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giovedì 30 agosto 2018

LA RICOSTRUZIONE STORICA DEL MOVIMENTO COMUNISTA RIVOLUZIONARIO


Commemorare l’Ottobre sovietico da tempo non è più di moda né politicamente corretto per l’altra “sinistra”. Si preferisce piuttosto tributare onori ad altri “ottobre”: la “caduta del muro di Berlino” nel 1989 o l’insurrezione anticomunista di Budapest nel 1956.
Chi pretende di richiamarsi alla storia delle rivoluzioni comuniste del ‘900 aperta dall’Ottobre sovietico viene etichettato come “nostalgico”, irrimediabilmente incapace di leggere le sfide del tempo presente.
Questa è al momento la tendenza prevalente, salvo meritorie eccezioni, nella cultura politica sempre dell’altra “sinistra”, degli eredi di quel che fu il partito comunista italiano e della «nuova sinistra» sessantottina e post-sessantottina, in Italia e in molti paesi del mondo. Questa situazione è ben presente ai comunisti che resistono, che non accettano la cancellazione di una storia, di un progetto di società, di un’identità che ha segnato profondamente la storia del XX secolo e che ora si vuole condannare al silenzio e all’oblio.
Il giovane Gramsci in uno dei suoi articoli appassionati accusava il partito socialista di aver ridotto Marx ad un’icona, un santo al capezzale, da rispolverare per le occasioni, le commemorazioni, le ricorrenze, per poi lasciarlo marcire in soffitta per tutto il resto dell’anno, evitando scrupolosamente di trasformare in azione politica vivente il suo pensiero critico.
Ricordare, difendere, approfondire la memoria storica è utile e necessario nella misura in cui riusciamo a tradurre questa memoria in azione culturale e politica, in consolidamento e accumulazione delle forze comuniste, in formazione comunista per le nuove generazioni.

Se il 7 novembre 1917 è ancora una data che riteniamo di dover ricordare e onorare non è solo per un doveroso omaggio agli eroici furori di un tempo che fu.
Il comunismo nasce come critica, critica teorica dell’economia politica borghese nel «Capitale» di Marx e critica come prassi , pratica politica per l’abolizione dello stato di cose presente, per il rovesciamento dei rapporti di proprietà borghese nella proprietà comunista.  

È tempo di commemorare l’Ottobre dotando i comunisti degli strumenti adeguati per rispondere all’azione denigratoria e alla demolizione dell’esperienza storica del comunismo del ‘900. 
La storia, in tutti i suoi aspetti, delle rivoluzioni comuniste del ‘900 va studiata e approfondita non solo per battere il “revisionismo storico”, ma perché in essa vi è un bagaglio di esperienze fondamentali per la lotta politica di oggi, per le sue prospettive. Questo grande patrimonio di esperienze, di teoria dell’economia politica del socialismo, di pratiche, non può essere gettato nel dimenticatoio da chi si propone il fine del superamento della proprietà borghese in proprietà socialista.

La tattica quotidiana, in un presente senza storia, senza passato e senza futuro, è diventata il pane di buona parte del personale politico ex comunista o pseudo comunista. 
La grandezza di Lenin, in primo luogo, è stata quella di aver saputo collocare ogni scelta tattica all’interno di una grande prospettiva, ponendo in primo piano la questione strategica. Pensare strategicamente significa costruire le condizioni perché siano i comunisti a determinare il terreno su cui porre le grandi questioni.
Reagire, rispondere agli attacchi e alle provocazioni dell’avversario è doveroso e giusto, ma la sola reazione non ci fa compiere il salto di qualità di cui i comunisti hanno oggi più che mai bisogno. 
Commemorare oggi l’Ottobre significa allora pensare strategicamente per la ricomposizione e il rilancio su scala mondiale del movimento comunista. Non guarderemo allora alla storia del comunismo novecentesco come una testimonianza del passato da salvaguardare dalle intemperie e intemperanze dei nuovi barbari, ma come una miniera preziosa, un tesoro di esperienze da cui apprendere, un patrimonio di inestimabile valore in cui affondano le radici della nostra identità e del nostro futuro.

È questo il senso del saggio di Marco Ferrando che riproponiamo.
La ricostruzione storica del movimento comunista rivoluzionario, che ha le sue radici più lontane nella metà dell'Ottocento: quando Marx ed Engels diedero alle stampe il primo organico e insuperabile programma dei comunisti, quel Manifesto che in un secolo e mezzo è diventato uno dei testi più letti nella storia dell'umanità; ma anche nelle esperienze dirette, come la comune parigina del 1871 e, ovviamente, la rivoluzione bolscevica del 1917.

A volte fischia ancora il vento: ci auguriamo che questo libro contribuisca a dargli altra forza.

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