PER
MANTENERE UNO SPAZIO POLITICO CLASSISTA E ANTICAPITALISTA, PER RILANCIARE UN
PROGETTO COMUNISTA E RIVOLUZIONARIO
Cari
compagni e care compagne,
il Comitato Nazionale del vostro partito (7/8 novembre 2015) ha di fatto
avviato lo scioglimento del PRC nella cosiddetta costituente della “sinistra
italiana” che partirà a gennaio.
Il referendum interno serve a dare convalida formale ad una scelta pubblica già
compiuta e già annunciata da parte della Segreteria nazionale del PRC.
Che questa sia la scelta, quale che sia il giudizio di merito, non può essere
motivo di dubbio. Il richiamo formale al PRC e al suo “rafforzamento” che la
mozione della Segreteria contiene serve a indorare (e a nascondere) con parole
auliche una scelta reale esattamente opposta: quella di dissolvere il vostro
partito in un contenitore più ampio, diretto dai gruppi dirigenti di SEL e di
ex bersaniani del PD.
IL PRC SI SCIOGLIE IN UNA GRANDE SEL (... UN PO' PIÙ “A DESTRA”)
La vostra Segreteria afferma che il processo costituente della sinistra
italiana si fonda sulla comune accettazione del “superamento del
centrosinistra”. È falso. Com'è del tutto evidente, i gruppi dirigenti di SEL
ed ex bersaniani muovono in una direzione dichiaratamente opposta: quella di
“ricostruire il centrosinistra”, oggi precluso dal renzismo. Per questo
preservano centinaia di assessori in tutta Italia nelle giunte di
centrosinistra, nonostante Renzi. Se alle prossime elezioni amministrative,
nella maggioranza dei casi, sceglieranno di presentarsi autonomamente e in
alternativa al PD è perché il renzismo ha rotto i vecchi equilibri del “caro
centrosinistra”: per ricomporre il centrosinistra occorre dunque contrapporsi a
Renzi, ricostruire un proprio pacchetto di consenso, e poi ribussare alle porte
del PD. Sperando che ad aprire la porta torni, prima o poi, il caro vecchio
Bersani. Non solo: proprio per rafforzare nella stessa composizione del nuovo
soggetto la vocazione programmatica del centrosinistra, i gruppi dirigenti di
Sinistra Italiana vogliono aprirlo a settori cattolico-ulivisti del tutto
estranei ad ogni tradizione politica e culturale della sinistra. Il
respingimento pubblico e sdegnato dell'appellativo giornalistico di “cosa
rossa” cos'è se non il riflesso di tutto questo?
L'argomento consolatorio secondo cui il “processo costituente sarà dal basso” e
“conteranno le nostre idee” capovolge la realtà dei fatti. Tutto il processo è
decollato dall'“alto”. Prima dall'accordo tra i gruppi dirigenti delle diverse
formazioni e soggetti, inclusa la vostra Segreteria. Poi dall'iniziativa
pubblica e pubblicizzata dei gruppi dirigenti e parlamentari di SEL e degli ex
bersaniani, che hanno attivato la presentazione in tutta Italia del nuovo
soggetto, ben prima dell'assemblea di gennaio. Gruppi dirigenti di SEL ed ex
bersaniani che già godono in partenza della rendita di posizione di unica
rappresentanza parlamentare della nuova formazione (assieme a Civati) da qui
alle prossime elezioni politiche: con l'enorme peso condizionante che questo
fatto esercita sulla costituzione materiale del nuovo soggetto, la sua presenza
mediatica, la sua immagine pubblica, la selezione materiale delle sue
rappresentanze sul territorio. La presenza diffusa all'atto di presentazione a
Roma di Sinistra Italiana di settori di burocrazia CGIL, ARCI, vecchio
associazionismo di estrazione PD, reso orfano del renzismo, prefigura gli
equilibri interni reali alla nuova formazione, e la dinamica annunciata della
sua evoluzione, più di mille rassicurazioni formali. La conclusione è semplice:
la vostra Segreteria nazionale avvia lo scioglimento del PRC in un contenitore
diretto (politicamente, culturalmente, organizzativamente) da un personale
politico del tutto organico alla tradizione di governo del centrosinistra.
