governo greco- di fronte alla differenziazione interna al proprio gruppo parlamentare. La corda dell'accordo ufficioso già scritto veniva dunque spezzata .
Il ricorso di Tsipras al referendum del 5 Luglio è stata la risposta alla rottura dei creditori. Non l'effetto di una diretta pressione di massa sul governo, quanto un calcolo politico del suo premier. Tsipras, già in difficoltà, non aveva lo spazio politico per aprire una nuova negoziazione al ribasso sull'ultimatum della Troika . Avrebbe significato la rottura interna di Syriza , la disgregazione della base parlamentare del governo, la rottura dello stesso asse con Anel. La convocazione del referendum, esclusa pubblicamente pochi giorni prima, diventava nella nuova situazione l'unico modo di cercare di salvare Syriza e il proprio governo; l'unico modo per cercare di ottenere con la vittoria del No il rilancio del negoziato conclusivo con i creditori. La pubblica promessa di Tsipras di “un accordo in 48 ore” dopo la vittoria del No significava esattamente questo: l'accordo ufficioso pre referendum era già stato raggiunto, si trattava solo di recuperarlo e siglarlo.
LA VITTORIA PLEBISCITARIA DEL NO SPIAZZA TUTTI GLI ATTORI
Tuttavia lo scontro sul referendum ha complicato il gioco di tutti gli attori politici.
La mancata estensione della copertura finanziaria della BCE alle banche greche ( ELA) determinava la chiusura delle banche e una drammatizzazione brutale dello scontro
Un vasto fronte imperialista, economico e politico, puntava apertamente alla vittoria del Si attraverso la pressione drammatizzata del ricatto. L'obiettivo diventava la crisi politica del governo Syriza/ Anel, pur nella difficoltà di individuare con chiarezza una soluzione parlamentare di ricambio. La Merkel si schierava apertamente per questa prospettiva. Sull'altro versante lo stesso Tsipras dopo la chiusura delle banche ha temuto il rischio di una sconfitta e ha cercato, con la sponda francese, una riapertura negoziale a pochi giorni dal voto. Un varco rapidamente chiuso dal veto tedesco.
La vittoria del NO, per la sua ampiezza plebiscitaria, ha dunque sorpreso tutti i protagonisti del braccio di ferro. In Europa e nella stessa Grecia. Br>
La vittoria ha avuto un ampiezza straordinaria nelle città e nella gioventù, con percentuali superiori all' 80%. Ha sancito il rifiuto di massa della continuità della rapina da parte dei lavoratori, dei disoccupati, della popolazione povera di Grecia. L' enorme manifestazione di massa in piazza Syntagma a conclusione della campagna del No ( 4 Luglio) era il preannuncio della vittoria nelle urne. Una sua fotografia anticipata. In questo senso la grande vittoria del NO è stata il sottoprodotto di una ripresa di radicalizzazione politica dei sentimenti di massa e della mobilitazione popolare. Per cinque mesi la negoziazione estenuante del governo Tsipras con i creditori strozzini, col continuo preannuncio di nuovi possibili sacrifici, aveva agito come fattore di congelamento e demotivazione della mobilitazione . La rottura degli accordi da parte dei creditori, e il conseguente scontro referendario, ha costituito viceversa il principale catalizzatore della ribellione. Non è la prima volta nella storia che la reazione diventa l'involontaria levatrice di una possibile rivoluzione.
TSIPRAS PROMUOVE L'UNITA' NAZIONALE COI PARTITI BORGHESI SCONFITTI
Il quadro è ora assai complicato, anche per Tsipras.
Tsipras ha mantenuto fede al copione. Un minuto dopo la vittoria referendaria contro i creditori , il governo ha subito riproposto... ai creditori strozzini l'accordo già ipotizzato, secondo il piano preventivamente deciso. Non solo. Tsipras ha invocato l'unità nazionale di tutti i partiti e di tutte le classi. Ha chiesto e ottenuto la benedizione del Presidente ( reazionario) della Repubblica già a suo tempo designato in funzione della politica di distensione a destra. Ha promosso l'incontro di caminetto con i capi dei partiti borghesi battuti e umiliati dal voto, chiedendo a tutti la “solidarietà nazionale” , promettendo a tutti “responsabilità istituzionale”, offrendo così ai creditori la certezza dei voti parlamentari ai sacrifici connessi all'accordo. Ha coinvolto le gerarchie militari nella funzione di affiancamento della polizia per la “gestione dell'ordine pubblico”, per lisciare il pelo dell'Esercito. Ha messo sul piatto del negoziato con i creditori persino la testa del fedele Varoufakis, per offrire agli strozzini un utile premio simbolico di consolazione e favorire politicamente l'accordo.
