In tutto il mondo il
capitalismo è fonte di disastri. Trent’anni fa, dopo il crollo del Muro,
avevano annunciato una nuova era di prosperità. Ma la grande crisi del 2008 ha
gettato sulla strada decine di milioni di lavoratori. Poi gli stessi sacerdoti
del capitale hanno annunciato la buona novella della “ripresa”. Ma la
ripresa si è rivelata tale solo per i profitti e i dividendi di Borsa. Per
gli operai continua il calvario dei sacrifici, del lavoro precario, della
disoccupazione, del supersfruttamento. Ovunque si allunga l'orario di
lavoro per ingrassare i grandi azionisti. Ovunque si tagliano le spese su
scuola, salute, trasporti, per pagare il debito pubblico alle banche. Ovunque,
sotto ogni moneta, sotto ogni governo. Perché il problema non è il conio della
moneta o il colore politico di chi amministra. Il problema sta nel sistema
capitalista, marcio nelle sue fondamenta, incapace di assicurare il progresso.
Non si tratta
solamente della miseria sociale. Il capitalismo sta aggredendo la natura
come mai era avvenuto in tutta la storia dell'umanità. Gli accordi tra
Stati per la riconversione energetica sono costruiti sulla sabbia. Dove domina
il profitto, non può regnare il rispetto della natura. I colossi che investono
sulle fonti rinnovabili sono gli stessi che continuano a lucrare su petrolio e
carbone. I biocarburanti concorrono alla desertificazione di territori immensi
con le monoculture invasive impiantate per la loro produzione. Le batterie per
l'auto elettrica sospingono il saccheggio di cobalto e litio nel cuore
dell'Africa con effetti ambientali devastanti. Il paese al mondo che investe di
più nel fotovoltaico è anche il paese più inquinato al mondo, la Cina.
Altro che accordi di
Kyoto o Parigi, peraltro già irrisi o disdetti! Altro che appelli alla buona
coscienza degli individui o dei capi di Stato!
La grande crisi
spinge le potenze imperialiste, vecchie e nuove, a disputarsi mercati e zone di
influenza.
La competizione tra Usa e Cina in particolare è la battaglia per l'egemonia sul
pianeta nel nuovo secolo. I mari del Pacifico, l'Asia, l'Africa, la stessa
America Latina sono il teatro di uno scontro senza risparmio di colpi. Il
primato nelle nuove tecnologie è la nuova frontiera di questo scontro. Le
guerre commerciali, i protezionismi, i nazionalismi, ne sono effetto e
strumento, in America (Trump) e in Europa. La nuova grande corsa agli
armamenti accompagna la nuova stagione. Saltano i vecchi accordi sugli
equilibri nucleari tra Usa e Russia. La Cina persegue il pareggiamento militare
con gli Usa. Il Giappone si riarma. Aumentano i bilanci militari degli stessi
imperialismi europei, a partire da quello tedesco e francese. La prospettiva storica di nuovi conflitti
sia locali che su vasta scala rientra fra gli scenari possibili.
L'Europa capitalista
è stretta nella morsa tra Usa e Cina. La competizione globale ha spinto gli
imperialismi europei (Germania, Francia, Italia, Spagna e Gran Bretagna) a
realizzare una concentrazione dei propri sforzi per partecipare alla contesa
mondiale. Ma la grande crisi, i venti nazionalisti, le contraddizioni tra gli
interessi nazionali hanno provocato una crisi profonda nella UE, paralizzata da
tempo tra spinte unioniste e separatiste (Brexit). Le imminenti elezioni
europee sono uno dei teatri di questo scontro. La crisi dell'asse franco
tedesco, il contenzioso tra Italia e Francia in Nord Africa, il contrasto tra
Usa e Germania nel rapporto egemonico con l'Est Europeo, la crisi dei trattati
europei sulle politiche di bilancio, i contrasti irrisolti sull'immigrazione,
misurano nel loro insieme la crisi della UE. Il nuovo corso nazionalista di
Trump investe su questa crisi e la alimenta.
I lavoratori e le
lavoratrici d'Europa non hanno nulla da spartire con nessuno degli interessi in
campo
Le forze borghesi
europeiste vogliono subordinare i lavoratori alle ambizioni del capitalismo
europeo di gareggiare alla pari con Usa e Cina. Le politiche di saccheggio di
salari e diritti praticate per trent’anni nel nome dell'Unione hanno avuto
questo fine. Ogni sviluppo della UE in senso federalista avverrebbe sulla pelle
dei lavoratori europei. Il campione dell'europeismo borghese Macron è non a
caso il principale sostenitore del militarismo europeo. Altro che Europa di
pace e di progresso! Ma le forze borghesi nazionaliste non offrono nulla di
meglio. Al contrario. Vogliono utilizzare
l'insofferenza popolare contro l'Unione per subordinare i lavoratori
all'interesse della propria borghesia contro altre borghesie e altri
lavoratori. Vogliono arruolare i salariati in una guerra condotta contro altri
salariati, contro gli immigrati, contro i diritti delle donne e degli oppressi.
