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sabato 28 settembre 2019

LE RAGIONI DI UNA OPPOSIZIONE A SINISTRA

Articolo pubblicato oggi sul Manifesto

La soddisfazione per la caduta agostana di Matteo Salvini, il ministro più reazionario del dopoguerra, è comprensibile. Chiunque abbia lottato per i diritti degli sfruttati non può che condividerla. Meno comprensibile a sinistra è l'apertura di credito al nuovo governo Conte. Il PD è stato negli anni un partito contrapposto al lavoro. Il voto determinante alla Legge Fornero, che ha spianato la strada a Salvini, lo diede il PD di Bersani. Renzi ha aggiunto al carnet la distruzione dell'articolo 18, ciò che neppure Berlusconi era riuscito a fare. Peraltro proprio Renzi è stato l'attore decisivo della formazione del nuovo governo, e la formalizzazione oggi di Italia Viva ne accresce ulteriormente il peso. Ora, un governo “di svolta” che si regge su Renzi non è già in sé una contraddizione in termini?
Il punto non è la legittimità parlamentare del nuovo governo, ma la sua natura di classe. Il primo voto di fiducia al Conte due non l'ha dato il Parlamento, ma il capitale finanziario, la Borsa, il Vaticano, le cancellerie dell'Unione Europea, il Presidente più reazionario della storia americana. Significa che i poteri forti, nazionali e internazionali, si sentono rassicurati dal ritorno al governo del PD quale partito organico di sistema. Di più: sperano che il PD possa “normalizzare” definitivamente il M5S, ripulirlo delle residue scorie, assimilarlo a un polo liberale stabile. Il voto del M5S a favore di Ursula von der Leyen in sede europea è un passo in questa direzione, come lo sono i negoziati in corso tra M5S e PD nelle regioni.
Peraltro il programma del nuovo governo, al netto di ogni retorica, riflette la sua natura: riduzione del cuneo fiscale con costo zero per i padroni; infrastrutture a tutto spiano; centralità del sostegno, fiscale e finanziario, al made in Italy. Mentre resta il Jobs Act, resta la Buona Scuola, resta la legge Fornero, restano nella loro “ratio” gli stessi decreti sicurezza, già peraltro sulla scia di Minniti. Resta insomma il lavoro sporco condotto dai precedenti governi. L'austerità non è rilanciata solo perché è ereditata. Le direzioni sindacali guadagnano il tavolo di concertazione, ma le ragioni del lavoro stanno dall'altra parte della barricata.
Il sostegno da sinistra al governo Conte, oltre che socialmente immotivato, è disastroso politicamente. Lasciare a Salvini e Meloni il monopolio dell'opposizione significa concimare la loro rivincita. È già avvenuto negli anni '90 e 2000, quando governi di centrosinistra nati “contro la destra”, e sostenuti dalla sinistra “radicale” (da Bertinotti a Rizzo), spianarono la strada due volte al ritorno di Berlusconi, oltre che al suicidio di Rifondazione. Sinistra Italiana pare ripetere, in peggio, la stessa esperienza, per di più con forze assai più marginali.
Credo che l'opposizione al nuovo governo sia l'unica scelta coerente di una sinistra classista. Una opposizione senza ambiguità: non basta dire che il Conte due “non è il nostro governo”, va detto che è un governo del capitale. Su questo terreno credo necessaria la più ampia unità d'azione di tutte le sinistre di opposizione, politiche e sindacali, in funzione della ripresa delle lotte sociali. Non c'è bisogno di (legittime) manifestazioni di partito camuffate da manifestazioni unitarie. C'è bisogno di costruire un'unità d'azione vera, che nel rispetto dell'autonomia di ogni soggetto – politico, sindacale, di movimento – muova dalla chiarezza di una scelta di campo: quello del lavoro, non del capitale.

