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martedì 18 febbraio 2020

REFERENDUM DEL PROSSIMO 29 MARZO

Contro la riduzione degli spazi politici


La crisi mondiale del capitalismo ha bisogno ancora di più di una democrazia ristretta e di ridurre gli strumenti a disposizione del mondo del lavoro.

In questo senso va la nuova legge che dispone la riduzione del numero dei parlamentari. Si tratta di un’ulteriore tessera del mosaico progettato per ridurre la democrazia, così come sta avvenendo anche in molti altri paesi. Il taglio si accompagna a sistemi elettorali truffaldini, ripetutamente bocciati dalla Corte Costituzionale, ma sempre dopo che siano stati utilizzati nelle consultazioni.

È vero la democrazia ha dei costi e la loro riduzione non può essere a scapito della sua agibilità. Vi sono altri modi per ridurli, per esempio riducendo stipendi e alcuni privilegi dei parlamentari. Ma soprattutto risparmi ben più consistenti devono essere effettuati sulle generose erogazioni che avvengono per socializzare le perdite di imprese e banche o sulla corsa agli armamenti utilizzati ormai in chiave offensiva verso i popoli che non intendono sottomettersi al nostro imperialismo e a quello made in Usa.

Se verrà confermata dall'elettorato la riforma, spariranno quasi il 40% dei deputati e senatori. E il combinato disposto con l’attuale legge elettorale determinerà dei vuoti di rappresentanza dei cittadini sui territori. La rappresentanza al Senato sarà particolarmente colpita. Infatti i senatori sono eletti su base regionale. Due regioni hanno un solo rappresentante. Altre 9 hanno dai 3 ai 5 rappresentanti. Pertanto, anche a prescindere dalla legge elettorale, servirà una soglia altissima di voti, di gran lunga al di sopra degli sbarramenti previsti dalla legge, per eleggere un senatore. Milioni di cittadini non avranno la possibilità di riconoscersi in un eletto.

Di fronte all'ondata di qualunquismo sarà comunque utile la nostra voce fuori dal coro, una voce che può aiutare la presa di coscienza del carattere dello scontro politico in questa fase da parte di un numero crescente di lavoratori.

mercoledì 5 febbraio 2020

FOIBE E REVISIONISMO STORICO

La destra è riuscita a coinvolgere anche una buona parte della sinistra

Il revisionismo storico ha avuto una funzione importantissima in questi ultimi vent'anni nel determinare il cambiamento di orientamento dell'opinione pubblica rispetto ai valori della Resistenza italiana.






Con il revisionismo storico si è cercato di trasformare vittime del fascismo e del nazismo in carnefici.
Per fare questo si è scelto soprattutto la zona del confine orientale d'Italia, che è stata storicamente una zona molto difficile per i rapporti fra italiani, sloveni e croati, in quanto il fascismo in queste terre è stato una dittatura molto più violenta rispetto a quello che è stato nel resto d'Italia.
Un fascismo specificamente razzista, antislavo, che ha portato alla italianizzazione forzata centinaia di migliaia di persone e una repressione etnica.

È stato usato il fatto che non si fosse parlato della storia del confine orientale in Italia, in questo dopoguerra, per introdurre, così, nel dibattito politico una questione come quella delle foibe, facendo credere alla gente che prima non fosse accaduto assolutamente nulla. Si è cioè isolata questa vicenda del resto della storia del confine orientale, dimenticando ciò che è stata la seconda guerra mondiale nel territorio del Friuli Venezia.
Coloro, infatti, che combattevano con la Repubblica Sociale in quei territori erano a diretto servizio dei nazisti, dei battaglioni Mussolini, della milizia difesa territoriale, della Decima Mas e di altre formazioni come la guardia civica, e giuravano direttamente fedeltà ad Hitler nel nostro territorio.

Tutte queste cose sono state nascoste, sono state naturalmente dimenticate.
In questo modo si sono presentati i fascisti, che hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale al fianco dei nazisti e hanno sterminato e massacrato intere popolazioni, come coloro che avevano salvato il confine orientale d'Italia dall'invadenza slava, dimenticando che, se avesse vinto il nazismo, quei territori non sarebbero mai più stati in Italia.

Quindi, con questo “gioco”, in sostanza, si è fatto passare ciò che è successo nel dopoguerra in tutta Italia contro i fascisti come un preciso progetto del movimento di liberazione jugoslavo non contro i fascisti ma contro gli italiani in quanto tali.
In questo tipo di visione, la destra è riuscita a coinvolgere, purtroppo, anche una buona parte della sinistra. La funzione della propaganda revisionista è stata proprio quella di legittimare l'entrata dei fascisti nella scena politica e poi anche al governo. Attraverso il revisionismo storico si è sempre più equiparato coloro che avevano combattuto con la Repubblica Sociale ai partigiani, passando attraverso il discorso che tutti i morti sono uguali che poi tutti, comunque, hanno combattuto per un ideale indipendentemente da quale fosse, questo ideale.
Chi ha iniziato questo discorso è stato a suo tempo l'onorevole Violante, che a Trieste nel 1998, in un incontro organizzato dall'università con Gianfranco Fini, ha cominciato a parlare dei "ragazzi di Salò". Da allora in poi è stato un continuo distanziarsi sempre più rispetto alla all'impostazione della precedente lettura della Resistenza.

Dal carteggio intorno alla foiba di Basovizza - quella che viene considerata il simbolo, il monumento nazionale - che si trova oggi nei negli archivi di Washington, risulta chiaramente che non è mai stato infoibato nessuno, e che il tutto è assolutamente frutto di propaganda.
La grande attenzione a questi fatti è funzionale alla criminalizzazione della Resistenza jugoslava, che fu la più grande resistenza europea. Di riflesso, si criminalizza tutta la Resistenza, e si apre il varco per criminalizzare anche quella italiana, come sta dimostrando Pansa con i suoi libri.

Dobbiamo renderci conto che la Repubblica italiana non ha mai fatto veramente i conti con le responsabilità del fascismo.
Dietro al discorso delle foibe c'è proprio l'interesse di continuare a nascondere queste responsabilità.


Partito Comunista dei Lavoratori - sez. di Pavia “Tiziano Bagarolo”