La ragione di tutto questo è una sola: dopo l'atto clamoroso del referendum e la straordinaria vittoria, Tsipras pensa di essersi coperto a sinistra e di potersi sbilanciare a destra. Ritenendo di poter far accettare più facilmente all'intero corpo di Syriza e alla propria base di massa le contropartite di un accordo con gli strozzini. Meglio se combinato con una ristrutturazione del debito o un allungamento dei tempi di pagamento.
MA LE CONTRADDIZIONI PRECIPITANO.
Ma la promessa di un accordo “in 48 ore” si rivela temeraria .
La vittoria referendaria del NO ,per la sua portata, ha infatti moltiplicato le contraddizioni interne al fronte imperialista. La partita non è solo economica, ma politica, oggi più di ieri.
Dal punto di vista economico diversi fattori militano a favore dell'accordo fra la Troika e la Grecia. Gli Usa e la Cina vogliono l'accordo perchè temono come la peste un aggravamento della crisi capitalistica in Europa. (Oltrechè per ragioni geopolitiche, nel caso in particolare degli Usa). La Bundesbank tedesca chiede alla Merkel di non perdere i miliardi di crediti verso la Grecia. Francia e Italia, potenze creditrici, chiedono di “aiutare” la Grecia a rimborsare.. le casseforti di Francia e Italia. Un'ammirevole generosità. Persino il FMI fa filtrare alle spalle della Lagarde una ragionevole e possibile ristrutturazione dell'impagabile debito greco, per continuare a sorreggere il debitore con la propria corda usuraia. Le proporzioni economiche relativamente modeste della crisi greca, misurata su scala continentale, suggerirebbero dunque un 'equa soluzione di ordinario strozzinaggio , come rivendica candidamente, da osservatore, Romano Prodi.
Ma dal punto di vista politico, il quadro è destabilizzato.
Sale la pressione populista nazionalista in diversi paesi capitalistici “contro i soldi ai greci”,da parte di quelle stesse canaglie che hanno finto di applaudire la vittoria del No “contro la Merkel” ( Salvini e Le Pen). La Germania e i paesi nordici hanno ancora più difficoltà a far digerire alla propria “opinione pubblica” e ai propri compositi Parlamenti nuove “elargizioni alla Grecia” dopo che l'hanno dipinta nei giorni dello scontro referendario come “inaffidabile scroccona” e “sanguisuga parassitaria” . La Spagna del PP teme ancor più di ieri l'effetto di trascinamento della vittoria di Syriza sull'ascesa di Podemos , e dunque l'effetto politico di nuove concessioni a Tsipras che possano ulteriormente arrotondare la sua vittoria. Un pezzo centrale della Socialdemocrazia europea, a partire dal SPD ( Gabriel), è terrorizzata dagli effetti di ricomposizione a sinistra che un'ulteriore vittoria simbolica di Tsipras potrebbe determinare ai suoi danni ( ascesa della Linke in Germania ad esempio) e si schiera pertanto sul versante anti greco.
E' dunque evidente, tanto più in questo quadro, che un eventuale accordo con gli strozzini prevederebbe contropartite punitive per i lavoratori greci di certo non minori che prima del referendum. Perchè solo misure punitive potrebbero controbilanciare agli occhi dei creditori gli inconvenienti politici dell'accordo. Ma questo diverrebbe un nuovo problema per Tsipras e per i suoi rapporti di massa. Dov'è finito più che mai oggi quel “programma riformista di Salonicco” su cui Syriza vinse le elezioni?