Marco Ferrando

mercoledì 25 settembre 2019

AMBIENTALISMO: LA NECESSITÀ DI UNA PROSPETTIVA ANTICAPITALISTA



VERSO LE MANIFESTAZIONI DEL FRIDAY FOR FUTURE DEL 27 SETTEMBRE



Quando movimento Fridays For Future è nato e ha fatto il suo ingresso nella scena politica italiana e mondiale in molti ne sono rimasti stupiti.
In pochi si sarebbero aspettati i livelli di partecipazione così ampi della gioventù alle manifestazioni ambientaliste. In tutto il mondo piazze giovani, internazionaliste, di massa. E in tutto il mondo un grido: “Cambiamo il sistema, non il clima!”
Eppure, il movimento ambientalista, così ampio e così trasversale, così fluido e così eterogeneo vive, nelle sue complessità, delle contraddizioni e dei pericoli importanti.
Da un lato la radicalità delle sue rivendicazioni e dei problemi sollevati, che cozzano in maniera così evidente con la realtà del capitalismo e minano le basi dell’intero sistema economico, politico e sociale. Dall’altro il rischio della strumentalizzazione, delle illusioni di un “capitalismo verde”, del volersi affidare “ai politici e ai governi” affinché risolvano i problemi e la crisi ambientale, di cui essi sono complici e fautori allo stesso tempo.
Il Partito Comunista dei Lavoratori ha seguito e partecipato attivamente alle mobilitazioni ambientaliste, senza settarismo ma con la consapevolezza della necessità di portare al suo interno un progetto e una prospettiva coerentemente anticapitalista e rivoluzionaria.
Se è vero che il capitalismo è un sistema economico fallito che distrugge l’ambiente, la consapevolezza della lotta per un altro “sistema”, indicando chiaramente “quale” sistema, non è qualcosa che spontaneamente il movimento può acquisire.
Da dove nasce l’ambientalismo? Qual è il rapporto tra marxismo e questione ambientale? Perché è necessario un ambientalismo che sia anticapitalista? A queste domande prova a dare risposta l’opuscolo che qui pubblichiamo: Ambientalismo: la necessità di una prospettiva anticapitalista.
Questo lavoro non ha certo la pretesa di essere esaustivo e di affrontare tutte le tematiche collegate alla enorme e complessa questione della riconciliazione tra uomo e natura.
Speriamo tuttavia che possa essere uno strumento utile e accessibile a tutti i giovani (e meno giovani) ambientalisti che vogliano affrontare la tematica dell’ambientalismo da un punto di vista di classe, anticapitalista e rivoluzionario.
Perché se davvero pensiamo che a cambiare debba essere il sistema, e non il clima, allora dobbiamo armarci degli strumenti teorici e politici che davvero possono trasformare slogan ed aspirazioni in realtà concreta.
Buona lettura!

domenica 22 settembre 2019

DITE UNA PAROLA SU TSIPRAS

Ospite della Festa nazionale di Articolo Uno, Alexis Tsipras ha testualmente dichiarato





«La verità è che tutte le forze progressiste devono capire che il grande avversario è l'estrema destra. Contro questo nemico serve un fronte europeo vastissimo che parta dalla sinistra della sinistra e arrivi sino ai confini del centro progressista». L'intervistatore Luca Telese, evidentemente sorpreso, a questo punto chiede: questo fronte deve includere anche Matteo Renzi ed Emmanuel Macron? «Deve arrivare fin dove sarà più efficace la resistenza contro l'estrema destra. Non sto parlando di un partito uniforme ma di un fronte comune per fermare l'ascesa di quelle forze politiche» risponde Tsipras.