Nel mentre difendono di fatto, al di là delle parole, le vecchie politiche di
rapina del capitale finanziario.
Il governo Lega/M5S,
le sue politiche di elemosine sociali messe a carico dei destinatari, i suoi
progetti di ulteriore detassazione dei capitalisti a spese dei lavoratori, sono
un esempio chiarissimo dell'inganno populista.
“Proletari di tutti i
paesi, unitevi!” scriveva Marx nel Manifesto. È una parola d'ordine più attuale che
mai. È l'unica parola d'ordine che può sancire l'autonomia dei lavoratori da
tutti i loro avversari, dai liberali come dai reazionari. È una parola d'ordine
rivoluzionaria. Contro l'europeismo borghese, contro i sovranismi nazionalisti,
per un’Europa socialista.
Il riformismo è
un’illusione senza futuro. Le riforme furono possibili nei trent’anni gloriosi del
dopoguerra grazie al boom della ricostruzione capitalista e all'esistenza
dell'URSS. Quella stagione è morta da tempo e per sempre. L'epoca nuova che
attraversa il mondo pone ovunque all'ordine del giorno la distruzione delle
vecchie conquiste sociali e l'attacco ai vecchi diritti democratici. Tutto ciò
che era stato conquistato viene messo in discussione. L'alternativa di
prospettiva storica è quella tra rivoluzione e reazione. O il movimento
operaio rovescia il capitalismo o il capitalismo trascinerà le giovani
generazioni verso un futuro di miseria, di crisi ambientali, di guerre.
È falso che la classe
operaia non esiste più o non può più lottare. I salariati non sono mai stati così
numerosi al mondo. È vero, si trovano da tempo sotto i colpi del capitalismo e
della sua crisi. Soprattutto in Europa hanno subito rovesci e sconfitte. Ma il
conflitto sociale segna diverse parti del mondo, dalle lotte economiche degli
operai cinesi allo sciopero di 200 milioni di operai in India, sino alla
ripresa di mobilitazione dei giovani lavoratori americani e al loro nuovo
interesse per le idee di “socialismo”. Nella stessa Europa dove maggiore è la
ritirata, le lotte recenti dei lavoratori francesi, la fiammata degli operai
ungheresi, lo sciopero di massa degli insegnanti polacchi ci dicono che,
nonostante tutto, molta brace cova sotto la cenere. Il grande movimento
delle donne su scala planetaria, il risveglio della giovane
(e giovanissima) generazione contro l'inquinamento
e le responsabilità del profitto indicano gli alleati possibili della classe
lavoratrice e di un progetto di rivoluzione.
Ciò che è
spaventosamente arretrato non è la forza sociale ma la consapevolezza politica. Vi hanno contribuito
in modo determinante le vecchie direzioni riformiste politiche e sindacali del
movimento operaio. Prima lo stalinismo e la socialdemocrazia che hanno
distrutto il patrimonio rivoluzionario di un secolo fa. Poi il coinvolgimento
delle direzioni riformiste nelle politiche di austerità degli ultimi decenni,
dal sostegno ai Prodi alla capitolazione di Tsipras. Ciò che ha prodotto non
solo l'arretramento delle condizioni di vita e di lavoro, ma la retrocessione
ulteriore della coscienza di classe e per questa via il suo disarmo di fronte
alle suggestioni populiste e reazionarie.
Ricostruire una
coscienza classista e rivoluzionaria è oggi il compito dell'avanguardia. In Italia, in
Europa, nel mondo. È un lavoro difficile e controcorrente, ma è l'unica via. È
possibile condurlo se tutti coloro che condividono questo progetto unificano le
proprie energie in una organizzazione, in un partito rivoluzionario d'avanguardia che in ogni lotta e in ogni
movimento porti la coscienza e il programma della rivoluzione sociale. Un
partito organizzato su scala nazionale e internazionale.
La costruzione del
Partito Comunista dei Lavoratori e la sua lotta per la rifondazione della IV
Internazionale vanno ostinatamente in questa direzione. Unisciti a noi!
PARTITO COMUNISTA DEI
LAVORATORI
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