I risultati
delle elezioni del 4 marzo scorso evidenziano un Paese profondamente arretrato,
con poca memoria, per colpa di chi ha governato, della scuola, che non
trasmette più i saperi fondamentali, dell’università, che considera il sapere
come un fatto strettamente “tecnico”.
Le
istituzioni scolastiche, di ogni ordine e grado, offrono quel minimo di
formazione culturale che serve a recepire i messaggi fortemente condizionanti
lanciati in mezzo alla massa “amorfa” dal sistema informativo, in tutte le sue articolazioni,
avente le caratteristiche di persuasione occulta.
È questo il nuovo
fascismo, il “fascismo della società dei consumi”, con l’aggravante
dell’informatizzazione massiccia. Un fascismo addirittura più pericoloso,
untuoso, di quello del ventennio, perché allora la maggior parte degli italiani
non riusciva neanche a recepire i messaggi provenienti dal potere.
“Individui
culturalmente semilavorati sono peggiori di quelli totalmente analfabeti”.
Esiste un
abisso rispetto all’Italia uscita dalla Resistenza e dalla lotta di
Liberazione, che si ispirava a valori di solidarietà, di uguaglianza, di
giustizia. Tutti questi valori emergono chiaramente dalla letteratura che è stata
definita, per l’appunto, “resistenziale”, che ha costituito, per circa un decennio
dopo la fine della seconda guerra mondiale, uno dei filoni più fecondi della
letteratura neorealista, assieme a quello operaista e a quello
meridionalista.
Oggi non
emerge, per così dire, nel nostro Paese, una letteratura e lettura “impegnata”.
Le statistiche ci dicono, da parecchi lustri ormai, che due terzi degli
italiani non leggono neanche un libro l’anno.
OGGI
L’ANTIFASCISMO È PIÙ ATTUALE CHE MAI.
Il nuovo
governo della destra, a partire da Matteo Salvini, sta “tirando la volata” ai
nuovi fascisti, cosi come Marco Minniti ha aperto la strada a Salvini.
L’elemento
più preoccupante è che tutto questo ha un bacino di consenso, implicito o
esplicito, anche in settori popolari, settori proletari che sono stati
abbandonati ai colpi della crisi, che sono stati privati di un riferimento.
Possiamo
concludere, allora, che è necessaria quella «riforma intellettuale e morale»
del Paese che Gramsci, nei Quaderni del carcere, considerò
condizione preliminare per un cambiamento radicale della società, senza il
quale i mutamenti marginali all’interno dello stesso sistema capitalistico
servono a ben poco.
Partito Comunista dei Lavoratori
Pavia sez. “Tiziano Bagarolo”
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