Le fiamme
altissime e terrificanti che stanno sconvolgendo il territorio australiano in
queste settimane sono il simbolo tragico di questa fase storica del pianeta.
Catastrofi
di questa grandezza hanno sempre portato enormi cambiamenti. L'orrore porta a
sconvolgimenti nel profondo, distruggono tutta la nostra comprensione del
mondo: il nostro ruolo, le nostre certezze, la sicurezza; e la coscienza
comincia ad urlarci dentro verso una ribellione che diventa indispensabile.
Questi sono
i sentimenti provati non solo dalla parte più debole della popolazione
australiana, ma anche dalla classe media, in un durissimo risveglio dentro una
realtà che fino a ieri aveva garantito il benessere fittizio del sistema
capitalistico.
L'Australia,
con le sue immense risorse naturali, è sempre stata una fonte di profitto
falsamente inesauribile. Ma la tragedia di oggi ha dimostrato che l'unico
responsabile è la barbarie del capitalismo, e il suo prezzo è pagato
inevitabilmente dagli strati più deboli della popolazione.
Le immagini
trasmesse in tutto il pianeta mostrano barriere di fuoco alte oltre 100 metri,
"tornado di fuoco" così forti da carbonizzare in pochi secondi i
mezzi di soccorso, incendi boschivi che generano tempeste con fulmini che
innescano nuovi incendi in altre aree, gigantesche cappe di fumo e cenere che
trasformano il giorno in surreali universi di colore arancio, migliaia di
persone rifugiate sulle spiagge sotto una pioggia di cenere e braci mentre le
case bruciano davanti ai loro occhi, intere città bruciate dalle ceneri di
immensi e invincibili incendi, miliardi di animali morti e quattro di ettari di
bosco ridotti in cenere nel solo Nuovo Galles del Sud. E l'estate è appena
cominciata.
È indubbio
che i cambiamenti climatici abbiano sconvolto gli standard di autoregolazione
termica del pianeta, e che la causa sia lo sfruttamento selvaggio delle risorse
naturali ed energetiche da parte delle potenze capitalistiche perpetrato in
decenni di distruzioni sistematiche di interi habitat naturali.
L'Australia
è in uno degli ambienti più sensibili e delicati. Da alcuni anni le estati sono
sempre più calde e siccitose. L'estate 2019/2020 è la peggiore della sua
storia.
Il governo
ultrareazionario sovranista di Scott Morrison non solo ha lasciato che i
tragici eventi avessero il sopravvento, ma addirittura è arrivato ad accusare i
giovani che protestavano contro i cambiamenti climatici e che richiamavano
l'attenzione verso la tragedia imminente come "traditori". Il progresso
e il futuro della nazione secondo i politici di questo governo reazionario è
nelle risorse fossili: carbone, gas di fracking, gas naturale. Le
multinazionali minerarie ricevono 29 miliardi di dollari sussidi ogni anno.
Così le
“private” immense riserve idriche racchiuse in centinaia di invasi sono rimaste
a disposizione delle multinazionali minerarie invece di essere utilizzate per
alleviare la siccità e salvare molti terreni aridi destinati all'agricoltura
delle comunità rurali.
Il servizio
rurale antincendio è totalmente su base volontaria, e riceve un'inezia in fatto
di sussidi. I loro mezzi sono scarsi e arretrati. Il governo si rifiuta persino
di acquistare e organizzare una forza aerea con velivoli specializzati come i
Canadair.
Tra le
vittime delle ultime settimane molte sono giovani volontari del servizio rurale
antincendio scarsamente pagati e supportati, che si sono distinti in veri atti
di eroismo nei salvataggi della popolazione.
Il peso
politico delle multinazionali ha cancellato in questi anni anche la minima
resistenza dei partiti riformisti, trascinati nel miraggio del profitto
“infinito”.
Non solo.
Gli stessi sindacati si trovano in uno stato catatonico e nel loro peggiore
momento storico. La loro credibilità agli occhi dei lavoratori è pessima. Con
una dirigenza sindacale che negli anni ha seguito la strada della
collaborazione di classe piuttosto della lotta di classe, più impegnativa ma
potenzialmente vincente, il suo percorso verso cocenti sconfitte è stato
inevitabile.
Proprio nel
settore carbonifero, dove esiste un ancora un tessuto di decine di migliaia di
lavoratori combattivi, i loro diritti e il potere d'acquisto dei salari sono
stati colpiti massicciamente dai governi populisti che si sono succeduti. Oggi,
con il governo Morrison, la loro situazione lavorativa si è ulteriormente
aggravata. I sindacati nazionali piuttosto che seguire la logica degli scioperi
generali che avevano portato nel dopoguerra alla conquista di maggiori diritti
per i lavoratori, si sono sono spesi in sterili lotte settoriali isolate e
spesso anche represse. La lotta esemplare ma isolata dei minatori di Oaky North
ne è un esempio. Attualmente le miniere carbonifere sono gestite in appalto con
una fortissima riduzione media salariale dei lavoratori del settore.
Il governo
Morrison ha trovato la vittoria elettorale sulle macerie delle forze riformiste
incapaci di dare un progetto di cambiamento. Le promesse alla nazione di una
nuova Eldorado basata sullo sfruttamento minerario del carbone e del gas
naturale hanno fatto breccia nella classe media ma soprattutto tra la classe
lavoratrice in gran parte formatasi dalle generazioni successive alle prime
famiglie di immigrati arrivate in Australia dagli anni '50 agli anni '80 da
tutte le parti del mondo, in particolare dall'area asiatica. Tutti in Australia
oggi si ricordano dell'intervento di un esaltato Scott Morrison mentre esibiva
nel 2017 una preziosissima “pepita” di carbone in parlamento, o del suo folle
discorso di Capodanno dove pronunciava queste parole: “nonostante la siccità,
gli incendi e le inondazioni, l’Australia resta un paese meraviglioso dove far
crescere i bambini”. Oppure delle sue vacanze alle Hawaii mentre negava
l'emergenza malgrado le decine di vittime.
Più
negazionista di Trump dei cambiamenti climatici, supportato dalle major
mondiali carbonifere e del gas naturale, e contrario alla sola idea della
riduzione delle emissioni dei gas serra, deve però affrontare la rabbia della
popolazione che sta crescendo incontrollata.
Nella
tragedia cominciano a vedersi delle luci. Il duro risveglio ha portato la
rabbia e una presa di coscienza mai vista prima. Si stanno organizzando
proteste spontanee in tutti gli Stati. Venerdì 10 gennaio si sono svolte
manifestazioni nelle principali città del continente. Decine di migliaia in
particolare a Sydney, Melbourne, Canberra, Perth, Brisbane sono scesi in piazza
contro il governo e le multinazionali carbonifere. Mobilitazioni organizzate
dagli studenti di Uni Student for Climate Justice, ma che hanno aggregato lavoratori,
volontari antincendio, cittadini colpiti in prima persona dalla tragedia,
studenti universitari e perfino il popolo nativo aborigeno.
Uno slogan
era ricorrente: "Deve iniziare da qualche parte. Deve iniziare qualche
volta. Quale posto migliore di qui? Quale momento migliore di adesso?”.
Il nostro
appoggio ai compagni marxisti rivoluzionari australiani che si stanno battendo
in queste durissime giornate con ogni mezzo a loro disposizione per portare una
prospettiva di alternativa e di socialismo è incondizionato. Solo un progetto
rivoluzionario globale e la lotta di classe possono fermare gli orrori
devastanti provocati dal capitalismo.
Ruggero Rognoni
Partito Comunista dei Lavoratori
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