Il
trasformismo politico contro ogni senso del pudore: il discorso odierno del
Presidente del Consiglio incaricato è nel suo genere un manifesto letterario.
Il
Presidente incaricato Giuseppe Conte si offre per ogni stagione. L'anno scorso
si presentò come il presidente “del cambiamento”, oggi come il presidente
"della novità”. Di nuovo non c'è dunque nulla se non il cambio della
maggioranza per cui si candida. L'importante è restare «l'avvocato del popolo»,
semmai cambia il popolo che l'avvocato difende. Sino a un paio di settimane fa
Conte faceva l'avvocato della Lega (e avrebbe continuato ancora a lungo),
mettendo il suo timbro sull'affogamento dei migranti o sulla galera per i
manifestanti (decreto sicurezza bis). Poi Salvini l'ha scaricato puntando al
voto, e allora l'avvocato cambia cliente. «Non rinnega» il vecchio cliente (non
si sa mai, per il futuro...), si candida semplicemente ad assisterne un altro,
il PD. Il nuovo cliente non ha grandi pretese, non gli par vero di tornare al
governo dopo un anno di sofferto digiuno. In più porta in dote la nomenclatura
dei poteri forti, la rappresentanza del grande capitale, il plauso dei mercati
e delle cancellerie europee. Può l'avvocato del popolo resistere a tanta
grazia? Non può. Deve solo imparare la parte in commedia richiesta dal nuovo
assistito. Democrazia, Giustizia, Uguaglianza, Solidarietà, assieme alla tutela
dell'Ambiente e all'immancabile Pace nel mondo... il nuovo vocabolario è
recitato con l'aria compunta di un dichiarato seguace di Padre Pio: pace e
bene, non c'è altro. E tuttavia spicca la gentilezza della posa, l'eleganza
dell'abito, la compostezza dell'incedere, assieme alla furbizia sorniona dello
sguardo. Così, almeno, dicono i sondaggi di popolarità. Il nuovo cliente (PD)
aveva qualche dubbio, ma si è convinto che è l'avvocato giusto per incantare il
suo popolo.
Un problema
lo pone invece l'altro cliente assistito, il M5S. Il M5S faceva parte della
vecchia clientela dell'avvocato, anzi ne decretò la fortuna quando Conte ancora
non era nessuno. Di più: l'avvocato fu proprio l'invenzione del vecchio cliente
(Di Maio), che pensò di usarlo a difesa delle proprie cause e come paravento
(provvisorio) delle proprie ambizioni. Ma il vecchio cliente non poteva
prevedere che l'avvocato si sarebbe messo in proprio, avvantaggiandosi delle
sue disgrazie, e minacciando persino di rimpiazzarlo alla testa della sua
azienda a Cinque Stelle. Tanto meno poteva pensare al tradimento dell'avvocato.
È l'avvocato che nel discorso contro Salvini al Senato si è offerto di fatto al
nuovo cliente PD; è l'avvocato che dal G7 a Biarritz ha definitivamente sbarrato
la strada al ritorno di Di Maio con la Lega (e alla presidenza del Consiglio
offerta a Di Maio da Salvini); ed è l'avvocato che oggi (pare) si permette di
rifiutare a Di Maio la vicepresidenza del Consiglio, precipitando ingrato la
sua caduta politica. No, questo il vecchio cliente non lo aveva previsto. E per
lui la pena più grande è dover far buon viso a cattivo gioco, dover presentare
come successo la propria sconfitta, e persino confezionare il (solito) quesito
truffa sulla piattaforma Rousseau (“Volete o no la giustizia?” o similia) per
incoronare il traditore e celebrare il suo successo.
Questa è la
miseria della politica borghese, e il biglietto da visita del nuovo governo. Un
comitato d'affari del capitale popolato da saltimbanchi gli uni contro gli
altri armati, in una guerra che attraversa gli stessi partiti, sospinta da una
logica di clan e di ambizioni personali (Renzi nel PD, Di Battista nel M5S...),
priva di ogni parvenza, anche solo parvenza, di nobiltà.
Se oggi un avvocato del nulla fa il Presidente del Consiglio è solo perché ha saputo destreggiarsi in questa guerra, usando le debolezze di tutti in funzione della propria carriera. Si potrebbe persino sorriderne, ma non è il caso. Perché il trasformismo è un fattore politico serio della vicenda italiana. Serve a ingannare gli sfruttati, perché nasconde loro la realtà dietro il sipario della finzione scenica. Ma serve anche, per contrasto, alle mire della destra.
Se oggi un avvocato del nulla fa il Presidente del Consiglio è solo perché ha saputo destreggiarsi in questa guerra, usando le debolezze di tutti in funzione della propria carriera. Si potrebbe persino sorriderne, ma non è il caso. Perché il trasformismo è un fattore politico serio della vicenda italiana. Serve a ingannare gli sfruttati, perché nasconde loro la realtà dietro il sipario della finzione scenica. Ma serve anche, per contrasto, alle mire della destra.
Il copione
dei ruoli è già scritto. La destra reazionaria di Salvini e Meloni userà la
denuncia demagogica del trasformismo PD-M5S (i “poltronari”) per costruire
nelle piazze la propria opposizione. Il governo PD-M5S userà l'opposizione
reazionaria per subordinare le sinistre al proprio carro. Le sinistre che
appoggeranno il governo non solo saranno partecipi del trasformismo, ma
aiuteranno con questo la demagogia reazionaria, che già si è nutrita per anni
delle politiche del PD e della subalternità delle sinistre, e che oggi non
attende di meglio che presentarsi in piazza come l'unica opposizione. Per
questo preparare e costruire l'opposizione al nuovo governo dal versante del
lavoro non è solo la difesa dei suoi interessi di classe indipendenti, ma è
anche l'unica via per sbarrare il passo alla reazione, per levare a Salvini lo
spazio della rivincita.
Partito Comunista dei Lavoratori
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