Per una
sinistra rivoluzionaria
Care
compagne e cari compagni,
non mettiamo certo in discussione la volontà di tanti di voi di lottare per un'alternativa di società. Una volontà che ci vede impegnati, non a caso, in molte lotte comuni.
Semplicemente, non crediamo che questa volontà possa trovare espressione nella “Lista Popolare” che è stata preannunciata, nelle basi politiche su cui viene fondata, nei partiti che ad essa partecipano.
RIFORMA SOCIALE O RIVOLUZIONE?
Il capitalismo è un sistema fallito. Non basta contrapporsi alle “politiche liberiste”, occorre battersi per il rovesciamento del capitalismo. Si dirà che non si può partire da un programma rivoluzionario ma da rivendicazioni concrete. Vero. Ma non esiste oggi una sola rivendicazione concreta che non confligga col capitale e non reclami il suo rovesciamento.
Non puoi batterti per la ripartizione del lavoro - con una riduzione generale dell'orario a parità di paga - senza mettere in discussione un sistema capitalista che ovunque aumenta orari e sfruttamento.
Non puoi difendere i posti di lavoro sotto attacco dei capitalisti senza rivendicare la nazionalizzazione delle aziende che licenziano.
Non puoi batterti per un sistema pensionistico a ripartizione, per la restituzione del maltolto in sanità e istruzione, per un salario dignitoso ai disoccupati, senza abolire il gigantesco debito pubblico verso le banche.
Non puoi realizzare una autentica patrimoniale sulle grandi ricchezze finanziarie e immobiliari senza nazionalizzare le banche, tempio della grande evasione di patrimoni e profitti...
Chi dice il contrario rinuncia alle rivendicazioni “concrete”, o a una lotta seria per realizzarle. Oppure si candida a realizzare un programma... esattamente opposto in cambio di poltrone. Cosa sta facendo da due anni il governo Tsipras, applaudito da tutte le sinistre riformiste di casa nostra e non solo? Anche Tsipras sventolava un programma di rivendicazioni “concrete” (il programma di Salonicco). Ma poi ha realizzato il programma della troika. In Italia Rifondazione Comunista ha presentato ad ogni elezione un programma di “rivendicazioni concrete” (i famosi programmi dei primi 100 giorni). Ma in due governi Prodi di centrosinistra, per la durata complessiva di cinque anni (1996-98 e 2006-2008) ha votato pacchetto Treu, privatizzazioni, tagli sociali, missioni di guerra, e per finire una enorme detassazione dei profitti di banche e imprese (Ires dal 34% al 27,5%). Paolo Ferrero era ministro, e Maurizio Acerbo un parlamentare che lo sosteneva.
Sono incidenti di percorso? No. Sono l'esito obbligato di una sinistra riformista che non ha altro orizzonte che il governo del capitalismo. Ogni volta, a parole, per riformarlo. Ogni volta inchinandosi alle sue controriforme. È accaduto a tutte le latitudini: col Partito Comunista Sudafricano, col Partito Comunista Cileno, col Partito Comunista Portoghese, tutti a suo tempo “oppositori”, tutti finiti nei governi del capitale o a loro sostegno.
È la riprova che solo la lotta per per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici può dare prospettiva alle lotte degli sfruttati. Perché solo un governo che rompa col capitalismo può realizzare misure sociali di svolta. E oltretutto solo una lotta radicale, unitaria, di massa, può metter paura ai padroni e costringerli a fare concessioni. La lotta per la rivoluzione sociale è l'unica che può strappare riforme, tanto più in tempi di crisi. L'alternativa è la continuità della miseria, sotto l'ombra di belle frasi.
CLASSE OPERAIA O CIVISMO PROGRESSISTA?
La rivoluzione anticapitalista interessa tutte le domande di cambiamento (sociali, democratiche, ambientali, di genere...). Ma richiama la centralità della classe operaia, nel suo conflitto col capitale.
Questo riferimento è stato da tempo rimosso. Le stesse sinistre riformiste che hanno ciclicamente tradito i lavoratori, li hanno rimpiazzati coi “cittadini” progressisti. Le alleanze con Ingroia e Di Pietro, la subordinazione a Barbara Spinelli, la cultura civica del Brancaccio avevano e hanno questo retroterra, a esclusivo beneficio del populismo reazionario a 5 Stelle. Lo stesso appoggio a De Magistris che si atteggia a capo del popolo ma privatizza le municipalizzate, ne è il riflesso. Una lista che rivendica “il potere del popolo” non ripropone forse, in forme più radicali, il medesimo equivoco?
Anche la Costituzione del 1948 rivendica la «sovranità del popolo». Eppure qualunque sfruttato sperimenta ogni giorno che il vero sovrano è il capitale. “Noi però chiediamo che la Costituzione venga applicata!” si obietta. Bene. Ma come puoi applicare le solenni promesse sul “diritto al lavoro”, “alla salute”, “alla casa”, senza rompere con quel diritto di proprietà che la stessa Costituzione (borghese) tutela? O qualcuno pensa davvero che quei diritti di carta possano diventare reali senza espropriare i capitalisti e i banchieri?
