Siamo alla vigilia di una intensa stagione referendaria. Non
idolatriamo il referendum. Non pensiamo possa sostituire la mobilitazione e la
lotta di massa. Ma non siamo certo indifferenti alla natura concreta dei
referendum e al loro esito. Per questo ci schieriamo senza riserve a sostegno
dei referendum che abbiano un carattere progressivo e di contraddizione
rispetto alle politiche e agli interessi do-minanti. È il caso dei referendum
annunciati di questa primavera: sia del voto referendario che si è tenuto il 17
Aprile. sia dei referendum sociali e ambientali richiesti attraverso la
raccolta firme iniziata ad aprile.
IL NOSTRO SI AI
REFERENDUM SOCIALI E AMBIENTALI
Ci siamo schierati innanzitutto a favore del Sl nel
referendum del 17 Aprile, nel quadro della continuità della lotta contro “Lo
Sblocca Italia” e contro gli interessi delle grandi multinazionali petrolifere
e estrattive. Il governo ha puntato apertamente al suo fallimento, a partire
dalla data prescelta e dalla indicazione di astensione. L’obiettivo è stato
raggiunto. ma la battaglia del si ha fatto emergere la connessione tra governo
e petrolieri indebolendo il consenso dell'esecutivo. Ci schieriamo a sostegno
della richiesta referendaria contro la cosiddetta “Buona Scuola” in continuità
con le ragioni della grande mobilitazione di un anno fa: contro i super poteri
dei dirigenti scolastici, il potenziamento dei finanziamenti privati alla
scuola, la subordinazione della scuola al mercato e al profitto d’impresa. Un anno
fa il governo Renzi inciampò sulla scuola. Si tratta di procurargli un nuovo
inciampo. Ci schieriamo a sostegno della richiesta referendaria sui temi del
lavoro in continuità con la lotta di milioni di lavoratori contro il governo
Renzi: per il ripristino dell'articolo 18, contro la liberalizzazione degli
appalti, contro la super precarizzazione dei voucher, per i diritti generali
del lavoro. Renzi ha fatto del cavalcamento dell'offensiva padronale contro il
lavoro, a partire dalla Fiat, la propria politica. La richiesta referendaria si
contrappone di fatto al cuore stesso del renzismo. In conclusione: ci
schieriamo a sostegno di tutti i referendum sociali e ambientali che abbiano una
connessione, diretta o indiretta, con le ragioni della classe lavoratrice e con
le domande progressive di democrazia. Per questo su ognuno di questi terreni il
PCl e le sue strutture di partito aderiscono, ai vari livelli, ai relativi
comitati referendari, partecipano alla raccolta delle firme, si impegnano nelle
forme possibili al successo dell'iniziativa referendaria: per il SI
all'abrogazione delle leggi anti operaie, anti sindacali, anti ambientali.
IL NOSTRO NO ALLA
RIFORMA ISTITUZIONALE DI RENZI
Parallelamente sosteniamo le ragioni dei referendum richiesti
e previsti in materia istituzionale. Si tratta della richiesta referendaria di
abrogazione della nuova legge elettorale varata da Renzi (italicum) e del
progetto di riforma costituzionale Renzi/ Boschi cui si collega: un progetto
bonapartista che consegna ad una minima maggioranza relativa il pieno controllo
del processo legislativo del Parlamento e quindi dell'insieme delle cariche
istituzionali. Un progetto che incarna il senso stesso del renzismo: la
vocazione dell'uomo solo al comando come nuovo paradigma delle relazioni
sociali ed istituzionali nei diversi ambiti della vita pubblica: nello Stato,
nella azienda, nella scuola. Renzi intende fare del referendum istituzionale
annunciato per il prossimo autunno il momento di legittimazione della propria
politica di questi anni (jobs act, buona scuola, tagli alla sanità e ai
servizi) e, allo stesso, incoronazione plebiscitaria del proprio potere al
servizio di quella politica. Non è un caso se Confindustria, associazione delle
banche italiane (ABI), tutte le organizzazioni e consorterie della borghesia
italiana (vaticano incluso), appoggiano apertamente il progetto istituzionale
di Renzi: vedono nel suo possibile successo una compiuta traduzione istituzionale
del proprio dominio sociale. E perciò stesso un ulteriore strumento di
rafforzamento dei propri interessi e dei piani di aggressione contro il lavoro.
Per questa stessa ragione è interesse di tutti i lavoratori la vittoria del NO
al progetto istituzionale di Renzi. In continuità con le ragioni
dell'opposizione sociale alle sue politiche. Il PCL ha dunque aderito
nazionalmente al comitato del NO alla riforma Boschi e sostiene la domanda di
referendum per il SI all'abrogazione del Italicum. Contro ogni posizione di
indifferenza, presente anche in alcuni ambienti della sinistra, questa
battaglia democratica elementare.
