UNA RIVOLUZIONE PER VENDICALA RESISTENZA TRADITA
Nel 1943/45, la resistenza partigiana e la rivolta
operaia presentarono il conto alla dittatura fascista. in quella rivolta, di
cui fu prima protagonista la giovane generazione di allora, non viveva però
solamente un'aspirazione democratica. Viveva la volontà di farla finita con la
borghesia italiana che si era servita del fascismo. Viveva la volontà di
rovesciare il capitalismo e di imporre il potere dei lavoratori . Era la
speranza della “rossa primavera” delle
canzoni partigiane.
LA RESISTENZA TRADITA DA STALIN E
TOGLIATTI
Quella volontà fu tradita. Stalin aveva pattuito
con gli imperialismi vincitori una spartizione in zone d'influenza. L'Italia
doveva restare nel campo capitalista, in Occidente, per il quieto vivere della
burocrazia del Kremlino. Il PCI di Togliatti fu fedele esecutore della volontà
di Mosca. La Resistenza partigiana fu dunque subordinata alla collaborazione
con la DC e coi partiti borghesi dando a questi poteri di veto (CLN). I governi
di unità nazionale tra DC e PCI nell'immediato dopoguerra furono lo sbocco di
questa linea e la proseguirono: disarmarono i partigiani, restituirono le
fabbriche ai capitalisti Valletta), re-insediarono i vecchi prefetti,
amnistiarono persino gli sgherri fascisti (amnistia del Ministro di Grazia e
Giustizia Palmiro Togliatti del 1947). Fu il tradimento della Resistenza. La
Costituzione del 1948, pattuita tra DC e PCI, declamando principi progressisti,
serviva a mascherare questo tradimento. Come disse Piero Calamandrei: Una rivoluzione promessa in cambio di una
rivoluzione mancata. Intanto le classi capitaliste , restaurato il proprio
potere, cacciarono il PCI all'opposizione (perchè non ne avevano più bisogno) e
passarono all'offensiva contro i lavoratori, le lavoratrici, i comunisti:
reparti confino nelle fabbriche, repressione sanguinosa di manifestazioni
sindacali, la lunga reazione degli anni 50.
L'AUTUNNO CALDO SVENDUTO AL COMPROMESSO STORICO
Quando vent'anni dopo la Resistenza una nuova
generazione operaia rialzò la testa, con la grande ascesa dell'autunno caldo e
le sue conquiste sociali e democratiche (69/76), fu nuovamente il PCI a
sbarrarle la via con una seconda edizione del compromesso storico governativo
con la DC (76/78): svolta sindacale
di austerità e sacrifici (congresso dell'Eur della CGIL di Lama),
subordinazione delle richieste operaie alle compatibilità
del capitalismo, identificazione con lo Stato
borghese. Il risultato fu una demoralizzazione di massa, un lungo
ripiegamento, una diffusa passivizzazione. Cui seguì l'offensiva frontale della
Fiat e del padronato contro il movimento operaio sul piano sociale (ottobre
1980) e l'ascesa del craxismo sul
piano politico. La seconda Repubblica nata dal crollo del Muro di Berlino
e dalle ceneri di Tangentopoli, sarà lo
sbocco di questa deriva reazionaria. Nel segno della progressiva cancellazione
delle conquiste operaie. ►
IL TRASFORMISMO A SINISTRA NELLA SECONDA REPUBBLICA
Molta acqua è passata sotto i ponti dalla
Resistenza ad oggi, anche e soprattutto a sinistra. Ma in continuità,
purtroppo, con l'opportunismo di allora.
Il gruppo dirigente del PCI, che aveva tradito
prima la Resistenza e poi l'autunno caldo, sciolse il proprio partito a ridosso
del crollo dell'URSS per coronare in forma compiuta il proprio sogno proibito:
entrare a pieno titolo nel governo del capitalismo italiano e gestirne le
misure antioperaie. Fu ciò che avvenne, lungo una interminabile stagione
trasformista- dal PCI al PDS ai DS sino al PD- che oggi ha conosciuto il suo
epilogo: quel Renzismo che apertamente persegue un disegno reazionario
bonapartista di uomo solo al comando al servizio di Marchionne, nel segno della
rottura più clamorosa dello stesso patto costituzionale.
Parallelamente Rifondazione comunista, nata nei
primi anni 90 in reazione allo scioglimento del PCI come “il cuore
dell'opposizione”, è stata condotta dai propri gruppi dirigenti nel compromesso
di governo con DS/PD, sia nelle giunte locali , sia ripetutamente nei governi
nazionali (governi Prodi): finendo col votare la precarizzazione del lavoro, le
missioni di guerra, i tagli sociali. Tutto ciò contro cui formalmente era nata.
Col conseguente suicidio.
La risultante di tutto questo è molto semplice: la
classe lavoratrice si trova priva di una propria rappresentanza politica
proprio nel momento della più grande crisi capitalistica degli ultimi ottanta
anni. Proprio nel momento della peggiore offensiva padronale nei luoghi di
lavoro, e della peggiore aggressione reazionaria sul piano politico e
istituzionale. Il dilagare, anche tra i lavoratori, delle forme più deteriori
di populismo reazionario (Salvini, Grillo), è un effetto di questa deriva
generale.
L'UNICO MODO DI ONORARE LA RESISTENZA: COSTRUIRE LA
SINISTRA CHE NON TRADISCE
Se tutto questo è vero, la conclusione è una sola.
Va ricostruito, controcorrente, un
partito indipendente della classe lavoratrice . Ma può essere costruito solo
attorno a un programma anticapitalista, fuori e contro quel trasformismo
governista che ha corrotto la lunga storia della sinistra italiana. I
lavoratori non hanno bisogno dell'ennesimo partito che chiede i voti operai per
poi tradirli. Non hanno bisogno dell'ennesimo partito “riformista”, la cui
unica ambizione sia governare il capitalismo, salvo poi una volta al governo gestire regolarmente le controriforme sociali che la crisi
capitalista dispensa (Tsipras). Hanno
bisogno finalmente di una sinistra che non tradisca: che riconduca ogni lotta
di resistenza ad una prospettiva alternativa di società e di potere. L'unica
reale alternativa al fallimento del capitalismo: una alternativa rivoluzionaria
e socialista, in Italia e nel mondo.
Per questo, costruire il Partito Comunista dei Lavoratori è il modo migliore di onorare la memoria delle domande rivoluzionarie della Resistenza.
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