Solo rovesciando la dittatura capitalista, solo realizzando il potere dei lavoratori, fondato su loro forme di autorganizzazione democratica e di massa, è possibile garantire i diritti reali alla maggioranza della società. Non c'è potere del popolo senza potere operaio. È la verità sancita un secolo fa dalla Rivoluzione d'ottobre.
Costruire in ogni lotta la coscienza di questa verità non dovrebbe essere il compito elementare di un'avanguardia?
INTERNAZIONALISMO O SOVRANISMO?
Una prospettiva di classe anticapitalista o è internazionalista o non è.
I proletari non hanno patria. Questa verità elementare è stata cancellata e capovolta da tutte le sinistre riformiste. O in nome delle illusioni sulla Unione Europea del capitale da “riformare”. O in nome della “sovranità nazionale”. Come quando un anno fa Eurostop e PCI - oggi compartecipi della Lista Popolare - andarono a protestare davanti all'Ambasciata tedesca rivendicando la sovranità dell'Italia (...imperialista). Nella lotta tra potenze grandi e piccole per la spartizione dei mercati, queste impostazioni subordinano i lavoratori alla “propria” borghesia contro i lavoratori di altri paesi, allargando la breccia dei populismi reazionari e xenofobi tra gli sfruttati.
È necessario fare l'opposto. Unire la classe che il capitale vuole dividere. Battersi per unificare l'Europa su basi socialiste. Difendere il diritto di autodeterminazione di ogni nazione oppressa (catalani, baschi, irlandesi...). Saldare in un unico fronte le lotte degli sfruttati di ogni paese, al di là di ogni frontiera nazionale.
PER UNA LISTA CLASSISTA, RIVOLUZIONARIA, INTERNAZIONALISTA
Vogliamo che questo programma e questa politica - classista, rivoluzionaria, internazionalista - sia presente, con la sua autonoma riconoscibilità, alle prossime elezioni politiche, nell'interesse dei lavoratori e di tutti gli oppressi. Il Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra Classe Rivoluzione garantiranno, insieme, questa presenza, e si appellano a tutta l'avanguardia. Per una sinistra che rompa col capitale. Per una sinistra rivoluzionaria.
non mettiamo certo in discussione la volontà di tanti di voi di lottare per un'alternativa di società. Una volontà che ci vede impegnati, non a caso, in molte lotte comuni.
Semplicemente, non crediamo che questa volontà possa trovare espressione nella “Lista Popolare” che è stata preannunciata, nelle basi politiche su cui viene fondata, nei partiti che ad essa partecipano.
RIFORMA SOCIALE O RIVOLUZIONE?
Il capitalismo è un sistema fallito. Non basta contrapporsi alle “politiche liberiste”, occorre battersi per il rovesciamento del capitalismo. Si dirà che non si può partire da un programma rivoluzionario ma da rivendicazioni concrete. Vero. Ma non esiste oggi una sola rivendicazione concreta che non confligga col capitale e non reclami il suo rovesciamento.
Non puoi batterti per la ripartizione del lavoro - con una riduzione generale dell'orario a parità di paga - senza mettere in discussione un sistema capitalista che ovunque aumenta orari e sfruttamento.
Non puoi difendere i posti di lavoro sotto attacco dei capitalisti senza rivendicare la nazionalizzazione delle aziende che licenziano.
Non puoi batterti per un sistema pensionistico a ripartizione, per la restituzione del maltolto in sanità e istruzione, per un salario dignitoso ai disoccupati, senza abolire il gigantesco debito pubblico verso le banche.
Non puoi realizzare una autentica patrimoniale sulle grandi ricchezze finanziarie e immobiliari senza nazionalizzare le banche, tempio della grande evasione di patrimoni e profitti...
Chi dice il contrario rinuncia alle rivendicazioni “concrete”, o a una lotta seria per realizzarle. Oppure si candida a realizzare un programma... esattamente opposto in cambio di poltrone. Cosa sta facendo da due anni il governo Tsipras, applaudito da tutte le sinistre riformiste di casa nostra e non solo? Anche Tsipras sventolava un programma di rivendicazioni “concrete” (il programma di Salonicco). Ma poi ha realizzato il programma della troika. In Italia Rifondazione Comunista ha presentato ad ogni elezione un programma di “rivendicazioni concrete” (i famosi programmi dei primi 100 giorni). Ma in due governi Prodi di centrosinistra, per la durata complessiva di cinque anni (1996-98 e 2006-2008) ha votato pacchetto Treu, privatizzazioni, tagli sociali, missioni di guerra, e per finire una enorme detassazione dei profitti di banche e imprese (Ires dal 34% al 27,5%). Paolo Ferrero era ministro, e Maurizio Acerbo un parlamentare che lo sosteneva.