È tutto piuttosto chiaro. L'ex premier greco apre su tutta la linea alla socialdemocrazia europea, e siccome la socialdemocrazia europea è protesa al blocco politico col centro liberale, Tsipras si intesta in prima persona anche l'apertura al centro liberale europeo, inclusi Renzi e Macron. “Non un partito omogeneo, ma un fronte comune”. Nessuna meraviglia. Il fronte comune col capitale europeo Tsipras l'ha già realizzato in Grecia applicando le ricette di austerità contro i lavoratori. Semplicemente ora dà traduzione a questa politica anche in termini di strategia continentale. Il fatto che proprio questa politica, negli anni della grande crisi, abbia spianato la strada alle destre è candidamente rimosso.

La domanda è: ma i dirigenti del PRC non hanno nulla da dire? Dopo aver appoggiato le politiche del governo greco dal 2015 al 2019, giustificando tutte le scelte di Tsipras, coprono ora col proprio silenzio l'apertura di Tsipras non solo al PSE ma ai Macron e ai Renzi? Di certo Tsipras sarebbe entusiasta del “fronte comune” in Umbria tra PRC, PD e M5S, è esattamente la linea politica che oggi rivendica. Ma quella del PRC nazionale qual è?


Partito Comunista dei Lavoratori

venerdì 20 settembre 2019

UNA SOLA SOLUZIONE: NAZIONALIZZARE LA WHIRLPOOL, SALVARE IL LAVORO

Volantino distribuito a Napoli alla manifestazione dei lavoratori Whirlpool


C'è una sola soluzione per salvare il lavoro degli operai Whirlpool: nazionalizzare l'azienda, senza un euro di indennizzo al padrone. Un esproprio? Sì, un esproprio. Whirlpool non sta forse espropriando gli operai del diritto al lavoro? Bene, gli operai hanno diritto ad espropriare la Whirlpool. Non c'è altra via. Ogni altra via è una truffa per gli operai.

Lo dicono i fatti. Prima ci hanno detto che la soluzione stava nel togliere alla Whirlpool i finanziamenti pubblici, poi che la soluzione stava nel dargli altri soldi; agli operai si è promesso tutto e il contrario di tutto, con tanto di sceneggiate teatrali, in particolare sotto elezioni. Risultati? Zero. Né vale continuare ad appellarsi all'accordo dell'ottobre 2018, perché quell'accordo la Whirlpool l'ha già stracciato da tempo.

A questo punto la sola soluzione passa per un'azione di forza. Il padrone vuole licenziare gli operai? Gli operai hanno diritto di rivendicare il licenziamento del padrone. La nazionalizzazione dell'azienda senza indennizzo e sotto il controllo degli operai consentirà di salvare il posto di lavoro di tutti gli operai. Se occorre, con la riduzione dell'orario a parità di paga.

Per imporre questa soluzione è necessaria un'azione di forza. La forza è l'unico linguaggio che padroni e governo sanno capire. La forza significa una mobilitazione straordinaria, estesa a tutti gli stabilimenti Whirlpool. 

Se toccano uno, toccano tutti. 

L'occupazione degli stabilimenti Whirlpool da parte dei lavoratori, con la richiesta della sua nazionalizzazione, è l'unica via concreta per provare a vincere e salvare il lavoro. Ogni altra via è la rassegnazione alla sconfitta.
La lotta dei lavoratori Whirlpool deve diventare un caso nazionale e un terreno di mobilitazione dell'intero movimento operaio italiano. 

Uniti si vince, divisi si perde.

Il PCL sarà con gli operai sino in fondo, senza cedimenti, come sempre.

Partito Comunista dei Lavoratori

giovedì 19 settembre 2019

INCONTRO FRA PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI E POTERE AL POPOLO



18 Settembre 2019

Si è tenuto questa mattina a Roma un incontro tra il Partito Comunista dei Lavoratori e Potere al Popolo, con la presenza dei portavoce nazionali delle due organizzazioni, Marco Ferrando e Giorgio Cremaschi. L'incontro si colloca lungo il percorso dei contatti e/o incontri con le diverse organizzazioni destinatarie della nostra proposta di unità d'azione sul terreno dell'opposizione al governo (vedi l'appello "Per un'iniziativa unitaria di mobilitazione contro il governo Conte di tutte le sinistre di opposizione").

