Commemorare
l’Ottobre sovietico da tempo non è più di moda né politicamente corretto per l’altra
“sinistra”. Si preferisce piuttosto tributare onori ad altri “ottobre”: la
“caduta del muro di Berlino” nel 1989 o l’insurrezione anticomunista di
Budapest nel 1956.
Chi pretende
di richiamarsi alla storia delle rivoluzioni comuniste del ‘900 aperta
dall’Ottobre sovietico viene etichettato come “nostalgico”, irrimediabilmente
incapace di leggere le sfide del tempo presente.
Questa è al momento
la tendenza prevalente, salvo meritorie eccezioni, nella cultura politica
sempre dell’altra “sinistra”, degli eredi di quel che fu il partito
comunista italiano e della «nuova sinistra» sessantottina e post-sessantottina, in
Italia e in molti paesi del mondo. Questa situazione è ben presente ai
comunisti che resistono, che non accettano la cancellazione di una storia, di
un progetto di società, di un’identità che ha segnato profondamente la
storia del XX secolo e che ora si vuole condannare al silenzio e all’oblio.
Il giovane
Gramsci in uno dei suoi articoli appassionati accusava il partito socialista di
aver ridotto Marx ad un’icona, un santo al capezzale, da rispolverare per le
occasioni, le commemorazioni, le ricorrenze, per poi lasciarlo marcire in
soffitta per tutto il resto dell’anno, evitando scrupolosamente di trasformare
in azione politica vivente il suo pensiero critico.
Ricordare,
difendere, approfondire la memoria storica è utile e necessario nella misura in
cui riusciamo a tradurre questa memoria in azione culturale e politica, in
consolidamento e accumulazione delle forze comuniste, in formazione comunista
per le nuove generazioni.
Se il 7 novembre 1917 è ancora una data che riteniamo di dover ricordare e onorare non è solo per un doveroso omaggio agli eroici furori di un tempo che fu.
Se il 7 novembre 1917 è ancora una data che riteniamo di dover ricordare e onorare non è solo per un doveroso omaggio agli eroici furori di un tempo che fu.
Il comunismo
nasce come critica, critica teorica dell’economia politica borghese nel
«Capitale» di Marx e critica come prassi , pratica politica per
l’abolizione dello stato di cose presente, per il rovesciamento dei
rapporti di proprietà borghese nella proprietà comunista.
È tempo di
commemorare l’Ottobre dotando i comunisti degli strumenti adeguati per
rispondere all’azione denigratoria e alla demolizione dell’esperienza storica
del comunismo del ‘900.
La storia,
in tutti i suoi aspetti, delle rivoluzioni comuniste del ‘900 va studiata e
approfondita non solo per battere il “revisionismo storico”, ma perché in
essa vi è un bagaglio di esperienze fondamentali per la lotta politica di oggi, per
le sue prospettive. Questo grande patrimonio di esperienze, di teoria
dell’economia politica del socialismo, di pratiche, non può essere
gettato nel dimenticatoio da chi si propone il fine del superamento della
proprietà borghese in proprietà socialista.
La tattica quotidiana, in un presente senza storia, senza passato e senza futuro, è diventata il pane di buona parte del personale politico ex comunista o pseudo comunista.
La tattica quotidiana, in un presente senza storia, senza passato e senza futuro, è diventata il pane di buona parte del personale politico ex comunista o pseudo comunista.
La grandezza
di Lenin, in primo luogo, è stata quella di aver saputo collocare ogni scelta
tattica all’interno di una grande prospettiva, ponendo in primo piano la
questione strategica. Pensare strategicamente significa costruire le
condizioni perché siano i comunisti a determinare il terreno su cui porre le
grandi questioni.
Reagire, rispondere agli attacchi e alle provocazioni dell’avversario è doveroso e giusto, ma la sola reazione non ci fa compiere il salto di qualità di cui i comunisti hanno oggi più che mai bisogno.
Reagire, rispondere agli attacchi e alle provocazioni dell’avversario è doveroso e giusto, ma la sola reazione non ci fa compiere il salto di qualità di cui i comunisti hanno oggi più che mai bisogno.
Commemorare
oggi l’Ottobre significa allora pensare strategicamente per la ricomposizione e
il rilancio su scala mondiale del movimento comunista. Non guarderemo
allora alla storia del comunismo novecentesco come una testimonianza del
passato da salvaguardare dalle intemperie e intemperanze dei nuovi barbari, ma
come una miniera preziosa, un tesoro di esperienze da cui apprendere, un
patrimonio di inestimabile valore in cui affondano le radici della nostra
identità e del nostro futuro.
È questo il
senso del saggio di Marco Ferrando che riproponiamo.
La
ricostruzione storica del movimento comunista rivoluzionario, che ha le sue
radici più lontane nella metà dell'Ottocento: quando Marx ed Engels diedero
alle stampe il primo organico e insuperabile programma dei comunisti, quel
Manifesto che in un secolo e mezzo è diventato uno dei testi più letti nella
storia dell'umanità; ma anche nelle esperienze dirette, come la comune parigina
del 1871 e, ovviamente, la rivoluzione bolscevica del 1917.
A volte
fischia ancora il vento: ci auguriamo che questo libro contribuisca a dargli altra
forza.
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