IL CONFRONTO DELLE LINEE A SINISTRA NEL VIVO DELL'ESPERIENZA GRECA
L'idea che Syriza riuscisse in qualche modo a stabilizzare il quadro politico greco è naufragata in cinque mesi. Questa è la prima lezione di fondo degli avvenimenti. Tutte le contraddizioni sono precipitate sul fronte economico, politico, sociale. In Grecia e in Europa. L'idea di un compromesso “onorevole” tra lavorati greci e capitale finanziario internazionale è relegata sempre più nel mondo delle fiabe. Mentre la crisi greca mette alla prova l'intero equilibrio politico istituzionale della UE, tra spinte all'integrazione e spinte alla dissoluzione.
In questo quadro, tutte le opzioni strategiche delle sinistre riformiste, socialdemocratiche o staliniste, sono polverizzate una dopo l'altra dai fatti di Grecia.
La pretesa della “Riforma sociale e democratica” dell'Unione capitalistica continentale- avanzata dalla Sinistra Europea e da Tsipras- ne esce a pezzi, sotto ogni versante. L'Unione tra Stati imperialisti del vecchio continente, a partire dal nucleo fondante franco tedesco, si regge sulla spoliazione della classe operaia e della popolazione povera di ogni paese. Nessuna riforma può cancellare la sua costituzione materiale. Lo stesso NO agli strozzini del popolo greco segna di fatto un rifiuto del capitalismo europeo.
L'idea di una possibile via d'uscita attraverso una ricollocazione geostrategica del capitalismo greco al fianco dei BRICS- sostenuta da correnti neostaliniste, anche all'interno di Syriza- è anch'essa ridicolizzata dalla vicenda greca. Non solo ignora la natura capitalistica o neo imperialistica dei paesi chiave dei BRICS, a partire da quella Cina che oggi acquista a prezzi di saldo settori chiave dell'economia greca ( il porto del Pireo). Ma ignora lo spiacevole dettaglio che ha visto proprio i BRICS tra i principali usurai del FMI ai danni del popolo greco, in prima fila nel rilanciare i peggiori ultimatum del Fondo all'ombra di Lagarde. Il NO greco agli strozzini europei non chiede di cambiare padrone.
Infine esce distrutta nella propria credibilità la corrente stalinista del KKE greco e la sua filiera internazionale. Questo partito, impegnato in una metodica divisione del movimento operaio greco, è giunto a boicottare il referendum contrapponendosi al NO . Si è dunque opposto alla dinamica di ribellione di massa contro la Troika. Le frasi sull'”opposizione sia a Syriza sia alla Troika” sono penose. La verità è che lo stalinismo greco si è comportato nelle urne come nelle piazze. Con una logica autocentrata di apparato, unicamente preoccupato di conservare il proprio spazio, in aperta opposizione alla domanda popolare di massa. La vittoria plebiscitaria del No ai creditori è il crollo politico e morale dello stalinismo greco.
LA RIVOLUZIONE, UNICA SOLUZIONE
L'unica soluzione progressiva della crisi greca passa per la rottura anticapitalista. Per il ripudio del debito ai creditori strozzini: perchè ogni negoziazione del debito espone a vergognosi ricatti e contropartite. Per la nazionalizzazione delle banche greche e la loro concentrazione in una unica banca pubblica: perchè è l'unica via per bloccare la fuga dei capitalisti, proteggere i risparmi popolari, rifondare la società greca. Per l'esproprio degli armatori e dei poteri forti del paese: perchè è l'unico modo per fare piazza pulita dei parassiti sfruttatori, concentrando nelle mani dei lavoratori le leve della ricchezza. Solo un governo dei lavoratori, imposto dalla forza di massa, può attuare simili misure. Solo l'EEK ( Partito operaio rivoluzionario) - la sezione greca del CRQI- si batte coerentemente per questa prospettiva.
La straordinaria vittoria del NO alla Troika merita un'alternativa anticapitalista. Il No alla Troika e ai capitalisti ha il diritto di governare la Grecia, liberandola da oppressione, sfruttamento, umiliazioni. Ogni pretesa di subordinare il NO a un nuovo accordo con gli usurai significherebbe vanificare la vittoria. L'EEK si batterà sino in fondo contro ogni possibile tradimento della vittoria popolare, per il potere dei lavoratori in Grecia, per la rivoluzione socialista in Europa.
Ai nostri compagni greci va tutto il sostegno del PCL. La loro lotta è la nostra.
Partito Comunista dei Lavoratori
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