L'incontro è stato positivo. Entrambe le organizzazioni caratterizzano il governo Conte bis come governo del grande capitale. Entrambe giudicano negativamente il sostegno della CGIL al governo, la capitolazione al governo di Sinistra Italiana, le ambiguità irrisolte di Rifondazione Comunista verso il nuovo esecutivo (come rivela la stessa proposta di accordo con PD e M5S in Umbria). Entrambe si collocano con chiarezza all'opposizione del governo Conte e per la costruzione dell'opposizione sociale e politica ad esso.

In questo quadro si è discussa la nostra proposta di unità d'azione delle sinistre di opposizione, nella chiarezza reciproca.

PCL e PaP sono e restano soggetti distinti sul piano programmatico, dell'organizzazione, dei riferimenti internazionali, della presenza elettorale. L'unità d'azione contro il governo non implica alcuna rinuncia alla piena autonomia politica di soggetti diversi, che è anche il diritto alla critica reciproca e alla battaglia politica. Implica invece la volontà di unire le forze sul terreno della mobilitazione e della lotta, a partire da una comune scelta di campo: quella dell'opposizione al capitale e al suo governo. Un'unità d'azione tanto più importante nella situazione di ripiegamento del movimento operaio, di frammentazione dell'iniziativa di avanguardia, di dispersione delle forze.

Su questo terreno la discussione tra PCL e PaP ha fatto emergere una disponibilità comune. Si è insieme iniziato a ragionare su possibili tempi e percorsi di una iniziativa unitaria in autunno, ed oltre. Una primissima bozza di riflessione, che dovrà comunque essere approfondita nelle rispettive organizzazioni (PaP ha il 6 ottobre la propria assemblea nazionale) e soprattutto portata a confronto con tutte le altre organizzazioni interessate, in un quadro di relazioni paritarie e corrette. Nessuno si nasconde le difficoltà, comune è la volontà di affrontarle. Non era scontato, e se confermato è un fatto importante.

Il PCL tiene alla propria autonomia e al rigore della battaglia politica quanto alla propria correttezza verso le altre organizzazioni. Abbiamo la volontà di contribuire ad un'iniziativa realmente unitaria, la più ampia possibile nelle condizioni date, fuori da manovre pubblicitarie e autocentrate. Ogni iniziativa di partito e di organizzazione è legittima, ma non va spacciata per unitaria né deve essere contrapposta all'unità d'azione. Continueremo a lavorare con questo metodo leninista: partiti distinti, battaglia comune; marciare separati, colpire insieme.

