Ricordo
di Antonio Gramsci
Sono
trascorsi 96 anni da quel 21 gennaio 1921, nel quale a Livorno i comunisti e
gli elementi di avanguardia della classe operaia italiana fondarono il Partito Comunista d'Italia, Sezione
dell'Internazionale comunista.
La
fondazione del Partito avvenne nel corso della situazione rivoluzionaria creata
in Europa dalla prima guerra mondiale e dalla rivoluzione proletaria in Russia,
che in Italia dettero origine, nel biennio 1919-20, a una serie di dure lotte
operaie e popolari culminate nell'occupazione delle fabbriche: una situazione
dove Antonio Gramsci fu uno dei principali protagonisti e fondatore del
Partito.
Antonio
Gramsci ha segnato profondamente le vicende politiche e filosofiche culturali
del 900. Da un po' di anni a questa parte sembra invece, fatalmente, essere
uscito di scena. Anche la casa che fu di Gramsci, in cui abito Gramsci a Torino,
è diventata recentemente un Hotel di lusso a 5 stelle chiamato , per ironia della
sorte, Hotel Gramsci. Ecco questo passaggio tragico dalla lotta per
l'emancipazione umana, per la speranza sociale di un mondo più giusto e meno
egoista al benessere individuale dell'Hotel
Gramsci, sembra riassumere in se l'assenza di Gramsci, la doppia morte a cui è stato condannato.
Gramsci nelle sue lettere parla di doppio carcere, quello inflitto dal potere
fascista e quello dei suoi affetti da
cui era stato escluso per via della detenzione.
Gramsci,
quand'anche uno non avesse mai letto le sue opere, rappresenta un'icona di
riferimento se non altro per il coraggio eroico di cui ha dato esemplare prova
con la propria vita. Gramsci fino in fondo è stato coerente, non ha mai chiesto
la grazia, ha pagato sulla propria carne viva le conseguenze della propria
coerenza, fino in fondo ha testimoniato eroicamente della propria esistenza e
del proprio coraggio. C'è una lettera molto bella che Gramsci scrive al
fratello Carlo nel1928 in cui dice testualmente” …non voglio fare né il martire né
l’eroe, credo di essere semplicemente un uomo medio che ha le sue convinzioni
profonde e che non le baratta per niente al mondo”.
Ecco crediamo che questa sia una
eredità fondamentale per tutti noi.
Gramsci ci
ricorda tutta una serie di passioni nobili come il coraggio, la ricerca di un
ulteriore dignità morale, una città futura, come amava dire lui, in cui l'uomo
finalmente realizzi le sue possibilità e tutte le cose che oggi sembrano essere fatalmente
uscite dall'orizzonte in un tempo in cui domina ovunque il fanatismo
dell'economia, il cieco cinismo del “mors tua vita mea”, tutta una serie di passioni
tristi come la rassegnazione, la paura, contro le quali Gramsci si era armato con il suo ottimismo della volontà. Gramsci ci insegna a resistere in questo clima desertico
desolante in cui ci troviamo a vivere, in cui domina quello che Gramsci stesso
chiamava con un'espressione insuperabile il “cretinismo economico” . La volontà,
appunto, di calcolare, di risolvere i problemi solo e sempre sul piano della
quantità e della cifra, in una rimozione integrale della cultura della politica
di ogni dimensione più nobile nell'essere umano. In questo senso vi è in
Gramsci un’attualità da cui bisogna ripartire nell'odierno scenario desolante.
La volontà ottimistica che cerca qualcosa di più grande rispetto alla miseria
del presente che non si arrende quando tutto sembra perduto. C'è una lettera
molto bella che Gramsci, dal carcere, manda i suoi cari.” Mi sono convinto che anche quando
tutto è appare perduto bisogna rimettersi tranquillamente all'opera rincominciando
dall'inizio”.
Nel febbraio
del 1917, cento anni fa, esce sul giornale “ Città Futura” uno dei testi più conosciuti, anche
da chi non studia Gramsci, “Odio gli Indifferenti”
Un testo fondamentale,
un vero e proprio grido di battaglia contro quella patologia dominante, oggi
più di ieri, che è l'indifferenza.
L'indifferenza
è quell'atteggiamento grigio, passivo di chi in maniera rassegnata accetta la
realtà non perché sia buona e giusta ma semplicemente perché non ha la volontà, né il coraggio di battersi
per riconfigurare l’esistente quand'anche massimamente ingiusto. Gramsci proprio contro
questa passione fredda triste che è l'indifferenza esordisce in questo testo
del 17 con una passione calda come l’ odio, passione calda che poi nei “Quaderni del
carcere” si trasformerà come rabbia appassionata di chi non accetta l'esistente di chi
parteggia. “Sono partigiano vivo sento nelle coscienze virili della mia parte già
pulsare l'attività della Città Futura che la mia parte sta costruendo”.
Qui vibra la volontà gramsciana di edificare una città futura da contrapporre
alla società dominante del mondo, la società capitalistica, del tempo in cui
vive Gramsci e a maggior ragione la società dell'odierno monoteismo del mercato
che viviamo.
Dovere
dei comunisti, in questo generale venir meno delle coscienze, delle fedi, della
volontà, in questo imperversare di bassezze, di viltà, di disfattismi è quella
di costruire un partito a difesa dei lavoratori, dei più deboli, degli sfruttati, per un
governo dei lavoratori, distinguersi, appunto ,da un confuso amalgama di
posizioni ideologiche e politiche che nulla hanno a che vedere col marxismo
rivoluzionario e col leninismo.
Il
Gramsci di ieri è più attuale che mai “O di là o di qua; o con la
socialdemocrazia o col comunismo”.
Partito Comunista dei Lavoratori
Pavia sez. “Tiziano Bagarolo”
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