Dunque alla gestione capitalistica della crisi. La difesa platonica e formale
della “ragione comunista” da parte di Paolo Ferrero potrà forse valere sul
terreno negoziale con gli altri soggetti della Costituente in ordine alla
salvaguardia di singoli ruoli dirigenti. Ma nessuna riserva indiana per
dirigenti nazionali del PRC potrà mascherare lo scioglimento e la liquidazione
del partito entro un nuovo soggetto politico cui spetterà, non a caso, la piena
sovranità delle scelte elettorali, politiche, istituzionali.
UN EPILOGO ANNUNCIATO
Non siamo meravigliati dal triste epilogo della parabola di Rifondazione.
Quando rompemmo col PRC nel momento del suo ingresso nel governo Prodi, con
tanto di ministri (Ferrero) e cariche istituzionali (Bertinotti), dicemmo
apertamente che la compromissione di governo con la borghesia italiana, contro
i lavoratori, avrebbe avviato la liquidazione del PRC. Perché ne minava alla
radice le ragioni di classe, e al tempo stesso confermava nella forma più
clamorosa l'assenza, nei suoi gruppi dirigenti, di ogni programma
comunista.
Fummo facili profeti. Quanto è avvenuto nei dieci anni trascorsi ha confermato
la previsione. Il ministro che entrò in quel governo, votando missioni di guerra,
leggi di precarizzazione del lavoro, abbassamento delle tasse sui profitti
(l'Ires dal 34% al 27%!), è oggi il segretario che scioglie il partito. Dopo
averlo imboscato negli ultimi anni in tutte le possibili combinazioni di liste
e soggetti “civici” (da Ingroia a Spinelli), privi di ogni riferimento di
classe.
Negli ultimi mesi, in particolare, la linea della Segreteria del PRC sulla
Grecia è stata davvero emblematica. Prima la giustificazione della
capitolazione di Tsipras alla troika; poi il pubblico sostegno a Tsipras alle
elezioni anticipate di settembre, quando chiedeva il mandato sul programma di
austerità concordato; poi il plauso alla “vittoria” di Tsipras in compagnia
delle Borse e dei governi capitalistici europei; infine la continuità dell'appoggio
a Tsipras nel momento stesso in cui vara le politiche di lacrime e sangue
contro i lavoratori subendo il primo sciopero generale di massa (12 novembre),
hanno scandito di fatto, nel loro insieme, una confessione pubblica: il gruppo
dirigente del PRC non ha altro orizzonte strategico reale che il governo
“progressista” del capitalismo, in Italia e nel mondo. Per di più in un
contesto storico in cui il riformismo ha esaurito il proprio spazio storico e
dunque maschera la continuità delle controriforme (come proprio la Grecia
insegna). Perché allora meravigliarsi dello scioglimento del partito in una
costituente di sinistra dichiaratamente governista? Ogni confine reale,
politico e programmatico, tra PRC e SEL si dissolve nell'adattamento comune al
capitale.
UN PROGETTO CLASSISTA E ANTICAPITALISTA, COMUNISTA E RIVOLUZIONARIO
Detto questo, non consideriamo lo scioglimento del PRC un fatto “che non ci
riguarda”. Non solo perché i promotori del PCL militarono in Rifondazione
Comunista per quindici anni, dando battaglia coerente su un programma
anticapitalista in contrasto con i suoi gruppi dirigenti maggioritari
(Bertinotti, Cossutta, Diliberto, Rizzo, Ferrero, Vendola). Ma anche e
soprattutto perché sappiamo che nel vostro partito, al di là dei suoi gruppi
dirigenti, hanno continuato a militare tanti compagni e compagne sinceramente
comunisti, che hanno cercato nel PRC uno strumento non di resa ma di lotta, non
di governo ma di rivoluzione. Compagni e compagne che abbiamo trovato e
troviamo in tante battaglie comuni, nel movimento operaio, nei movimenti
giovanili, nelle lotte ambientaliste, sul territorio, sempre contro il comune
avversario di classe. E quindi anche contro le coalizioni di centrosinistra
sposate da SEL (e anche in tanti casi dal PRC) o i governi di unità nazionale
in cui stava Fassina.