Partito Comunista dei Lavoratori


giovedì 12 settembre 2019

11 SETTEMBRE: CILE 1973 IL BAGNO DI SANGUE DI PINOCHET. LA LEZIONE POLITICA DI UNA TRAGEDIA



L'11 settembre 1973 in Cile il generale Augusto Pinochet realizzava un colpo di Stato fascista, rovesciando il governo di Unidad Popular di Salvador Allende. Decine di migliaia di comunisti, operai, contadini, studenti, furono assassinati, torturati, sequestrati. Un bagno di sangue voluto dall'imperialismo americano, gestito dalle gerarchie militari cilene, benedetto dalla Chiesa cattolica nel nome della lotta al marxismo. Tutti gli imperialismi “democratici” alleati degli USA solidarizzarono naturalmente con i macellai, e cancellarono in seguito persino la memoria di quel macello.
La tragedia dell'11 settembre 1973 contiene anche però una lezione politica: il fallimento di un'operazione riformista.
Unidad Popular componeva un'alleanza di governo tra i partiti riformisti del movimento operaio cileno (il Partito Socialista e il Partito Comunista) e il Partito Radicale, di natura borghese. Il suo programma rivendicava misure sociali sicuramente progressive (riforma agraria, nazionalizzazione del rame), ma dentro una cornice “democratica”, rispettosa della borghesia cilena e del suo Stato.
Tuttavia l'ascesa del movimento di massa, operaio e contadino, trascinato dalla vittoria elettorale di Allende del 1970 travalicò ampiamente i limiti di classe di Unidad Popular. Occupazione di fabbriche, occupazione di terre, sviluppo di strutture di autorganizzazione di massa di tipo consiliare (cordones industriales, comandos comunales) espressero una dinamica rivoluzionaria apertamente socialista e di doppio potere.
Il governo Allende cercò di ricondurre il fiume dentro il solco della collaborazione di classe. In particolare si distinse in questo il PC stalinista guidato da Corvalan, che scavalcò a destra la stessa socialdemocrazia cilena. Corvalan reclamò la restituzione delle fabbriche e terre occupate ai loro «legittimi proprietari», offrì all'opposizione parlamentare della DC cilena il cosiddetto codice delle garanzie contro l'«anarchia del poder popular», concordò con la DC la famigerata Ley de armas, che autorizzava le strutture di polizia a requisire le armi in mano agli organismi popolari e a punire i trasgressori. Il tutto nel nome della “pacificazione democratica nazionale”. A suggello di questa politica di “garanzia democratica” Corvalan spinse Allende a coinvolgere nel governo i massimi vertici delle forze armate. Prima il generale Prats, poi, dopo le sue dimissioni, il generale... Augusto Pinochet.
Questa politica suicida ebbe un solo risultato: disarmare la rivoluzione cilena e consegnarla al suo boia. Il fatto che il boia fosse proprio Pinochet, presentato da Corvalan come garante della costituzione e (testuale) «guida dell'esercito più democratico dell'America Latina», misura il clamoroso fallimento della politica staliniana in Cile. Era già accaduto in Spagna nel 1936-1939, si ripeté in Cile nei primi anni '70: volendo ricondurre la rivoluzione sociale nell'alveo di una "rivoluzione democratica”, la politica staliniana spianò la strada alla reazione peggiore, quella fascista. Furono i militanti comunisti a pagare il prezzo sulla propria pelle della politica catastrofica dei loro dirigenti.
La memoria della rivoluzione cilena ci consegna dunque, in forma esemplare e tragica, la grande lezione del Novecento: solo un partito marxista rivoluzionario può guidare la rivoluzione alla vittoria, come nell'ottobre '17. I partiti riformisti sanno solo organizzare la sua disfatta, anche quando si definiscono comunisti.


Partito Comunista dei Lavoratori

martedì 10 settembre 2019

MARCO FERRANDO ALLA FESTA REGIONALE TOSCANA DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

“Un sistema di comando in cui il potere sia finalmente nelle mani della classe lavoratrice, di chi produce la ricchezza non da chi la parassita. Questo è il nostro programma, il programma del nostro partito. Vogliamo unire attorno al nostro partito tutti coloro che condividono questo programma. C'è da ricostruire una coscienza , di ricostruire una coscienza sociale elevandola all'altezza dalla necessità di questa prospettiva e per questo ci vuole un partito, un partito d'avanguardia che abbia le spalle robuste, che abbia il coraggio di andare controcorrente. È facile navigare e surfare sull'onda della corrente. È molto più difficile risalire la china. Il nostro piccolo partito, il nostro piccolo grande partito ha avuto, nonostante mille problemi che tutti hanno, la forza e la determinazione di seguire questo percorso. Per questo chiedo a chi condivide la sostanza delle nostre posizioni e delle nostre proposte “ dateci una mano”. Questo partito il vostro non il nostro”