Sono incidenti di percorso? No. Sono l'esito obbligato di una sinistra riformista che non ha altro orizzonte che il governo del capitalismo. Ogni volta, a parole, per riformarlo. Ogni volta inchinandosi alle sue controriforme. È accaduto a tutte le latitudini: col Partito Comunista Sudafricano, col Partito Comunista Cileno, col Partito Comunista Portoghese, tutti a suo tempo “oppositori”, tutti finiti nei governi del capitale o a loro sostegno.
È la riprova che solo la lotta per per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici può dare prospettiva alle lotte degli sfruttati. Perché solo un governo che rompa col capitalismo può realizzare misure sociali di svolta. E oltretutto solo una lotta radicale, unitaria, di massa, può metter paura ai padroni e costringerli a fare concessioni. La lotta per la rivoluzione sociale è l'unica che può strappare riforme, tanto più in tempi di crisi. L'alternativa è la continuità della miseria, sotto l'ombra di belle frasi.
CLASSE OPERAIA O CIVISMO PROGRESSISTA?
La rivoluzione anticapitalista interessa tutte le domande di cambiamento (sociali, democratiche, ambientali, di genere...). Ma richiama la centralità della classe operaia, nel suo conflitto col capitale.
Questo riferimento è stato da tempo rimosso. Le stesse sinistre riformiste che hanno ciclicamente tradito i lavoratori, li hanno rimpiazzati coi “cittadini” progressisti. Le alleanze con Ingroia e Di Pietro, la subordinazione a Barbara Spinelli, la cultura civica del Brancaccio avevano e hanno questo retroterra, a esclusivo beneficio del populismo reazionario a 5 Stelle. Lo stesso appoggio a De Magistris che si atteggia a capo del popolo ma privatizza le municipalizzate, ne è il riflesso. Una lista che rivendica “il potere del popolo” non ripropone forse, in forme più radicali, il medesimo equivoco?
Anche la Costituzione del 1948 rivendica la «sovranità del popolo». Eppure qualunque sfruttato sperimenta ogni giorno che il vero sovrano è il capitale. “Noi però chiediamo che la Costituzione venga applicata!” si obietta. Bene. Ma come puoi applicare le solenni promesse sul “diritto al lavoro”, “alla salute”, “alla casa”, senza rompere con quel diritto di proprietà che la stessa Costituzione (borghese) tutela? O qualcuno pensa davvero che quei diritti di carta possano diventare reali senza espropriare i capitalisti e i banchieri?
Solo rovesciando la dittatura capitalista, solo realizzando il potere dei lavoratori, fondato su loro forme di autorganizzazione democratica e di massa, è possibile garantire i diritti reali alla maggioranza della società. Non c'è potere del popolo senza potere operaio. È la verità sancita un secolo fa dalla Rivoluzione d'ottobre.
Costruire in ogni lotta la coscienza di questa verità non dovrebbe essere il compito elementare di un'avanguardia?
INTERNAZIONALISMO O SOVRANISMO?
Una prospettiva di classe anticapitalista o è internazionalista o non è.
I proletari non hanno patria. Questa verità elementare è stata cancellata e capovolta da tutte le sinistre riformiste. O in nome delle illusioni sulla Unione Europea del capitale da “riformare”. O in nome della “sovranità nazionale”. Come quando un anno fa Eurostop e PCI - oggi compartecipi della Lista Popolare - andarono a protestare davanti all'Ambasciata tedesca rivendicando la sovranità dell'Italia (...imperialista). Nella lotta tra potenze grandi e piccole per la spartizione dei mercati, queste impostazioni subordinano i lavoratori alla “propria” borghesia contro i lavoratori di altri paesi, allargando la breccia dei populismi reazionari e xenofobi tra gli sfruttati.
È necessario fare l'opposto. Unire la classe che il capitale vuole dividere. Battersi per unificare l'Europa su basi socialiste. Difendere il diritto di autodeterminazione di ogni nazione oppressa (catalani, baschi, irlandesi...). Saldare in un unico fronte le lotte degli sfruttati di ogni paese, al di là di ogni frontiera nazionale.
PER UNA LISTA CLASSISTA, RIVOLUZIONARIA, INTERNAZIONALISTA
Vogliamo che questo programma e questa politica - classista, rivoluzionaria, internazionalista - sia presente, con la sua autonoma riconoscibilità, alle prossime elezioni politiche, nell'interesse dei lavoratori e di tutti gli oppressi. Il Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra Classe Rivoluzione garantiranno, insieme, questa presenza, e si appellano a tutta l'avanguardia. Per una sinistra che rompa col capitale. Per una sinistra rivoluzionaria.
Partito Comunista dei Lavoratori
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