PER IL RILANCIO DELLA
MOBILITAZIONE DI MASSA E DI CLASSE
Il nostro impegno unitario sul fronte referendario si
accompagna però ad una caratterizzazione autonoma di impostazione politica. Una
impostazione classista e apertamente anticapitalista. Parliamoci chiaro. Le
stesse direzioni politiche e sindacali della sinistra italiana che oggi
promuovono i referendum hanno contribuito in modo decisivo a che si arrivasse
alla scadenza referendaria nelle condizioni peggiori. Il movimento di lotta
contro il job act dell'autunno 2014 è stato prima disarmato e poi condotto su
binario morto. La grande mobilitazione di massa contro la "buona scuola"
della primavera del 2015 è stata privata della necessaria continuità e
largamente dispersa. L'ultima legge di stabilità del governo, che colpisce
frontalmente la sanità pubblica, è passata senza un'ora di sciopero dei
principali sindacati. Da un anno la mobilitazione sociale e di fatto
silenziata, a tutto vantaggio di Renzi, ma anche dei populismi reazionari
concorrenti (Salvini e Grillo). La stessa stagione referendaria è stata
concepita come surrogato della lotta di massa. In queste condizioni anche il
risultato dei referendum è a un forte rischio. È una sconfitta referendaria, in
particolare sui temi della riforma istituzionale e del lavoro, avrebbe a sua
volta una ulteriore pesante ricaduta sullo scenario generale. È dunque necessario rilanciare la
mobilitazione generale di massa a partire dalla centralità del lavoro. Contro
il blocco inaccettabile dei contratti pubblici da ormai sette anni. Contro la
pretesa confindustriale di subordinare il rinnovo dei contratti a nuovi
peggioramenti delle condizioni del lavoro e dei diritti. Per la ricomposizione
di una piattaforma generale di svolta che possa unire milioni di lavoratori, di
precari, di disoccupati in una lotta di massa risoluta. Tanto radicale quanto
lo è l'attacco ti padronato e governo. Non dimentichiamolo, in tutta la storia
italiana le grandi vittorie democratiche, anche quelle referendarie, sono state
la risultante della mobilitazione del movimento operaio. Pensiamo al divorzio e
all'aborto. Senza movimento di lotta dei lavoratori si va a sbattere anche sul
piano della democrazia. Come dimostra la storia della "Seconda Repubblica”.
PER UNA CAMPAGNA
POLITICA CONTRO RENZI SENZA AUTOCENSURE
La parola d'ordine della sconfitta e cacciata del governo
Renzi va posta apertamente, senza autocensure e rimozioni. La scelta del
Comitato nazionale del NO alla riforma istituzionale di evitare la
contrapposizione politica al governo Renzi e di confinare la campagna
referendaria sul solo terreno giuridico-costituzionale è una scelta
potenzialmente suicida. Significa disarmare il carattere di massa della
campagna, subire passivamente la prevedibile campagna politica del renzismo
("vogliono impedire la modernizzazione dell'Italia a favore del caos
cancellando le mie magnifiche riforme").
Favorire la capitalizzazione a destra dello stesso scontro
referendario col governo, visto che né Salvini né M5S rimuoveranno certo le
proprie ragioni politiche. La verità è che l'autocensura politica del Comitato
del NO verso il renzismo serve solo a coprire l'imbarazzo della minoranza Pd e
la sua capitolazione a Renzi. Una resa
che invece andrebbe chiamata e denunciata col suo proprio nome. Il PCL non si
subordina a questa scelta. La nostra campagna per il NO alla riforma Boschi e
per il SI alla cancellazione dell'italicum è e sarà apertamente e
dichiaratamente politica. E' parte della campagna di massa per la sconfitta
politica del renzismo; il progetto
politico più reazionario nella storia repubblicana italiana. Per questo
consideriamo grave che la CGIL, il principale
sindacato dei lavoratori, continui a non pronunciarsi con chiarezza sul
referendum istituzionale. Per questo chiediamo pubblicamente che tutte le
organizzazioni del mondo del lavoro, a partire dalla Cgil, si pronuncino
apertamente per il NO. Il NO alla riforma Boschi è il NO a Renzi: E' il NO
all'aggressione frontale ai lavoratori e ai sindacati. E' il NO alla
distruzione della scuola pubblica e della sanità. Tutti i sindacati e le
organizzazioni di massa che si sono pronunciati contro queste politiche hanno
il dovere di pronunciarsi contro il governo che le ha realizzate e tanto più
contro il suo incoronamento plebiscitario. Ogni ambiguità su questo terreno è
inaccettabile.
PER UNA SOLUZIONE
ANTICAPITALISTA, NON SOLO "DEMOCRATICA"
La nostra battaglia per la sconfitta del renzismo non muove
solo da motivazioni costituzionali e democratiche. Muove da un progetto
anticapitalista. Certo, siamo a difesa di tutte le conquiste democratiche
strappate dal movimento operaio contro ogni progetto reazionario teso a
distruggerle. Per questa ragione abbiamo contrastato negli ultimi vent'anni la
subordinazione delle sinistre italiane alla cosiddetta "Seconda
Repubblica". La subordinazione alla logica del maggioritario contro il
principio elementare del proporzionale. La subordinazione al governabilità del
capitale contro il principio della rappresentanza del lavoro. Il renzismo è
anche l'ultimo figlio di quella subordinazione disastrosa. Ma non ci
identifichiamo nella Costituzione del 1948. Non ne facciamo un feticcio. Non ne
nascondiamo la natura storica borghese e compromissoria, della proprietà
privata e del Concordato con la Chiesa. Ci battiamo per una repubblica dei
lavoratori, basata sulle loro strutture democratiche di massa, sulla loro
organizzazione, sulla loro forza. Perché solo una Repubblica dei lavoratori può
realizzare l'autentica democrazia: rovesciando l'attuale dittatura di
industriali, banchieri, Vaticano: e dando alla maggioranza della società il
potere di decidere del proprio futuro.
Portare questa prospettiva in ogni lotta è la ragione del
Partito Comunista dei Lavoratori. Anche sul terreno di una battaglia
referendaria.
Partito Comunista dei Lavoratori
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