 

venerdì 6 settembre 2019

PER UN'INIZIATIVA UNITARIA DI MOBILITAZIONE CONTRO IL GOVERNO CONTE DI TUTTE LE SINISTRE DI OPPOSIZIONE




A Potere al Popolo, Sinistra Anticapitalista, Lotta Comunista, Partito Comunista, Sinistra Classe Rivoluzione, Partito Comunista Italiano
A Il sindacato è un'altra cosa-opposizione CGIL, Confederazione Unitaria di Base, Sindacato Generale di Base, Sindacato Intercategoriale Cobas, Unione Sindacale di Base, Confederazione Cobas, Unione Sindacale Italiana

Il governo Conte bis nasce sotto il segno poteri forti, nazionali e internazionali. Un governo salutato dall'entusiasmo della Borsa e del capitale finanziario, e al tempo stesso sostenuto dai principali sindacati, dalla sinistra parlamentare (Sinistra Italiana), e in parte, seppur criticamente, dal PRC. Tutto ciò designa uno scenario politico nuovo.

Il programma reale del governo PD-M5S è il riflesso della sua natura sociale: privilegiamento degli interessi europeisti della grande impresa, concertazione con la burocrazia sindacale, consolidamento dell'asse atlantista in politica estera, sostegno attivo agli interessi specifici dell'imperialismo italiano, innanzitutto in Africa. 

Le stesse rivendicazioni democratiche dei movimenti di opposizione a Salvini (sociali, antirazzisti, femministi, ambientalisti) sono destinate ad essere cestinate, mentre la compromissione nel governo o attorno al governo della sinistra politica e sindacale (CGIL) lascerà a Salvini il monopolio dell'opposizione e uno spazio obiettivo di rivincita.

Il nostro partito si colloca senza riserve all'opposizione del nuovo governo. Per questo sosterremo ogni iniziativa di lotta del movimento operaio e dei movimenti sociali e democratici, a difesa della loro autonomia, contro ogni logica di subordinazione all'esecutivo. In questo quadro appoggiamo l'azione di sciopero generale promosso da CUB, SGB, SI Cobas, USI per il 25 ottobre, e riteniamo sarebbe importante la massima convergenza unitaria di tutto il sindacalismo di classe attorno a questa iniziativa, contro ogni logica di frammentazione e concorrenza tra sigle.

Più in generale consideriamo importante la più ampia unità d'azione delle sinistre di opposizione sul terreno dell'opposizione al governo. Abbiamo bisogno di costruire una vera unità d'azione dell'opposizione di classe. Per questo proponiamo, in tempi brevi, un incontro nazionale delle sinistre di opposizione che discuta e definisca l'agenda comune delle iniziative di mobilitazione e di lotta contro il governo.

Non si tratta ovviamente di risolvere divergenze di impostazione strategica che hanno una radice nella storia del movimento operaio e che si sono in questi anni consolidate, né dunque si tratta per parte nostra di perseguire aggregazioni politiche confuse basate sulla rimozione di tali divergenze. Rivendichiamo la nostra autonomia quanto rispettiamo l'autonomia altrui. Ciò che proponiamo invece è combinare la massima chiarezza del confronto con la massima unità sul piano dell'azione comune contro il governo e il padronato, facendo dell'opposizione di classe e di massa al governo il terreno centrale di unità d'azione, fuori e contro ogni logica settaria.

Pensiamo che un coordinamento nazionale unitario delle sinistre di opposizione potrebbe rappresentare un punto di riferimento comune per migliaia di militanti e attivisti di diversa collocazione, ed anche un fattore di incoraggiamento e valorizzazione delle loro disponibilità di lotta.

Su questa proposta contatteremo direttamente le vostre organizzazioni per verificare le concrete disponibilità. Per parte nostra siamo naturalmente disponibili a convergere su iniziative da altri proposte che abbiano la stessa logica e finalità unitaria.