Perché questo sbandamento e questa ulteriore dissoluzione si inserisce in un
contesto di profonda involuzione della coscienza di classe. Le sconfitte dello
scorso ventennio, i processi di scomposizione e ricomposizione determinati
dalla crisi e dalle ristrutturazioni in corso, la compartecipazione alle tante
giunte e governi di centrosinistra da parte delle principali organizzazioni del
movimento operaio, hanno logorato in larghi settori di massa la capacità di
riconoscere le differenze di classe, la consapevolezza dei propri interessi, la
propria identità e forza collettiva. Hanno creato confusione, consumato
immaginari e scomposto relazioni sociali.
Questa scelta di sfumare il proprio colore e il proprio anticapitalismo, seppur
simbolico e retorico più che reale, all’interno di un indistinta sinistra
italiana, pensiamo quindi che rilanci e rinforzi questo processo generale di
involuzione della coscienza di classe.
A questi compagni e a queste compagne chiediamo allora di non ripiegare le
bandiere. Di non piegarsi ad una scelta di liquidazione tra le braccia di
Vendola e Fassina. Ma anche di non arrendersi allo sconforto e alla tentazione
di abbandono come è avvenuto per decine di migliaia di compagni e compagne in
tanti anni.
Noi non siamo più un “gruppo”, ma un piccolo partito, l'unico oggi esistente in
una dimensione realmente nazionale a sinistra del PRC. Un partito impegnato
nella lotta di classe e nei movimenti di massa, che lavora per la più larga
unità d'azione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, e che vuole
introdurre in ogni lotta la prospettiva di un governo dei lavoratori: l'unica
vera alternativa, quella rivoluzionaria.
Un partito che si presenta come tale alle elezioni, in contrapposizione ad ogni
forma e logica di centrosinistra, e contro ogni camuffamento “civico”, per
presentare il programma comunista alle più larghe masse, fuori da ogni logica
minoritaria o rinunciataria.
Un partito schierato internazionalmente al fianco dei lavoratori, dei popoli
oppressi dall'imperialismo, delle loro lotte di emancipazione e liberazione, a
partire da una logica classista, estranea al campismo e allo stalinismo.
Un partito impegnato per la ricostruzione dell'Internazionale comunista e
rivoluzionaria, al fianco delle nostre organizzazioni sorelle di Grecia, di
Turchia, di Argentina, e di altri Stati e nazioni: per unire in ogni paese e
sul piano mondiale tutti i sinceri comunisti che vogliono battersi per il
potere dei lavoratori. Contro ogni illusione di “riforma sociale e democratica”
dell'Unione Europea o della NATO.
Certo, la costruzione di un partito rivoluzionario è terribilmente complessa.
Tanto più in un paese come il nostro segnato da un profondo arretramento del
movimento operaio e della sua coscienza. È una costruzione controcorrente, in
un campo di rovine prodotte da chi ha disperso grandi potenzialità e grandi
occasioni. Ma rinunciare alla costruzione di questo partito, per accontentarsi
della sola esperienza dei movimenti, renderebbe un pessimo servizio ai
movimenti stessi, che tanto più in un quadro di frammentazione hanno bisogno di
incrociare una prospettiva unificante. Come non ci si può semplicemente
organizzare in una rete o un coordinamento diffuso di soggetti ed esperienze diverse,
che si ritrovano su un minimo comun denominatore di resistenza o opposizione.
Serve un partito. Tanto più oggi, di fronte ad una crisi profonda ed epocale
del modo di produzione capitalista, che scuote il consenso e l’egemonia delle
classi dominanti, che divarica condizioni sociali e disuguaglianza, che
precipita le contraddizioni intercapitaliste e lo scontro di classe. Serve una
direzione alternativa. Un soggetto organizzato e radicato che porti in ogni
lotta il senso di un progetto generale, che sviluppi la coscienza, che
contrasti la demoralizzazione o le illusioni. Per l'appunto, un vero partito
comunista.
Questo è il nostro progetto ed il nostro tentativo. Vi proponiamo quindi di
confrontarci con noi, sul passato e soprattutto sul presente della lotta di
classe e del ruolo indispensabile del partito, per mantenere ed allargare nel
nostro paese uno spazio politico classista e anticapitalista, per provare a
costruire insieme il partito comunista e rivoluzionario.
Partito
Comunista dei Lavoratori