Partito Comunista dei Lavoratori

I MINISTRI DEL CAPITALE, LA NECESSITÀ DELL'OPPOSIZIONE DI CLASSE



La composizione ministeriale del nuovo governo riflette la sua natura sociale. Il PD conquista tutti i principali crocevia delle relazioni col grande capitale italiano ed europeo, e con l'apparato dello Stato: i ministeri della Difesa, dell'Economia, delle Infrastrutture, dell'Agricoltura, cui si aggiunge il commissario europeo (Gentiloni). Il M5S presidia le posizioni di potere già detenute al fianco di Salvini (Lavoro, Giustizia, Ambiente) e conquista due posizioni nuove (Istruzione ed Esteri). Articolo Uno (Liberi e Uguali) ottiene il ministero della Salute.
L'equilibrio ha una sua razionalità di classe. Il partito organico di sistema (PD) controlla il cuore della politica economica e finanziaria, a garanzia del grande capitale. I suoi alleati avranno la rogna dei ministeri sociali più esposti, quelli che dovranno gestire i tagli sociali o le briciole di qualche bonus. Non c'è bisogno dunque di leggere il programma. La composizione ministeriale ne è un sunto eloquente.
I famosi “programmi ministeriali” sono per lo più esercizi retorici di buoni sentimenti. La loro funzione non è di chiarire ma di nascondere il programma vero. Il programma vero del Conte due sta innanzitutto nella preservazione del lavoro sporco dei precedenti governi. Altro che governo di svolta! Resta la soppressione dell'articolo 18, la Buona Scuola, la legge Fornero (con limatura al ribasso della parentesi di "quota 100"). Restano nella loro «ratio (Di Maio)» persino i famigerati decreti sicurezza, salvo la revisione al ribasso delle multe per le ONG e delle pene carcerarie per resistenza a pubblico ufficiale. Resta, soprattutto, l'impegno (già formalmente assunto dal precedente governo “del popolo”) di rispettare gli equilibri della finanza pubblica, ciò che significa prolungare l'austerità.

Naturalmente l'eredità del lavoro sporco su diritti e pensioni può (forse) risparmiare al governo altre misure lacrime e sangue. Mentre il possibile allentamento delle politiche di bilancio in sede europea, la continuità degli acquisti dei titoli di stato da parte della BCE, la riduzione dei tassi d'interesse, potrebbero persino consentire qualche elemosina (estensione degli 80 euro), ma il margine di manovra sarà comunque strettissimo. La stagnazione economica, le guerre commerciali, i venti recessivi in Germania – e forse in prospettiva su scala mondiale – lo ridurranno ulteriormente.

In ogni caso se elemosine vi saranno, saranno messe a carico dei beneficiari, attraverso nuovo deficit, nuovo debito (verso le banche) nuovi tagli per ripagarlo. Non a caso il nuovo ministro dell'Istruzione, non ancora insediato, dichiara che l'aumento necessario della spesa per la scuola non dovrà gravare sul bilancio pubblico, e per questo annuncia... la tassazione delle merendine. La promessa pensione di garanzia per i giovani è affidata ai fondi integrativi, e dunque a loro carico. La sanità continuerà a vivere i tagli striscianti di tutte le leggi di stabilità, nel mentre precipita la mancanza di medici e infermieri a causa (anche) dei mancati rimpiazzi dei posti mancanti per "quota 100".
In compenso il governo annuncia nuovi sgravi fiscali e nuovi incentivi per i profitti, a partire dal rilancio della misure di Renzi, Letta, Calenda a vantaggio delle grandi imprese (Industria 4.0), e dal potenziamento del sostegno alle esportazioni del made in Italy. Insomma, la difesa del profitto è l'unica costante, a spese dei lavoratori e delle lavoratrici.

La soddisfazione del capitale finanziario per il nuovo governo ha dunque una sua base materiale. Ma la soddisfazione a “sinistra”? LeU completa con un ministero il ritorno a casa PD. Sinistra Italiana annuncia il voto di fiducia alla «svolta» (!?). Rifondazione dichiara che il nuovo governo «non è il nostro governo» (e meno male) ma si rifiuta di dire che è un governo del capitale, cioè avversario, che è l'essenziale. La sinistra cosiddetta radicale consuma dunque, in forme diverse, la propria deriva, mentre la campagna della destra più reazionaria contro il “governo dei comunisti” e della “estrema sinistra”, aggiunge al tutto un elemento grottesco (e minaccioso).

Non si può e non si deve lasciare alla demagogia reazionaria il monopolio dell'opposizione, e dunque uno spazio di pericolosa rivincita. È necessario costruire un'opposizione al governo dal versante dei lavoratori e delle lavoratrici. È necessario unire l'azione di tutte le sinistre di opposizione al governo, ognuna con la propria identità e autonomia, ma insieme contro un comune avversario. Per questo il PCL proporrà a tutte le sinistre di opposizione un coordinamento nazionale unitario. Non servono le furbizie di chi convoca manifestazioni di partito spacciandole per unitarie. Serve lavorare a un'unità vera, nell'interesse comune della nostra classe di riferimento, fuori e contro ogni forma di settarismo. Questo è e sarà nelle prossime settimane l'iniziativa politica del PCL.


Partito Comunista dei Lavoratori

mercoledì 4 settembre 2019

IL CAPITALE FINANZIARIO VOTA LA FIDUCIA AL GOVERNO M5S-PD



Non conta il voto scontato sulla piattaforma Rousseau, conta il voto decisivo della Borsa e del capitale finanziario. Raggiunto l'accordo M5S-PD, crollano i tassi di interesse sui titoli di Stato, le banche italiane ed estere acquistano festose nuovi titoli, il loro valore sale, l'interesse sul debito scende. Nulla più di questo fatto spiega la natura sociale del nuovo governo. 

Il grande capitale, finanziario e industriale, domina da sempre la società italiana, ma non sempre nelle stesse forme. 

Dopo il 4 marzo 2018 la crisi politica l'aveva costretto a governare attraverso partiti populisti che non gli appartengono direttamente (Lega e M5S) ma che gli portano in dote il consenso di un vasto blocco sociale, tra cui (purtroppo) la maggioranza assoluta dei salariati. 

Ora il ritorno al governo del PD è il ritorno della rappresentanza diretta del grande capitale ai vertici del potere esecutivo. Il PD è il partito organico di sistema, più rodato e sperimentato di ogni altro partito. Gli investitori finanziari non leggono il lungo programma di parole alate con cui Zingaretti e Di Maio celebrano il proprio matrimonio. A loro interessa il programma reale, e quello si sintetizza in due sole lettere: PD. 

È un partito che votano a scatola chiusa. È il partito che non credevano potesse tornare al governo così rapidamente, dopo i tracolli subiti, e che a maggior ragione risalutano con entusiasmo. Di più: è il partito cui affidano il compito di normalizzare il M5S, di ripulirlo delle scorie piccolo-borghesi e ribelliste, di assimilarlo alla gestione della normale stabilità capitalista. Mattarella, Franceschini, gli ambienti prodiani del PD fanno di questa operazione la loro nuova missione strategica. 

Nell'"interesse del Paese", naturalmente, cioè della Borsa. Se poi la nuova maggioranza nel 2022 eleggerà Prodi come Presidente della Repubblica, tanto meglio. Per Prodi naturalmente, ma anche per i circoli dominanti.
Reggerà il governo annunciato? Nessuno lo può prevedere, neppure la borghesia italiana. 

Perché davvero “del doman non c'è certezza” nel ginepraio dell'instabilità mondiale. Ma intanto il capitale afferra la nuova occasione per i propri affari, e brinda; mentre Salvini e Meloni preparano l'opposizione reazionaria al «governo delle élite». 

Solo un'opposizione del movimento operaio sul proprio versante di classe può spezzare questa tenaglia e aprire il varco di un'alternativa vera.

Partito Comunista dei Lavoratori